6
Il periodo post-coloniale e l’esperienza federale
Il 27 Novembre del 1941, l’Etiopia riacquistò la sua indipendenza.
4
Nello stesso anno il negus etiope Haile Selassiè, detronizzato nel 1936
dalle forze italiane, ritornò dal suo esilio in Gran Bretagna
5
. L’impero
Italiano in Africa orientale subì la definitiva sconfitta ad opera delle
forze del Commonwealth britannico e nel 1943 toccò alla Libia
ottenere la propria indipendenza.
6
Nel 1947 l'Italia dovette rinunciare
definitivamente ai propri possedimenti coloniali, eccezion fatta per
l'amministrazione fiduciaria della Somalia che durò altri 10 anni.
Quindi alla fine della seconda guerra mondiale il ruolo coloniale ed
internazionale dell'Italia, nelle aree storicamente prese di mira, venne
meno per lasciare il posto a una contesa tra Gran Bretagna e Stati
Uniti che venne in seguito riassorbita nella disputa planetaria della
guerra fredda.
Le divergenze sulle sorti delle ex colonie italiane, tra le grandi potenze
prima e in sede ONU poi, si manifestarono in modo particolare
intorno all’Eritrea
7
. L’Eritrea, infatti, era oggetto di attenzioni speciali
per la sua posizione strategica sul Mar Rosso ed era oggetto di disputa
di progetti diversi e antitetici. Questi progetti andavano
dall’annessione all’Etiopia, che la pretendeva per ragioni storiche e
titolo di riparazione per l’aggressione subita ad opera dell’Italia, alla
spartizione tra Sudan (il bassopiano occidentale a maggioranza
mussulmana) e l’Etiopia (l’altopiano a maggioranza copta di lingua
4
La caduta di Gondar segnò la fine dell’occupazione italiana(1936‐1941).
5
Angelo, Macchi, Oscura Guerra tra Etiopia ed Eritrea, La Civiltà Cattolica, Quaderno 3572, 17 Aprile 1999.
6
Dall’Italia formalmente il 23 Gennaio 1943 (caduta di Tripoli) e ufficialmente il 24 Dicembre 1951.
7
Gian Paolo, Calchi Novati, Il Corno d’Africa nella Storia e nella Politica, Sei, Torino, 1993, p.159.
7
tigrina), all’indipendenza come entità separata, passando per i vari
gradi di un mandato internazionale affidato a una o più potenze in
attesa che maturassero le condizioni per la decisione finale
8
. La
soluzione di compromesso che adottò l’Onu non pose fine al
contenzioso. L’Eritrea credeva di essere maggiormente legittimata a
vedere riconosciuta una continuità, non necessariamente come stato,
con la realtà corrispondente all’ex possedimento italiano, rispetto ad
altre entità nazionali o subnazionali racchiuse nei confini dell’Etiopia
Imperiale. Le ambizioni indipendentistiche eritree erano, in ogni caso,
solo un aspetto, della più generale questione nazionale etiope: multi
nazionalità e multi etnicità dominate da un’autocrazia
9
. Situazione non
distante, se pur con una sua unicità, da altre compagini post imperiali.
Se da una parte, comunque, era innegabile un “colonialismo etiopico”
sui generis in particolare nei confronti di Somalia ed Eritrea, dall’altra
non si da rilevanza ad oggi alla teoria che profilava uno scontro tra
l’Eritrea mussulmana ( retaggio della dominazione turca o egiziana
sulla costa), e un’Etiopia cristiana. Nonostante, infatti, l’establishment
etiope si fosse riconosciuto per secoli nella Chiesa Copta, l’Islam
aveva avuto nel paese una funzione non meno importante di
arricchimento culturale, anche ai fini dell’organizzazione statuale
10
.
Quando poi la questione dell’Eritrea approdò all’Onu nel quadro delle
ex-colonie italiane, la questione era ancora aperta a tutte le ipotesi di
soluzione. Le trasformazioni sociali e strutturali del periodo coloniale
avevano alimentato le richieste eritree di indipendenza e avevano
8
Nicola, La Banca, Oltremare, Storia dell’Espansione Coloniale Italiana, Il Mulino, Milano, 2002.
9
Calchi Novati, Il Corno d’Africa nella storia e nella politica, p.159‐160.
10
Ibidem, p.160.
8
sviluppato una coscienza nazionale sulla base dell’imposizione di
attività economiche di tipo capitalistico.
