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CAPITOLO TERZO
LA MERITEVOLEZZA DI TUTELA E LA LICEITA’ DEL CONTRATTO DI I.R.S.
3.1 LA CAUSA DEL CONTRATTO DI I.R.S.
Aver preliminarmente svolto le necessarie premesse in ordine al concetto di alea,
risulta ontologicamente necessario al fine di orientare l’analisi sugli elementi propri
del contratto di interest rate swap verso l’individuazione della causa che sottende alla
negoziazione dello stesso.
Tale tema è stato tradizionalmente oggetto di aspro dibattito in seno alle diverse
correnti dottrinali, che in vari modi hanno tentato di attribuire alla causa contrattuale
sfumature cangianti, in funzione della diversa prospettiva assunta nell’osservazione del
fenomeno complessivamente considerato.
Partendo da una tale prospettiva, come anticipato (infra 2.3), è necessario tener
presente che il tema della causa ruota intorno alla preliminare questione se l’interest
rate swap possa, oppure no, qualificarsi come contratto aleatorio, questione che
rimanda a sua volta alla diversa impostazione con la quale l’interprete richiama a sé il
concetto di alea giuridica.
Una volta avuto modo di esaminare i diversi punti di vista susseguitisi nel corso del
tempo, la disamina può essere ripresa dapprima a partire da una prospettiva che porti
l’interprete ad esaminare il negozio in esame dal punto di vista anche strutturale,
considerando che la sussistenza dell’elemento aleatorio, in un contratto, risulta in grado
di influire sul relativo schema causale su diversi piani e in momenti anche
temporalmente distanti.
Di conseguenza, il rapporto sinallagmatico scaturente è suscettibile di configurarsi
come uno scambio tra una prestazione certa ed una incerta, o in alternativa, tra due
prestazioni ugualmente incerte.
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In un tal contesto, come già visto, è ancora aperta la controversia intorno alla natura
aleatoria o commutativa dell’interest rate swap, foriera di diverse questioni, tra le quali
quella avanzata da una parte della dottrina
173
, secondo la quale: «se si nega [...] che il
contratto sia aleatorio, seppure per volontà delle parti, non si può applicare l'art. 1469
c.c., e la questione va allora impostata unicamente sull'interpretazione dell'art. 1467,
comma 2, c.c., che esclude la risolubilità se l'eccessiva onerosità rientra nell'alea
normale del contratto. In questa seconda ipotesi, però, occorrerà vedere se l'evento
perturbatore delle contrattazioni di borsa abbia o meno le caratteristiche della
straordinarietà ed imprevedibilità, cioè se rientri o meno nel rischio assunto dalle parti
(al contrario), se si ammette che un contratto è aleatorio quando si è in presenza di
un'incertezza sull'an e sul quantum dei suoi effetti giuridici, questa aleatorietà si colloca
su un piano diverso dall'alea di cui all'art. 1467. L'alea normale si contrappone alla
sopravvenuta onerosità dovuta a fatti imprevedibili, vale a dire ad un'incertezza o
rischio puramente economico.»
Pertanto, se l’interprete fosse orientato verso la negazione della natura aleatoria
dell’interest rate swap, dovrebbe contestualmente dare una risposta all’interrogativo
riguardante l’applicabilità del rimedio previsto dall'articolo 1467 c.c.
Viceversa, guardando all’interest rate swap come ad un contratto caratterizzato da
«alea normale», in base all’assunto che le parti di loro spontanea volontà affidano la
realizzazione dei propri interessi alle fluttuazioni dei valori dedotti nello schema
negoziale (come il mark to market) che, come si è avuto modo di constatare, si
configurano almeno in parte prevedibili nel momento in cui le parti addivengono alla
stipula, l'evento straordinario ed imprevedibile capace di alterare l'equilibrio
economico sarebbe da considerare motivo di risoluzione in base all’ art. 1467 c.c., dal
momento che, detto squilibrio non potrebbe essere accostato alla nozione di alea
normale.
173
E. GABRIELLI, Contratti di borsa, contratti aleatori e alea convenzionale implicita, in Banca, Borsa e tit. cred., 1986,
I, p. 576 ss.
