Infine, il quarto capitolo, analizza le principali imprese presenti in India nel
software; ne saranno prese in considerazione 3 di origini indiane e 2 americane. Si
costruirà un indice che permetterà di misurare i vantaggi rivelati commerciali e, attraverso
questi, la specializzazione commerciale di ciascuna impresa nel settore nel proprio paese
d’origine, nello scenario internazionale e in India. Per quanto questo indicatore fornisca
indirettamente e solo in parte una misura della specializzazione tecnologica delle imprese,
si confronterà tale specializzazione per le multinazionali estere operanti in india con quella
di alcune delle principali imprese locali del settore. Si tenterà in tale modo di stabilire se le
multinazionali statunitensi effettuano investimenti in India con l’obiettivo di acquisire
nuove capacità che mancano nel proprio paese d’origine, oppure per sviluppare
ulteriormente quelle preesistenti grazie alle caratteristiche del paese ospitante. In
particolare si cercherà di individuare se si tratta di investimenti asset-seeking, effettuati con
l’obiettivo di acquisire vantaggi che mancano nel proprio paese d’origine; asset-exploiting,
che mirano a valorizzare le competenze preesistenti la fase di internazionalizzazione;
oppure asset-augmenting, che si verificano quando le multinazionali investono nelle aree
in cui sono tecnologicamente avanzate con presenza di imprese locali anch’esse
specializzate in quelle aree, dando così luogo ad una combinazione di vantaggi sia ex ante
che ex post. Le imprese che vengono considerate rappresentano una parte rilevante della
realtà presente nel settore del software indiano, ma va sottolineato che un quadro più
completo dovrebbe prendere in considerazione anche imprese di dimensioni minori,
sicuramente presenti nel settore in India ma per le quali non si dispone di dati.
Come si avrà modo di evidenziare, il settore del software indiano registra una forte
attrattività degli investimenti esteri che potremmo definire asset-augmenting, ovvero della
tipologia che maggiormente si presta a generare spillover in entrambe le direzioni, dalle
multinazionali estere verso le imprese locali e viceversa. Ciò riflette in gran parte il forte
dinamismo degli investimenti in ricerca in questo paese e le politiche che il governo ha
saputo intraprendere con l’obiettivo di attrarre multinazionali estere sul proprio territorio.
Questo ha consentito al paese di sfruttare a proprio vantaggio le opportunità che si sono
presentate nel corso degli anni derivanti dall’intensa interazione sul piano tecnologico tra
le multinazionali di proprietà indiana e quelle estere e ha reso il settore del software un
centro di eccellenza a livello mondiale.
2
CAPITOLO 1 – LE ATTIVITÀ DI RICERCA E L’INNOVAZIONE
1.1 – Premessa
In questo capitolo saranno presentate le caratteristiche fondamentali della funzione
di ricerca e sviluppo (R&S), una tra le più importanti attività economiche. Saranno
illustrati alcuni metodi per misurare i risultati della ricerca ed in particolar modo si
presenterà il brevetto come misura di output innovativo. La R&S è solo una componente
dell’attività innovativa, ma rappresenta un indicatore ampiamente disponibile e quello
maggiormente comparabile a livello internazionale dei processi innovativi industriali.
Saranno illustrati gli attori coinvolti nel processo di ricerca che compongono il sistema
innovativo nazionale e il ruolo fondamentale ricoperto dalle imprese multinazionali, le
uniche istituzioni che possono controllare ed effettuare il processo innovativo a livello
globale. Infine sarà delineata la situazione mondiale nella ricerca con un breve
approfondimento relativo all’attuale contesto europeo e agli obiettivi futuri da raggiungere.