11
La decisone sulle sorti del
paese, tuttavia, spettava alle grandi potenze. La Gran Bretagna,
potenza occupante, stava perdendo il suo potere a livello
internazionale, sostituita dagli Stati Uniti. La Francia non aveva
interessi diretti ma si limitava ad osteggiare un’eventuale unione con
l’Etiopia per non sminuire la posizione privilegiata di Gibuti come
terminale del commercio estero da e per Addis Abeba. L’Italia,
invece, mirava a tutelare i coloni (circa 70 mila) e le risorse di cui
erano detentori: riteneva inconcepibile che connazionali fossero
governati da “africani” e nonostante il suo debole potere contrattuale,
cercò di rimanere in Eritrea, la colonia più cara al nostro colonialismo,
ma dovette rinunciarvi dopo il fallimento dell’accordo Sforza-Bevin
del 1949
12
.
Le Nazioni Unite erano chiamate quindi a decidere per le sorti
dell’Eritrea, mentre la pressione Etiopica per l’annessione cresceva.
Nel 1945, Haile Selassie, aveva consegnato a Roosevelt, in Egitto, un
memorandum che illustrava i precedenti storici a sostegno della
rivendicazione etiopica sull’Eritrea e un altro che descriveva l’urgenza
per l’impero di contare su un accesso autonomo al mare.
13
D’altro
canto, l’opinione politica eritrea era divisa in due. Francia, Stati Uniti,
Gran Bretagna e Unione Sovietica istituirono una commissione
d’inchiesta per sondare le volontà del popolo eritreo. Ne risultò che
11
La Banca, Oltremare.
12
Lo Stesso accordo prevedeva l’amministrazione fiduciaria per Somalia e Tripolitana e la perdita di altre parti della
Libia, Ilaria Tremolada www.storiain.net.
13
Franco, Prattico, Nel Corno d’Africa‐ Eritrea ed Etiopia tra Cronaca e Storia, Editori Riuniti, Roma, 2001.
9
circa il 44% della popolazione (virtualmente l’intera comunità tigrina)
preferiva incondizionatamente l’unione con l’Etiopia mentre la
comunità islamica era favorevole all’indipendenza.
14
La Risoluzione
390(A)V dell’Assemblea Generale dell’Onu del 2 Dicembre 1950
decise di dar vita a una federazione tra Etiopia ed Eritrea. La
votazione fu influenzata fortemente dalla debolezza internazionale
dell’Eritrea e dalle pressioni statunitensi che in cambio del diritto a
usare la base di comunicazioni di Asmara, fecero di tutto per garantire
all’Etiopia l’accesso al mare.
15
A nulla servì l’opposizione di Italia e
Unione Sovietica che alla fine aveva anch’essa optato per
l’indipendenza, accettando l’universalità del principio
all’autodeterminazione.
16
La Federazione era una soluzione estranea alla tradizione locale e di
difficile applicazione, ma aveva il merito di tener conto sia della
vocazione unionista che della tendenza autonomista. Il testo della
risoluzione prevedeva che l’Eritrea mantenesse un governo
competente per tutte le materie eccetto la difesa, gli affari esteri, la
moneta e le finanze, il commercio estero e le comunicazioni tra stati
che sarebbero stati teoricamente di competenza del governo federale,
ma che furono in pratica sotto il controllo dell’Etiopia.
17
Un consiglio
federale imperiale a composizione paritetica si sarebbe riunito almeno
una volta l’anno con poteri consultivi sugli affari della Federazione.
L’anomalia stava nella sperequazione quantitativa e qualitativa fra i
14
Tekeste, Negash, Kjetil, Tronvoll, Brothers at War, Making Sense of the Eritrean‐Ethiopian War, Ohio Univ. Press,
Oxford, 2000, p.9‐10.
15
Calchi Novati, Il Corno d’Africa nella Storia e nella Politica, p.163.
16
Su questo tema gli studi di Amate Tekle e Eyassu Gayme illustrano molto bene come la Federazione fu elaborata
per difendere gli interessi delle principali potenze in gioco, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Etiopia su tutte.
17
In: www.un.org
10
due membri della federazione. Il governo etiopico, forte del suo
impero, assunse tutte le funzioni dell’autorità federale che avrebbe
dovuto essere il punto d’incontro tra le due sovranità. La coesistenza
fra un’entità statale, l’Eritrea (che la risoluzione definiva esattamente
“unità autonoma”)provvista di un sistema politico liberal
costituzionale, con una stampa libera, con partiti e sindacati, elezioni e
tutela dei diritti fondamentali, con l’Etiopia, che era tuttora in uno
stadio feudale e autocratico, era destinata ad andare incontro a diversi
attriti.
