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Aspitalia, al fine di poter vedere cosa cambia se una comunità virtuale è dedicata ad un
pubblico specifico anziché ad un pubblico “generale”.
Dopo aver visto quali sono e come sono caratterizzate le diverse forme di
interazione on line, nel terzo capitolo si comincia a riflettere su come viene percepita dai
soggetti la socializzazione in Rete e su quali siano le sue peculiarità. Il punto di partenza
è una carrellata di punti di vista relativi al concetto di “virtuale”, cioè all’ambito in cui
avvengono le relazioni on line: la prima opinione presentata è quella del filosofo francese
Pierre Lévy, che nei suoi saggi si propone di dare nuova dignità alla dimensione del
virtuale, la quale, secondo lui, non va intesa come alternativa al “reale”, bensì come
nuova modalità di percezione di quest ultimo, differenziata da ciò che è fisico e tangibile.
Tuttavia la tendenza più diffusa è tutt’oggi quella di considerare il virtuale come qualcosa
di “altro”, che si trova quasi in posizione di inferiorità rispetto al “reale”: dal momento
che non si può vivere attraverso i sensi e che non è tangibile e concreto, tutto ciò che
avviene all’interno di questa dimensione viene considerato “non vero”, quasi come se
avesse contorni onirici, creati dalla fantasia, come viene esposto nell’ultimo paragrafo del
capitolo. Questo modo di percepire il virtuale ha delle conseguenze rilevanti nell’ambito
delle interazioni in Rete, che, come vedremo nei capitoli successivi, spesso finiscono per
essere considerate in maniera superficiale e in termini eccessivamente disinibiti, come se
non si stesse interagendo con un’altra persona, ma solo con un computer. Per questo
motivo è importante precisare una scelta terminologica operata all’interno dell’intera tesi:
per distinguere la dimensione interazionale davanti al computer da quella lontana dal
monitor, non sono mai stati utilizzati i termini “reale” e “virtuale”, appunto perché
generalmente si tende a sminuire la dignità del secondo ponendolo in confronto con il
primo. Anche ciò che è “virtuale” è “reale”, nel senso che è vero. Pertanto per riferirsi
alla distinzione fra le due dimensioni, vengono utilizzati i termini “on line” e “off line”,
oppure “in Rete” e “faccia a faccia”.
Nel quarto capitolo si analizza una delle peculiarità fondamentali dell’interazione
in Rete, e cioè l’assenza del corpo. Si parte con una riflessione sull’importanza del corpo
nelle quotidiane relazioni faccia a faccia, la quale rileva come esso assuma un importante
ruolo come mezzo di comunicazione (nel duplice senso che comunica all’altro ciò che
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noi siamo ma anche ciò che vogliamo da quella determinata interazione) e anche come
mezzo di seduzione, intesa nel senso lato del termine latino “se ducere”, cioè condurre
l’altro a sé per realizzare un determinato obiettivo o semplicemente per conquistare la
sua simpatia ed amicizia. Il linguaggio corporeo e, in generale, non verbale assume
dunque un’importanza fondamentale nelle interazioni di ogni giorno e il fatto di non
poterlo utilizzare on line finisce per portare a conseguenze fondamentali e per porre
rilevanti limiti a questo tipo di interazione. Ma quest’assenza ha anche lati positivi, primo
fra tutti il decadere del pregiudizio che spesso il corpo porta con sé; questo consente ai
soggetti di interagire liberamente avendo l’opportunità di essere conosciuti e giudicati per
il loro modo di essere e non per il loro aspetto fisico. Tuttavia assenza del corpo significa
anche assenza di inibizione, cosa che può sfociare in comportamenti eccessivamente
aggressivi (spesso in risposta a provocazioni altrettanto disinibite, ma a volte attuati per
il semplice gusto di provocare, come avviene per il fenomeno dei cosiddetti trolls) o che
oltrepassino i limiti della morale, alimentando ciò che è stato definito “il lato oscuro” di
Internet (pornografia, pedofilia e altro). Forse questa disinbizione è in parte alla base
anche di un particolare fenomeno legato all’interazione on line, e cioè quello del
cosiddetto cybersex, il sesso virtuale, che viene analizzato nel sesto paragrafo e che per
alcuni soggetti che lo praticano ha fra i suoi punti di forza proprio l’assenza del corpo, la
quale rappresenta uno stimolo per la fantasia e l’espressione di lati della propria
personalità che spesso non hanno modo di essere espressi off line. L’assenza del corpo,
tuttavia, rappresenta per molti aspetti un limite a cui i soggetti tentano in qualche modo
di porre rimedio: si tende sempre di più a porre nello spazio virtuale rappresentazioni del
proprio corpo, siano esse avatar (cioè file grafici che fungono da simbolo e
rappresentazione di un determinato soggetto all’interno di un’interazione on line) o vere
e proprie proiezioni dinamiche del proprio corpo off line trasmesse tramite webcam, in
modo tale che le conversazioni in chat finiscano per assomigliare sempre di più alle
conversazioni faccia a faccia. Ma è davvero questa la strada che si percorrerà in futuro o
per alcuni l’assenza del corpo resta un punto di forza, nella misura in cui rende più facile
ed interessante la socializzazione?
