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CAPITOLO 1
L’IRAN TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
Alla vigilia della Prima guerra mondiale la Persia era una monarchia costituzionale, dove esisteva
un Parlamento eletto dal popolo, i cui deputati rappresentavano vari gruppi di interesse (mercanti,
proprietari terrieri, religiosi, leader tribali), e un gabinetto nominato dallo Scià ma responsabile nei
confronti dei rappresentanti scelti dal popolo. Questi elementi “democratici” erano entrati a far parte
della forma di governo iraniana grazie agli eventi della rivoluzione costituzionale del 19062, che
portò alla concessione di una Costituzione scritta da parte di Muzaffar al-Din Shah3 e alla creazione
di un majlès4 che avrebbe deliberato in materia legislativa, finanziaria e di politica estera. La Persia
arrivava però alla Grande Guerra come un Paese a “sovranità limitata”, sottoposto com’era alla
fortissima influenza di due potenze dell’epoca, Russia e Gran Bretagna, come dimostrò l’accordo
anglo-russo del 31 agosto 19075. Il testo dell’accordo prevedeva la divisione della Persia in tre
zone: il nord, lungo la linea da Qasr-e Shirin a Yazd sarebbe stato di competenza russa, mentre il
sud, dal confine afghano a Bandar ‘Abbas spettava agli inglesi, che già spadroneggiavano nel Golfo
Persico. Alle autorità persiane restava solo la zona centrale del Paese.
Sempre per quanto riguarda le influenze straniere, cominciarono ad affacciarsi nell’area anche gli
Stati Uniti, quando nel dicembre del 1910 il ministro degli esteri Hussein Quli Khan inviò una
lettera a Washington per richiedere una consulenza imparziale per risanare le disastrate finanze del
2
L’inizio della rivoluzione viene fatto coincidere con la punizione inflitta dal governatore di Teheran nel dicembre
1905 a un mercante, colpevole di avere aumentato il prezzo della zucchero, colpito con un bastone sulle piante dei
piedi. I mercanti furono infatti tra i protagonisti degli eventi del 1906, vista la loro opposizione alle riforme fiscali degli
anni precedenti che prevedevano maggiori tasse. Inoltre fu rilevante il ruolo degli ‘ulema (ovvero gli uomini istruiti
nella legge religiosa islamica), preoccupati a loro volta dalle nuove imposte e dall’ingerenza straniera (russa e britannica
soprattutto), in particolare con le figure di Seyed Muhammad Tabatai e Seyed ‘Abd Allah Behbahani, entrambi
favorevoli alle riforme. Le richieste del movimento rivoluzionario erano l’istituzione di una Casa della Giustizia, ovvero
di un consiglio legislativo eletto dal popolo, nonché le dimissioni del primo ministro ‘Ain al-Dauleh. Nel corso del
luglio 1906 migliaia di mercanti si rifugiarono presso la delegazione britannica a Teheran, mentre i religiosi occuparono
Qum, fino a che lo Scià, vista la debolezza del suo esercito, cedette, obbligando il primo ministro a dimettersi.
Nell’agosto venne poi convocato con un decreto il majlès, che, dopo le prime elezioni dell’ottobre 1907, fu incaricato di
scrivere la legge fondamentale iraniana, firmata il 30 dicembre dello stesso anno dallo Scià. Farian Sabahi, Storia
dell’Iran 1890 – 2008, Milano, Bruno Mondadori, 2009, pp. 27-38.
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Una settimana dopo avere firmato la legge fondamentale, il 7 gennaio 1907 lo Scià morì e il suo successore fu
Muhammad ‘Ali-Shah, acerrimo nemico delle riforme. Il nuovo sovrano, nel giugno del 1908, con l’aiuto iniziale dei
russi, tentò un colpo di Stato contro il Parlamento. L’impresa non andò a buon fine e il 10 maggio 1909 abdicò per il
figlio Ahmad Shah.
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Assemblea o Parlamento. Potevano partecipare alla sua elezione, sulla base della legge elettorale del settembre 1906,
gli uomini tra i trenta e i settant’anni in grado di leggere e scrivere, senza procedimenti penali a loro carico, e che
possedevano proprietà terriere, indipendentemente dalla religione professata, in modo tale da tutelare i diritti dei
mercanti di fede non musulmana, ma non quelli dei contadini e dei ceti sociali più bassi. In ogni caso, i religiosi
ottennero il 20% dei seggi nonostante la presunta laicità del Parlamento. In più il majlès non fu per nulla
rappresentativo della popolazione, visto che 60 deputati su 156 provenivano da Teheran, col pretesto di snellire le
procedure.
