6
piano dell’accertamento dell’ interesse ad agire che costituisce una
condizione dell’azione.
L’azione, per provocare l’esercizio della funzione
giurisdizionale, deve presentare determinati requisiti che si è soliti
distinguere in due categorie
2
: 1) presupposti processuali (che devono
sussistere nel momento in cui il ricorso viene proposto) necessari per
la regolare instaurazione del rapporto processuale e 2) condizioni
dell’azione (la cui presenza è necessaria anche al momento della
decisione) necessarie per l’esistenza stessa dell’azione e senza le quali
l’attore non potrebbe ottenere una sentenza di merito ad esso
favorevole.
La distinzione ora ricordata non opera su un piano
semplicemente teorico, ma comporta importanti conseguenze
pratiche: le condizioni dell’azione – tra le quali rientra l’interesse a
ricorrere - devono sussistere sia nel momento in cui il ricorso viene
proposto, sia al momento della decisione, pertanto, al loro venir meno
nel corso del giudizio seguirà un intervento del giudice che pronuncerà
2
La distinzione fra presupposti processuali (come requisiti per la pronuncia sul ricorso) e
condizioni dell’azione (necessarie per una decisione favorevole al ricorrente) delineata da G.
CHIOVENDA in Principi di diritto processuale, Napoli, 1928, 62, è accolta anche da C.
MANDRIOLI, Presupposti processuali, Nss. Dig. it., 1960, XII, 785 passim; S. SATTA, Diritto
processuale civile, Padova, 1987, 620; P. Virga, Diritto amministrativo. Atti e ricorsi,
Milano, 2001, II, 275 ritiene che “Anche per il ricorso amministrativo bisogna distinguere fra
le condizioni dell’azione e i presupposti processuali”.
7
l’estinzione del medesimo (ad esempio per sopravvenuta carenza
d’interesse).
Non essendo questa la sede per occuparsi delle innumerevoli
questioni teoriche e applicative che l’interesse a ricorrere ha suscitato
nella dottrina processuale civile ed amministrativa
3
, può, invece,
essere utile soffermarsi su alcune pronunce del Consiglio di Stato e
della Corte di Cassazione che hanno cercato di definire la portata del
principio posto dall’articolo 100 c.p.c: “per proporre una domanda o
per contraddire alla stessa, è necessario avervi interesse”.
L’esistenza dell’interesse ad agire costituisce un requisito per la
trattazione nel merito della domanda, anche se limitata all’an
debeatur
4
, e consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile
giuridicamente apprezzabile, non conseguibile senza l’intervento del
3
Basti pensare alla posizione espressa da S. SATTA, Interesse ad agire e legittimazione, in
Foro it., 1954, IV, 169 passim: l’Autore, oltre a considerare un errore l’aver posto, nell’art.
100 c.p.c., interesse ad agire e interesse a contraddire sullo stesso piano, individua un
equivoco di fondo: per dare senso all’art. in esame bisognerebbe dimostrare l’esistenza di un
interesse processuale distinto dall’interesse sostanziale della cui tutela si tratta, ma “se tale
dimostrazione non può essere data è chiaro che l’interesse processuale è una mera illusione, e
l’art. 100 resta privo di ogni contenuto e di ogni valore”. Sulla problematica configurazione
dell’interesse ad agire nelle azioni costitutive, di condanna e di mero accertamento, la
dottrina è vastissima: cfr. tra i tanti G. VERDE, Profili del processo civile. 1- Parte generale,
Napoli, 2002, 163; G. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile.1- Nozioni introduttive
e disposizioni generali, Torino, 1995, X ed., 50 alla nota 2); L. LANFRANCHI, Note
sull’interesse ad agire, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 1098 passim; M. FINOCCHIARO,
Art. 100. Interesse ad agire, in Rassegna di giurisprudenza del codice di procedura civile, a
cura di Giorgio e Paolo Stella Richter, Milano, 2002, libro I, tomo II, 939 passim; A. NASI,
Interesse ad agire, in Enc. dir., 1972, 22, 29 si domanda, all’inizio del suo contributo, “che ci
sta a fare una norma che imponga a chi agisce, e peggio ancora a chi si deve difendere, di
avervi interesse? E’ ovvio che colui che agisce, se si decide a farlo, sia convinto di avervi
interesse, e se poi in pratica gli si rivela che interesse non ha, tanto peggio per lui, o tanto
meglio, a seconda dei punti di vista”.