1.2 – Il processo di ricerca e sviluppo
Il processo di ricerca e sviluppo è composto da un insieme di attività teoriche e/o
sperimentali svolte da ricercatori e tecnici. Gli scopi sono molteplici: accrescere le
conoscenze sui fenomeni della natura, sulle tecniche, e utilizzare il tutto per nuove
applicazioni. La R&S rappresenta un’attività organizzata e formalizzata da parte delle
imprese e di altre organizzazioni, finalizzata all’introduzione di innovazioni nel sistema
economico e alla crescita del paese attraverso il rafforzamento della competitività del
sistema e l’aumento dell’occupazione. Nella definizione data dall’OCSE (Organizzazione
per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel Manuale di Frascati la R&S comprende
il lavoro creativo, condotto su base sistematica, per l’aumento del patrimonio di
conoscenze nella realizzazione di nuove applicazioni (Sirilli, 2000). La funzione
multidimensionale della R&S è finalizzata a generare e diffondere nuove conoscenze utili
alla realizzazione di processi e prodotti innovativi in un dato ambiente e comprende 2
gruppi fondamentali di attività:
3
- di ricerca: comprende l’insieme degli studi, delle analisi, delle elaborazioni e delle
stime volti ad incrementare le risorse di conoscenze sia scientifiche che tecniche in
possesso dell’impresa;
- di sviluppo: rappresenta il prosieguo dell’attività di ricerca e consente di
selezionare in modo crescente le innovazioni attraverso una continua verifica
sperimentale e la realizzazione dei prototipi, delle prime serie di prova fino al piano
operativo di fabbricazione sistematica.
E’ possibile poi suddividere l’attività di ricerca in 2 ulteriori parti: la ricerca base e la
ricerca applicata. La prima è definita come un’attività che mira all’ampliamento delle
conoscenze scientifiche e tecniche non connesse direttamente ad obiettivi industriali e
commerciali; è svolta prevalentemente dalle università e dagli enti pubblici di ricerca.
Diversamente quella applicata utilizza le conoscenze scientifiche derivanti della ricerca di
base o genera nuove conoscenze tecnologiche per la creazione di nuovi prodotti o processi
produttivi. Lo sviluppo, che di solito segue queste 2 fasi, riguarda la fase più a valle della
ricerca e consiste nella effettiva realizzazione del nuovo prodotto o processo ed il suo
sfruttamento commerciale. Va tenuto presente che le 3 attività non sono necessariamente
sequenziali e, soprattutto, che per la riuscita dello stesso non tutte sono necessarie
(Malerba, 2000).
L’attività di R&S è caratterizzata dalla presenza di forte intensità di conoscenza,
quindi il ruolo delle risorse immateriali, delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie è
primario. Inoltre il processo di ricerca è caratterizzato dalla presenza di un elevato rischio
economico in quanto si sostengono anticipatamente dei costi per ottenere dei potenziali
risultati che non sempre è possibile sfruttare dal punto di vista economico. In quest’ottica
si inserisce la distinzione tra invenzione ed innovazione: la prima è una nuova idea, un
nuovo sviluppo scientifico oppure una nuova tecnologia che non è stata ancora realizzata
tecnicamente e materialmente, mentre la seconda è la realizzazione dell’invenzione stessa
in un nuovo prodotto o processo produttivo ed il suo sfruttamento per fini commerciali.
La R&S è l’attività meno frammentabile dei processi economici perché necessità
delle conoscenze strategiche delle imprese e perché spesso richiede un intenso scambio di
conoscenza tra utilizzatori e produttori in un gruppo localizzato, la maggior parte della
quale tacita e non codificata. Questa sua particolarità viene in parte superata grazie alle
nuove tecnologie informatiche che diminuiscono i costi di ricerca e permettono una
migliore circolazione delle informazioni sulle capacità di ricerca che sono disponibili sulla
4
rete mondiale. Tra le caratteristiche fondamentali dell’attività di ricerca c’è la
concentrazione nel tempo e nello spazio, cioè non ha carattere di diffusità. Dal punto di
vista spaziale la R&S è concentrata in un numero ristretto di paesi, regioni, settori e
organizzazioni pubbliche. Principalmente la ricerca è fatta dai paesi sviluppati (PS), questi
infatti investono oltre l’85% del totale mondiale, mentre quelli in via di sviluppo (PVS)
contribuiscono solo per il restante 15% (Sirilli, 2005).