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Oltre alla definizione delle rispettive zone d’influenza in Iran, l’accordo prevedeva la stessa pratica per l’Afghanistan
e il Tibet. L’Entente cordiale del 1904 tra Francia e Gran Bretagna si trasformava così in Triplice Intesa.
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paese e stabilizzare l’economia. Gran Bretagna e Russia non si opposero e così il Dipartimento di
Stato americano raccomandò agli iraniani Morgan Shuster, un avvocato che in passato aveva
ricoperto il ruolo di consulente finanziario durante l’occupazione delle Filippine. Shuster conosceva
però ben poco dello Stato che avrebbe dovuto risanare6, e così in breve tempo rimase inviso sia ai
russi che agli inglesi. Nel giro di un anno San Pietroburgo ne pretese le dimissioni e per rendere più
chiaro l’ultimatum occupò le due città di Enzeli e Rasht, chiese la promessa di non affidare
incarichi a consulenti stranieri senza il consenso di inglesi e russi e minacciò di occupare Teheran se
il Parlamento non avesse accettato queste condizioni entro quarantotto ore. Il majlès si oppose al
diktat e vi furono proteste nella capitale contro le ingerenze straniere. In ogni caso il governo chinò
il capo e nel dicembre 1911 sciolse l’Assemblea e revocò l’incarico a Shuster7. Da questo frangente
in poi si può ritenere concluso il processo costituzionale, visto anche che, di fatto, il governo
centrale manteneva le redini solo della capitale, perdendo del tutto il controllo delle province
settentrionali e meridionali, controllate rispettivamente dalle forze russe e britanniche, mentre il
resto del Paese era dominato dai potenti gruppi tribali8. L’occupazione anglo-russa scatenò così
ulteriori proteste tra la popolazione, che sfociarono anche nel boicottaggio del commercio di tè
russo e nella distruzione delle vetrine dei negozi che esponevano prodotti russi. Per rappresaglia i
militari russi bombardarono e saccheggiarono il mausoleo dell’Imam Reza a Mashad. Queste
proteste comunque si smorzarono rapidamente e si trasformarono ben presto in risentimento.
Dal punto di vista militare, inoltre, la Persia arrivava molto impreparato al conflitto mondiale, visto
che, di fatto, non esisteva un vero e proprio esercito nazionale, e questo per tre motivi: la mancanza
di risorse finanziarie necessarie; la volontà di nobili, signorotti locali e leader tribali di non perdere
potere e prestigio a vantaggio dell’autorità centrale; gli ostacoli posti alla riorganizzazione
dell’esercito iraniano da parte di Russia e Gran Bretagna, che pensavano, a ragione, di poter trarre
beneficio dalla debolezza militare del Paese.
1.1 La Prima guerra mondiale
Nel luglio 1914, dopo un periodo di reggenza, salì sul “Trono del Pavone”9 Ahmad Shah, figlio di
Muhammad ‘Ali Shah. Il nuovo sovrano si dimostrò molto debole ed interessato soprattutto ai
6
Esemplare a proposito di ciò, il fatto che il consulente americano avesse nominato come suo assistente personale nella
provincia dell’Azerbaigian, tradizionalmente sotto l’influenza russa, un inglese.
7
Il lavoro di Shuster fece guadagnare a Washington la fama di potenza attenta agli interessi del popolo iraniano. In
realtà non era affatto così, visto che quella del consulente era solo una raccomandazione e, alla fine, gli Stati Uniti
acconsentirono addirittura al suo allontanamento.
8
Come ebbe modo di dire un diplomato britannico nel 1914, “il governo centrale cessò di esistere fuori dalla capitale”.
Ali M. Ansari, Modern Iran since 1921: the Pahlavis and after, Longman, Edimburgo, 2003, p.32.
9
Il Trono del pavone è stato il trono sul quale si sono seduti i sovrani persiani. Era un trono d’oro massiccio,
incastonato di pietre preziose con le effigi di due pavoni, alle quali deve il suo nome. Originariamente si trovava nel
Red Fort di Delhi, in India, ma nel 1793 le truppe dell’invasore Nadir, Scià di Persia, lo trafugarono e lo portarono a
7
viaggi all’estero e all’arricchimento personale, più che al bene del suo Paese. Non vi furono così
grosse conseguenze politiche dovute alla sua salita al trono.