4
Cfr. Cassazione, 19 agosto 2000, n. 11010 e Cass., Sezioni Unite, 10 agosto 2000, n. 565.
8
giudice. La valutazione e l’accertamento di tale interesse non solo
andranno compiuti in via preliminare, ma dovranno prescindere
dall’esame del merito della controversia o comunque da qualsiasi
esame sull’ammissibilità della domanda sotto altri e diversi profili
5
.
L’indagine compiuta dal giudice si risolve, quindi, in una verifica
sull’idoneità astratta della pronuncia richiesta al conseguimento del
risultato utile sperato, non altrimenti conseguibile se non con
l’intervento del giudice medesimo e deve distinguersi dalla valutazione
relativa al diritto sostanziale fatto valere in giudizio: in quest’ultimo
caso, infatti, rileva la diversa questione dell’effettiva conformità alla
norma sostanziale dell’effetto giuridico richiesto
6
.
Con specifico riferimento ai giudizi che si svolgono innanzi ai
giudici amministrativi, la giurisprudenza ha precisato
7
che l’interesse
ad agire, previsto quale condizione dell’azione dall’articolo 100 c.p.c.,
si identifica in una condizione di carattere oggettivo ed attuale
derivante da un fatto lesivo – inteso in senso ampio – del diritto che,
senza il processo e l’esercizio della giurisdizione, produrrebbe un
danno al titolare del diritto stesso. Anche nel processo amministrativo,
5
Cfr. Cassazione, 4 aprile 2001, n. 4984. Nelle sentenze n. 2000 del 1970 e n. 1634 del
1970, rese dalla Corte di Cassazione a sezioni unite, si sottolinea in particolare che l’esame
sulla sussistenza dell’interesse ad agire è diretto a statuire non se il giudice adito possa
conoscere della causa, ma soltanto se la pretesa sia proponibile; si nega in tal modo che
l’accertamento compiuto dal giudice configuri una questione di giurisdizione.
6
In questo senso, Cass. 4 aprile 2001, n. 4984.
7
Cfr. in questo senso Cons. St., Sez III, 19 maggio 1998, in Cons. St, 1999, I, 548.
9
dunque, l’interesse ad agire, configurato dall’articolo 100 c.p.c. come
condizione dell’azione, deve avere le caratteristiche della concretezza e
dell’attualità e sussisterà – come sembrano confermare gli
orientamenti della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato - ogni qual
volta la domanda sia funzionale ad un provvedimento giudiziale
idoneo a far ottenere alla parte ricorrente un’utilità giuridicamente
apprezzabile non conseguibile altrimenti
8
.
L’indagine sull’interesse ad agire mira ad evitare che una pronuncia
giurisdizionale sia resa pur in mancanza di un apprezzabile interesse
di chi agisce in giudizio: se, ad esempio, l’annullamento in sede
giurisdizionale è chiesto da un soggetto che non è il destinatario
“naturale” del provvedimento, l’indagine che dovrà effettuare il
giudice amministrativo riguarderà l’incidenza che il provvedimento ha
nella sfera giuridica del ricorrente e il conseguente vantaggio che
potrebbe derivare da una eventuale pronuncia di accoglimento. Dovrà
costituire oggetto di accertamento l’idoneità della sentenza invocata ad
arrecare un effettivo vantaggio a chi sia insorto in sede giurisdizionale,
non essendo sufficiente un interesse di natura morale o politica, o
comunque immeritevole di tutela in quanto volto ad ottenere una
sentenza “esemplare”.
8
Cfr. Corte dei Conti, Sez. III, 19 febbraio 1999, n. 32, in Riv. Corte dei Conti, 1999, fasc.
1, 74.