1.3 – Misurare la R&S
I primi tentativi di misurare la R&S risalgono agli anni ’30 nell’allora Unione
Sovietica e agli anni ’40 negli Stati Uniti. Tuttavia fu solo negli anni ’50 negli U.S.A. che
si iniziò a svolgere una rilevazione regolare sulla R&S ad opera della National Science
Foundation. L’OCSE dal 1963 ha adottato il Manuale Frascati per effettuare delle
misurazioni su attività tecnico scientifiche (Sirilli, 2000). Va considerata la complessità del
fenomeno stesso che rende particolarmente difficile la misurazione, in quanto, in primo
luogo non si dispongono di misure omogenee da poter confrontare, ma si devono ricavare
da dati molto diversi, correlati tra loro e non sempre disponibili per tutti i paesi o i settori
analizzati. La misurazione appare, inoltre, falsata dalle diverse politiche che i paesi
intraprendono a sostegno o meno di una determinata attività, classe sociale o settore
industriale. Il Manuale di Frascati originariamente realizzato nel 1963 è stato
costantemente aggiornato e modificato, la versione corrente è del 2002 ed è la VII
edizione. Lo stesso dà una definizione delle attività che rientrano nel processo di ricerca e
tenta di quantificare la spesa del personale addetto, effettuando delle misurazioni di
carattere economico. Viene inoltre applicata anche alla misurazione delle innovazioni che
vengono concettualizzate, cioè alle semplici idee, all’apprendimento, alla creazione di
conoscenza, di competenze e capacità. Inoltre va tenuto presente che per essere rilevata
statisticamente la ricerca deve avere carattere di continuità e non di occasionalità.
Successivamente l’OCSE inizia ad utilizzare anche l’OSLO Manual
1
e 2 nuovi indicatori:
le statistiche sui brevetti e quelle sulla bilancia tecnologica dei pagamenti che fornisce
un’indicazione del trasferimento tecnologico da un paese ad un altro.
1
Il documento sviluppato nel 1992 fornisce una comune base definitoria a tutte le rilevazioni
sull’innovazione svolte a livello internazionale.
5
Utilizzando la spesa effettuata in R&S è possibile calcolare l’intensità della ricerca,
cioè il tasso di spesa della R&S come indicatore di output, ottenuto come rapporto tra la
spesa in ricerca e le vendite (per le imprese), oppure con il valore totale della produzione o
valore aggiunto (per le industrie), o ancora con il prodotto interno lordo (PIL, per i paesi).
Sulla base di questa misurazione dell’intensità di ricerca l’OCSE ha creato una
classificazione delle industrie come risulta dalla tabella di seguito.
Tabella 1.1 – Intensità di ricerca nelle industrie
Grado di intensità Tipi di industrie
R&S/produzione 0% -1 % Industrie a bassa tecnologia
R&S/produzione 1% - 3% Industrie a medio-bassa tecnologia
R&S/produzione 3% - 5% Industrie a medio-alta tecnologia
R&S/produzione oltre 5% Industrie ad alta tecnologia
Fonte: Elaborazione su Smith (2005)
Un’industria nella quale la R&S eccede dell’1% il valore aggiunto in una data area può
essere considerata intensiva nella ricerca (Smith, 2005).
Le misurazioni della R&S sono quasi sempre considerate indicatori di attività
innovativa anche se questa è solo una misura dell’input innovativo, questo perché la ricerca
nella maggior parte dei casi è l’input principale per la realizzazione di un’innovazione. Ad
esempio nell’UE a 15 paesi oltre la metà della spesa innovativa totale è destinata alla R&S,
anche se presentano una variabilità molto elevata tra loro (Malerba, Pianta, Zanfei, 2007).
