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Il lavoro consta di cinque capitoli. I primi tre capitoli sono di carattere teorico e
forniscono le basi per l'analisi del discorso e la formulazione delle proposte alternative –
che costituiscono la parte centrale del presente lavoro. Nel primo capitolo vengono
prese in considerazione le affinità tra la comunicazione monolingue e l'interpretazione,
ponendo l'accento sul ruolo svolto dai processi di inferenza e di attivazione delle
conoscenze extralinguistiche nelle due situazioni comunicative. Il secondo capitolo
passa in rassegna le peculiari caratteristiche dell'interpretazione simultanea attiva,
evidenziando i problemi e le difficoltà che questa generalmente implica e facendo
riferimento alla letteratura disponibile sull'argomento. Vengono anche esaminate le
motivazioni pratiche, legate alle esigenze di mercato, che potrebbero indurre un
interprete a proporsi di sviluppare razionalmente competenze attive in una delle sue
lingue passive. Nel terzo capitolo vengono presentate le principali strategie suggerite in
letteratura per l'interpretazione simultanea, strategie cui verrà fatto riferimento nel corso
dell'analisi del discorso e nella definizione delle proposte alternative. Viene data
particolare importanza all'aspetto pragmatico dell'interpretazione, riportando le teorie
sviluppate da Austin sugli atti linguistici e da Viaggio sulla pertinenza.
Nel quarto capitolo si procede all'analisi di un discorso pronunciato da un oratore
italiano al Parlamento europeo, nonché della corrispondente resa dell'interprete
parlamentare di madrelingua spagnola. E' stata presa in considerazione la resa di un
interprete madrelingua professionista per capire, tenendo presente la letteratura
sull'argomento simultanea attiva,
i. quali sono le operazioni e i percorsi traduttivi compiuti dall'interprete madrelingua
che potrebbero causare particolari difficoltà ad un interprete non madrelingua e a
cosa sono riconducibili queste difficoltà;
ii. se un interprete non madrelingua può – e, in caso di riposta affermativa, come può –
raggiungere un risultato comunicativo paragonabile a quello dell'interprete
madrelingua dal punto di vista pragmatico.
Sulla base di quanto emerso nell'analisi, che prende in considerazione gli aspetti
semantico-lessicali, morfosintattici e pragmatici in tre sezioni distinte, vengono
formulate delle proposte alternative con l'intenzione di andare incontro alle potenziali
esigenze di un interprete di madrelingua italiana che si trovi a fornire il suo servizio di
mediazione, in simultanea, verso lo spagnolo.
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Nel quinto capitolo vengono tirate le somme del lavoro svolto e grazie all'utilizzo
di un concordancer, un software che permette di controllare la frequenza con cui
termini o stringhe di termini appaiono in un determinato testo, si stabilisce se ed in che
misura è stato possibile, attraverso le proposte alternative, convergere su un numero
limitato di strutture della lingua d'arrivo, riducendo l'impegno cognitivo ma
mantenendosi entro i limiti della correttezza dal punto di vista della forma, del lessico,
della morfosintassi e del rispetto del messaggio da veicolare. In base ai risultati ottenuti
si traggono delle conclusioni sulla validità dell'approccio proposto.
12
1 L'interpretazione come evento comunicativo
1 . 1 Interpretazione e comunicazione
Lo scopo dell'interpretazione è consentire a due o più parlanti, appartenenti a
diverse comunità linguistiche, di comunicare fra loro grazie all'ausilio di una terza
figura: l'interprete. Secondo Kohn e Kalina si tratta di
[...] a special type of communicative interaction which takes place when
members of different language communities engage in cross-
language/culture communication, using interpreters as interlingual
mediators. The interpreter listens to the speaker's source discourse and
produces a corresponding target discourse which will enable the target
discourse audience to understand what the speaker meant (1996: 118).
Il modello della comunicazione di Cardona (1987: 94) permette di analizzare le
caratteristiche di un evento comunicativo. Tale modello consta di cinque elementi
fondamentali: l'emittente, il ricevente, il canale di trasmissione, il codice ed il
messaggio.
