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INTRODUZIONE – L’INTERESSE DEL MINORE 
 
Questa tesi si propone di affrontare ed approfondire il delicato e 
dibattuto tema dell’interesse del minore 
1
 , concetto al quale l’ordinamento 
fa sempre piø ricorso al fine di riuscire ad identificare il provvedimento piø 
opportuno da adottare per assicurare risposte adeguate alle esigenze di 
sviluppo del soggetto in formazione.  
Il principio dell’interesse del minore deve essere considerato come 
un principio cardine del nostro ordinamento giuridico 
2
; tuttavia, su tale 
nozione, sono state avanzate critiche feroci, non sempre giustificabili nØ 
condivisibili. E’ stato, così, affermato che la nozione di interesse del 
minore costituisce una “nozione magica” (CARBONIER), una “pozione 
magica” (THERY) 
3
, poichØ si tratta di un concetto vago e indeterminato. 
DOGLIOTTI 
4
 nota che la nozione utilizzata dall’ordinamento “rischia di 
diventare vuota tautologia, mero abbellimento esteriore dell’argomento. 
Ha contribuito, per la sua parte, ad ampliare notevolmente (e talora assai 
pericolosamente) la sfera di discrezionalità dell’organo giudiziario 
minorile”. DOSI 
5
 lamenta che la nozione in esame “ha assolto finora ad 
una funzione cuscinetto; una sorta di ‘passepartout’ discrezionale, in nome 
del quale da un capo all’altro della penisola vengono prese 
quotidianamente, attingendole al soggettivismo e alla discrezionalità, 
                                                           
1
 A.C. MORO, Diritti del minore e nozione di interesse, in Cittadini in crescita, 2000, 2-3, p. 9: “Nell’ambito del diritto 
minorile il tema dell’interesse del minore è divenuto oggetto di vivaci discussioni in questi ultimi anni: per alcuni, 
infatti, la nozione di ‘interesse del minore’ è l’unico strumento per risolvere tutti i problemi di tutela della personalità in 
formazione; per altri, invece, essa è la causa delle maggiori storture e delle piø rilevanti violenze che asserviscono i 
minori ai deliri di onnipotenza dei magistrati minorili”. 
2
 Si deve precisare che tale concetto non implica un declassamento dei diritti soggettivi del minore in meri interessi, 
cioè in mere aspettative il cui appagamento è affidato alla volontà discrezionale di altri soggetti; ormai, per il nostro 
ordinamento giuridico, il soggetto in formazione è portatore di autentici diritti il cui godimento deve essere garantito. 
3
 Cit. in P. RONFANI, L’interesse del minore: dato assiomatico o nozione magica?, in Sociol. dir., 1997, 1. 
4
 M. DOGLIOTTI, Che cosa è l’interesse del minore, in Dir. fam. pers., 1992, 1093. 
5
 G. DOSI, Dall’interesse ai diritti del minore: alcune riflessioni, in Dir. fam. pers., 1995, 1604.
4 
 
decisioni una diversa dall’altra” e rileva che “l’analisi tradizionale che 
viene proposta in dottrina e fatta dalla giurisprudenza, soprattutto 
minorile, della categoria interesse del minore, ha condotto verso un 
appiattimento di questa categoria sempre piø legata al soggettivismo e alla 
discrezionalità di chi la usa. In queste condizioni ‘l’interesse del minore’ 
ha finito per perdere qualunque capacità d’orientamento e si è rivelata una 
categoria ad altissimo rischio di approssimazione, utilizzata 
sostanzialmente al posto di quella di diritto soggettivo; così che interessi e 
diritti del minore si sono sovrapposti confusamente l’uno all’altro non solo 
nel dibattito dei giuristi ma anche nelle sentenze dei giudici”. Non si può 
contestare che la nozione di “interesse del minore” sia sfumata; “ma non è 
questo il necessario prezzo che si deve pagare ove si voglia – come 
l’ordinamento esige – rapportare l’intervento giudiziario alla realizzazione 
di una migliore condizione di vita non di un generico ragazzo tipizzato 
dall’ordinamento, ma al ragazzo concreto su cui si deve decidere, con le 
sue caratteristiche irripetibili di personalità, le sue reali esigenze, i suoi 
diversi stadi di maturazione, le sue peculiari risorse, un suo vissuto e una 
sua peculiare capacità relazionale?” 
6
.  
Questo lavoro muove dalla profonda trasformazione culturale 
verificatasi nei confronti dei minori, non piø considerati soltanto come 
“proprietà” dei genitori ma come “persone autonome”, titolari, quindi, dei 
medesimi diritti spettanti al soggetto adulto.  
“Pensare e promuovere protezione e tutela a favore dei bambini e 
dei ragazzi richiama necessariamente la garanzia di esigibilità del diritto 
alla partecipazione del bambino e del ragazzo al proprio progetto di vita, 
alla costruzione del proprio futuro, inteso non un ‘destino’ ineluttabile 
voluto e deciso altrove … ma un percorso e un progetto fondato sulla 
capacità di ascoltare e di assumere flessibilità nelle scelte e nelle decisioni 
                                                           