Nel frattempo, dopo l’assassinio a Sarajevo dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando e di sua
moglie per mano di uno studente bosniaco, il 28 giugno 1914, scoppiò la Prima guerra mondiale. La
Persia si dichiarò da subito neutrale, ma l’entrata in guerra dell’Impero ottomano a fianco degli
imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) e l’ingerenza di russi e inglesi negli affari persiani
resero inevitabile il coinvolgimento di Teheran. Durante il conflitto, Russia e Gran Bretagna
stipularono gli accordi di Costantinopoli10, coi quali Londra estese la propria influenza dalla Persia
meridionale fino alla zona centrale, dichiarata neutrale dall’accordo anglo-russo del 1907, mentre
San Pietroburgo ottenne in cambio il controllo sui Dardanelli e nei domini europei della Sublime
Porta. In virtù dell’accordo, inoltre, la Russia ottenne piena libertà d’azione nella parte
settentrionale della Persia.
La Germania decise di penetrare in Persia al fine di appoggiare gli alleati ottomani e ostacolare le
manovre russe e inglesi. Il Kaiser venne presentato alla popolazione come un paladino dell’Islam e i
persiani furono esortati a prendere le armi contro gli Alleati mediante un appello del Sultano
ottomano alla guerra santa11. In particolare nel sud, attraverso le azioni dell’agente Wilhelm
Wassmus, i tedeschi tentarono di organizzare delle rivolte tribali contro la Gran Bretagna. La
presenza tedesca incontrava le simpatie di alcuni politici che sedevano nel majlès, che vedevano di
buon occhio l’alleanza con la Sublime Porta, ma i loro progetti politici non ebbero successo a causa
sia della forte presenza russa alle porte della capitale sia per l’influenza inglese alla corte del
sovrano12.
Ben presto la difesa del territorio persiano venne esercitata da due forze armate distinte, che
venivano ad aggiungersi alla gendarmeria, corpo creato nel 1911 dagli svedesi, e che poteva contare
su circa 7000 uomini: a nord la brigata dei cosacchi13 guidata da ufficiali russi, a sud i South Persia
Rifles, costituita nel 1916 dagli inglesi, sotto il comando di Sir Percy Sykes. Londra decise di creare
un’apposita forza armata per la propria zona di influenza per due ordini di ragioni: in primo luogo
per rafforzare la propria posizione nel Fars, minacciata dalle nuove alleanze tribali strette dai
tedeschi; in secondo luogo per l’evidente debolezza dei cosacchi, che con le loro 8000 unità e la
Teheran. Tale trono è poi andato distrutto e di esso rimane il diamante Kohinoor, esposto nella torre di Londra nella
corona della Regina madre, mentre con altri frammenti è stata realizzata una copia esposta a Teheran.
10
Accordi composti da una serie di scambi diplomatici tra russi e inglesi, avvenuti tra il 4 marzo e il 10 aprile 1915.
11
Nikki R. Keddie, Modern Iran: roots and results of revolution, Yale University Press, New Haven, 2003, p. 73.
12
Tra coloro schierati su posizioni filo-tedesche e anti-russe, spiccavano in particolare i nazionalisti iraniani, che per un
breve periodo formarono un governo provvisorio a Qum, destituito nel 1916 dalle forse russe. La Germania infatti
puntava molto sul fatto di poter costituire un governo di stampo nazionalista. A questo scopo nel 1915 cominciò a
inviare denaro alla Persia e, tramite Hasan Taqizadeh, fece creare una “Commissione Persiana” e fece diffondere nel
paese la rivista “Kaveh”, che uscì fino al 1922, dai contenuti apertamente filo-tedeschi.
13
La brigata dei cosacchi esisteva fin dal 1879, quando era stata costituita per volere del sovrano Naser al-Din Shah.
8
loro dispersione sul territorio, nonchè la loro disorganizzazione14, non erano in grado di difendere
adeguatamente la Persia. Il governo britannico avrebbe potuto scegliere di rafforzare la brigata dei
cosacchi, ma in questo modo avrebbe dato una mano ai russi, senza peraltro ottenere nulla in
cambio. Il governo persiano accettò la presenza di due forze armate distinte, i cosacchi a nord e i
South Persia Rifles a sud, il 5 agosto 1916.