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Proprio da questo spunto parte la riflessione del quinto capitolo, dedicato alla
menzogna che, nelle relazioni nate all’interno del cyberspazio, appunto perché non è
possibile vedere chi realmente c’è dall’altra parte del monitor, rappresenta una delle
peculiarità più diffuse e controverse. Molti soggetti, infatti, trovano vantaggiosa e
stimolante l’assenza del corpo perché in questo modo possono fingere di essere chi
vogliono, indossando diverse maschere ed esprimendo aspetti del proprio Sé che nella
vita di tutti i giorni spesso sono inibiti e non hanno modo di essere vissuti liberamente.
La menzogna dunque non va considerata con una valenza esclusivamente negativa,
poiché permette al soggetto di scoprire e sviluppare aspetti della propria personalità che,
una volta portati alla luce e rielaborati, possono costituire una fonte di arricchimento e di
crescita interiore. Una delle forme più diffuse di menzogna in Rete è il cosiddetto gender
swapping, ossia il fatto di fingere di appartenere all’altro sesso: anche questa è una forma
di sperimentazione che può portare all’individuo spunti di riflessione e di arricchimento
interessanti, spingendolo a comprendere meglio cosa si prova indossando i panni
dell’altro sesso. Il problema relativo a queste bugie è naturalmente costituito dalle
persone con cui si entra in contatto nel corso di questa interazione “menzognera” e che,
illudendosi, potranno sentirsi ingannate e ferite quando la verità verrà scoperta. Nel
paragrafo 5, tuttavia, si discute come spesso in realtà non si voglia davvero smascherare i
mentitori: viene riportato l’esempio della cosiddetta “rivoluzione fakester” avvenuta
all’interno del social network Friendster, in cui si difende il diritto di creare in Rete
un’identità “falsa” al fine di poter esprimere liberamente la propria personalità. Infine,
nel paragrafo 6, si parla di una particolare categoria di mentitori: i bot, sofisticati
esperimenti di intelligenza artificiale che, come nel famoso caso di Julia, inseriti
all’interno di una chat sono in grado di conversare con gli altri utenti fingendosi, in
maniera più o meno efficace, una persona reale.
Nel sesto capitolo si parla del linguaggio della Rete, cioè di quelle caratteristiche
particolari assunte dalla lingua utilizzata nel corso delle interazioni on line. Vengono
analizzate in particolare le abbreviazioni, utilizzate al fine di rendere lo scambio
comunicativo più rapido, e tutti quegli accorgimenti (emoticons, onomatopee, stili di
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formattazione) che cercano di ovviare alla mancanza del corpo e della comunicazione
non verbale per trasmettere emozione e calore attraverso il linguaggio scritto.