75
A supporto di una siffatta affermazione si pone un certo orientamento dottrinale
174
per
il quale: «se si negasse la natura aleatoria dei derivati, un andamento particolarmente
anormale del valore di riferimento potrebbe essere considerato alla stregua di un
“avvenimento straordinario ed imprevedibile” ex art. 1467 c.c., con conseguente
attribuzione, alla parte svantaggiata, della legittimazione a domandare la risoluzione
del contratto. Come è evidente, in base alla previsione dell'art. 1469 c.c., ciò non
sarebbe possibile qualora i contratti derivati fossero ritenuti aleatori.»
In dottrina, comunque, si registrano contrapposte tesi in ordine alla possibilità di
configurare l’interest rate swap come contratto aleatorio considerato che, alla corrente
che sostiene tale natura
175
, se ne è storicamente contrapposta un’altra
176
che guarda al
contratto in esame come avente natura essenzialmente commutativa, in base alle
peculiarità del suo oggetto, che sarebbe costituito da uno «scambio in sé.»
Una posizione intermedia è stata invece assunta da chi
177
ha sostenuto la natura
aleatoria solamente di determinati contratti derivati.
Preso atto della presenza di tali variegate posizioni, da più parti è stato sottolineato
come, guardando al concreto risultato, lo stesso non differisce se si adotti la prima, la
seconda o la terza delle tesi esposte, dal momento che la risoluzione per eccessiva
onerosità sopravvenuta non troverebbe comunque una concreta applicazione (pertanto,
indipendentemente dal fatto che il contratto di interest rate swap venga ad essere
considerato aleatorio o caratterizzato da «alea normale illimitata»).
174
A. PIRAS, Contratti derivati: principali problematiche al vaglio della giurisprudenza, in Resp. Civ. e Prev. , 2008, p.
2228
175
R. AGOSTINELLI, Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante, in Banca, borsa e tit. cred., I, 1997, p.
123, «è senz'altro un contratto aleatorio, in quanto la prestazione (almeno) di una delle parti, infatti, dipende da un evento
futuro e incerto quale appunto la fluttuazione, tra la data di conclusione del contratto e la data di esecuzione dello stesso,
(del o) dei parametri presi in considerazione.»
176
F. CAPUTO NASSETTI, I contratti derivati finanziari, cit., p. 68 ss.
177
G. FERRARINI, I derivati finanziari tra vendita a termine e contratto differenziale, in I derivati finanziari, a cura di
Riolo, 1993, p. 41 «anche nei confronti dei derivati tali rimedi [quelli ex art. 1467 e art 1469 c.c.] non dovrebbero trovare
applicazione, vuoi perché il singolo strumento abbia natura aleatoria [...] vuoi perché, pur avendo il singolo contratto
natura commutativa, lo stesso presenti un'alea normale illimitata.»
76
Inoltre, a proposito del concreto risultato raggiunto con la stipulazione di un i.r.s.,
degno di essere menzionato fin da ora (in quanto, come si avrà modo di constatare, ha
profondamente condizionato diverse pronunce giurisprudenziali nell’affrontare la
controversa questione della causa dell’i.r.s.), è senza dubbio l’orientamento che
considera sulla strada del tramonto il concetto tradizionale di causa come funzione
economico sociale.
Punto di partenza di un tale punto di vista è dato dalla convinzione che l’attenzione
dell’interprete dovrebbe invece essere focalizzata sulla causa concreta che il negozio
persegue, cioè sugli interessi che col contratto le parti intendono perseguire, a
prescindere dall’adozione di un determinato modello tipico anziché di un altro.
Al netto di tale premessa, e riportando il filo logico alle diverse opinioni in merito al
ruolo che l’elemento aleatorio giocherebbe nella qualificazione del contratto di i.r.s., si
fa strada la possibilità di impostare diversamente la questione intorno alla natura
(aleatoria o commutativa), del contratto di interest rate swap, mettendo per un momento
da parte la distinzione tra le citate nozioni di alea giuridica e alea economica e
concentrandosi invece sul rapporto intercorrente tra aleatorietà del contratto e
sinallagmaticità delle prestazioni.
Tali due concetti, da una prospettiva superficiale, potrebbero apparire inconciliabili; al
contrario, come sostenuto da attenta dottrina
178
, i due elementi sono perfettamente
accostabili e possono convivere nel medesimo rapporto in quanto la commutatività che
caratterizza il rapporto tra i contraenti non vale ad escludere la sproporzione delle
prestazioni, dimodoché gli effetti dell'alea andrebbero ad interessare lo squilibrio
aritmetico che potrebbe potenzialmente sussistere tra le prestazioni.
