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CAPITOLO 1
UNO SGUARDO ALLA RIFORMA
1.1 Contesto nel quale si inserisce il D.lgs. 150/2009
Il rapporto di pubblico impiego è stato caratterizzato nel corso degli anni da un
processo di riconduzione dei rapporti di lavoro sotto la disciplina del diritto privato.
Il Decreto legislativo 3febbraio 1993 n.29, emanato in forza della delega conferita
con la legge n. 421/1992, sancisce la prima fase di quello che viene comunemente
definito “processo di privatizzazione del pubblico impiego”, una fase diretta
essenzialmente a ricondurre i rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni sotto la disciplina del diritto civile e regolare gli stessi
mediante contratti collettivi ed individuali.
L’innovativa legislazione, si colloca nell’ambito della riserva di cui all’art. 97 Cost.,
che prevede che i pubblici uffici siano organizzati in base a norme di legge in modo
che ne siano assicurati il buon andamento
1
e l’imparzialità
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.
Diversi presupposti stanno alla base della riforma in questione. Ci si propone di
migliorare l’efficienza, la produttività, nonchØ l’organizzazione stessa delle
amministrazioni e di realizzare un controllo centralistico della spesa per il settore del
pubblico impiego. Vengono introdotti per la prima volta i concetti di economicità e
trasparenza; nelle materie soggette alla disciplina del codice civile, delle leggi sul
lavoro privato e dei contratti collettivi, viene riconosciuta alla pubblica
amministrazione la capacità di operare con i poteri propri dei datori di lavoro privati
ed in materia di controversie di pubblico impiego, la giurisdizione viene trasferita
dal giudice amministrativo al giudice ordinario.
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L’espressione abbraccia sia la relazione fra risorse (umani e materiali) impiegate e risultati ottenuti
(concetto di efficienza in senso stretto), che il rapporto tra risultati ottenuti e obiettivi prestabiliti
(concetto di efficacia in senso stretto). Un’azione amministrativa può essere efficace ma non
efficiente, quando i risultati sono ottenuti con gran dispendio di risorse; allo stesso tempo, efficiente
ma non efficace, quando i risultati sono congrui rispetto alle risorse impiegate, ma non adeguati agli
obiettivi perchØ le risorse erano insufficienti o gli obiettivi velleitari; ancora, inefficiente ed
inefficace, oppure efficace ed efficiente quando vi è un giusto rapporto tra risorse risultati e obiettivi.
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L’espressione contrassegna oggi sia l’organizzazione amministrativa che l’attività. Imparzialità
dell’organizzazione significa: - organizzazione strutturata in modo tale che chi amministra non sia
personalmente interessato alla materia della decisione; - personale reclutato in modo imparziale, per
questo motivo agli impieghi pubblici si accede oggi mediante concorso, salvo casi stabiliti dalla legge.
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Una seconda fase, poi, cosiddetta “seconda privatizzazione”, promossa dal decreto
legislativo n.80 del 1998, emanato in forza della legge delega n. 59 del 1997, si
inserisce in una generale riforma del sistema amministrativo basata su principi di
autonomia, decentramento delle funzioni, semplificazione e diretta finalizzazione
dell’azione amministrativa a risultati ed obiettivi.
Quest’ultima, punta ad introdurre meccanismi efficienti per la valutazione dei
risultati, in virtø dei quali i direttori generali sono chiamati ad adottare misure
organizzative idonee alle valutazioni su costi e rendimenti dell’azione, sulla gestione
e sulle decisioni e a realizzare una maggiore utilizzazione delle risorse umane
occupate nel pubblico, curando formazione e sviluppo professionale dei dipendenti.
Sebbene i presupposti della suddetta riforma possano sembrare ottimi, rimane un
punto cruciale oggetto di discussione nel corso degli anni: la valutazione.
Fino al XX secolo infatti, l’Italia ha dovuto convivere con una cultura della
valutazione piuttosto carente, la quale ha smorzato ogni possibilità di produrre un
concreto miglioramento della performance delle amministrazioni pubbliche.