Se si applica tale modello alla comunicazione tra i parlanti di una lingua si potrà
notare che il parlante costituisce l'emittente, l'ascoltatore il ricevente, il canale vocale-
auditivo il canale di trasmissione, e la lingua utilizzata il codice. L'obiettivo è la
comunicazione, ed affinché venga raggiunto è necessario che l'ascoltatore decodifichi lo
stesso messaggio che è stato codificato dal parlante. Se il messaggio decodificato è
diverso da quello codificato la comunicazione fallisce ed il processo si interrompe.
E' possibile inserire in questo modello della comunicazione linguistica la figura
dell'interprete, ottenendo: un emittente A (l'oratore) che, tramite un codice A (lingua di
partenza), trasmette un messaggio al ricevente A (l'interprete). L'interprete diventa a sua
volta emittente (emittente B) e, tramite un codice B (la lingua d'arrivo), trasmette lo
stesso messaggio al ricevente B (il beneficiario dell'interpretazione). Le condizioni
necessarie affinché la comunicazione avvenga restano immutate in questa declinazione
13
del modello di Cardona. La comunicazione – e quindi l'interpretazione – falliscono
quando il messaggio codificato dall'oratore – o emittente A – e quello decodificato
dall'ascoltatore – o ricevente B – sono sostanzialmente diversi: tale divergenza è dovuta
a problemi che emergono nelle fasi di decodifica e ricodifica intermedie che
coinvolgono l'interprete. L'interprete è l'anello di congiunzione tra i parlanti di due
lingue diverse: svolge il duplice ruolo di ascoltatore (ricevente A) e di parlante
(emittente B). Il suo compito è decodificare il messaggio emesso dall'oratore e
ricodificarlo affinché l'ascoltatore possa comprenderlo.
L'interprete è quindi indispensabile affinché la comunicazione avvenga con
successo, ma la sua stessa presenza condiziona l'evento comunicativo incrementandone
notevolmente la complessità. La figura dell'interprete non coincide né con l'oratore,
colui che produce il messaggio, ne con l'ascoltatore, destinatario dello stesso. Come
giustamente osserva Riccardi, l'interprete
[...] può essere visto come un elemento estraneo all'interno dell'interazione
comunicativa omogenea che si crea fra i partecipanti di una conferenza; in
casi estremi, se non riesce ad inserirsi adeguatamente nel processo
comunicativo, potrebbe addirittura divenire un elemento di disturbo (1995:
102).
Tale situazione può essere favorita dal fatto che l'interprete non condivide
completamente il bagaglio di conoscenze comuni che legano parlante ed oratore che
partecipano ad una conferenza, non essendo identificabile con nessuna delle due figure.
E' proprio per “sopperire alle carenze ed alle lacune cui è inevitabilmente esposto”
(Riccardi 1995: 101) che l'interprete deve sviluppare ed applicare strategie che
garantiscano un'alta percentuale di successo nel difficile compito di trasmettere il
messaggio dall'oratore all'ascoltatore finale. L'utilizzo di strategie di comprensione non
è estraneo alla comunicazione monolingue. In una normale comunicazione non mediata,
queste strategie vengono anzi applicate con tale frequenza da ciascun oratore da essere
automatizzate. Il parlante e l'ascoltatore non sono coscienti delle strategie che utilizzano
per portare avanti la comunicazione. Per l'interprete sarà invece fondamentale conoscere
e utilizzare in modo selettivo le strategie necessarie a raggiungere il suo obiettivo.
E' naturale che l'interpretazione, presentando delle caratteristiche peculiari,
preveda strategie specifiche. Tuttavia, trattandosi di un'attività comunicativa, non può
14
prescindere dalla conoscenza e dall'acquisizione delle tecniche e delle strategie che
presiedono all'interazione comunicativa monolingue. Come sottolineano Kohn e Kalina
understanding interpreting means first of all understanding the production
and reception processes of monolingual communication (1996: 119).
Quindi dato che l'obiettivo di questo studio è definire proposte strategiche e potenziali
soluzioni traduttive che permettano all'interprete non madrelingua di affrontare più
agevolmente un'interpretazione dall'italiano verso lo spagnolo, si ritiene utile partire
dall'analisi della comunicazione monolingue, concentrandosi sul perché tale situazione
comunicativa si distingue dal processo interpretativo, che richiederà perciò strategie
apposite e supplementari.