Il conflitto, nel frattempo, vedeva prevalere le forze Alleate, che, sul finire del 1917, riuscirono ad
occupare praticamente tutta la Persia. La guerra ebbe effetti devastanti sul Paese, provocando
moltissime perdite tra i civili, distruggendo moltissime campagne e zone adibite alla coltivazione,
ridusse le riserve alimentari, danneggiò ulteriormente le già scarseggianti vie di comunicazione.
Oltre a ciò, l’inverno del 1916 fu particolarmente duro per la popolazione, colpita dalla carestia e da
epidemie di tifo e colera. In alcune province, inoltre, sorsero dei movimenti di rivolta, che
manifestavano spesso la loro crescente insofferenza verso la presenza straniera, chiedendo
indipendenza e democrazia15. Alla fine del conflitto il governo centrale aveva in pratica perso il
controllo del paese, in particolare nelle aree tribali.
1.2 Il disimpegno russo e l’accordo anglo-persiano
Nel 1917 la Russia zarista fu attraversata da vari moti di rivolta, che finirono per rovesciare il
regime esistente. In febbraio si verificò la caduta del regime zarista dopo le violente proteste a San
Pietroburgo, alle quali seguì la formazione di un governo provvisorio. Nell’ottobre successivo, in
seguito ai fatti della Rivoluzione d’ottobre, al potere salirono i bolscevichi guidati da Lenin. Tra le
prime decisioni prese dal governo rivoluzionario, e che interessarono da molto vicino la Persia, vi
fu quella di ritirarsi dal conflitto mondiale in corso, che vedeva le truppe russe sempre più in
difficoltà e indebolite dalla caotica situazione interna. Già dal dicembre del 1917 vennero avviate le
prime trattative con la Germania e così nel marzo successivo vi fu la pace di Brest-Litovsk16, che
sanzionava l’uscita della Russia dalla guerra. Di conseguenza le truppe russe presenti in Persia
vennero ritirate, lasciando campo libero alla Gran Bretagna, che rimaneva la sola grande potenza
dominante nel Paese. In vista dell’imminente fine del conflitto e dei tavoli di pace, dove tentare di
far valere le proprie ragioni, Teheran si trovò di fronte a tre possibili opzioni: allearsi a una potenza
straniera, che al momento non si profilava ancora all’orizzonte; provocare lo scontro tra russi e
14
I cosacchi furono inoltre protagonisti di vari episodi di diserzione, come nell’aprile del 1916, quando sedici di loro
cercarono rifugio presso il consolato tedesco.
15
La rivolta più importante fu quella che ebbe luogo nella provincia settentrionale del Ghilan, dove un leader locale,
Kuchek Khan, guidava un movimento che chiedeva democrazia e uguaglianza. Coloro che aderirono alla rivolta erano
conosciuti come “jangalis”, ovvero “abitanti della foresta”, visto che vivevano in una zona molto boscosa. Dal 1918 in
poi assunsero il controllo dell’area. Nikki R. Keddie, op. cit., p. 75.
16
Il trattato venne firmato il 3 marzo 1918 e prevedeva la cessione da parte del governo bolscevico di Livonia, Lituania,
Curlandia, Estonia e gran parte della Polonia alla Germania. Inoltre veniva riconosciuta l’autonomia di Ucraina e
Finlandia.
9
inglesi; firmare un accordo con uno dei due paesi, cercando di ottenerne dei vantaggi in termini di
indennità di guerra e territori. Il governo persiano optò per quest’ultima possibilità, ma i britannici
si dimostrarono inflessibili nel fare concessioni, e così la scelta di puntare sulla Gran Bretagna si
rivelò un’umiliazione per la fazione che aveva manifestato simpatie verso Londra17. Difatti, alla
conferenza di pace apertasi a Versailles il 18 gennaio 1919, le richieste iraniane furono totalmente
rigettate, visto anche che non fu riconosciuto a Teheran lo status di belligerante. Lo Scià provò così
a rivolgersi a Washington, ma il timido tentativo di intervento del Presidente Wilson affinché fosse
riconosciuto alla Persia almeno una parte del risarcimento dei danni causati da Russia, Gran
Bretagna e Impero Ottomano, trovò la ferma opposizione britannica.