In realtà i brevetti rappresentano più un indicatore di invenzione che di innovazione perché
alcune tecnologie non sono brevettabili. Gli indicatori di innovazione possono essere
suddivisi in 3 grandi gruppi:
- indicatori di performance che misurano l’impatto della ricerca;
- indicatori di input innovativo, calcolano le risorse utilizzate, come la spesa o gli
addetti alla ricerca. Il limite di questo tipo di indicatore relativo al fatto che coglie
solo le attività innovative formalizzate in laboratori di ricerca, inoltre non è efficace
nei settori meccanici, nei servizi e nel software. Questo tipo di misurazione può
essere effettuata ex-post, tenendo presente ad esempio la spesa già effettuata oppure
ex-ante, considerando le previsioni di spesa per gli anni a venire;
6
- indicatori di output analizzano, invece, i risultati conseguiti; principalmente si
considerano i brevetti concessi o le domande presentante.
In quest’ottica è utile analizzare più approfonditamente il concetto di brevetto.
L’idea risale ai monarchi del medioevo, i quali conferivano diritti e privilegi in forma di
lettere aperte recanti il proprio marchio reale. Si sviluppa successivamente come strumento
giuridico atto a stimolare l’innovazione, premiando la scoperta di soluzioni originali di
problemi tecnici. Questo tipo di contratto pubblico tra un inventore e un governo garantisce
per un tempo limitato, necessario a recuperare gli investimenti fatti, dei diritti esclusivi,
ossia di monopolio, per l’applicazione dell’uso dell’invenzione tecnica. In cambio
l’inventore deve rendere pubblici i dettagli dell’invenzione che al termine di tale periodo
diventano liberamente sfruttabili. Questa formulazione, in teoria, bilancia l’interesse del
singolo, cioè il diritto dell’inventore di mettere a frutto i suoi sforzi, con l’interesse
pubblico, riguardante l’utilizzo dell’invenzione stessa per migliorare le condizioni
collettive. Gradualmente il ciclo economico dell’innovazione si è accorciato, mentre la
durata del brevetto è stata estesa a 20 anni. Un’idea per essere brevettabile deve essere
attuata in un’invenzione che arrechi un contributo tecnico e che presenti caratteri di
originalità e novità rispetto alle preesistenti (Stiglitz, 2006).
Per l’analisi innovativa è possibile utilizzare anche la STI analysis (Science,
Technology and Innovation) che si compone di 3 indicatori principali:
1. R&S;
2. dati sui brevetti;
3. dati bibliometrici, che analizzano la composizione e la dinamica delle pubblicazioni
e citazioni scientifiche tramite l’indice di citazione scientifica e il database
dell’Istituto di Informazione Scientifica.
Esiste inoltre la CIS (Community Innovation Survey) dagli anni ‘90, l’indagine
sull’innovazione dell’Unione Europea elaborata dall’Eurostat, che ha il compito di
produrre dati comparabili a livello internazionale sulla quantità e la qualità di risorse
investite dalle imprese in attività di innovazione. Il CIS è giunto alla quarta edizione
L’UNCTAD invece ha creato una nuova misura della capacità innovativa nazionale,
l’UNICI, che prende in considerazione 2 dimensioni critiche, l’attività innovativa stessa e
la disponibilità di capacità per alcuni particolari attività. Suddivide i paesi in 3 diversi
7
gruppi calcolando l’indice di attività tecnologica e l’indice del capitale umano utilizzato
come proxy per la difficoltà di misurare direttamente le capacità dei lavoratori. L’indice va
da 0 a 1, più il paese ha capacità innovativa, più l’indice si avvicina all’unità. I 2 indici
hanno lo stesso peso nel calcolo e nella tabella di seguito sono evidenziate le componenti
di ciascun indicatore.