1 . 2 La comunicazione monolingue
Viene in questa sede inteso, per comunicazione monolingue, un evento
organizzato, come una conferenza o una situazione simile, che non presenti tuttavia
necessità di mediazione linguistica o culturale. Sarebbe infatti non pertinente con lo
studio prendere in considerazione situazioni che divergano sostanzialmente dalla
situazione comunicativa in cui opera l'interprete. Tale situazione è caratterizzata dalla
presenza di un testo che viene pronunciato dall'oratore in presenza degli ascoltatori.
Tenendo in considerazione la precisazione appena compiuta, si può definire testo un
messaggio reale e completo, i cui singoli elementi sono organizzati in maniera coerente
ed assumono un significato compiuto, rivolto ad uno scopo ben preciso. L’emissione di
un messaggio verbale – l’atto linguistico – infatti, non è mai fine a se stessa, ma è
sempre animata da un'intenzione ed è sempre finalizzata ad uno scopo.
Il testo viene considerato come un sistema, un insieme di elementi che
costituiscono una
globalità di funzioni. Mentre la lingua è un sistema virtuale di
selezioni possibili, ma non ancora realizzate, il testo rappresenta un sistema attualizzato
in cui sono state eseguite e realizzate certe selezioni possibili per dar forma ad una
determinata struttura. Ogni atto linguistico viene avviato secondo una precisa intenzione
comunicativa. La prima fase di produzione di un atto linguistico è infatti, la sua
progettazione: chi produce un messaggio ha l'intenzione di raggiungere un certo fine
15
tramite esso – diffondere ciò che sa, ottenere adesione ad un suo progetto, ecc. Dopo la
fase di ideazione del messaggio si passa alla fase di sviluppo, che serve a precisare e a
collegare fra loro le idee trovate. Infine il messaggio viene strutturato dal punto di vista
grammaticale. Tuttavia, affinché un messaggio diventi un testo, occorrono alcuni
requisiti fondamentali, requisiti che Beaugrande e Dressler (1981) hanno schematizzato
in sette criteri di testualità: coesione, coerenza, intenzionalità, accettabilità,
informatività, situazionalità e intertestualità. I due autori hanno adottato un approccio
procedurale, che pone l'accento sul concetto di continuità relazionale: l'ipotesi di
partenza è che vi sia una stretta correlazione tra la situazione di utilizzo del testo e le
varie occorrenze presenti in esso (1981: 48), quindi i sette criteri di testualità proposti
hanno tutti un carattere relazionale.
Lo scopo di Beaugrande e Dressler nel definire i sette criteri è descrivere il modo
in cui le occorrenze vengono connesse tra loro. I collegamenti avvengono sia a livello
superficiale, attraverso la coesione, sia a livello profondo – tramite dipendenze
concettuali – attraverso la coerenza. Avvengono inoltre attraverso l'atteggiamento degli
interlocutori nei confronti del testo, considerato dai criteri di intenzionalità ed
accettabilità, e tramite l'aggiunta di nuovi elementi che integrino le conoscenze degli
interlocutori, processo esaminato attraverso il criterio dell'informatività. Anche il
contesto ed il rapporto con gli altri testi contribuiscono alla trama di relazioni tra gli
elementi del testo e vengono studiati rispettivamente attraverso il criterio della
situazionalità e quello dell'intertestualità.