Del resto, la causa commutativa di un interest rate swap, identificabile con lo scambio
reciproco dei propri tassi di interesse, non verrebbe sicuramente meno in ragione della
presenza dell’elemento aleatorio, da riferire alla fisiologica volatilità dei tassi stessi.
178
E. GIRINO, I contratti derivati, cit., p. 283
77
Pertanto, come diversi autori hanno fatto notare
179
, al di là del fatto che l'aleatorietà sia
dovuta ad una pattuizione tra le parti in tal senso o che sia un elemento naturalmente
caratterizzante le disposizioni contrattuali, l’interest rate swap implica geneticamente
il rischio derivante dalla variabilità dei tassi d’interesse, al punto che lo stesso appare
in grado di provocare profonde disuguaglianze tra le prestazioni alle quali le parti
devono adempiere.
In base a tali considerazioni si potrebbe asserire che, messa da parte a questo punto
della trattazione la nozione di alea normale illimitata, al contratto di interest rate swap
il rimedio ex art. 1467 c.c. non sarebbe da applicare, in quanto la variazione (e la
possibilità che la stessa avvenga repentinamente) dei tassi di interesse che le parti
hanno pattuito di scambiarsi ad una certa data, si presenta come l’oggetto intorno al
quale ruota l’accordo stesso.
Pertanto, detta variazione si configura come il meccanismo capace di determinare il
valore delle prestazioni, contribuendo (in un momento successivo alla stipula) alla
quantificazione della loro entità.
Si può quindi affermare con un certo grado di sicurezza che tale evento (la variazione
dei tassi di interesse), non si presenta né straordinario, né imprevedibile ma voluto, e
quindi previsto, dai contraenti.
D’altronde, in tal senso si è espressa anche la dottrina secondo la quale: «Non sarà mai
possibile qualificare l'evento esterno (fluttuazione delle grandezze economiche di
riferimento) come un evento straordinario ed imprevedibile, tale non essendo per
definizione ciò che rientra, come nel derivato rientra, nel presupposto che conduce alla
stipulazione.»
180
179
Ibidem: «se il rischio, anche grave, lo squilibrio, anche eccessivo, sono componenti coessenziali alla natura e alla
funzione stessa dell'accordo, come tale scientemente assunto dalle parti, cessa di avere qualsivoglia rilievo ogni diatriba
in merito all'aleatorietà o meno dell'accordo. Il rischio di un'eccessiva onerosità non potrà per definizione porsi, posto che
esso concorre a costituire l'oggetto stesso dell'accordo o, se si preferisce, gli è immanente.»
180
Ibidem
78
Lo stesso autore fa inoltre notare che, mentre le parti di altri contratti commutativi si
limitano ad accettare gli effetti dell’evento esterno che influisce sul valore delle loro
prestazioni, le parti di un contratto derivato hanno una visione totalmente opposta del
medesimo evento, considerandolo quale attributo necessario dell'oggetto intorno al
quale gli stessi concludono il negozio.
La dottrina in argomento dedica altresì alcune considerazioni all’inapplicabilità del
rimedio risolutorio ex art. 1467 c.c. al contratto derivato de quo, sottolineando in
particolare l’assenza dei presupposti necessari a tal fine.
Come anticipato, nel panorama dottrinale non sono mancate altre tesi contrarie
181
alla
natura aleatoria del contratto di interest rate swap, costruite sull’assunto in base al quale
le prestazioni alle quali le parti devono adempiere (e quindi l’oggetto stesso del
contratto), non sarebbero affidate alla mera incertezza di un evento futuro.
Le prestazioni delle parti sarebbero invece, come più volte sottolineato nel corso del
presente studio, commisurate a parametri prestabiliti ai quali le parti si riferiscono al
momento della stipula, e che si configurano allo stesso tempo quali oggetto della
negoziazione.
Continuando su tale sentiero, ne discende che non sarebbe incerto né l'an né il quantum
delle prestazioni, proprio in quanto le parti contrattano sullo scambio di flussi di
pagamenti, determinati o determinabili in base ai suddetti parametri.
L’orientamento in esame non ha mancato di sottolineare che, guardando a come appare
strutturato il contratto in oggetto, le prestazioni a cui le parti sono tenute, sarebbero
determinate per relationem in quanto le stesse vengono determinate proprio in
relazione ad uno specifico parametro contemplato nello schema contrattuale, quale un
tasso fisso e un tasso variabile
182
.
