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INTRODUZIONE
Nonostante il sonno sia una necessità biologica essenziale per il
mantenimento del benessere psicofisico di una persona, nel mondo vi
sono milioni di persone che riportano un’inadeguatezza, in termini di
quantità e/o di qualità, di quest’ultimo; tale carenza risulta influenzare, e
talvolta anche in modo piuttosto serio, la qualità della vita della persona
in modo totalitario. I dati epidemiologici attualmente disponibili sulla
diffusione dei disturbi del sonno, al cui concorrere sembra contribuire
anche l’azione logorante operata dalla società moderna sempre piø
caratterizzata da ritmi di vita frenetici e stressanti sull’uomo, indicano
una costate aumento dell’insorgenza di tali patologie.
Ad accrescere uno scenario di per sØ già molto negativo si
unisce il fatto che, tra coloro che esperiscono problematiche relative al
sonno, e che per queste ricercano aiuto, la maggioranza ricorre alla
terapia farmacologia; terapia che risulta essere efficace ma non esente
da rischi.
Dai riscontri sopraccitati nasce la ragione che mi ha spinto a
condurre questo lavoro ovvero raccogliere le evidenze scientifiche di un
metodo terapeutico, possibilmente alternativo e/o complementare a
quello farmacologico, il cui utilizzo nel trattamento dei disturbi del sonno
risulti sia di comprovata efficacia che esente da rischi; quel metodo è
l’ipnosi.
A tal proposito il presente lavoro inizia con un excursus sul
sonno, sul suo modificarsi al progredire dell’età, sulle differenze
riscontrate in funzione del genere, e sulla sua architettura. Servendosi
degli innumerevoli studi polisonnografici presenti in letteratura,
particolare attenzione verrà posta sulla descrizione, in chiave
principalmente neurofisiologica, degli aspetti connotanti i vari stadi
costituenti il ciclo del sonno.
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Nel secondo capitolo verranno descritti sia i principali disturbi del
sonno, e per ognuno di questi definite le rispettive caratteristiche
diagnostiche in accordo a quanto previsto sia dal Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) che dall’International
Classification of Sleep Disorders (ICSD-2), sia i possibili effetti derivanti
dalla deprivazione dal sonno.
Nel terzo capitolo verrà articolata una trattazione sull’ipnosi con
un duplice obiettivo: quello di mostrare, attraverso l’evoluzione storica, il
percorso che ha caratterizzato l’ipnosi dalla magia verso la scienza,
principalmente grazie alle evidenze scientifiche della sua “esistenza”, in
quanto fenomeno neurofisiologico, andando a demolire quelle false
credenze che da sempre l’accompagnano.
Nel quarto ed ultimo capitolo dopo aver precedentemente
definito le caratteristiche del sonno, dei principali disturbi del sonno,
così come quelle dell’ipnosi, sarà data evidenza dell’efficacia di
quest’ultima nel trattamento dei disturbi del sonno, sia come metodo
unico di trattamento, che in associazione ad altra terapia.
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1 IL SONNO
1.1 VERSO UNA DEFINIZIONE
Trovare una definizione del sonno omnicomprensiva è una cosa
assai ardua, tuttavia, è possibile, parafrasando la definizione di
Carskadom e Dement, definire il sonno come uno stato
comportamentale reversibile, caratterizzato da isolamento percettivo e
da ridotta responsività agli stimoli ambientali. Il sonno è altresì definito
come un complesso amalgama di processi fisiologici e comportamentali
(Carskadom e Dement 2011).
1.2 ARCHITETTURA DEL SONNO
Attraverso la polisonnografia, ovvero una tecnica che
simultaneamente misura differenti funzioni fisiologiche come
l’andamento dell’attività cerebrale (Elettroencefalogramma EEG), i
movimenti oculari (Elettrooculogramma EOG), l’attività muscolare
(Elettromiogramma EMG), la respirazione e il battito cardiaco, è stato
possibile ricostruire l’andamento ciclico del sonno definendone le
caratteristiche distintive. All’interno del sonno è possibile distinguere,
sulla base di una costellazione di parametri fisiologici, due fasi separate
il Non Rapid Eye Movement e il Rapid Eye Movement (REM) Il ciclo
veglia-sonno è definito come un ciclo circadiano. Il termine circadiano
deriva dal latino “circa diem” ovvero circa un giorno ed è usato per
indicare tutti quei cicli che si compiono con una periodicità di 24 ore.