La coesione è data dalla continuità delle occorrenze nella struttura superficiale del
testo: gli elementi di coesione segnalano l'esistenza di relazioni tra due o più
occorrenze. Questo avviene principalmente attraverso la sintassi, che impone al testo
un'organizzazione strutturata in unità definite in funzione delle relazioni tra i loro
componenti: il sintagma, costituito da un elemento centrale, il nucleo, ed almeno un
altro elemento dipendente, il modificatore; la proposizione, costituita da un nome o un
sintagma nominale associato ad un verbo o un sintagma verbale; il periodo, un'unità
delimitata che comprende almeno una proposizione non dipendente. Gli utenti del testo
si avvalgono della sintassi per sviluppare aspettative e strategie di elaborazione, e
questo aspetto si rivelerà di grande importanza nella definizione delle strategie di cui
potrà servirsi l'interprete per svolgere il suo compito. Le norme sintattiche permettono
all'oratore di definire il testo in fase di produzione e quindi, in fase di ricezione, il testo
può essere ad esse ricondotto dall'ascoltatore. E' anche importante sottolineare che, in
16
base al grado di elaborazione della struttura superficiale il testo può essere più o meno
accessibile. La scelta del grado di elaborazione superficiale dipende generalmente
dall'intenzione comunicativa del produttore del testo – per esempio dalla volontà di
rendere l'obiettivo della comunicazione più o meno esplicito – e può essere ricollegato
al rapporto tra l'oratore, gli ascoltatori ed il contesto. E' fondamentale che l'interprete
tenga in considerazione questi fattori non solo per evitare errori – divergenze tra
messaggio originale e messaggio riprodotto – ma anche per superare le difficoltà
intrinseche all'interpretazione, sfruttando tali fattori a proprio vantaggio.
La coerenza è data dalla continuità del senso attivato dalle espressioni che
compongono il testo. Un testo coerente prevede una configurazione di concetti e
relazioni, reciprocamente pertinenti ed accessibili, che soggiace ad esso e può essere
ricostruita dagli utenti. Spesso le espressioni presenti nel testo non danno diretto e
completo accesso al senso del testo, e l'utente deve ricorrere ad inferenze per
ricostruirlo. L'utente utilizza a questo scopo delle conoscenze di base (Berruto 1976:
142) che, insieme agli elementi forniti dal testo, contribuiscono ad un processo di
diffusione dell'attivazione: attivando un concetto si attivano altri concetti pertinenti che
a loro volta attivano altri concetti (Moates e Schumacher 1980: 130). Si formano così
delle strutture organizzate di concetti dette pattern globali (Moates e Schumacher 1980:
85) e, per motivi di efficienza, quelle che si utilizzano con maggior frequenza vengono
memorizzate ed utilizzate come blocchi unici. La condivisione di pattern globali
permette un maggior grado di economia concettuale in quanto oratore ed ascoltatori
possono accedere direttamente ad un pattern globale stabilizzato attraverso uno solo
degli elementi che lo compongono. Inoltre, in base ai singoli concetti attivati – micro-
stati concettuali – è possibile ricollegarsi o elaborare ipotesi plausibili riguardanti
l'argomento principale del discorso – lo spazio cognitivo o macro-stato concettuale in
cui si sta operando (Allioni 1998: 45). Gli elementi che fanno diretto riferimento
all'argomento del discorso diventano quindi ridondanti. In altri casi invece la presenza
di concetti nel contesto permette di inferire un concetto mancante sulla base del macro-
stato concettuale del discorso. Va sottolineato che la diffusione dell'attivazione
attraverso un pattern globale avviene in maniera automatica, mentre l'inferenza richiede
un processo volontario finalizzato a ristabilire la continuità dell'esperienza cognitiva e
può essere quindi ricondotta ad una strategia per la soluzione dei problemi di
comprensione del testo, con conseguente differenza di impegno richiesto. Si può
dedurre da quanto affermato che nel caso in cui esista una forte discrepanza tra le
17
conoscenze dell'oratore e quelle dell'ascoltatore questi possa percepire il testo come
privo di senso, in quanto non in grado di ricostruire la configurazione soggiacente e
quindi la continuità testuale. L'ascoltatore può ricorrere ad inferenze sviluppando una
configurazione coerente ma questa può non coincidere interamente con quella originale.
Ai fini dell'interpretazione la coerenza non va quindi intesa come una semplice
caratteristica del testo, ma piuttosto come il risultato dei processi cognitivi sviluppati
dall'utente del testo (Allioni 1998: 47).
