ABSTRACT
Obiettivo del presente lavoro di tesi è esplorare il rapporto fra interpretazione
giuridica e interpretazione mediatica determinando in che misura queste si
influenzano a vicenda nel contesto di un procedimento giudiziario. Poiché
l’argomento ha ad oggi ricevuto scarsa attenzione in letteratura, l’indagine
realizzata si propone di fornire nuovi spunti di riflessione in questo ambito di studio
di recente sviluppo. A tal fine, l’elaborato segue una struttura basata su un case
study, il quale prevede un’analisi approfondita della condotta dell’interprete
durante il processo contro Amanda Knox. A rendere questo caso l’esempio perfetto
per l’indagine in questione è la forte reazione mediatica che è sin da subito riuscito
a scatenare; grazie a questo, è possibile osservare il modo in cui la pressione delle
telecamere e della trasmissione in diretta TV possano influenzare le scelte
linguistiche dell’interprete e la sua condotta nel corso dell’interrogatorio.
Il lavoro svolto è suddiviso in quattro capitoli. Attraverso il primo è possibile
ripercorrere la storia dell’interpretariato e delineare le diverse tipologie e modalità
d’impiego a seconda di ciò che il contesto richiede. Nella seconda sezione ci si
addentra nel mondo dell’interpretazione in ambito giuridico, partendo dalle sue
origini e regolamentazioni attuali, fino ad arrivare ai diversi aspetti del lavoro
dell’interprete, fra cui il codice deontologico e i vari rischi e criticità della
professione. Il terzo capitolo è dedicato al rapporto fra interpretazione giuridica e
interpretazione per i media, con un focus particolare sulle significative differenze
che le distinguono. Successivamente, si ipotizzano le possibili conseguenze di un
incontro fra i due ambiti professionali, delineando un quadro teorico di riferimento
per l’analisi della performance dell’interprete contenuta nel quarto ed ultimo
capitolo.
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INTRODUZIONE
Il presente elaborato si pone l’obiettivo di determinare le possibili conseguenze
di un’elevata attenzione mediatica sull’operato di un interprete giuridico. Ai fini
della realizzazione dell’indagine, è stato individuato come caso di studio il celebre
processo contro Amanda Knox, sospettata dell’omicidio della giovane studentessa
inglese Meredith Kercher avvenuto la sera del 1° novembre 2007 a Perugia.
Le motivazioni alla base della scelta di tale tema sono di molteplice natura. In
primo luogo, ho sempre avuto una grande passione per tutto ciò che riguarda il
mondo del true crime, in particolare per i casi che, seppur considerati risolti,
lasciano anche a distanza di anni una sensazione di amaro in bocca, come se la
verità non fosse del tutto venuta a galla. Il secondo fattore ad avermi spinto ad
approfondire questo argomento è il forte interesse che nutro nei confronti
dell’ambiente legale e, di conseguenza, nella disciplina dell’interpretazione
giuridica in tutti i suoi aspetti. Infine, è sempre interessante osservare come il
comportamento dell’essere umano possa variare a seconda del contesto nel quale è
inserito, specialmente in termini di comunicazione non verbale (gesti, espressioni
del viso, sguardi, intonazione, ritmo, intensità, pause).
L’elaborato si compone di quattro capitoli. Il primo si propone di fornire una
panoramica generale sull’interpretariato, partendo da un excursus storico in cui si
ripercorrono le diverse tappe dello sviluppo della disciplina fino al giorno d’oggi.
Successivamente, si delineano le principali tipologie e modalità di interpretazione,
attraverso l’individuazione dei rispettivi tratti caratteristici e dei diversi contesti
d’impiego in ambito professionale.
Il secondo capitolo si addentra nel mondo dell’interpretazione in ambito
giuridico, disciplina che nel corso del tempo ha assunto un ruolo sempre più
essenziale in quanto unico mezzo per garantire un equo processo alle persone
alloglotte. A seguito di un’osservazione dei diversi trattati e leggi che regolano tale
disciplina, e, successivamente, degli elementi che contraddistinguono il linguaggio
legale, si passa a un’analisi più approfondita del ruolo dell’interprete giuridico. A
questo punto della ricerca le opinioni sugli effettivi compiti e doveri della figura
professionale si dividono, ma ad unificare le diverse linee di pensiero interviene il
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codice deontologico elaborato dall’AssITIG, il quale delinea i principi
fondamentali dell’interpretazione: fedeltà, riservatezza, dignità e decoro, lealtà e
imparzialità.
Il terzo capitolo ha come oggetto un’altra tipologia di interpretazione che si
colloca agli antipodi rispetto a quella giuridica sotto molti aspetti: l’interpretazione
per i media. Obiettivo principale di questa sezione è infatti realizzare un confronto
fra le due discipline per determinare se siano effettivamente inconciliabili o se,
invece, è possibile trovare dei punti di incontro. Tale interrogativo sorge nel
momento in cui una vicenda criminosa acquisisce una visibilità tale da assumere le
connotazioni di un vero e proprio caso mediatico, pertanto l’interprete giuridico si
ritroverà inevitabilmente sotto i riflettori proprio come un interprete televisivo.