Tabella 1.2 – Componenti dell’indice UNICI dell’UNCTAD
Indici Componenti
Personale addetto alla R&S per milione di persone
Brevetti americani per milioni di persone Indice di attività tecnologica
Pubblicazioni scientifiche per milione di persone
Grado di alfabetizzazione elementare della
popolazione
Grado di alfabetizzazione secondaria della
popolazione
U
N
I
C
I
Indice di capitale umano
Grado di alfabetizzazione terziaria della
popolazione
Fonte: Elaborazione su UNCTAD (2005)
Tabella 1.3 – L’UNCTAD UNICI (2001)
Paese Indice Paese Indice
1 Svezia 0,979 11 Giappone 0,885
2 Finlandia 0,977 12 Nuova Zelanda 0,879
3 Stati Uniti 0,927 13 Svizzera 0,877
4 Danimarca 0,926 14 Islanda 0,876
5 Norvegia 0,923 15 Taiwan 0,865
6 Australia 0,920 16 Francia 0,863
7 Canada 0,907 17 Austria 0,852
8 Gran Bretagna 0,906 18 Germania 0,850
9 Belgio 0,894 19 Repubblica di Corea 0,839
10 Olanda 0,888 20 Spagna 0,819
Fonte: Elaborazione su dati UNCTAD (2005)
Nella tabella 1.3 sono riportati i primi 20 paesi secondo i risultati dell’UNICI nel 2001. I
paesi che registrano un indice fino a 0,3 vengono considerati a bassa capacità innovativa,
quelli da 0.3 fino a 0,6 a media capacità e sopra ad alta capacità innovativa. L’Italia non è
presente perché si attesta al numero 27, ancora tra quelli ad alta capacità. Sorprende la
posizione della Cina (74
a
posizione con 0.358 tra i medi) e quella dell’India all’83 tra i
paesi a bassa capacità con 0,285.
8
Un altro indicatore è l’indicatore di capacità di settore, il quale analizza la capacità
di svilupparsi di un comparto e viene calcolato come media dell’indice di capacità
innovativa
2
e l’indice di capacità tecnologica
3
. Da 1 a 2,2 le imprese hanno una discreta
capacità di collegamento con il mondo della ricerca. Da 3,8 a 7,4 sono ritenuti valori
relativamente bassi e i valori superiori a 9 riguardano le tecnologie mature. Il settore del
software ha registrato come capacità di settore un valore di 2, gli articoli di vestiario 11,2.
Questo indicatore è stato ottenuto effettuando una mappatura delle tecnologie e delle
competenze delle imprese. Il campione di riferimento era formato da 60 imprese alle quali
è stato somministrato un questionario da oltre 80 domande, relative all’anagrafe aziendale,
forza lavoro e professionalità, tecnologie, innovazione, rapporti con l’università e i centri
di ricerca, formazione e prospettive future dell’impresa.
Si aggiungono anche altre categorie di indicatori come quelli tecnometrici che
esplorano le caratteristiche delle performance dei prodotti, i sintetici, sviluppati per
classificare i dati più consultati e infine dei database specifici trattati come strumento di
ricerca da gruppi di individui. L’utilizzo dei brevetti presenta il vantaggio legato al fatto
che gli stessi sono in larga parte pubblicamente disponibili e sostanzialmente omogenei tra
i diversi paesi, ma questo metodo comporta anche degli svantaggi e per questo è stato
fortemente criticato. In primo luogo non coglie tutti gli aspetti non codificabili della
conoscenza e dell’innovazione, inoltre non sempre le imprese hanno incentivo a brevettare
le proprie innovazioni. Essi inoltre non misurano necessariamente l’innovazione, in quanto
non si traducono sempre in un successo commerciale, indicano comunque la capacità di
un’impresa di saper sfruttare una tecnologia o il possesso di una risorsa in un certo ambito
tecnologico.
