1
CAPITOLO 1
SENILITA’: FIGURA E RUOLO DELL’ANZIANO
In tutti i paesi industrializzati, l’accelerazione del processo d’invecchiamento e la riduzione
della fecondità hanno avuto quale esito demografico non solo il sorpasso del gruppo degli anziani
su quello dei giovani, ma il notevole aumento del numero dei grandi anziani (ultra 80enni). La vita
media ha superato i settantacinque anni e un quarto della popolazione ha varcato la soglia dei
sessant'anni. Queste rapide trasformazioni demografiche, dalla fine degli anni ottanta, hanno
favorito gli studi sulle condizioni di vita dell’anziano e sui nuovi bisogni di cura (Caprara,1997).
Oggi, non si può parlare degli anziani in modo indifferenziato. Ormai si parla di “giovani
anziani”, di “anziani maturi”, di “grandi anziani” (Naldini & Saraceno, 2007), per alludere a
situazioni ben diverse tra loro, dove, accanto a situazioni di perfetta autonomia personale, si trovano
anche condizioni di parziale o assoluta dipendenza e necessità. Visto il prolungarsi della vita
dell’uomo, si presentano oggi problemi nuovi che richiedono politiche sociali adeguate alle
esigenze degli anziani, a riguardo dell’assistenza sanitaria, delle abitazioni, dei trasporti. Sentiamo
spesso dire che, quando si è anziani, si ritorna un po’ a essere bambini, pertanto, quella fase
dell’onnipotenza del sé, tipica dell’infanzia, si ripresenta nella senilità, poiché “l’inconscio non
prevede l’invecchiamento, presente invece all’esterno” e “ nella vecchiaia si realizza la continuità
del Sé onnipotente” (Kohut, 1977).
Come riportato da Neugarten (1977), rispetto al passato, dagli anni Ottanta sono mutate le
condizioni di vita della terza e della quarta età. Le coppie anziane sono sempre più numerose. Gli
anziani hanno maggiore autonomia economica e affettiva e l’invecchiamento è meno di prima
insidiato dalle infermità. Gli obiettivi da raggiungere oggi sono principalmente due: preservare il
benessere dell’anziano e rendere meno gravoso l’invecchiamento. In passato, le scienze biologiche
hanno considerato l’invecchiamento come il periodo che va dalla cessazione dell’attività
riproduttiva alla morte, contrassegnato da un progressivo e irreversibile alterarsi dei tessuti
dell’organismo e dal suo ammalarsi, oltre che da un rallentarsi delle sue funzioni. Oggi, il punto di
partenza della senescenza non è più la cessazione della capacità riproduttiva. In alcuni paesi, è il
passaggio dalla vita lavorativa al pensionamento. Pertanto, l’invecchiamento è spesso visto in
chiave discendente e involutiva.
2
Decenni di ricerche hanno dimostrato come nell’uomo la senescenza implichi non solo
impoverimento di certe strutture, ma anche la conservazione di altre. Decadono quelle funzioni
dell’organismo poco esercitate, ma si perfezionano quelle maggiormente utilizzate. I ritmi, le
variabili dell’invecchiamento sono diversi da individuo a individuo. Sul piano biologico non è
possibile stabilire un dato o un insieme di dati che contrassegni l’inizio dell’invecchiamento,
poiché , oltre al passare degli anni, vi è l’azione degenerativa di altri fattori , quali le malattie come
l’Alzheimer. Dalla letteratura si evince, inoltre, una discreta concordanza nell’evidenziare, negli
anziani, soprattutto in presenza di malattie, la dominante tendenza alla passività, con una difficoltà a
percepire la complessità delle situazioni e ad integrare percezioni esterne ed interne, portando
l’anziano ad essere più introverso ed egocentrico (Neugarten, 1977).
Senz’altro durante l’invecchiamento vi sono alcune modificazioni fisiologiche come la
decalcificazione delle ossa, una cospicua perdita neuronale, l’ispessimento delle pareti dei vasi
sanguigni, un rallentamento generale dell’attività sia fisica che mentale, ma ciò non significa
decadimento totale e assoluto (Salthouse, 1988).
Vi sono abilità cognitive che si conservano anche nell’età senile. Alcune attività mentali, in
cui hanno importanza le conoscenze possedute e il tipo di cultura di appartenenza, possono
addirittura migliorare con l’età, come, ad esempio, le attività mentali che fanno capo all’intelligenza
cristallizzata, come è stato dimostrato da Horne e Donaldson (1976), che hanno sottoposto gli
anziani a compiti sulla formazione dei concetti, del ragionamento e sul giudizio sociale. Questo tipo
d’intelligenza è caratterizzato da una maggiore stabilità nel tempo, poiché connessa a fattori socio-
culturali e ambientali ed è influenzata dall’istruzione, a differenza dell’intelligenza fluida, che si
riferisce ai processi implicati nell’organizzazione delle informazioni e nella risoluzione di problemi.
Horn e Cattell (1996) sostengono che l’intelligenza fluida sarebbe sottoposta a declino con
l’avanzare dell’età, tuttavia, secondo gli autori, i due sistemi d’intelligenza sono collegati tra di loro
e quindi solamente l’esercizio e l’estensione dell’intelligenza fluida permette lo sviluppo di quella
cristallizzata.
La Psicologia dell’invecchiamento si propone di spiegare il processo dei cambiamenti che
avvengono e che vanno dalle modificazioni della memoria, della percezione, alla modificazione
dell’affettività. Il tutto avviene in un processo d'integrazione tra i fattori biologici e quelli socio-
psicologici. I progressi delle scienze mediche e psicologiche dimostrano che una serie di processi
cognitivi rimane inalterata anche dopo il ritiro dall’attività lavorativa e più a lungo di quanto
avveniva in passato. Importante è anche l’atteggiamento che la persona ha nei confronti
dell’invecchiamento e della propria condizione. Necessario è mantenere la propria identità e
continuare a esercitare un controllo sulla propria vita, non perdere lucidità e interesse.