181
G. CAPALDO, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, cit., p. 192 ss., la tesi è ripresa da F.
CHIOMENTI, Cambi di divisa a termine, in Riv. dir. comm., 1987, I, p. 45
182
Di rilievo la constatazione per la quale specificatamente il riferimento di una delle prestazioni al tale tasso variabile ha
contribuito a dar vita ai diversi dibattiti e orientamenti intorno all’ aleatorietà dell'interest rate swap.
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Seguendo tale ragionamento, troverebbe una soluzione anche la controversia in ordine
al soddisfacimento del requisito della determinabilità dell’oggetto ex art. 1325 c.c. di
tali negozi.
Inoltre, constatando che nell’interest rate swap lo scambio di prestazioni è certo che
avvenga (dal momento che le parti si scambiano i rispettivi tassi d’interesse dopo il
decorso di un certo lasso di tempo), si potrebbe affermare che ci si trovi dinnanzi ad un
contratto a struttura sinallagmatica e a causa commutativa.
L'oggetto del contratto sarebbe sempre definito nell’an, (visto che si tratta certamente
di obbligazione pecuniaria) e, nel caso in cui il flusso di pagamento venga ancorato ad
un tasso fisso, anche nel quantum, apparendo così certa la misura della prestazione.
Mentre, se la stessa fosse da riferire al tasso variabile, sarebbe certamente determinata
nell’an, ma non nel quantum anche se le variazioni alle quali fisiologicamente è
sottoposto tale indice, sarebbero comunque oggetto di specifica previsione in base ai
più volte citati scenari probabilistici (apparendo pertanto la prestazione stessa, in tale
ipotesi, connotata da chiara prevedibilità).
Anche in tal caso, la conclusione non sarebbe diversa da quella propria
dell’orientamento precedentemente esaminato in quanto, la risoluzione per eccessiva
onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c. non sarebbe ammissibile, visto che proprio in
ragione delle fluttuazioni dei valori di riferimento, il contratto dà alle parti modo di
ottenere i risultati sperati.
Va comunque considerato che, qualsiasi sfumatura si voglia attribuire all’elemento
aleatorio (cioè che esso venga riferito all’an o al quantum delle prestazioni che i
contraenti devono corrispondersi), lo stesso si presenta in ogni caso suscettibile di
cagionare, all’uno o all’altro dei contraenti, utili o perdite in tempi brevissimi e, in
entrambe le ipotesi, con una certa facilità.
E tale facilità va inoltre riferita alla gestione dell’affare, dal momento che, concluso il
contratto, utili e perdite saranno automaticamente commisurati all’andamento
80
dell’indice di riferimento; i contraenti, a parte le ipotesi nelle quali, di volta in volta,
andranno a concludere ulteriori contratti per incaricare l’intermediario di portare a
compimento specifiche operazioni, sostanzialmente attendono l’esito delle variazioni
riferibili ai suddetti indici.
In relazione a tali caratteri dell’elemento aleatorio e all’assunto, imprescindibile e
incontestabile, per cui lo stesso elemento è in una certa misura sempre presente nei
contratti di interest rate swap, le diverse elaborazioni dottrinali hanno spesso avanzato
enormi riserve in ordine alla meritevolezza di tutela e alla liceità del contratto de quo
(arrivando il più delle volte a negarla)
Si operava infatti, come già ricordato nei precedenti capitoli, un accostamento degli
swaps con funzione speculativa al gioco o alla scommessa.
183
Tanto per muovere una preliminare obiezione a siffatte tesi, si pone a base della stessa
la riflessione che riguarda, non il ruolo o la collocazione dell’elemento aleatorio, ma
l’essenza che il medesimo assume nello schema negoziale di un i.r.s. con funzione
speculativa.
Difatti, nel gioco di mera sorte, tale elemento si presenta prevalente rispetto a fattori
ulteriori quali l’abilità, le conoscenze o la capacità di calcolo e di previsione dei
giocatori.
Al contrario, nella funzione speculativa perseguita mediante la conclusione di
determinate categorie di i.r.s., è facile osservare che l’alea (per quanto naturalmente
presente) non ricopre il ruolo centrale come accade nel gioco, ma presuppone la
presenza degli ulteriori elementi prima elencati, lasciando a questi campo aperto.