Il criterio dell'intenzionalità si riferisce ai vari sistemi utilizzati da chi produce il
testo per raggiungere i suoi obiettivi di comunicazione attraverso il testo. Occorrenze
linguistiche in apparenza trasparenti possono celare intenzioni comunicative implicite
che devono essere dedotte: si pensi ad esempio a come possono essere utilizzati i verbi
performativi (Austin 1962: 39) come 'promettere', 'affermare', 'scusarsi' ed altri. In
determinate situazioni il produttore del testo decide di celare le proprie intenzioni ed i
propri obiettivi proprio perché ciò è indispensabile al loro raggiungimento. Queste
considerazioni sono solo apparentemente in conflitto con le massime definite da Grice
allo scopo di ottimizzare la comunicazione, di seguito riportate:
i. COLLABORAZIONE nei confronti delle esigenze del ricettore;
ii. QUANTITA', che suggerisce di rendere il testo informativo quanto, e non più di
quanto, sia necessario;
iii. QUALITA', che suggerisce di evitare di produrre affermazioni false o comunque non
sufficientemente fondate;
iv. PERTINENZA, che suggerisce l'utilizzo di conoscenze connesse all'argomento dato
ed utili al fine di conseguire il proprio obiettivo;
v. MODO, che comprende indicazioni riguardanti l'utilizzo delle espressioni in
relazione alle intenzioni di comunicazione, allo scopo di evitare ambiguità e
disordine, privilegiando la concisione e dedicando attenzione agli aspetti
problematici dell'argomento (Grice 1996: 156).
La mancata rispondenza delle espressioni utilizzate alle apparenti intenzioni di
comunicazione può essere ricondotta alla massima della pertinenza, che suggerisce di
utilizzare conoscenze utili al conseguimento del proprio obiettivo di comunicazione. In
alcuni casi l'utilizzo di espressioni oscure o criptiche è indispensabile per il
raggiungimento dello scopo di comunicazione di chi produce il testo.
18
Il criterio dell'accettabilità designa la disponibilità del ricettore a considerare le
occorrenze proposte dal testo come utilizzabili. Si suppone che tale decisione venga
presa dal fruitore del testo sulla base della capacità del contesto di fornire indicazioni
sull'uso delle occorrenze. Spesso la correttezza grammaticale assume un'importanza
secondaria e, se l'occorrenza è coerente con il contesto, l'ascoltatore è disposto, nei
limiti delle sue capacità, ad “esercitare una notevole tolleranza nei confronti di
occorrenze discontinue o poco corrette” (Allioni 1998: 49). L'accettazione del testo
presuppone infatti la disposizione attiva del fruitore a partecipare all'interazione
comunicativa ed a condividere l'obiettivo dell'emittente, in quanto il testo viene
percepito come plausibile ed attinente alla situazione (Beaugrande e Dressler 1981:
179). Come si vedrà durante l'analisi del discorso che costituisce il corpo centrale di
questo studio e guardando alle proposte traduttive per l'interpretazione attiva, questo
aspetto viene preso in considerazione per definire i limiti sino ai quali si può spingere
un interprete non madrelingua per aggirare gli ostacoli che gli si presentano.
L'informatività indica la misura in cui un'occorrenza viene percepita come nuova
dall'ascoltatore ed è generalmente direttamente proporzionale alle risorse necessarie per
elaborare l'informazione. Viene proposta la nozione di probabilità contestuale per
riflettere la prevedibilità dell'impiego di determinate occorrenze in un dato contesto –
che è invece inversamente proporzionale all'informatività. Il concetto di prevedibilità si
ricollega a quello di aspettative, determinato dal bagaglio generale di conoscenze
dell'ascoltatore: tali conoscenze possono essere raggruppate secondo il grado di
specializzazione. Al livello più basso si trovano le conoscenze relative al mondo reale e
le sue leggi, come la logica o il rapporto di causa-effetto, seguito dall'organizzazione
morfologica e sintattica del linguaggio con le sue convenzioni. Al terzo livello si
trovano le scelte di strutturazione linguistica miranti a sottolineare gli elementi
maggiormente informativi, come l'intonazione. Anche la tipologia testuale permette al
ricettore di formulare ipotesi, così come il contesto immediato in cui il testo viene
prodotto e utilizzato, ed occupano rispettivamente i livelli quarto e quinto. Agli
elementi caratterizzati da un'elevata probabilità viene attribuita un'informatività di
primo grado: ne sono un esempio gli elementi funzionali come articoli, preposizioni e
congiunzioni, dove il significato grammaticale coincide con quello lessicale. Ai termini
dotati di significato lessicale che rientrano nella gamma delle opzioni possibili e
prevedibili viene attribuita un'informatività di secondo grado ed i termini che non
rientrano in tale gruppo, la cui occorrenza si può quindi definire improbabile o non
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prevedibile, sono caratterizzati da un'informatività di terzo grado: a questo gruppo
appartengono le discrepanze a livello concettuale e superficiale. La presenza di elementi
dell'ultimo gruppo spinge il ricettore ad attuare operazioni che ristabiliscano la
situazione di compromesso ottimale tra interesse suscitato e impegno necessario per
l'elaborazione che coincide con il secondo grado di informatività. Vengono stabilite
delle connessioni tra l'occorrenza discrepante e gli elementi già noti provenienti dal
testo, dal contesto e da altri testi al fine di integrarle per ristabilire la continuità.