10
Dalle considerazioni che precedono, non pare contestabile che
l’istituto dell’interesse a ricorrere sia assolutamente centrale nel
sistema di giustizia amministrativa ma, come evidenziato dalla
dottrina, non si può non segnalare “l’evidente e marcata originalità
9
”
delle questioni che attengono il diritto amministrativo e delle quali
l’istituto in esame non può non risentire. Ogni teoria dell’azione, sia
che si riferisca al giudizio civile, sia a quello amministrativo, “deve fare
i conti con la situazione giuridica soggettiva di cui si chiede la tutela
nel processo”
10
. Scopo della giustizia amministrativa è, infatti,
assicurare tutela giudiziale al cittadino nei confronti della pubblica
amministrazione e la stessa giurisprudenza tende a configurare con
molta ampiezza l’esistenza di interessi tutelabili in sede
giurisdizionale, dilatando così l’ambito della legittimazione
processuale e dell’interesse a ricorrere
11
. L’interesse a ricorrere al
giudice amministrativo sussisterebbe, infatti, anche quando
l’annullamento dell’atto lesivo comportasse per l’amministrazione
9
Cfr. R. FERRARA, Interesse e legittimazione al ricorso (ricorso giurisdizionale
amministrativo), in Dig. disc. pubbl., Torino, 1993, 468; l’Autore afferma che “è la figura
dell’interesse legittimo, costruita come situazione giuridica soggettiva di tipo materiale,
fortemente individualizzata e personalizzata, che, per un verso, fa del processo
amministrativo un’entità peculiare ed originale, persino nell’ambito della teoria generale del
processo, e che, per altro verso, rende oltremodo difficile ogni approccio ricostruttivo e
sistematico”.
10
R. FERRARA, op. cit., 469.
11
Significativa in questo senso la pronuncia del Cons. reg.sic. n. 152 del 1991, in Giur. it.,
1991, III, 306 passim, nella quale si sottolinea che le attuali linee di tendenza del processo
amministrativo sono nel senso dell’ampliamento della legittimazione processuale in quanto è
interesse prioritario dell’ordinamento realizzare la più ampia partecipazione dei cittadini in
attuazione dell’art. 3 della Costituzione.
11
l’obbligo di riesaminare la situazione e di adottare altri provvedimenti
eventualmente idonei a garantire al ricorrente un risultato
favorevole
12
. Si ammette così che il vantaggio potenziale, derivante da
una sentenza di accoglimento, possa consistere anche in una utilità
“strumentale
13
” derivante dalla rimessa in discussione del rapporto
controverso, sempre che, per effetto della rimozione dell’atto lesivo, il
rapporto possa eventualmente concludersi in senso favorevole al
ricorrente. In casi simili l’interesse processuale, pur essendo
individuale e personale, vede però sfumare i propri caratteri di
concretezza e immediatezza, risolvendosi nel mero interesse alla
ridiscussione del rapporto controverso. Sembra a chi scrive che a tali
particolarità possa rispondersi con quella dottrina che ha configurato
il sistema di giustizia amministrativa come un non-sistema
14
, nel
senso che istituti fondamentali come la legittimazione e l’interesse al
ricorso sono continuamente sottoposti ad operazioni interpretative e
rivisitazioni dialettiche in vista dell’esigenza imprescindibile di
assicurare l’ingresso, nel giudizio amministrativo, alle situazioni
giuridiche soggettive meritevoli di tutela; in quest’ottica, le
menzionate operazioni di reinterpretazione e rivisitazione si
12
Cfr. Cons. St., Sez. IV, 10 novembre 1999, n. 1671, in Foro it., 2000, III, 406.
13
La terminologia è di P. VIRGA,
Diritto amministrativo. Atti e ricorsi, Milano, 2001, 282.
14
Cfr. M. S. GIANNINI, Problemi attuali della giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm.,
1984, 167 passim.
12
inseriscono come un positivo fattore di elasticità e di adattamento al
nuovo, contro ogni chiusura dogmatica.
Dalle considerazioni che precedono possono scorgersi alcuni
tratti che caratterizzano l’interesse ad agire: innanzitutto sembra
evidente che non sia concesso agire per mera iattanza, per mera
curiosità giuridica o per risolvere un problema dogmatico e teorico,
ma per la necessità di evitare un danno. L’azione inoltre deve essere
necessaria, nel senso che il danno non potrebbe evitarsi altrimenti,
sufficiente, nel senso che la pronuncia richiesta deve essere idonea,
appunto, ad evitare il danno di cui si tratta, ed infine deve essere
collegata ad una lesione o minaccia concreta ed effettiva.