Nel frattempo, Londra cominciò a tentare di consolidare ancor più il suo controllo sul territorio
persiano. Vennero così erogati sussidi al governo, che consentirono all’esecutivo guidato dal primo
ministro Vusuq al-Dauleh di sopravvivere, dilaniato com’era dai danni arrecati dalla guerra e dai
problemi derivanti dalle insurrezioni tribali nelle province18. Le reali intenzioni del governo
britannico, e in particolare del ministro degli esteri Lord Curzon, erano quelle di trasformare la
Persia in un protettorato, per difendere sia l’Impero delle Indie sia il petrolio persiano
dall’espansionismo russo19. In realtà, l’obiettivo del protettorato fu presto lasciato cadere, visto che
avrebbe sollevato una serie di problemi a livello internazionale, in particolare con gli Stati Uniti,
vista la “dottrina Wilson”, che voleva favorire l’autodeterminazione dei popoli. Lord Curzon si
dovette così “accontentare” di un controllo economico-politico più o meno esteso della Persia
mediante un compromesso con le forze persiane filo-inglesi, formalizzato attraverso l’accordo
anglo-persiano del 9 agosto 1919. L’accordo prevedeva la riorganizzazione militare e fiscale del
Paese e la costruzione della ferrovia. Nel testo era previsto il rispetto dell’indipendenza e
dell’integrità della Persia da parte britannica, ma al tempo stesso Londra prometteva di fornire a
Teheran consulenti per l’amministrazione fiscale e doganale, degli ufficiali per la creazione
dell’esercito, equipaggiamento militare e gli aiuti necessari per potenziare le comunicazioni tramite
la costruzione di una ferrovia. Inoltre, se l’accordo fosse stato ratificato dal majlès, come prevedeva
la Costituzione del 1906, il governo britannico avrebbe erogato un prestito da due milioni di
sterline, teso a finanziare almeno una parte delle riforme. L’accordo del 1919 era quindi in pratica
un tentativo di trasformare lo Stato persiano in protettorato britannico. Per questo motivo le
trattative vennero svolte in gran segreto, lasciando all’oscuro sia la Società delle Nazioni, sia il
17
Farian Sabahi, op. cit., pp. 51-52.
18
Nell’estate del 1918 Londra raggiunse anche un accordo con i leader degli insorti della provincia settentrionale del
Ghilan, Kuchek Khan, che limitò le sue forze e consentì alle truppe britanniche di controllare le aree limitrofe.
19
Vi era anche un’altra corrente di pensiero, proveniente dal governo coloniale dell’India, che prevedeva non un
controllo diretto della Persia, troppo oneroso dal punto di vista finanziario, ma un semplice accordo coi nazionalisti
moderati di Teheran.
10
Parlamento di Teheran. Gli interlocutori di Londra furono il primo ministro Vusuq al-Dauleh, il
ministro degli esteri Mirza Nosrat al-Dauleh e il ministro delle finanze Sarem al-Dauleh. Quando i
contenuti dell’accordo vennero resi noti, però, vi furono rimostranze sia da parte dei nazionalisti
persiani, sia da parte del regime sovietico, della Francia e degli Stati Uniti. Il primo ministro
persiano fu costretto alle dimissioni, visto che era totalmente inviso all’Assemblea. Per quanto
riguarda in particolare gli Stati Uniti, quest’ultimi consumavano una quantità di petrolio doppia
rispetto agli altri Paesi, pur detenendo il controllo di appena un settimo della produzione del
pianeta. All’inizio della Prima guerra mondiale, Washington si rese così conto che avrebbe dovuto
aumentare in fretta la propria autonomia energetica e fu così naturale volgere lo sguardo verso la
Persia. Inoltre, visto anche il disimpegno russo dovuto alla rivoluzione bolscevica, rimanevano
scoperti i giacimenti della Persia settentrionale, che però, con l’entrata in vigore dell’accordo anglo-
persiano, sarebbero ricaduti in breve tempo nell’orbita della Gran Bretagna, che già controllava
quelli nel resto del Paese20. Fu dunque il petrolio il motivo per cui gli Stati Uniti reagirono
negativamente all’intesa tra il governo britannico e quello persiano, intesa che comunque doveva
ancora essere ratificata dal majlès per entrare in vigore. La ratifica non giunse mai, visto che il 22
giugno 1921 il Parlamento persiano ricusò l’accordo, impedendo alla Gran Bretagna di raggiungere
il suo scopo. Nel frattempo comunque, gli stessi inglesi stavano dirigendo le loro attenzioni verso
altri fronti caldi, visto che dall’aprile 1921 avevano ritirato le proprie truppe dalla Persia, per
problemi in Palestina, Egitto, Iraq. Alla fine dunque l’accordo anglo-persiano svanì nel nulla,
lasciando tracce di sé solo nei progetti relativi al nuovo sistema doganale, alla costruzione di una
ferrovia e all’unificazione in un unico esercito della brigata dei cosacchi, della gendarmeria e dei
South Persia Rifles. In conclusione, a far sì che l’accordo non venisse ratificato concorsero sia
l’opposizione dei nazionalisti che sedevano nel majlès, sia un principio di disimpegno britannico,
ben esemplificato dal ritiro delle truppe, sia la comparsa sullo scenario mediorientale degli Stati
Uniti.