18
L’atto Federale delle Nazioni Unite, infatti, prevedeva una
serie di norme a tutela dei diritti fondamentali che entrambi i governi
avrebbero dovuto onorare. Tra di essi, il diritto alla vita, alla proprietà,
alla libertà di opinione e associazione, che di fatto, specialmente in
Etiopia non furono affatto rispettati. L’atteggiamento dell’Etiopia, che
riuscì anche a far nominare un proprio rappresentante presso il
governo di Asmara, coerentemente con quanto aveva sempre
dichiarato, lasciava intendere che la Federazione era poco più che un
espediente transitorio in vista del ricongiungimento con la
madrepatria. Facilmente prevedibile che tale interferenza sulle
questioni interne eritree, avrebbe provocato una pericolosa reazione
anche da parte degli eritrei più benevoli verso l’Etiopia. L’Onu, senza
dubbio, fu troppo arrendevole di fronte ai soprusi che si
commettevano a danno dell’Eritrea, probabilmente una maggiore
vigilanza a livello internazionale avrebbe potuto evitare conflitti
futuri. Tuttavia, come nella votazione del 1950, prevalsero le
convenienze strategiche e geopolitiche sulle ragioni del diritto.
18
Tekeste, Negash, Eritrea and Ethiopia, the Federal Experience, Transaction Publishers, New Brunswick (NJ), 1997.
11
Il delicato passaggio dall’amministrazione inglese alla Federazione fu
supervisionato dal giurista boliviano Eduardo Ante Matienzo,
nominato dalle Nazioni Unite. Il suo compito si dimostrò alquanto
complicato. Avrebbe, infatti, dovuto garantire l’autonomia
dell’Eritrea, facendo accettare che non fosse una semplice appendice
dell’Etiopia ma un vero e proprio stato a sé, saldare le tradizionali e
pluraliste radici eritree con le istituzioni dell’assolutismo imperiale ed
elaborare una Costituzione che avrebbe influenzato le relazioni future
dei due paesi.
19
La Federazione, che nacque ufficialmente nel 1952, si
apriva sotto i peggiori auspici. Sotto il profilo dei diritti umani, come
detto, l’Eritrea era notevolmente più avanzata, con il timore
dell’Etiopia per gli effetti di un possibile contagio. La scelta del
tigrino e dell’arabo come lingue ufficiali, ignorando l’amharico, la
lingua dell’impero, fu oggetto di furiose proteste del governo di Addis
Abeba, che accusò Matienzo di parzialità, e una disputa si ebbe anche
sulla bandiera. Per l’Imperatore l’Eritrea aveva il diritto di possedere
un suo vessillo, a patto che esso fosse la bandiera etiopica, rosso-
giallo-verde.
20
Le elezioni per l’assemblea costituente furono tenute il 25 e 26 Marzo
del 1952. Fatta eccezione per le città di Asmara e Massaua, la pratica
seguita fu quella dell’elezione indiretta. Il paese fu suddiviso in
collegi elettorali nei quali ogni rappresentante aveva la prerogativa di
scegliere il candidato per l’assemblea.
21
La costituzione fu approvata
dall’assemblea costituente eritrea il 15 Giugno 1952 sotto la vigilanza
19
Ibidem, p.70‐80.
20
Prattico, Nel Corno d’Africa.
21
Negash, Eritrea and Ethiopia, the Federal Experience, p.70‐80.
12
del commissario Onu Mendoza e del suo staff legale. L’esito delle
elezioni rifletteva, in ogni caso, la grande influenza della cultura
religiosa della zona: nessun candidato seduto nella costituente
professava una confessione diversa da quella della città dove era stato
eletto. Il nuovo governo istituito in Eritrea dopo il varo del sistema
federale si reggeva sull’alleanza tra Unionisti (32 seggi su 68, tutti
dell’altopiano) e il Partito dei mussulmani Beni Amer delle province
occidentali, lasciando all’opposizione la Lega Mussulmana(Moslem
League) che era stata la più agguerrita sostenitrice dell’indipendenza. I
Cristiani si sentivano, invece, minacciati dal rafforzamento della
presenza mussulmana, spalleggiata dai paesi arabi, e la relazione
stretta con l’Etiopia sembrava essere l’unico rimedio possibile.