6
 A.C. MORO, ivi, pp. 18-19.
5 
 
delle Istituzioni e degli operatori quale condizione reale di promozione del 
cambiamento, dell’autonomia, della crescita di cittadinanza. E quale 
condizione di un dialogo intergenerazionale orientato al desiderio di 
bellezza, di futuro, lontano da logiche rancorose di rivalità e di presunti 
privilegi” 
7
.  
Nel primo capitolo, l’elaborato inizia la sua indagine partendo dalla 
nascita e dall’evoluzione del diritto minorile, ripercorrendo il travagliato 
percorso di emersione dei bisogni del minore sul terreno giuridico ed 
esaminando la normativa della comunità internazionale, dell’Unione 
Europea e dell’ordinamento interno.  
La storia dei diritti dei minori è recente e nasce da un’evoluzione del 
concetto di bambino, dal modo in cui gli adulti lo considerano e dal ruolo 
che gli viene assegnato nella società. Nel 1924, attraverso la Dichiarazione 
dei diritti dell’infanzia
8
, viene compiuto il primo passo verso la 
positivizzazione giuridica del concetto di minore come soggetto di diritto e 
verso il riconoscimento della speciale protezione ad esso spettante. A 
questa seguirono numerose altre Dichiarazioni 
9
, ma è solo con la 
Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989 che si raggiunge l’apice di 
questo processo di riconoscimento, in quanto si tratta del primo documento 
che obbliga gli Stati firmatari e ratificanti a rispettarlo. Principi ispiratori 
                                                           
7
 Convegno UNICEF “La crisi la pagheranno i bambini?”, Roma 8 novembre 2011.  
8
 La Dichiarazione dei diritti del fanciullo conteneva cinque principi: 
- il fanciullo deve essere messo in grado di crescere normale, fisicamente e spiritualmente 
- ha diritto di essere nutrito se ha fame, di essere curato se è malato, di essere aiutato se svantaggiato, di essere 
recuperato se deviante 
- ha diritto ad essere accolto e soccorso se orfano o abbandonato 
- ha diritto ad essere il primo a ricevere soccorsi in caso di difficoltà 
- ha diritto ad essere protetto da qualsiasi forma di sfruttamento 
9
 Cfr. Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 e Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959.
6 
 
della Convenzione in esame sono il superiore interesse del fanciullo 
10
 e il 
principio di non discriminazione 
11
. A livello comunitario emerge la 
Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori, la quale ha 
individuato i criteri che rendono effettivi i meccanismi di tutela del minore 
in sede giudiziale. Anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione 
Europea l’interesse superiore del bambino deve essere considerato 
preminente in tutti gli atti che lo riguardano 
12
. Quanto all’ordinamento 
interno, sono state esaminate tutte le disposizioni che individuano 
particolari situazioni minorili meritevoli di garanzia 
13
, alcune delle quali 
approfondite nel capitolo successivo.  
Nel secondo capitolo, è stato analizzato lo statuto giuridico del 
minore, rivolgendo particolare attenzione alla sua condizione (minore non 
piø considerato come “oggetto” dei diritti degli adulti, ma come 
                                                           
10
 Cfr. art. 3: “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza 
sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve 
essere una considerazione preminente”. 
11
 Cfr. art. 2: “Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni 
fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, 
di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti 
legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro 
nascita o da ogni altra circostanza”. 
12
 Cfr. art. 24:  
1. I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere 
liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in 
funzione della loro età e della loro maturità. 
2. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse 
superiore del bambino deve essere considerato preminente. 
3. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, 
salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse. 
13
 Cfr., ad esempio, art. 30 Cost. : “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati 
fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge 
assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della 
famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità” e art. 147 c.c. : “Il matrimonio 
impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, 
dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.
7 
 