Il criterio della situazionalità fa riferimento a tutti gli elementi ed i fattori che
rendono un testo pertinente ad una data situazione. La relazione tra testo e contesto
situazionale viene esplicitata in alcuni casi attraverso l'esofora, ossia la presenza di
riferimenti deittici al contesto situazionale stesso. I pronomi personali ed i possessivi
possono fare riferimento ai partecipanti all'evento comunicativo, avverbi ed aggettivi di
tempo e di luogo a fattori spazio-temporali, i dimostrativi ad oggetti concreti. Questa
relazione è generalmente caratterizzata da un certo livello di mediazione, legata alle
intenzioni dell'emittente: un approccio passivo alla situazione si definisce monitoring,
mentre un approccio attivo che miri a guidarne gli sviluppi si dice managment. Le
operazioni di management situazionale – attraverso richieste, invocazioni, proposte,
minacce etc. – sono esempi di azioni del discorso, atti linguistici intenzionali che
modificano la situazione generale e lo stato emotivo, cognitivo o sociale dei partecipanti
all'evento comunicativo.
L'ultimo criterio è quello dell'intertestualità, che comprende i fattori che correlano
la produzione e ricezione di un testo dato alla conoscenza di altri testi. La descrizione e
sistematizzazione dei testi in base alle caratteristiche che possiedono ed agli scopi che si
prefiggono porta alla definizione di tipologie testuali. Vengono così individuati dei
criteri cui il ricettore fa riferimento al momento di elaborare le occorrenze di un dato
testo in quanto alimentano le sue aspettative e possono evidenziare discrepanze tra il
testo e la tipologia testuale alla quale dovrebbe appartenere.
Da queste considerazioni emerge un aspetto fondamentale della comunicazione
monolingue: la presenza di un'interazione strategica e cooperativa tra parlante ed
ascoltatore. Come sottolineano Kohn e Kalina, questa interazione è “goal-oriented”
(1996: 122), in quanto il suo obiettivo è il raggiungimento dello scopo comunicativo
che gli interlocutori si sono posti. Entrambe le parti coinvolte nel processo
comunicativo fanno ricorso alle rispettive conoscenze condivise ed accettano l'impegno
cognitivo che ne deriva. Questo vale soprattutto per l'ascoltatore, che nel corso del
20
processo comunicativo dovrà utilizzare le proprie risorse cognitive per rintracciare le
intenzioni comunicative del parlante. Le conoscenze condivise sono di tipo linguistico e
non linguistico: le prime si riferiscono ai mezzi espressivi a disposizione dei
partecipanti al processo comunicativo ed alle loro modalità di utilizzo, mentre le
seconde si riferiscono al mondo reale, alle convenzioni sociali e culturali ed alla
situazione comunicativa. Questo conduce il parlante e l'ascoltatore a sviluppare una
serie di strategie automatizzate di produzione e comprensione che sono il risultato di
anni di pratica comunicativa e grazie alle quali stabilisce un equilibrio ottimale nella
comunicazione (1996: 124). Tali strategie si rivelano tuttavia insufficienti al momento
di affrontare le diverse condizioni comunicative che caratterizzano una situazione di
comunicazione mediata attraverso l'interpretazione. La situazione presenta nuovi
ostacoli che l'interprete dovrà superare adattando le strategie tipiche della
comunicazione monolingue e sviluppando nuove strategie ad hoc.