L’unionismo, in ogni caso, nonostante molti studi sull’argomento, i
più, simpatetici per la causa eritrea, aveva un seguito effettivo ed era
dominante sull’altopiano, il che permette di dubitare delle capacità
riformatrici del colonialismo italiano di suscitare la così detta
“coscienza nazionale”.(che comunque aumentò sotto
l’amministrazione italiana).
22
Fra i movimenti precursori al nazionalismo eritreo e rigorosamente
antietiopici venivano annoverati: il Partito liberal-progressista,
fondato da copti dell’altopiano, il Partito Beni Amer, che rifletteva la
sollevazione delle popolazioni contadine più sfruttate, e la Lega
Mussulmana che rappresentava lo sfogo dell’avversione dei
22
Calchi Novati, Il Corno d’Africa nella Storia e nella Politica, p.167.
13
mussulmani per l’Etiopia, dove, in effetti, erano pesantemente
discriminati.
23
Il fallimento della Federazione viene fatto coincidere generalmente
con il voto dell’Assemblea di Asmara del 14 novembre 1962 che
ridusse l’Eritrea a quattordicesima provincia dell’impero abrogando
l’apparato della federazione, senza che le Nazioni Unite
pronunciassero una solo parola di censura su quanto accaduto.
24
Anche se, quel voto, fu in realtà l’epilogo di un processo largamente
concluso in anticipo. Facendo leva sulle divisioni religiose ed etniche
presenti nel paese, l’imperatore ottenne che il parlamento locale si
esprimesse a favore dell’annessione pura e semplice. Nel frattempo,
l’economia versava in condizione di stagnazione e la sfiducia era al
massimo. Già nel discorso del trono del novembre 1956 Haile Selassie
parlava disinvoltamente di “reintegrazione dell’Eritrea nella madre
patria”. Fin dal 1957 un diplomatico inglese aveva scritto in un
dispaccio al suo governo che l’Assemblea eritrea avrebbe potuto
votare per l’incorporazione in qualsiasi momento.
25
L’Etiopia prese
tempo per la mossa finale perché era inutile sfidare le Nazioni Unite e
l’opinione internazionale quando si poteva ottenere lo stesso risultato
con un atto di ratifica ufficiale. Questa, fu la svolta che innescò i
nemici dell’annessione facendo nascere i primi veri movimenti di
resistenza e ribellione contro l’Etiopia. La “guerra dei trent’anni” era
sul punto di iniziare. Oltre alla disattenzione e all’indifferenza
23
Ibidem.
24
A tal proposito Eduardo Matienzo all’adozione della federazione nel 1952 aveva dichiarato:”If it were either to
amend or interpret the Federal Act, only the General Assembly as the author of that instrument would be competent to
take a decision. Similarly if the Federal Act were violated, the General Assembly could be seized of the matter”. In:
Negash, Eritrea and Ethiopia, the Federal Experience.
25
Oliviero, Rossi, Sul Conflitto tra Etiopia e Eritrea.
14
dell’Onu e delle grandi potenze, le responsabilità per quanto poi
accadde ricadevano in particolare sull’Etiopia. Non aveva istituito gli
organi federali previsti dalla risoluzione 390, interferiva pesantemente
sull’autonomia del governo eritreo, teneva dazi asfissianti su alcune
merci di prima necessità e aveva soppresso dopo il 1955 le libertà di
associazione politica e sindacale.
26
Contemporaneamente, va detto,
che la classe dirigente eritrea si dimostrò incapace di sfruttare al
meglio la sua autonomia per mobilitare un consenso interno e
costruire una consapevolezza di identità di stato.
A seguito del fallimento della politica etiopica di costruire una
coscienza nazionale alternativa azzerando l’effetto modernizzante di
cinquant’anni di colonialismo italiano e di dieci anni di
amministrazione britannica, le crescenti frustrazioni e i sentimenti di
ribellione eritrei riuscirono a coinvolgere l’elite di formazione
cristiana alla causa dell’indipendenza.
27
L’integrazione forzosa
dell’Eritrea nell’Etiopia fu portata a termine affinché Haile Selassiè
potesse far accedere l’Etiopia alla neo nata Organizzazione dell’unità
africana, fondata ad Addis Abeba nel 1963, con il suo nuovo assetto
territoriale. L’Oua istituzionalizzò il diritto dei popoli ma di fatto
protesse solo le prerogative degli Stati costituiti. Alla conferenza del
Cairo del 1964, che approvò il mantenimento dello status quo
territoriale, l’imperatore riuscì inoltre ad ottenere dall’assemblea
panafricana una sorta di legittimazione delle frontiere e non fu
26
Calchi Novati, Il Corno d’Africa nella Storia e nella Politica, p.168.