“persona”), nonchØ all’imprescindibile esigenza di un ambiente familiare 
per crescere (con particolare riferimento al diritto del minore alla propria 
famiglia 
14
), ai diritti nei confronti dei genitori (derivanti dal mero fatto 
della filiazione e riassumibili nel generico obbligo di cura della prole in 
tutti i suoi aspetti) sino ai doveri del figlio all’interno della famiglia.  
Nel terzo ed ultimo capitolo, lo sguardo è stato rivolto alla tutela del 
minore nelle ipotesi di crisi familiare, in particolare al suo diritto a 
conservare relazioni parentali, ad una famiglia sostitutiva attraverso 
l’istituto dell’adozione nonchØ al suo diritto (oggi piø che mai attuale ma su 
cui fortemente si dibatte) ad essere ascoltato.  
In sostanza, questo lavoro mira ad evidenziare come la figura del 
minore abbia acquisito una sua centralità nell’ordinamento giuridico.  
“Per guardare ad alcuni aspetti del futuro, non abbiamo bisogno di 
proiezioni elaborate da supercomputer. Molto di ciò che sarà il prossimo 
millennio si può già vedere nel modo in cui ci occupiamo oggi 
dell’infanzia. Il mondo di domani forse sarà influenzato dalla scienza e 
dalla tecnologia, ma piø di ogni altra cosa, sta già prendendo forma nei 
corpi e nelle menti dei nostri bambini” 
15
. Così si esprimeva Kofi Annan, 
nel 1997, in un discorso alle Nazioni Unite evocativo di quanto sia 
importante la questione dei diritti dei minori. 
 
 
 
 
  
                                                           
14
 Cfr. art. 1, l. n. 149/2001: “Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”. 
15
 K.A. ANNAN, 1997, riportato su Les droits des enfants, crØer une culture des droits de l’homme, brochure 
d’information n. 3 in Haut Commissariat aux Droits de l’Homme, Tous les droits de l’Homme: nos droits à tous, 
Cinquantième Anniversaire de la Dèclaration Universelle des Droits de l’Homme – 1948/1998, Nations Unies, New 
York et Genève, 1998.
8 
 
CAPITOLO I – LA NASCITA DEL DIRITTO MINORILE 
 
1. Il lungo silenzio del diritto nei confronti dei bisogni 
minorili e la nascita del diritto dei minori 
 
L’ordinamento giuridico solo negli ultimi tre decenni ha iniziato a 
riconoscere anche al minore la titolarità di un’ampia gamma di diritti: non 
solo diritti patrimoniali, che interessano marginalmente chi è impegnato 
nella ricerca della propria identità, ma anche diritti di personalità 
16
 .  
Anche l’ordinamento del secolo scorso e dei primi anni di questo 
secolo ha preso in considerazione il minore ed ha dettato alcune norme che 
gli attribuivano diritti o imponevano agli adulti comportamenti doverosi nei 
suoi confronti; però, era limitata la sfera dei diritti riconosciuti e non si 
comprendeva quali fossero i fondamentali bisogni del minore che dovevano 
essere appagati, tutelati e promossi anche attraverso il diritto 
17
.  
Alla base di questa noncuranza vi sono state gravi disattenzioni alla 
personalità in formazione da parte della cultura corrente, ma anche ragioni 
interne all’ordinamento giuridico precostituzionale.  
In primo luogo, la concezione patrimonialistica del diritto privato 
tendeva a respingere sul piano della irrilevanza l’attuazione dei diritti 
fondamentali di personalità dei cittadini e, di conseguenza, si palesava 
notevole indifferenza nei confronti di un soggetto, come quello in 
formazione, che ha scarsi interessi di natura patrimoniale e rilevanti 
interessi nel campo dello sviluppo della persona.  
In secondo luogo, la tendenza a prendere in considerazione solo “il 
soggetto unificato”, cioè il soggetto normale della società borghese, 
                                                           
16
 A. C. MORO, Manuale di diritto minorile, Bologna, 2008, p. 3. 
17
 A. C. MORO, ivi, p. 4.