1 . 3 L'interpretazione
L'interpretazione e la comunicazione monolingue sono accomunate da diversi
elementi. Tuttavia alcuni elementi presenti nella comunicazione monolingue assumono
una rilevanza particolare in interpretazione, e vengono sfruttati per superare le sue
difficoltà intrinseche. Un esempio è costituito dalla definizione delle aspettative, un
processo automatico attivato dall'ascoltatore di un qualunque discorso che in
interpretazione viene spinto ai limiti trasformandosi nella strategia dell'anticipazione:
questa strategia permette all'interprete di controllare la distanza temporale tra la sua fase
di produzione e quella dell'oratore, a volte anticipandolo letteralmente sulla base di
processi di inferenza o di diffusione dell'attivazione discussi nel capitolo precedente.
Quindi, come sottolinea Jörg,
The process of anticipation is not confined to interpreting. [...] Presumably,
everyone has experienced this phenomenon in everyday conversations. [...]
[Yet] the process of anticipation is of particular relevance in simultaneous
interpreting (1995: 218).
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Ecco come una naturale reazione umana si trasforma in un'importante risorsa strategica
per ridurre il carico cognitivo e prevenire perdite di informazioni.
Questa differenza quantitativa è legata al ruolo che l'interprete è chiamato a
svolgere, e ad essa se ne aggiungono altre. La fase di comprensione presenta una serie
di ostacoli, primo fra tutti il sostanziale deficit informativo dell'interprete rispetto
all'oratore ed ai destinatari del discorso. L'interprete non è il destinatario del messaggio,
quindi il messaggio non è stato pensato tenendo in considerazione le sue necessità.
L'interprete può non essere a conoscenza dei risultati di altri incontri svoltisi sullo stesso
tema o di aneddoti noti agli interlocutori e a cui l'oratore potrebbe far riferimento.
Possono inoltre presentarsi termini specialistici che creano difficoltà linguistiche.
L'interprete deve organizzare le proprie conoscenze linguistiche ed extralinguistiche per
svolgere il difficile compito di trasporre il messaggio nella lingua d'arrivo.
Le considerazioni appena riportate, ed in particolare quella sull'anticipazione,
permettono di evidenziare un altro aspetto della comunicazione mediata: l'interprete
deve necessariamente limitarsi quando svolge il suo lavoro. Infatti il processo di
comprensione del testo di partenza è costantemente ostacolato dal parallelo processo di
riproduzione del messaggio nella lingua d'arrivo. L'interprete deve quindi alternare
costantemente l'elemento su cui concentrare l'attenzione e questo limita necessariamente
le sue possibilità di espressione a livello linguistico e stilistico.
Una conseguenza del deficit informativo è l'assenza di un costante feedback che
rassicuri l'interprete sugli esiti della comunicazione. Non c'è interazione tra interprete ed
interlocutori, a meno che questa non venga richiesta espressamente dall'interprete stesso
– e questo può avvenire solo in consecutiva ed in modo limitato. L'interprete non
possiede generalmente la stessa autonomia semantica dell'oratore nei confronti del testo
prodotto (Kalina 1998: 108) e questo lo porta a considerare, in alcuni casi, soluzioni
non-committal come miglior compromesso tra mantenimento della continuità e
precisione della resa. Un errore viene in genere riconosciuto da un ascoltatore informato
sull'argomento e comunque anche omissioni ed insicurezze, se non gestite
correttamente, vengono percepite. Da un sondaggio riportato da Donovan risulta infatti
che intonazione anormale, esitazioni ed errori nell'utilizzo di termini tecnici risultano
essere tra le prime cause addotte dagli utenti che riferiscono di non essere stati
soddisfatti dal servizio di interpretazione (2004: 207).
Dalle considerazioni riportate si evince che l'interpretazione parte da premesse e
condizioni che si riscontrano anche nella comunicazione monolingue, ma si distingue in
22
modo netto da quest'ultima perché impone all'interprete determinate costrizioni. Tali
costrizioni sono evidenti in particolare in interpretazione simultanea e richiedono
l'applicazione di specifiche strategie. Come sottolineano Kohn e Kalina, “in order to
cope with the manifold difficulties inherent in interpreting, interpreters attempt to
convert their knowledge into strategic action” (1996: 126). Verrano ora passate in
rassegna le peculiari caratteristiche dell'interpretazione simultanea, restringendo quindi
il campo d'azione, dato che il presente studio è dedicato all'interpretazione simultanea
dall'italiano verso lo spagnolo.