Cosa non ha funzionato nelle precedenti riforme. Esperti di economia delle
amministrazioni pubbliche come Luciano Hinna e Fabio Monteduro (2009),
definiscono gli atti normativi una condizione sicuramente necessaria ma non
sufficiente a determinare di per sØ un cambiamento reale; in particolare,
fondamentale importanza per il raggiungimento del risultato finale assumono, come
già detto, le modalità di implementazione della riforma e della gestione del
cambiamento.
Hinna e Monteduro nel loro articolo, puntano il dito contro la legislazione dei primi
anni novanta la quale ha fallito laddove ha enunciato principi non associati a
strumenti efficaci e forme di accompagnamento alla riforma o, laddove, pur
indicando strumenti validi, non ha tenuto conto delle necessarie interconnessioni e
relazioni tra gli strumenti; a rigor di logica infatti, non si può pensare di avviare una
disciplina sui controlli interni senza tener conto che questi sistemi, per funzionare
correttamente, devono ad esempio essere accompagnati a processi e sistemi di
trasparenza e rendicontazione esterna, a mutamenti dei sistemi di programmazione e
tener conto del necessario collegamento coi sistemi di rilevazione.
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Lontano da queste considerazioni è il Capo del dipartimento della Funzione
Pubblica, Antonio Naddeo che, in un articolo pubblicato su Il Sole 24ore (2009),
invece, attribuisce la responsabilità del “fallimento delle riforme” alle parti ed a
come queste hanno interpretato il loro ruolo.
Quest’ultimo in particolare, denuncia un contesto incentrato sull’autoreferenzialità
dei soggetti agenti, a scapito della collettività.
Vertice politico, classe dirigente, lavoratori pubblici e organizzazioni sindacali
spesso, si sono preoccupati di relazionarsi tra loro, dimenticando ciò che sta alla base
della funzione amministrativa, ovvero l’interesse pubblico.
Oggi è risaputo che una filosofia di questo tipo, oltre a contrastare con i principi base
in materia di pubblica amministrazione, nuoce al Paese e al sistema economico in
termini di servizi pubblici di scarsa qualità e per nulla competitivi.
Ecco spiegati i punti cardine della terza ed ultima fase del processo di
privatizzazione, tutt’ora in corso, comunemente conosciuta come “Riforma
Brunetta”, sancita dal Decreto legislativo n.150 del 27ottobre2009, emanato in virtø
della legge delega n.15 del 4marzo2009.
L’asse della riforma, infatti, è la forte accentuazione della selettività nell’attribuzione
degli incentivi economici e di carriera, in modo da premiare i capaci e i meritevoli,
incoraggiare l’impegno sul lavoro e scoraggiare comportamenti di segno opposto, il
tutto in un contesto di piena affermazione di quella cultura della valutazione che ha
impedito ai decreti precedenti di produrre un effettivo salto di qualità.
1.2 La riforma Brunetta
La riforma Brunetta si sviluppa in un contesto segnato da una profonda sfiducia della
pubblica opinione nei confronti degli apparati amministrativi pubblici, avvertiti come
improduttivi, distanti dai bisogni dei cittadini, al servizio di sØ stessi anzichØ del
Paese.
La vera novità di tale riforma è data appunto non tanto dalle sue finalità, come
afferma Antonio Neddeo nel suo articolo (2009), che fondamentalmente non sono
diverse da quelle già previste dalla normativa anteriormente vigente, quanto dal fatto
di definire un apparato di misure, coerentemente articolato e disciplinato, che
obbligherà gli attori ad esercitare correttamente il proprio ruolo, eliminando ogni
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eventuale strategia di opposizione, disciplinando sanzioni che incidono sul
trattamento retributivo dei dipendenti pubblici ed implementando un sistema di
soggetti preposti alla valutazione che interagiscono tra loro e che danno conto, in
termini di trasparenza, del relativo operato anche alle associazioni dei consumatori,
associazioni che a loro volta possono esprimere un contributo mediante valutazione
dei servizi pubblici erogati alla collettività.