L’interesse ad agire così delineato ha però incontrato non poche
resistenze ed atteggiamenti critici nei confronti di quelle decisioni
della Corte costituzionale che, esplicitamente o implicitamente, vi
hanno fatto riferimento soprattutto per quel che attiene il giudizio di
legittimità delle leggi promosso in via principale. Accanto a quella
dottrina che ha espresso tutte le sue riserve in merito alla collocazione
dell’interesse tra i requisiti dei ricorsi costituzionali
15
, si pongono
quegli orientamenti che, per negare la tesi che anche in materia di
ricorso per illegittimità delle leggi viga il principio previsto all’art. 100
15
Per tutti, cfr. S. BARTOLE, Considerazioni sulla giurisprudenza della Corte costituzionale
in tema di interesse a ricorrere nei giudizi in via d’azione, in Giur. Cost., 1965, 1664 passim.
13
c.p.c., hanno fatto leva soprattutto sulla mancata menzione di tale
requisito sia nelle norme costituzionali, sia nelle leggi che stabiliscono
condizioni, modalità e termini di proponibilità dei giudizi di
legittimità costituzionale
16
. Inoltre, tale dottrina ritiene che una cosa è
che uno degli incentivi al ricorso di legittimità delle leggi possa essere
costituito dalla rappresentazione dei vantaggi che il ricorrente spera di
ottenere con il riconoscimento dell’illegittimità costituzionale, altra
cosa è, invece, che “l’esistenza di tali particolari e concreti interessi e la
prova della loro esistenza, siano condizione per l’ammissibilità dei
ricorsi e delle azioni contro la legge
17
”. Contro simili tesi si potrebbe
obiettare che la Corte ha riconosciuto in una propria sentenza che, nei
giudizi di legittimità costituzionale, possono trovare ingresso principi
e norme di diritto processuale comune “in quanto dette norme e
principi non contrastino con le norme peculiari del processo
costituzionale” ed in quanto la loro applicazione non produca
alterazioni o distorsioni rispetto alla logica cui tale processo è
preordinato ; ciò trova inoltre conferma nel richiamo, contenuto
nell’articolo 22 della legge n. 87 del 1953, alle norme che disciplinano
16
C. ESPOSITO, L’interesse a ricorrere nei ricorsi contro le leggi. Riserva di legge e
regolamento regionale, in Giur. Cost., 1960, 644 passim: l’Autore argomenta inoltre (pg.
648), che la Costituzione e le leggi, ordinarie e costituzionali, di attuazione regolano in modo
così tipico e categorico i ricorsi relativi alla costituzionalità delle leggi, “da doversi negare
che l’interprete possa arbitrariamente aggiungere altre condizioni a quelle fissate
dall’ordinamento e richiedere la sussistenza di un interesse attuale, personale e diretto,
dell’investito del potere di ricorso”
17
C. ESPOSITO, op. cit., 649.
14
la procedura innanzi al Consiglio di Stato, in quanto compatibili
18
. Si
potrebbe, anzi, aggiungere che l’introduzione dell’istituto
dell’interesse a ricorrere e la sua concreta applicazione, soprattutto ai
ricorsi regionali contro leggi ed atti aventi forza di legge dello Stato,
risponda proprio alle intenzioni dell’Assemblea Costituente, la quale,
dopo un primo momento nel quale l’Ente Regione rientrava tra i
soggetti legittimati ad impugnare direttamente una legge dinanzi alla
Corte costituzionale per qualsiasi vizio di incostituzionalità, di fronte
alle numerose preoccupazioni che emersero per la facilità con cui si
sarebbero potuti presentare alla Corte ricorsi anche poco fondati – con
intenti ed effetti ostruzionistici, o addirittura paralizzanti per l’attività
del nuovo organo – decise di limitare l’astrattezza del ricorso regionale
che aveva assunto la fisionomia di un’ azione diretta a tutelare
l’interesse generale della costituzionalità dell’ordinamento
legislativo
19
. Nel dibattito in Assemblea plenaria prevalse, infatti, la
volontà di ancorare il ricorso regionale in via d’azione al concreto
presupposto dell’interesse a ricorrere originato da una asserita lesione
diretta delle proprie competenze, nell’intento di porre dei “filtri”
contro possibili ricorsi pretestuosi.
18
Sentenza n. 15 del 1967, punto 1 del Considerato in diritto.
19
Per una compiuta ricostruzione dei lavori dell’Assemblea Costituente, cfr. G. VOLPE,
Art.
137. La Corte Costituzionale,
in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca,
Bologna, 1981, 312 passim.