Il capitolo 7 è invece dedicato alle interazioni all’interno delle Comunità Virtuali,
che si differenziano da quelle che avvengono in chat poiché non sono occasionali ma
sono prolungate nel tempo e non riguardano solo due soggetti ma un insieme di persone
che frequentano abitualmente la comunità e che interagiscono fra loro. Si parte passando
in rassegna le diverse definizioni di “comunità” e, successivamente, di “comunità
virtuale” date in sociologia, per poi analizzare le modalità con cui il soggetto costruisce la
propria identità (in particolare attraverso il nickname, pseudonimo che viene scelto per
rispecchiare e trasmettere agli altri le caratteristiche della propria personalità che si
intende mettere in gioco nel corso delle interazioni comunitarie) e le diverse tipologie di
ruoli che può assumere all’interno della comunità. Fra i molteplici e complessi tipi di
interazione che possono nascere in un ambiente simile, ne vengono poi studiati due, e
cioè un’interazione di tipo costruttivo, la seduzione, ed una di tipo distruttivo, il
conflitto, che può essere di tipo diverso a seconda del numero di soggetti implicati. Nel
paragrafo viene dato uno sguardo alle norme comportamentali che vengono richieste
all’interno di una comunità, cioè la cosiddetta Netiquette: essa varia a seconda della singola
community, ma si possono tracciare alcune linee generali valide sempre. L’ultimo
paragrafo contiene un tentativo di valutazione dell’interazione on line, in particolare se
essa possa effettivamente essere paragonata, in termini di intensità e profondità emotiva
e sentimentale, alle quotidiane interazioni umane che avvengono off line.
La prima parte della tesi si conclude con il capitolo 8, che contiene i risultati e le
riflessioni relativi ad una ricerca da me effettuata fra alcuni utenti delle chat, ponendo
loro domande riguardanti la loro esperienza con questo mezzo di interazione. Ad
esempio è stato chiesto loro con quale obiettivo vengono in chat (se per scambiare
semplicemente quattro chiacchiere, per passare il tempo o per conoscere nuovi amici/
potenziali nuovi partner), quali secondo loro sono gli aspetti più positivi e negativi della
socializzazione on line, se hanno mai vissuto storie d’amore nate in chat, se si sono mai
descritti diversi da ciò che sono in realtà. Si tratta di una ricerca che, basandosi su piccoli
numeri e su un lasso di tempo relativamente breve, non pretende di aver ottenuto
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risultati generalizzabili al fenomeno delle chat nella sua globalità, ma che semplicemente
vuole offrire una visione di parte del panorama che è possibile riscontrare all’interno di
una comunità virtuale. Vuole inoltre essere un tentativo di riflessione sugli spunti teorici
esaminati, basandosi sulla realtà concreta.
La seconda parte della tesi tratta invece dei social network , una nuova forma di
interazione on line da poco nata negli Stati Uniti. Sostanzialmente si tratta di un servizio
che offre all’individuo la possibilità di vedere visualizzata la rete sociale in cui si trova
inserito (cioè tutte le persone che conosce nei diversi ambiti della vita quotidiana, le quali
a loro volta saranno in contatto con un certo numero di individui e così via), navigando
attraverso i suoi nodi e conoscendo persone nuove, che tuttavia non sono veri e propri
sconosciuti bensì amici di amici. Sostanzialmente questa forma di interazione riproduce
ciò che già avviene off line, cioè la possibilità di intrecciare nuove conoscenze tramite
amici in comune, solo che la cosa viene enormemente potenziata dal mezzo tecnologico,
permettendo di navigare velocemente un network costituito da migliaia di nodi e quindi
di potenziali contatti. Dopo un excursus riguardante le principali teorie e ricerche
sociologiche relative alle reti sociali, viene analizzato il più celebre di questi social
network, e cioè Friendster, che negli Stati Uniti è attualmente un vero e proprio
fenomeno di costume e costituisce un cambio architetturale di dimensioni notevoli nel
settore della socializzazione on line. Nel paragrafo ad esso dedicato vengono analizzate
conseguenze, limiti e peculiarità di questo servizio, mentre in quello successivo si parla di
altri social network che si sono diffusi recentemente, non solo con scopi di amicizia ma
anche di business.
Partendo da questo spunto, nel capitolo 10 vengono fatte alcune ipotesi e
riflessioni relative a possibili applicazioni della tecnologia social network nell’ambito del
Knowledge Management, sia per quanto riguarda la cosiddetta “analisi ONA
(Organizational Network Analysis)”, in grado di rilevare la rete creatasi fra le risorse umane
dell’azienda (ponendo in evidenza quali nodi risultano più attivi ed efficienti nell’ambito
dello scambio informativo), sia per l’utilizzo delle comunità virtuali in ambito aziendale,
al fine di rendere più rapido ed efficace lo scambio di informazioni e la creazione di un
capitale sociale di valore.
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Il capitolo conclusivo analizza il modello di business retrostante al successo dei
social network ed avanza alcune ipotesi relative alla penetrazione di questo tipo di
servizio anche all’interno della realtà italiana, che tuttavia non è forse ancora matura per
questo passo.