Messa a punto dal Ministro Renato Brunetta, delegato della funzione pubblica
nell’ex governo Berlusconi, la riforma si compone di 74 articoli e si regge
essenzialmente su tre pilastri:
a. Valutazione
b. Trasparenza
c. Premialità
1.3 Valutazione della performance
Da un punto di vista strategico, nell’ambito dell’intervento riformatore, assumono un
peso significativo le disposizioni in tema di valutazione.
Non si tratta di un’innovazione specifica in quanto, già in precedenza, importanti
esperienze di utilizzazione, ai fini organizzativo - gestionali, di sistemi di valutazione
erano state compiute in numerose amministrazioni (es. Inps, Agenzie fiscali, Enti
locali etc.). La novità in termini riformatori consiste nel sottoporre l’operato del
personale dirigente e non, ai fini tanto retributivi quanto di carriera.
La valutazione parte da un’analisi della cosiddetta performance organizzativa, per
poi arrivare a quella col nome di performance individuale.
La performance organizzativa
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, abbraccia quelle politiche volte a soddisfare i bisogni
della collettività, pertanto, in tal caso, la valutazione ricade su livello di
soddisfazione dell’utenza, rispetto delle fasi e dei tempi previsti, standard
qualitativi – quantitativi definiti, livello di assorbimento delle risorse e per ultimo,
sulla capacità delle amministrazioni di rendere concreta la partecipazione dei
cittadini, mediante lo sviluppo quali – quantitativo di relazioni con gli utenti, il tutto
in termini di trasparenza.
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esprime il risultato che un'intera organizzazione con le sue singole articolazioni consegue ai fini del
raggiungimento di determinati obiettivi e, in ultima istanza, della soddisfazione dei bisogni dei
cittadini
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La performance individuale
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, invece, viene valutata in termini di raggiungimento di
obiettivi individuali, capacità e comportamenti organizzativi, allo scopo di
promuovere lo sviluppo individuale e il riconoscimento del merito.
Essa, si misura in maniera differenziata a seconda che si tratti di:
- personale con qualifica dirigenziale;
- personale responsabile di una unità organizzativa in posizione autonoma e
responsabilità collegata;
- restante personale non dirigente;
Per le prime due categorie, la valutazione riguarda principalmente tre ambiti
fondamentali (P. Mastrogiuspeppe e R. Ruffini, 2010) :
Valutazione degli obiettivi. AffinchØ sia possibile un’adeguata valutazione degli
obiettivi è necessario disporre, a monte, di un efficace sistema di elaborazione di
indirizzi politici e strategie da parte dell’ente. Obiettivi dirigenziali concreti,
precisi e misurabili, infatti, sono ottenibili solo se esistono, a monte, piani
strategici da parte dell’organo politico-amministrativo chiari e ben definiti.
Valutazione delle competenze. Una delle definizioni piø diffuse considera la
competenza come "l’insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti
necessari per svolgere un compito" (Pellerey, 1983). Distinguiamo tra
competenze professionali, quali conoscenze e capacità tecniche (conoscenze di
discipline/scienze applicate, utilizzo di tecniche e strumenti informatici etc.) e
competenze manageriali , ovvero quelle competenze specifiche necessarie al
ruolo di coordinamento ed indirizzo, articolate in: tecnico-gestionali
(programmazione e controllo, sistemi informativi e di gestione del personale),
relazionali o di leadership (comunicazione, sviluppo dei collaboratori,
orientamento al lavoro di gruppo), intellettive (capacità di analisi e sintesi etc.).
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esprime il contributo fornito da un individuo al raggiungimento degli obiettivi, in termini di risultati
ottenuti e di comportamenti manifestati.
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Al fine di individuare le competenze (P. Mastrogiuspeppe e R. Ruffini, 2010) , si può
far uso di una tecnica che identifica le diverse capacità che stanno alla base dei
comportamenti che si adotteranno sul lavoro e che risultano efficaci, capacità che
possono essere classificate in cinque aree principali:
- capacità intellettuali, relative all’uso del pensiero (capacità di analisi, sintesi,
risoluzione di problemi etc.)