15
Pertanto la Consulta, in caso d’impugnativa regionale,
trattandosi di un giudizio mosso dalla finalità di ripristinare la
competenza lesa dall’atto impugnato, nella sua giurisprudenza ha
rigorosamente delimitato l’area dei vizi denunciabili, dove invece, in
caso di impugnativa statale, la Corte ha posto l’accento sulla funzione
di controllo costituzionale del ricorso medesimo, potendo quest’ultimo
andare anche al di là della mera denuncia dell’eccesso di competenza
regionale o provinciale
20
.
Una simile configurazione dei ricorsi di Stato e regioni,
nonostante i numerosi orientamenti contrari della dottrina ad una tale
estensione dell’ambito dei vizi per i quali lo Stato può ricorrere
21
, ha
trovato una sua giustificazione “muovendo dal presupposto della
supremazia dello Stato-soggetto, e quindi di una non assoluta parità
delle leggi statali (...) rispetto a quelle regionali
22
”, le quali, infatti,
incontravano una serie di limiti – di legittimità e di merito –
sconosciuti alle leggi dello Stato. Inoltre non poteva non rilevare la
20
A questo proposito V. CRISAFULLI, in Lezioni di diritto costituzionale, II- L’ordinamento
costituzionale italiano, Padova, 1984, 309 non ha mancato di rilevare l’esistenza di un
contrasto tra il carattere facoltativo dell’impugnativa statale, potendo lo Stato decidere se
ricorrere o meno ed anche se rinunciare ad una impugnativa già proposta, e l’asserita
funzione di tutela dell’ordine costituzionale. In quest’ultimo caso infatti, il ricorso statale
“dovrebbe a rigore dirsi doveroso e mal si giustificherebbe la possibilità della rinuncia”.
L’Autore arriva anche a chiedersi se abbia senso parlare di interesse a ricorrere nel caso
dell’impugnativa statale. Sembra infatti che legittimazione e interesse a ricorrere si
identifichino presumendosi sempre che lo Stato abbia interesse.
21
Cfr. V. CRISAFULLI, op. cit., 309; E. REDENTI, Legittimità delle leggi e Corte
costituzionale, Milano, 1957, 28.
22
V. CRISAFULLI, op. cit., 308; cfr. anche P. RIDOLA, Impugnativa diretta delle leggi statali
e sindacato della Corte costituzionale, in Giur. Cost., 1975, I, 3331.
16
circostanza che le leggi statali potevano intervenire, oltre che in
materie di pertinenza locale, in una serie di altri settori suscettibili di
compromettere il quadro nel quale si svolge l’autonomia degli enti
territoriali.
La riforma operata dalla legge cost. n. 3 del 2001 sembra aver
rimesso in discussione, non tanto l’esistenza, nel giudizio di legittimità
costituzionale in via principale, dell’istituto dell’interesse a ricorrere,
quanto piuttosto la sua lettura in chiave restrittiva per quel che
riguarda le impugnative regionali.
Il fondamento dell’“asimmetria” nella posizione di Stato e
regioni fu rinvenuto dalla Corte
23
nella discordanza lessicale che
emergeva tra il testo dell’articolo 127 della Costituzione e quello
dell’articolo 2, comma 1, della legge costituzionale n. 1 del 1948, il
primo, riguardante l’impugnazione delle leggi regionali ad opera dello
Stato parlava in modo più ampio, di eccesso di competenza (“ecceda la
competenza”), il secondo, concernente l’impugnazione delle leggi
statali ad opera delle regioni, parlava, più restrittivamente, di
invasione di competenza (“invada la sfera di competenza”). La prima
delle due formule è rimasta inalterata nel novellato Titolo V, mentre la
seconda è stata trasposta, con la differenza di richiedere la “lesione” e
non più “l’invasione” di competenza, nel nuovo articolo 127 Cost.
23
Vd. Soprattutto sent. n. 30 del 1959.
17
Dunque, poste queste premesse, nulla è cambiato in merito alla
discriminante dei vizi denunciabili – rimanendo pertanto la
distinzione sotto il profilo dell’interesse a ricorrere tra Stato e regioni
– ovvero è possibile una lettura sistematica dell’articolo 127 Cost., alla
luce dell’intera riforma, che consenta un superamento della
giurisprudenza costituzionale?
Sono questi gli interrogativi ai quali si tratta, nei capitoli che
seguono, di provare a fornire una plausibile risposta.