183
In senso contrario si v. G. VALENZANO, I contratti differenziali di Borsa su divisa estera, Roma, 1929, p. 23 ss.:
«La facilità del rapido guadagno e della rapida perdita è in rispondenza con l'intensità della vita commerciale, non già con
l'assenza di questa e con la sostituzione ad essa della infruttifera attività del giuoco. È vero che la speculazione di Borsa,
che generalmente si esercita mediante operazioni differenziali, ha comune col giuoco e con la scommessa l'elemento
dell'alea.»
81
Inoltre, nel gioco, il rischio che i giocatori accettano, si presenta in balia del caso e non
legato ad alcuna regola causale che possa apparire chiara o, almeno, razionale e
giustificabile alla mente del giocatore.
Si noti ancora una volta come al contrario, le pattuizioni con intento speculativo che
muovono dalle fluttuazioni dei valori di riferimento, presuppongono ulteriori elementi
e abilità nei contraenti, in presenza delle quali risulta maggiormente appropriato
calcolare le percentuali di guadagno (e di perdita) in relazione a fattori politici,
finanziari, sociali e storici in grado di condizionare l’andamento dei mercati.
184
Inoltre, come ha fatto notare, a suo tempo, un’attenta dottrina
185
, mediante la
scommessa o il gioco d'azzardo i giocatori e gli scommettitori danno luogo ad un
esercizio non attinente alla realtà, fittizio, e incapace di generare alcunché se non il
mero ritorno economico
Mediante il perseguimento del fine speculativo invece, gli agenti poggiano la loro
opera, e i loro investimenti, su operazioni realmente riscontrabili nella realtà
economica di riferimento e, di conseguenza, oltre che economicamente produttive,
apprezzabili anche sotto il diverso aspetto di un’attività governata non solo dal mero
caso.
È impossibile allora non concordare sul fatto che il fine speculativo perseguibile
mediante operazioni dedotte in un contratto di i.r.s., nulla ha in comune con il mero
diletto che i giocatori intendono soddisfare: infatti, il rischio al quale i contraenti si
affidano, non è un artifizio escogitato dalla mente degli stessi, ma appare
inscindibilmente legato ad un tasso di interesse sul quale viene costruito lo scambio.
Tale rischio deriva pertanto dalle variazioni dell’economia reale e di conseguenza, in
tali operazioni, esiste già in un momento precedente alla contrattazione.
184
Ibidem
185
Ibidem
82
La dinamica che governa il gioco appare del tutto inversa, dato che l’elemento di
incertezza, oltre che legato alla mera sorte, non trova un corrispondente nella realtà,
ma viene creato dalle regole del gioco stesso, ideato dalla mente umana che decide di
sottostarvi.
Pertanto, appare d’uopo fissare un primo paletto nel senso che la presenza dell’alea
non è sicuramente sufficiente per considerare illecito, immorale e, di conseguenza, non
meritevole di tutela alla stregua del gioco, il fine speculativo che i contraenti desiderano
perseguire.
Del resto, difficilmente si potrà obiettare alla constatazione che l’alea quasi mai manca
in molti altri contratti commerciali, seppure in proporzioni minori rispetto ai contratti
di i.r.s.
Da rigettare sarebbe allora la tesi che affianca al gioco tutti i contratti aleatori, a
maggior ragione l’i.r.s. nel quale, l’eventuale guadagno e l’eventuale perdita che le
parti potrebbero conseguire, sarebbero legati ad un avvenimento caratterizzato da
incertezza, per lo meno per ciò che riguarda il relativo aspetto quantitativo.
Riassuntivamente secondo tale orientamento, il pregiudizio non dovrebbe
caratterizzare il punto di vista dell’interprete nei confronti della funzione speculativa
che l’investitore intende perseguire mediante la conclusione di un i.r.s., negando ab
initio a tale negozio gli attributi della liceità e della meritevolezza di tutela.
Al contrario, l’interprete dovrebbe contrapporre alla causa speculativa quella
meramente ludica, essendo la speculazione un’attività fisiologicamente presente nel
commercio (anzi rappresentando a volte essa stessa un’operazione commerciale),
peraltro legata indissolubilmente alla reale dinamica dei mercati finanziari.
In riferimento alla valutazione di meritevolezza che il nostro ordinamento riserva al
suddetto fine speculativo, diversi autori hanno fatto notare che particolare attenzione
andrebbe riservata alle norme che si occupano di una tale attività.