27
Uoldelul Chelati, Dirar, Il Conflitto Etiopia‐Eritrea: Una Interpretazione, Centro Studi di Politica Internazionale, Roma,
1998.
15
difficile così, ottenere l’avallo dell’Assemblea.
28
I paesi membri,
assillati da secessionismi e guerre di confine, non si resero conto della
drammaticità del caso eritreo e delle conseguenze che la loro
decisione avrebbe provocato.
La “Guerra dei trent’anni”
Il passaggio dall’opposizione antiunionista alla lotta armata ebbe
inizio già prima del voto del 1962, a conferma forse che non fu quella
la vera frattura fra l’applicazione della risoluzione Onu e
l’usurpazione imperiale, ma il conflitto era in nuce fin dai primi anni
di vita della federazione. Il nascente nazionalismo eritreo aveva tra i
suoi promotori Ibrahim Sultan, leader della lega mussulmana, e
Wolde-Ab Woldemariam, cristiano protestante, scrittore e autorevole
esponente politico e sindacale. Tuttavia, era l’intera elite eritrea che
voleva rifiutare la riproduzione del vecchio ordine sociale.
29
La
particolare avversione dei paesi arabi contro il regime filo israeliano di
Haile Selassie aiutò a costituire i primi nuclei sovversivi in varie
capitali del Medio Oriente, in Nord Africa e soprattutto nel Sudan, che
per trent’anni fu la retrovia delle battaglie dei Fronti di liberazione
eritrei.
30
Il Fronte di Liberazione dell’Eritrea(ELF), fondato nel 1961 al Cairo
sviluppando partiti e associazioni preesistenti, rianimò il ribellismo
eritreo contro l’Etiopia e fu il pioniere della lotta per l’emancipazione
prima e per l’indipendenza poi. I leader del movimento fondato dallo
28
Ibidem.
29
Negash, Tronvoll, Brothers at War..
30
Christopher, Clapham, Ethiopia and Eritrea: Insecurity and Intervention in the Horn. In: Oliver, Furley, Roy, May,
African Interventionist State, Aldershot, Ashgate, 2002, p.119‐122.
16
sceicco Mohamed Adum e dallo scrittore Wolde-Ab Woldemariam,
erano a maggioranza mussulmana come islamica era l’ideologia a cui
l’ELF si ispirava. Il Fronte agiva prevalentemente nel bassopiano
occidentale, per circa dieci anni fu l’unica vera opposizione
all’occupazione etiope e al suo interno, quindi, entrarono attivisti e
combattenti di ogni religione e classe sociale.
31
Le prime pericolose
crepe del movimento si aprirono alla fine degli anni sessanta. L’ELF,
infatti, non aveva mai avuto una direzione compatta a livello
nazionale, né un reclutamento centrale o una strategia comune ben
definita. Le decisioni e le azioni da compiere erano spesso prese da
comandanti locali e capi tribali che alimentavano volutamente le
differenze etniche e religiose perseguendo fini personali.
L’apertura della “quinta zona” sull’altopiano fu l’inizio della crisi che
portò allo scoppio del dissenso organizzato e alla scissione, con la
formazione del nuovo raggruppamento che avrebbe preso il nome di
Fronte popolare per la liberazione dell’Eritrea(EPLF). L’ELF trovava
maggiore seguito tra le popolazioni islamizzate del bassopiano
occidentale e della Dancalia, l’EPLF era invece essenzialmente il
partito dei cristiani radicato nelle terre alte fino a Massaua. A
differenza dell’ELF, l’ELPF si proponeva di essere un partito laico e
nazionale senza esasperazioni religiose. Lo schema della realtà
sociale e culturale del movimento si rifaceva liberamente al marxismo,
ma senza dogmatismi, e senza farsi coinvolgere da influenze e dispute
tra le varie scuole.
32
Dalla sua apparizione nel 1970 l’ELPF ottenne
proseliti in tutti gli ambienti, specialmente tra i giovani, ottenendo
31
Negash, Tronvoll, Brothers at War..
32
Angelo, Macchi, Oscura Guerra tra Etiopia ed Eritrea, La Civiltà Cattolica, n.3572, 1999.