- capacità gestionali e di realizzazione, relative alla capacità di gestire persone
e risorse e di raggiungere i risultati attribuiti (capacità di delega, decisione,
pianificazione e programmazione, etc.)
- capacità relazionali, relative alla creazione di relazioni funzionali al lavoro da
svolgere (integrazione, influenza, gestione di gruppi, negoziazione,
persuasione etc.)
- capacità emozionali connesse alla efficacia personale e alla gestione di sØ
stessi (fiducia in sØ stessi, autocontrollo, gestione dell’incertezza etc.)
- capacità innovative, relative alla propensione verso il cambiamento e
l’evoluzione (flessibilità, pensiero prospettico etc.)
Il processo di valutazione. La logica inseguita dal decreto nella gestione della
valutazione, si rifà ad un percorso che va dall’alto verso il basso.
In sostanza, attraverso la pianificazione strategica, il vertice politico-
amministrativo definisce gli obiettivi dell’ente, sulla base dei quali poi, viene
definita la programmazione operativa e gli obiettivi della dirigenza.
Questa, a fine periodo, viene valutata a sua volta dal dirigente sovraordinato o,
nel caso dei dirigenti di vertice, dall’organo politico sulla base della proposta
fatta dall’OIV. I dirigenti attribuiscono gli obiettivi individuali o di gruppo ai
dipendenti, e alla fine del periodo, valutano il personale ad essi assegnato.
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Anche per quanto riguarda la categoria del personale non dirigente, vengono
identificati tre ambiti fondamentali:
Valutazione degli obiettivi individuali e di gruppo. La regola vuole che al
personale dipendente, possano essere affidati obiettivi individuali, relativi a
compiti di tipo professionale svolti in modo specialistico, ed obiettivi di gruppo,
relativi, invece, a compiti condivisi per team di lavoro.
Valutazione dei comportamenti organizzativi. Vengono valutati i comportamenti
messi in atto dal personale dipendente, in funzione degli obiettivi da raggiungere.
Valutazione delle competenze (soprattutto professionali)
I sistemi di valutazione del personale non dirigente abbracciano due ambiti di
applicazione:
1. Gestione delle progressioni economiche e di carriera. La progressione economica
associa ai passaggi successivi nella categoria aumenti retributivi fissi (quindi
permanenti), costituendo quindi una forma di retribuzione basata sulle competenze.
Le competenze possono essere definite come l’insieme e la combinazione delle
conoscenze detenute, delle capacità ed attitudini professionali, del livello di
aggiornamento e quindi delle caratteristiche personali necessarie a garantire
prestazioni efficaci e migliori, misurate sulla base di criteri prestabiliti.
2. Gestione delle politiche retributive individuali e collettive, legate alla valutazione
della prestazione. In questo caso, la valutazione viene associata a risultati di breve
periodo, con l’intento di valorizzare direttamente quella che è l’attività lavorativa o il
servizio offerto dall’ente. Per far ciò, basterà valutare il raggiungimento degli
obiettivi individuali e di gruppo che si intendono avvalorare.
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1.4 Gli attori della riforma
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La tabella 1.1 mostra la gerarchia
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dei soggetti che prendono parte al processo di
gestione della performance nelle amministrazioni pubbliche
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Art.6 d.lgs.150/2009
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Bertagna Gianluca, 2010
Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità
(livello nazionale )
(livello singola amministrazione)
Organo di indirizzo
politico-
amministrativo
Organismo
indipendente di
valutazione
Dirigenti di
ciascuna
amministrazione
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1.5 Commissione per la valutazione trasparenza e l’integrità
La Commissione per la valutazione trasparenza e l’integrità (CIVIT) è un organo
collegiale che opera in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in
piena autonomia, in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei ministri e con
il ministero dell’Economia e delle finanze.
¨ composta da 5 membri scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei
all’amministrazione, confermabili una sola volta con Decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del ministro per la Pubblica amministrazione e
l’innovazione, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti.
A questi sono richieste comprovate competenze in Italia e all’estero sia nel settore
pubblico che in quello privato, in tema di servizi pubblici, management, misurazione
della performance, gestione e valutazione del personale.