A risoluzione della questione posta nel precedente capitolo vi è poi l’ultima
sezione dell’elaborato, nella quale sarà realizzata un’analisi approfondita
dell’interpretazione svolta durante l’interrogatorio di Amanda Knox presso la Corte
d’Assise di Perugia il giorno 12 giugno 2009. La scelta del caso di studio nasce
dalla vastissima risonanza mediatica suscitata dalla vicenda, e, in particolare, dalla
popolarità che la figura di Amanda è riuscita ad attrarre sin dai primi giorni
successivi alla scoperta del delitto. L’analisi della performance dell’interprete
avverrà sia sul fronte linguistico sia su quello comportamentale, con l’obiettivo di
determinare i diversi ostacoli che possono presentarsi all’interno un simile contesto
e il modo in cui la professionista ha deciso di affrontarli.
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CAPITOLO 1
L’INTERPRETARIATO:
STORIA, TIPOLOGIE E AMBITI PROFESSIONALI
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1.1 Le origini dell’interpretariato
Il desiderio di comunicare è sempre stato profondamente radicato nell’essere
umano in quanto parte della sua stessa natura; la comunicazione è difatti ciò che
permea e rende possibile tutta la convivenza umana (Rigotti & Cigada, 2004). Che
si tratti dunque della necessità di riconoscimento a livello sociale, di portare a
termine una trattativa commerciale, di fornire informazioni importanti o di un
semplice scambio di idee, la comunicazione ricopre da sempre un ruolo essenziale
nell’interazione tra esseri umani.
Tuttavia, quando i soggetti intenti a partecipare a un atto comunicativo non
condividono lo stesso codice (ovvero non parlano la stessa lingua), si rende
necessario l’intervento di un mediatore, una figura in possesso della conoscenza di
entrambi i codici in questione che sia in grado di rendere possibile l’interazione tra
le parti coinvolte. Fin dall’antichità questa esigenza ha trovato la sua soddisfazione
nella figura dell’interprete, la quale ha infatti origini molto antiche e totalmente
indipendenti rispetto a quelle del ‘traduttore’. Si ritiene, infatti, che l’interpretazione
sia una pratica umana di origini talmente remote da precedere l’invenzione della
scrittura stessa (Pöchhacker, 2004). Proprio per questo motivo, traduzione e
interpretazione non devono essere confuse tra loro poiché si tratta di due pratiche
del tutto differenti, il cui principale elemento di differenziazione è senza dubbio il
fattore tempo:
Interpreting can be distinguished from other types of translational activity
most succinctly by its immediacy: in principle, interpreting is performed ‘here
and now’ for the benefit of people who want to engage in communication
across barriers of language and culture. (Pöchhacker, 2004)
L’interpretariato nella sua forma più primitiva ritrova le sue origini nella
preistoria, in quanto strumento naturale ed essenziale ai fini della comunicazione
tra lingue e culture differenti (Kellett Bidoli, 2012). I primi elementi in nostro
possesso che attestano la presenza di attività di interpretazione risalgono all’Antico
Egitto; all’interno della tomba di un principe sono infatti stati ritrovati dei
bassorilievi che testimoniamo il ricorso alla figura dell’interprete in ambiti quali
commercio e amministrazione pubblica. In questo particolare contesto storico, la
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reputazione di cui tale figura godeva era tutt’altro che positiva: a causa del profondo
disprezzo degli antichi Egizi nei confronti dei popoli stranieri, infatti, l’interprete
non era altro che un parlante di “lingue strane” (Issaei, 2007).
Nell’Antica Roma la presenza di interpreti costituiva una risorsa fondamentale
per fronteggiare l’ostacolo linguistico rappresentato dai dialetti e dalle diverse
lingue parlate nei territori conquistati. Fra i diversi autori che segnalano la figura
dell’interprete nei propri scritti troviamo personaggi come Cicerone, nel suo De
Divinatione:
Se gli dèi ci mettono innanzi dei segni dei quali non abbiamo né conoscenza
né qualcuno che ce li spieghi, si comportano come cartaginesi o spagnoli i
quali venissero a parlare nel nostro senato senza interprete. (Cicerone)
e Giulio Cesare nei suoi racconti sulla conquista della Gallia:
Perciò, prima di muoversi contro Dumnorige, convocò Diviziaco: allontanati
i soliti interpreti, utilizzò, per il colloquio, C. Valerio Trocillo, principe della
provincia della Gallia, suo parente, nel quale riponeva la massima fiducia.
(Giulio Cesare)
Nonostante l’evidente imprescindibilità del ruolo dell’interprete, tuttavia, la sua
rappresentazione nelle fonti storiche a nostra disposizione è assai scarsa:
l’interprete rimane infatti ‘invisibile’ nella maggior parte delle scritture antiche, e
menzionato solamente in circostanze eccezionali (Mairs, 2011).
Oltre agli interventi in ambito diplomatico, commerciale e militare, nel
Medioevo gli interpreti svolgevano il proprio lavoro all’interno di edifici religiosi
come monasteri, concili e sinagoghe, in quanto ambienti ricchi di persone
provenienti da tutto il mondo.
Anche durante l’epoca delle esplorazioni gli interpreti furono fondamentali per
rendere possibile il contatto tra popoli e culture differenti. Lo stesso Cristoforo
Colombo, durante il suo primo viaggio verso le Indie, portò con sé due interpreti
che padroneggiavano lingue come l’arabo, il greco, il latino e l’armeno, i quali però
si rivelarono inutili una volta giunti nel continente americano. A soluzione di ciò,
Colombo decise di catturare alcuni indigeni per poi condurli nella penisola iberica