1.3 Il colpo di Stato di Reza Khan
Un paio di mesi prima che le truppe inglesi si ritirassero dalla Persia, ovvero nell’aprile del 1921, si
verificò il colpo di Stato guidato dal colonnello Reza Khan, il capo della brigata dei cosacchi,
originario di una sconosciuta famiglia turcofona del Mazandaran. Nella notte del 21 febbraio 1921
20
Sin dal 1901 il cittadino britannico William Knox D’Arcy aveva ottenuto la concessione per lo sfruttamento dell’oro
nero su tutto il territorio persiano, fatta eccezione per cinque province settentrionali, al confine con la Russia. In cambio
al governo persiano andava il 16% dei profitti annui della società. D’Arcy creò la Anglo-Persian Oil Company(APOC),
e nel 1914 il governo britannico stipulò un contratto con questo società, assicurandosi le forniture di petrolio a un
prezzo concorrenziale. Questo contratto fece divenire l’APOC sempre più dipendente e condizionata dalla politica
britannica. Dopo che Reza Shah cambiò il nome del Paese da Persia a Iran, nel 1936 la società cambio nome e divenne
la Anglo-Iranian Oil Company (AIOC) e nel 1954 diventerà la British Petroleum Company (BP).
11
3-4000 uomini della brigata avevano marciato su Teheran, arrestato una sessantina di influenti
uomini politici e prese il potere. I golpisti assicurarono al sovrano Ahmed Shah che la loro azione
aveva come obiettivo quello di proteggere la monarchia dalla rivoluzione. Reza Khan chiese così
allo Scià la nomina a premier di Seyed Zia al-Din, che in seguito adottò il cognome Tabatai21,
mentre lui stesso divenne comandante dell’esercito e ministro della guerra. Non vi è mai stata
chiarezza riguardo al ruolo giocato da Londra nel colpo di Stato, anche se senza dubbio i funzionari
britannici a Teheran, il generale Edmund Ironside e il diplomatico Herman Cameron Norman, ne
erano al corrente e non fecero nulla per ostacolarlo, visto anche che la brigata dei cosacchi venne
rifornita di stivali, uniformi e munizioni. Di certo c’è che ai piani alti del governo britannico non
fossero tutti d’accordo, visto che Lord Curzon vietò all’Imperial Bank di concedere prestiti al nuovo
governo22.
Nei giorni successivi al colpo di Stato, il 26 febbraio 1921, venne firmato il trattato di amicizia
sovietico-persiano, che confermava la cancellazione delle concessioni e delle pretese finanziarie del
vecchio regime zarista. In seguito all’accordo anche le ultime truppe sovietiche rimaste nel nord
della Persia lasciarono il Paese.
Ben presto si assistette a un cambio ai vertici del nuovo governo, poiché il premier Tabatai non si
dimostrò all’altezza della situazione. I nazionalisti lo consideravano una pedina in mano agli
inglesi, e così quando propose di ricorrere a ufficiali britannici per la brigata dei cosacchi, Reza
Khan lo costrinse alle dimissioni. La carica di primo ministro fu assunta quindi da Qavam al-
Sultaneh.
Uno dei punti focali dell’azione di Reza Khan fu l’importanza data alle forze armate23, con le quali
si proponeva di comandare il Paese, che vennero subito riformate. La gendarmeria venne trasferita
dal ministero degli interni a quello della guerra(per poterla controllare meglio), vennero accorpati
nell’esercito 12000 gendarmi e 7000 cosacchi e gli ufficiali britannici e svedese ancora presenti
vennero sostituiti con persiani arruolati nella brigata dei cosacchi. Infine, i South Persia Rifles
vennero inseriti nell’esercito regolare, composto adesso da 40mila militari.