Al fine di garantire l’imparzialità della Commissione, non possono farne parte
persone che rivestono incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in
organizzazioni sindacali o che abbiano rivestito tali incarichi e cariche nei tre anni
precedenti la nomina e non devono avere interessi di qualsiasi natura in conflitto con
le funzioni della Commissione.
Nell’ottica di sfruttare le sinergie con altre amministrazioni pubbliche, infine, il
decreto stabilisce che la Commissione stessa possa avvalersi del personale e delle
strutture dell’Aran
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e possa richiedere indagini, accertamenti e relazioni
all’ispettorato per la funzione pubblica.
La CIVIT indirizza, coordina e sovrintende all’esercizio indipendente delle funzioni
di valutazione da parte degli OIV, garantisce la trasparenza dei risultati e del sistema
di valutazione, in virtø della logica del prevenire la corruzione, assicura la
comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale.
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Agenzia per la rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, istituita già dal
d.lgs. 29/1993 ed accresciuta e riconfermata nelle sue funzioni dai d.lgs. 165/2001 e 150/2009. Svolge
ogni attività relativa alla negoziazione e definizione dei contratti collettivi del personale dei vari
comparti del pubblico impiego, ivi compresa l’interpretazione autentica delle clausole contrattuali e la
disciplina delle relazioni sindacali nelle amministrazioni pubbliche.
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Diversi compiti stanno alla base del suo mandato:
- fornisce supporto tecnico e metodologico all’attuazione delle varie fasi del
ciclo di gestione della performance;
- definisce la struttura e le modalità di redazione del Piano e della Relazione
sulla performance;
- definisce i parametri e i modelli di riferimento del Sistema di misurazione e
valutazione della performance in termini di efficienza e produttività;
- adotta le linee guida per la predisposizione del Programma triennale per la
trasparenza e l’integrità e per la definizione degli strumenti per la qualità dei
servizi pubblici;
- sviluppa e intrattiene rapporti di collaborazione con analoghe strutture a
livello europeo ed internazionale;
- promuove iniziative di controllo con i cittadini, le imprese e le relative
associazioni rappresentative; le organizzazione sindacali e le associazioni
professionali; le associazioni rappresentative delle amministrazioni
pubbliche; gli OIV e quelli di controllo interni ed esterni alle amministrazioni
pubbliche;
- predispone una relazione annuale sulla performance delle amministrazioni
centrali e ne garantisce la diffusione attraverso la pubblicazione sul proprio
sito istituzionale;
- definisce i requisiti per la nomina dei componenti dell’organismo
indipendente di valutazione;
- redige la graduatoria di performance delle amministrazioni statali e degli enti
pubblici nazionali;
Al suo interno è istituita anche la sezione per l’integrità nelle amministrazioni
pubbliche con la funzione di favorire la diffusione della legalità e della trasparenza e
sviluppare interventi a favore della cultura dell’integrità.
Tutti i risultati della Commissione sono pubblici.
In estrema trasparenza, la Commissione trasmette i dati raccolti ed utilizzati alle
associazioni di consumatori o utenti, centri di ricerca e ogni altro osservatore
qualificato che ne facciano richiesta.
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1.6 Organismo indipendente di valutazione della performance
L’organismo indipendente di valutazione (OIV) è un organo monocratico o collegiale
composto da tre componenti, nominati per un periodo di tre anni dall’organo di
indirizzo politico-amministrativo, sentita preventivamente la CIVIT, e rinnovabili
una sola volta, ai quali è affidato il preciso compito di misurare la performance della
singola amministrazione.
Ogni amministrazione, in forma associata o singolarmente, è obbligata a dotarsene.