Dalle diverse misurazioni della R&S che possono essere sviluppate conseguono poi
diverse classificazioni oltre alla già citata distinzione tra ricerca di base, applicata e
sviluppo sperimentale. Ad esempio è possibile ripartire i settori in base alla performance di
ricerca tra imprese, governi societari, università (alta educazione) o settori no-profit;
oppure a seconda delle fonti di finanziamento domestiche o internazionali, o agli obiettivi
socio-economici da raggiungere o ancora al campo di applicazione della ricerca stessa.
La creazione di nuovi e migliori indicatori è tuttora in corso, specie quelli focalizzati
direttamente sull’innovazione. Esistono 2 approcci distinti, quello basato sul soggetto, cioè
2
Questo indicatore identifica 4 gradi di capacità innovativa: perfomer di ricerca, innovatore, finalizzata al
miglioramento, subfornitore-esecutore.
3
Le imprese si suddividono per la loro capacità tecnologica tra imprese aventi alta tecnologia, competenze
tecnologiche, modesta capacità tecnologiche e bassa tecnologia.
9
che si focalizza sull’agente innovatore e quello improntato sull’oggetto che invece analizza
l’output del processo innovativo. Ad esempio la Commissione europea ha sviluppato nel
2000 l’EIS (European Innovation Scoreboard o quadro di valutazione europeo
dell’innovazione), uno strumento di verifica annuale della strategia individuata dal
Consiglio europeo di Lisbona. Tale indicatore valuta e paragona i risultati dell’innovazione
dei 25 paesi membri dell’Unione Europea (UE) e di U.S.A., Giappone, Svizzera, Norvegia,
Islanda, Bulgaria, Romania e Turchia. L’EIS si concentra principalmente sull’innovazione
ad alta tecnologia e fornisce quindi una serie di indicatori nell’intento di quantificare i
risultati raggiunti dall’UE, mettendo in luce i punti di forza e di debolezza di ciascun paese
membro. Utilizzando anche i risultati del CIS
4
(Community Innovation Survey) crea per
ogni paese un SII (Summary Innovation Index) basato su 26 indicatori divisi in 5
categorie
5
, scelti per la loro capacità di rappresentare il processo di innovazione. L’EIS
cerca quindi di effettuare una misura del progresso dell’innovazione, cioè la capacità di un
territorio di innovare e successivamente l’innovazione raggiunta e viene utilizzato dalla
Commissione per l’implementazione delle proprie politiche (UNCTAD, 2005).
Va tenuto presente che ciascuna misurazione rappresenta sempre
un’approssimazione della realtà, inoltre, come si è già detto, non sempre la ricerca è una
realtà istituzionalizzata per la quale si dispone di informazioni dettagliate e di documenti
ufficiali, infatti in vari casi viene svolta insieme e nell’ambito di altre attività. Risulta poi
difficile la misurazione della ricerca universitaria e di quella svolta dalle piccole imprese
che non hanno strutture ad hoc destinate alla specifica funzione. Va considerato anche il
ritardo con il quale i dati vengono resi disponibili: generalmente la media è di 1 o 2 anni.
La ricerca è un fenomeno complesso e la sua misurazione non rappresenta mai un’attività
immediata e univoca.
4
La CIS è un’indagine campionaria sviluppata congiuntamente dall’Eurostat e dagli istituti statistici dei paesi
membri dell’UE, finalizzata a raccogliere dati sui processi di innovazione delle imprese dell’industria e dei
servizi con almeno 10 addetti.
5
Esistono indicatori di input innovation drivers che misurano le condizioni strutturali richieste per la
potenziale innovazione, indicatori di input knowledge creation che analizzano gli investimenti in attivo,
indicatori di input innovation & entrepreneurship che misurano i livelli di innovazione delle imprese,
indicatori di output application, che considerano le performance espresse in termini di lavoro e attività
commerciali e infine indicatori di output intellectual property che esaminano i risultati ottenuti in termini di
successful know-how.
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