21
Seyed Zia al-Din era un giornalista con tendenze riformiste che nutriva simpatia per gli inglesi. Durante la guerra
aveva diretto il giornale “Raad” (Tuono), che sosteneva le posizioni di Londra.
22
Molto importante fu anche il ruolo giocato dal diplomatico britannico a Teheran Sir Percy Loraine, il quale instaurò
un ottimo rapporto con lo stesso Reza Khan. Loraine vedeva con favore la possibilità di un governo forte guidato dal
capo dei cosacchi, in modo tale da garantire stabilità alla Persia dopo le devastazioni e le divisioni derivate dalla guerra.
Inoltre con l’appoggio a Reza Khan, la Gran Bretagna intendeva contenere le sempre più incessanti pressioni di
Washington per accedere al petrolio e voleva tenere sotto controllo la minaccia sovietica. Michael P. Zirinsky, Imperial
power and dictatorship: Britain and the rise of Reza Shah, 1921-1926, in “International Journal of Middle-East
Studies”, 1992, n.24, pp. 639-663.
23
Fra il 1926 e il 1941 le forze armate passarono da 40mila uomini in cinque divisioni a 127 mila in diciotto divisioni.
All’esercito si aggiunsero un’aviazione di modeste dimensioni, una brigata con cento carri armati e alcune cannoniere
dislocate nel Golfo Persico. L’importanza data all’esercito si palesava anche durante le cerimonie pubbliche, alle quali
Reza Khan si presentava sempre in uniforme. Inoltre i militari vantavano uno standard di vita superiore rispetto ai
funzionari della pubblica amministrazione.
12
Il 28 ottobre 1923 Ahmad Shah nominò premier Reza Khan. Poco dopo il sovrano partì per un
viaggio in Europa, lasciando così campo libero al neo primo ministro, il quale iniziò la sua opera di
ricomposizione dell’unità della Persia, sottomettendo le tribù del Kurdistan, dell’Azerbaigian, del
Khorasan, del Balucistan, del Fars, del Khuzestan e dell’Arabestan. Sempre nell’ottica di eliminare
le differenze etniche e linguistiche e di diffondere un’ideologia fondata sul nazionalismo laico,
passante anche per la soggiogazione delle molte tribù presenti, nel 1923 il quinto majlès promulgò
la legge che rendeva obbligatorio il servizio militare, misura invisa ai proprietari terrieri e appunto
alle popolazioni rurali e tribali, in quanto allontanava la manodopera e i giovani combattenti per un
periodo di due anni24. Le azioni militari e la legge sulla coscrizione obbligatoria dettero i frutti
sperati, visto che Reza Khan riuscì nell’intento di eliminare lo squilibrio etnico, un tempo a
vantaggio dei turcofoni.
Il quinto majlès approvò anche alcune misure volte a modernizzare la Persia: finanziò la costruzione
della ferrovia transpersiana con le imposte sul reddito e i profitti derivanti dal tè e dallo zucchero,
uniformò i pesi e le misure in uso sul territorio nazionale, ridusse i giorni festivi ufficiali da
quaranta a ventitré, vietò l’uso del calendario religioso lunare per le operazioni commerciali,
ripristinò il calendario persiano preislamico con inizio il 21 marzo, abrogò i titoli nobiliari
dell’epoca cagiara imponendo l’uso di cognomi secondo l’usanza europea. Infine lo stesso Reza
Khan, facendo riferimento all’antico passato iranico, assunse il cognome di Pahlavi25.
Il 14 febbraio 1925 il majlès conferì a Reza Khan il titolo di comandante in capo, in genere
prerogativa del sovrano. Nell’ottobre successivo, Ahmed Shah tentò di rientrare in Persia, ma il
Parlamento lo depose e nominò Reza Khan capo di Stato. Infine nel palazzo Golestan di Teheran, il
25 aprile 1926, Reza Khan si incoronò Reza Shah Pahlavi, divenendo a tutti gli effetti il nuovo
sovrano della Persia26. La dinastia cagiara, al potere dal 1795, lasciò il passo alla dinastia dei
Pahlavi.
1.4 Il Regno di Reza Shah e la modernizzazione dell’Iran
Il Regno di Reza Shah, che iniziò con la sua incoronazione nel 1926 e terminò con la sua
abdicazione forzata nel 1941, portò fortissimi cambiamenti a livello sociale ed economico, ma allo
stesso tempo fece registrare anche notevoli restrizioni dal punto di vista della vita politica, di fatto
24
Anche i religiosi si opposero a questa misura, timorosi com’erano che l’esperienza nell’esercito potesse esporre i
giovani alle idee laiche emergenti.