Esso si occupa di:
- monitorare il funzionamento complessivo del sistema di valutazione, della
trasparenza e integrità dei controlli interni ed elabora una relazione annuale
sullo stato dello stesso;
- comunicare tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi
interni di governo ed amministrazione nonchØ alla Corte dei conti,
all’ispettorato per la Funzione pubblica e alla Commissione;
- validare la Relazione sulla performance e assicurarne la visibilità attraverso
la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione;
- garantire la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonchØ
dell’utilizzo dei premi, secondo quanto previsto dal decreto 150/2009, dai
contratti collettivi nazionali, dai contratti integrativi, dai regolamenti interni
all’amministrazione, nel rispetto del principio di valorizzazione del merito e
della professionalità;
- proporre all’organo di indirizzo politico-amministrazione la valutazione
annuale dei dirigenti di vertice e l’attribuzione ad essi dei premi;
- è responsabile della corretta applicazione delle linee guida, delle metodologie
e degli strumenti predisposti dalla Commissione;
- promuovere e attestare l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza
e all’integrità;
- verificare i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari opportunità
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1.7 Organi di indirizzo politico-amministrativo
Organo collegiale che, col supporto dei dirigenti:
- verifica l’andamento della performance rispetto agli obiettivi;
- promuove la cultura della responsabilità per il miglioramento della
performance stessa, del merito, della trasparenza e dell’integrità;
- definisce il piano e la relazione della performance, il programma annuale per
la trasparenza e l’integrità, e i relativi aggiornamenti annuali;
1.8 Dirigenti
Il compito dei dirigenti di ciascuna amministrazione è quello di individuare le risorse
occorrenti per lo svolgimento dei compiti assegnati alle unità organizzative, nonchØ
valutare il personale dei propri uffici.
1.9 La trasparenza
L’art. 11 comma 1 del Decreto fornisce una definizione esaustiva del concetto di
trasparenza: “trasparenza come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento
della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle
informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi
agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle
funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta
dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto
dei principi di buon andamento e imparzialità”, e prosegue con: “essa costituisce
livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi
dell’art.117 secondo comma, lettera m).
Sulla base di quest’ultima affermazione, il Decreto, ci tiene a ribadire il fatto che
l’elemento trasparenza rientra fra i principi generali di funzionamento della pubblica
amministrazione, accanto a quelle materie a potestà legislativa esclusiva esercitata
dallo Stato, le cui disposizioni legislative sono obbligatorie per tutte le pubbliche
amministrazioni ad ogni livello di governo.
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Sebbene il concetto di trasparenza stia alla base di un sistema organizzativo
efficiente, fino ad oggi, come scrivono Pierluigi Mastrogiuseppe e Renato Ruffini
(2010) la trasparenza, insieme alla rendicontazione, si è sempre rivelata un’attività
difficile da perseguire e poco pratica per diversi motivi:
- difficoltà delle amministrazioni pubbliche nella scelta delle informazioni da
processare, che si concretizza nel rischio di fornire informazioni ridondanti,
dal linguaggio a volte troppo specialistico;
- eccessiva varietà delle informazioni dovuta a mandati molto generali e alla
mancanza di sviluppo di singoli programmi di intervento, nella realtà piø
facilmente controllabili;
- sovrapposizioni di competenze e difficoltà di coordinamento (sia all’interno
dell’organizzazione che tra istituti) dovute a ad una forte articolazione
organizzativa del sistema pubblico, tali da far sì che nessuno, in fondo, si
senta veramente responsabile di un determinato risultato;
- carenze della politica nel fornire indirizzi chiari;
- sviluppo di comportamenti opportunistici da parte di coloro che hanno
responsabilità gestionali (dirigenti in primis), i quali possono manipolare
informazioni fondamentali in loro possesso, a loro vantaggio;
- possibilità di creazione di circoli viziosi, laddove la trasparenza sia
perseguita, nel senso che i controllati opereranno al fine di minimizzare il
rischio di eventuali sanzioni;
Ecco spiegato, oggi, il perchØ del Decreto che, in relazione al tema trasparenza ed
integrità delle amministrazioni, introduce il cosiddetto Programma triennale per la
trasparenza e integrità, un documento redatto dall’organismo di indirizzo
politico-amministrativo di ciascuna amministrazione, sentite preventivamente le
associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti.
Il documento, a valenza triennale, deve essere aggiornato annualmente, e si propone
come obiettivo principale quello di garantire:
a. un adeguato livello di trasparenza
b. la legalità e lo sviluppo della cultura dell’integrità