All’interno del ciclo circadiano della veglia sonno s’inscrive un altro ciclo
detto ultradiano, (avente periodicità inferiore a 24 ore) riferito
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all’alternarsi ciclico delle due fasi del sonno NREM e REM (fig. 1
ipnogramma di un giovane adulto sano)
L’ipnogramma (fig.1) è un tracciato grafico che mostra la
strutturazione del ciclo veglia-sonno scindendo a sua volta la parte
relativa al sonno nelle fasi NREM e REM. Come si evince
dall’ipnogramma, il sonno è caratterizzato da fasi differenti che si
presentano, nell’adulto sano, con una sequenza prestabilita. Ogni ciclo
NREM-REM si articola in una progressione che attraversa i 4 sotto-
stadi della fase del sonno NREM per poi passare alla fase REM. La
funzione dell’alternarsi di queste due fasi del sonno non è ancora
compresa, ma è possibile dire che la presenza di cicli irregolari o
l’assenza di alcuni stadi è associata alla presenza di disturbi del sonno
(Zepelin et al., 2005). Il sonno NREM costituisce il 70-80% del sonno
mentre il sonno REM il rimanente 20-25%. La lunghezza media del
primo ciclo NREM-REM varia da 70 a 100 minuti mentre il secondo
ciclo e i successivi hanno durata approssimativamente da 90 a 120
minuti (Carskadon and Dement, 2005). Durante un’ipotetica notte di
sonno di 8 ore, si verificano quindi circa 5 cicli NREM-REM, durante i
quali possono essere previsti anche brevissimi periodi di veglia
(risvegli).
In un adulto sano la quantità di sonno NREM diminuisce al
progredire della notte mentre la quantità di sonno REM aumenta. Col
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progredire del sonno il sotto-stadio 2 diventa accreditato per la maggior
parte del sonno NREM mentre i sotto-stadi 3 e 4 possono anche
complessivamente sparire.
1.2.1 CAMBIAMENTI NEL SONNO ETA’ DIPENDENTI
L’architettura del sonno si modifica in maniera continua e
significativa con l’età.
Alla nascita i neonati
dormono da circa 16
a 18 ore per giorno e
il sonno è distribuito
lungo l’arco dell’intera
giornata. Nonostante i
neonati spendano
circa il 70 percento del loro
tempo dormendo, il sonno
risulta piuttosto discontinuo e l’episodio di sonno continuativo piø lungo
varia da 2.5 a 4 ore (Adair and Bauchner, 1993; Roffwarg et al., 1966).
Si può dire che i neonati abbiano tre differenti tipologie di sonno: “quite
sleep” (sonno calmo simile a quello NREM), “active sleep” (sonno attivo
simile a quello REM) e “indeterminate sleep” (sonno indeterminato). I
neonati iniziano il sonno con la fase REM e non con quella NREM come
invece accade nell’adulto sano. Il ritmo circadiano, la cui assenza nelle
prime settimane di vita è correlata con la differente architettura del
sonno nel neonato rispetto all’adulto, comincia a sorgere verso i primi
due o tre mesi di vita e porta ad un consolidamento del sonno che si
manifesta con periodi piø lunghi di veglia durante il giorno e periodi piø
lunghi di sonno durante la notte. (Sheldon, 2002). Azioni abitudinarie
come l’allattamento e l’avviamento al sonno se compiute con
(fig. 2 Changes in sleep with age SOURCE: Carskadon and
Rechtschaffen (2005))
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sistematicità temporale, ovvero al solito orario tutti i giorni,
contribuiscono anch’esse a modificare le abitudini di sonno dei neonati.
All’età di 3 mesi circa il ciclo del sonno diviene piø regolare, l’entrata nel
sonno avviene nella fase NREM, il sonno in fase REM diminuisce in
quantità e si situa nella seconda fase del ciclo e la durata media di ogni
ciclo NREM-REM è tipicamente 50 minuti (Anders et al., 1995; Jenni
and Carskadon, 2000). Man mano che il ciclo del sonno matura, l’atonia
muscolare tipica del sonno REM prende il posto della propensione al
movimento, tipica del sonno attivo nel neonato. All’età di 12 mesi
tipicamente un’infante dorme circa 14 o 15 ore al giorno e il sonno si
concentra per lo piø nella fascia temporale sera/notte con uno o due
episodi di sonno diurno (Anders et al., 1995). Con la maturazione del
bambino la quantità di sonno diminuisce progressivamente. Questa
diminuzione quantitativa del sonno non può essere però attribuita solo a
fattori fisiologici, in quanto anche fattori sociali e ambientali, quali ad
esempio l’inserimento a scuola, contribuiscono alla modificazione delle
abitudini del sonno. Cosa molto interessante è la tendenza da parte dei
bambini, che si manifesta intorno all’età scolare, ovvero all’età di 6 anni
circa, ad una preferenza nel ritmo circadiano di veglia e sonno sulla
base della quale è possibile categorizzare i bambini “night owl” o
“morning bird”. I bambini piø grandi inoltre hanno maggior probabilità di
esperire difficoltà nell’addormentarsi e nel mantenere il sonno rispetto a
quelli piø piccoli. Con l’adolescenza il tempo di sonno necessario
subisce un’ulteriore diminuzione rispetto a quelle del bambino. E’ stato
determinato che un adolescente necessiti da 9 a 10 ore di sonno per
notte. (Carskadon et al., 1993; Mercer et al., 1998). L’architettura del
sonno continua a variare anche in età adulta. Una caratteristica del
modificarsi dell’architettura del sonno connessa all’avanzare dell’età è
la tendenza ad andare a letto sempre piø presto e a svegliarsi presto il
mattino. Da un’analisi comparativa che ha indagato le abitudini del
sonno di un campione di adulti compresi tra i 65 e i 75 anni di età,