25
Etimologicamnte significa “partico” e indica la lingua medio-persiana.
26
All’inizio del 1924, sull’onda degli eventi della Turchia di Ataturk, sorse anche in Persia un movimento
repubblicano, al quale Reza Khan si dimostrò inizialmente favorevole. Fu però costretto ad abbandonare qualsiasi
progetto di Repubblica vista la forte opposizione degli ‘ulema, che interpretavano il programma repubblicano come
contrario ai dettami dell’Islam.
13
monopolizzata dallo stesso Scià. Difatti, già nei mesi successivi alla salita di Reza Shah sul trono
del Pavone, il Parlamento, secondo la diplomazia britannica, era ridotto a un burattino nelle mani
del sovrano, che giunse persino a privare i deputati dell’immunità parlamentare. Ben presto il
monarca prese poi l’abitudine di chiedere solo in un secondo tempo il voto di fiducia necessario per
il governo da lui nominato e fece in modo di cambiare a suo piacimento la composizione del majlès,
con l’affievolirsi del numero di religiosi presenti a fronte dell’aumento progressivo dei proprietari
terrieri. I partiti politici vennero banditi e molti esponenti del Partito Comunista furono
imprigionati27. Anche il settore dell’informazione venne colpito, vista la chiusura dei giornali
indipendenti. Infine furono messi fuori legge i sindacati, costituiti nel 1921.
Reza Shah si era prefisso l’obiettivo di fare della Persia un moderno Stato-nazione, e per far ciò
fece leva soprattutto sull’esercito, la burocrazia, la corte reale. Dal punto di vista delle opere
intraprese, le più rivelanti furono sicuramente quelle rivolte all’ammodernamento delle vie di
comunicazione. Vennero così completati 22000 chilometri di strade e la ferrovia transpersiana, che
collegava il nord al sud del Paese. Queste opere furono finanziate con modalità differenti, ovvero
con i profitti petroliferi, con una modesta tassa sul reddito, con l’introduzione di dazi doganali e con
le entrate dei monopoli di Stato sul tè, lo zucchero, il tabacco e il petrolio. E’ bene comunque
precisare che la modernizzazione ebbe un impatto poco rilevante sulle aree rurali, privilegiando i
collegamenti tra i grandi centri. Per quanto riguarda la ferrovia, essa copriva 1394 chilometri, ma
presentava un grosso problema: era difatti concepita con l’intento strategico di evitare una facile
invasione russa o britannica e, per questo motivo, non era collegata a un sistema ferroviario
internazionale e non metteva in comunicazione i porti del mar Caspio con quelli del Golfo Persico.
In ogni caso, le nuove vie di comunicazione contribuirono a facilitare l’importazione di manufatti e
l’esportazione di prodotti agricoli.
Lo sviluppo industriale venne avviato negli anni trenta e provocò una forte crescita della classe
operaia, che spesso lavorava in condizioni difficili ed era mal retribuita. I sindacati erano però stati
messi fuori legge, e nessuno poteva farsi carico delle rimostranze dei lavoratori, i quali, con la loro
immigrazione nelle città, contribuirono alla crescita dell’urbanizzazione. Ad una urbanizzazione o
comunque sedentarizzazione forzata furono costretti i nomadi e le tribù, che, come già visto, erano
state già in parte sottomesse da Reza Khan quando era ancora ministro della guerra. Lo Scià
riteneva che le tribù riflettessero un’immagine della Persia tutt’altro che moderna, e quindi venne
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Il Partito Comunista Persiano era sorto nel 1920 nella regione del Ghilan, dove si trovava il movimento dei jangalis,
guidati da Kuchek Khan. In questa area sorse così la Repubblica del Ghilan, della quale facevano parte alcuni esponenti
comunisti sotto la guida dello stesso Kuchek Khan. Nel novembre 1921, le brigate cosacche di Reza Khan giunsero
nell’area e sconfissero i jangalis. La testa congelata di Kuchek Khan venne poi esposta a Teheran, per volere dello
stesso Reza Khan. Molti degli esponenti comunisti arrestati durante il regno di Reza Shah formarono in seguito il
Partito Tudeh.