1 . 4 L'interpretazione simultanea
L'interpretazione simultanea può essere descritta come il processo attuato
dall'interprete per rendere simultaneamente nella lingua d'arrivo il messaggio espresso
dall'oratore nella lingua di partenza (Dollerup, G. & Lindegaard, A. 1992: 221). Il
processo può essere scomposto in quattro fasi:
– la fase di ricezione del messaggio nella lingua di partenza;
– la fase di decodifica del messaggio ricevuto;
– la fase di ricodifica del nuovo messaggio in lingua d'arrivo:
– la fase di produzione in lingua d'arrivo.
Il processo è tuttavia molto più complesso di come lo presenta questa semplice analisi,
ed ogni autore tende a porre l'accento su aspetti particolari a seconda dell'argomento del
suo studio.
Chernov definisce l'interpretazione simultanea “a bilingual, meaning-oriented
verbal activity which is performed in extreme circumstances at an externally-controlled
pace” (in Carlet 1998: 75). La notevole dipendenza dell'interprete dall'oratore in
termini di vincoli temporali – cui si è accennato nel capitolo precedente – in simultanea
raggiunge il massimo livello, e viene sottolineata anche da Riccardi:
L'interprete non può interrompere il testo di partenza, che si presenta ad una
velocità che non è determinata da chi deve interpretare, bensì da chi sta
parlando. Si è pertanto sottoposti alla velocità d'eloquio dell'oratore
(Riccardi 1999: 161).
23
L'interprete non può quindi utilizzare il suo abituale ritmo d'eloquio: sarà anzi costretto
a variarlo continuamente, accelerandolo o rallentandolo a seconda di quello dell'oratore.
L'evanescenza del messaggio e la quasi-simultaneità tra fase di ricezione e fase di
produzione non permettono all'interprete di dedicare molto tempo alla formulazione del
messaggio in lingua d'arrivo.
Al vincolo temporale si aggiunge l'influsso esercitato dal testo in lingua di
partenza sull'interprete. Il fatto che la fase di produzione e di ricezione coincidano
amplifica tale influsso, un aspetto peculiare dell'interpretazione simultanea rispetto
all'interpretazione consecutiva. La situazione diventa particolarmente complessa quando
si sta interpretando tra due lingue affini (Russo 1990: 158), in quanto la scarsa distanza
temporale e la notevole somiglianza strutturale e lessicale a livello superficiale fanno sì
che l'interprete tenda a riprodurre i rari elementi dissimmetrici nella lingua d'arrivo, in
particolare se opta per un décalage ridotto. In riposta a questi potenziali errori
l'interprete mette in atto un'operazione che si aggiunge a quelle precedentemente
descritte: il monitoring sul proprio output. Già prima della produzione del testo d'arrivo
l'interprete inizia a verificare la correttezza grammaticale dell'enunciato e continua tale
operazione in fase di produzione per poter, in caso di necessità, apportare modifiche o
ricorrere a strategie di riparazione, inevitabilmente dispendiose in termini temporali.
Considerando tali fattori Gile (1995: 72) ha elaborato un modello che descrive la
complessità dell'interpretazione simultanea, il cosiddetto modèle d'effort, che parte dal
presupposto che le risorse mentali dell'interprete, delle quali l'interpretazione richiede
un impiego molto elevato, siano limitate. E' quindi necessario che l'interprete non superi
la soglia denominata da Gile total available processing capacity, il punto di saturazione
oltre il quale la prestazione inizia a peggiorare. Il modello propone la compresenza di
tre componenti, definite efforts per lo sforzo cognitivo che impongono all'interprete:
1- Listening and Analysis, che include "all the mental operations between perception of
a discourse by auditory mechanisms and the moment at which the interpreter either
assigns, or decides not to assign, a meaning (or several potential meanings) to the
segment which he has heard."
2 - Short-term Memory, che include "all the mental operations related to storage in
memory of heard segments of discourse until either their restitution in the target