18
Capitolo 1 L’interesse a ricorrere nel giudizio in via
principale
1.1 L’interesse al ricorso nella giurisprudenza costituzionale
Il giudizio in via principale è un giudizio di natura contenziosa nel
quale assume fondamentale importanza una corretta qualificazione
dell’interesse a ricorrere, il quale, ove facesse difetto, precluderebbe
alla Corte costituzionale la possibilità di passare ad esaminare il
merito della questione ad essa sottoposta
24
.
Nelle prime pronunce della Corte l’interesse al ricorso non
sembra emergere come figura autonoma dotata di proprie
caratteristiche peculiari, talora confondendosi con questioni attinenti
la fondatezza del ricorso
25
e che mostrano quale importanza
24
“La valutazione sulla ricorrenza del requisito dell’interesse si colloca stabilmente fra le
indagini che in limine litis la Corte ritiene di dover effettuare al fine di conoscere della
ammissibilità dei ricorsi proposti dalle parti che adiscono il suo giudizio in via principale”:
S. BARTOLE, Nuove riflessioni sull’interesse a ricorrere nei giudizi in via principale sulla
legittimità delle leggi, in Giur. Cost., 1974, 540.
25
S. BARTOLE, Considerazioni sulla giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di
interesse a ricorrere nei giudizi in via d’azione, in Giur. Cost., 1965, 1669. L’Autore riporta
la sentenza n. 1/1961 con la quale la Corte ha negato l’interesse a ricorrere della Regione
Trentino- Alto Adige avverso le disposizioni del D.P.R. n. 103/1960 (prescriventi l’uso della
lingua italiana nella compilazione delle schede del casellario giudiziario e per la lettura dei
dispositivi delle sentenze penali in assenza di parti), mediante osservazioni che “in sostanza
si risolvono in altrettante ragioni di infondatezza del ricorso, ovvero di conformità a
19
particolare venga attribuita, in sede di definizione dell’interesse, alle
concrete possibilità che il ricorso abbia un esito favorevole.
In principio la giurisprudenza costituzionale abbraccia un
orientamento che risente fortemente dell’influenza della dottrina
processuale civile ed amministrativa, in particolare ponendo a
fondamento dell’interesse al ricorso l’affermazione di una lesione della
situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio
26
, con il limite
però di esaurire in tale valutazione l’accertamento in ordine alla
sussistenza dell’interesse, salvo controllare i requisiti della personalità
e della giuridicità
27
. La prassi ha evidentemente fatto emergere i limiti
di un orientamento siffatto determinando la Corte a porre in termini
più concreti il problema dell’interesse al ricorso: il giudice
costituzionale comincia a dare rilievo ad un diverso aspetto, il
“vantaggio concreto e speciale ottenibile mediante il giudizio”
28
,
Costituzione dell’atto impugnato, e finiscono per trascendere il profilo processuale della
vertenza ed investire direttamente il merito delle questioni proposte al giudizio della Corte”.
26
Per la dottrina processuale amministrativa sull’interesse a ricorrere, P. VIRGA, Diritto
amministrativo. Atti e ricorsi, Milano, 2001, II, 281 e G. ZANOBINI, Corso di diritto
amministrativo, Milano, 1958, II, 210- 211; per il processo civile, G. VERDE, Profili del
processo civile, Napoli, 2002, I, 162 e S. SATTA, Interesse e legittimazione, in Foro it., 1954,
IV, 169.
27
Cfr. S. BARTOLE, Considerazioni sulla giurisprudenza della Corte costituzionale in tema
di interesse a ricorrere nei giudizi in via di azione, in Giur. Cost., 1965, 1676.
28
V. CRISAFULLI, Legge di nazionalizzazione, decreti delegati di trasferimento e ricorsi
regionali, in Giur. Cost., 1964, 114. L’Autore in Lezioni di diritto costituzionale, Padova,
1984, II, 310 a proposito dell’interesse a ricorrere regionale, distingue nettamente l’interesse
che consiste nella lamentata invasione delle proprie competenze operata dalla legge della
quale si chiede l’annullamento, dall’interesse di fatto “nel senso immediatamente
utilitaristico della parola” che si identifica “con il particolare vantaggio che ad essa
dall’annullamento di quella legge potrà derivare”. Il solo vantaggio che giuridicamente possa