3
Certamente, hanno un grande ruolo i fattori biologici, la perdita di neuroni e la riduzione del
flusso ematico cerebrale, ma per vivere bene la fase dell’invecchiamento, sono importanti anche la
società e la personalità, che possono moderarne gli effetti. Occorre che cambi il modo di pensare, di
prepararsi e di accostarsi all’invecchiamento, soprattutto in una società come la nostra, in cui
l’anziano, che fino a pochi decenni fa era spesso considerato un peso sociale che il più giovane
doveva assistere, ora si trova a provvedere alla categoria dei più giovani, che hanno nuove difficoltà
e disagi sociali, quali la disoccupazione, il precariato e la mancanza di abitazione (Caprara, 1997).
Vivono meglio, quindi, gli anziani che sono attivi mentalmente e che hanno un atteggiamento
positivo nei confronti dell’esistenza. E’ stato chiesto a un gruppo di anziani, attraverso interviste e
questionari, cosa significhi per loro invecchiare bene, valutando se stessi in termini
d'invecchiamento positivo su una scala da 1 (poco) a 7 (molto). I risultati hanno evidenziato come
gli anziani tendono a identificarsi di più con il concetto d'invecchiamento positivo in termini
d’impegno sociale e di sguardo positivo verso il futuro piuttosto che come assenza di malattia. Il
dato più interessante è che molti anziani che sostengono di invecchiare bene lo fanno anche in
presenza di malattia croniche o disabilità (Montross et.al, 2006).
Con il passare degli anni anche la cultura diventa sempre più importante nell’esercitare un
ruolo di compensazione rispetto a quello della natura. Intendendo per cultura le risorse che
l’ambiente mette a disposizione e quanto di esse la persona è in grado di tradurre in comportamenti,
atteggiamenti e mete personali.
Shimamura e coll. (1995), confrontarono un gruppo di anziani accademici, caratterizzati
dall’essere ancora molto attivi mentalmente e dall’avere un atteggiamento positivo nei confronti
dell’esistenza, e un gruppo di anziani “ normali”, aventi una media di sedici anni di scolarità. I
risultati hanno evidenziato prestazioni simili dei due gruppi in prove sui tempi di reazione e sulla
memoria di coppie associate arbitrariamente, cioè in compiti in cui ha importanza l’efficienza
“strutturale” del cervello. Sono state trovate prestazioni migliori negli accademici, invece, in
compiti di soluzione di problemi e di ricordo di prosa, compiti in cui hanno importanza gli aspetti
funzionali e processuali. Questi risultati suggeriscono che, nonostante il decadimento biologico, un
atteggiamento mentale impegnato (engaged) e positivo può mitigare il deficit cognitivo
dell’invecchiamento (Shimamura et al. 1995).
Secondo gli studi di Paul Baltes e dei suoi collaboratori del Max Planck Institute di Berlino lo
sviluppo di una persona è la risultante del corso di più traiettorie che sarebbe improprio omologare a
un’unica linea in ascesa sino a una certa età e poi irrimediabilmente in discesa. Secondo Baltes,
tutto il corso della vita è scandito da guadagni e da perdite. Si ha sviluppo quando il rapporto tra gli
uni e le altre è a favore dei primi o è in equilibrio.
4
La saggezza e la capacità di utilizzare l’esperienza sono forme d'intelligenza pratica che
spesso si accompagnano all’età. Il processo evolutivo di ogni stagione della vita è perciò quello di
massimizzare i guadagni e di minimizzare le perdite (Baltes et al., 1996).
Quando è stato chiesto ad Arthur Rubinstein, pianista polacco, ormai ottantenne, come poteva
continuare a suonare il pianoforte con straordinaria perizia, egli ha indicato tre strategie: aveva
deciso di suonare solo alcuni brani, si esercitava più spesso nella loro esecuzione e, per contrastare
la perdita in velocità sopraggiunta con l’avanzare degli anni, faceva precedere dei passi più lenti a
quelli più veloci, in modo da creare l’impressione che questi fossero ancora più veloci. Così
facendo, il musicista ha realizzato i processi, studiati da Baltes, di selezione, compensazione e
ottimizzazione (Baltes & Baltes, 1990).
Privilegiare i brani che si suonano meglio è un esempio di selezione; mostrare al pubblico il
contrasto tra passi più lenti e passi più veloci è un esempio di compensazione; esercitarsi di
frequente è un esempio di ottimizzazione che vale nella musica come in altre attività fisiche e
mentali. Sono strategie che ognuno pone in atto quotidianamente, ma che diventano ancora più
importanti quando, durante l’invecchiamento, diminuiscono le risorse su cui si può contare.
1.1 Modificazioni fisiologiche dei processi cognitivi
Le modificazioni fisiologiche sono le prime che si presentano, coinvolgendo profondamente i
processi cognitivi. Con il termine “abilità cognitive” viene indicato “l’insieme delle capacità che
intervengono nel processo di elaborazione delle informazioni” da quando queste si prospettano al
soggetto fino a quando egli produce una risposta adeguata (Amoretti & Ratti, 1994).
Vengono a modificarsi abilità cognitive quali l’attenzione, la percezione, la memoria, l’area
del linguaggio. Gli anziani sono svantaggiati nei confronti dei più giovani in prove cognitive di
percezione, attenzione e ragionamento, che, soprattutto, si basano su resistenza, velocità e
accuratezza nell’elaborazione di singole unità d’informazione, ma essi danno spesso prestazioni
superiori in quelle prove che richiedono organizzazione e visione.