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informazioni che scambiano, basandosi su una conoscenza dei modelli di
collaborazione nella quale sono implicati.
Il progetto ISOCELE è stato organizzato in tre parti distinte (fig. 1):
- La prima parte si interessa alla modelizzazione dei processi collaborativi in
un’impresa virtuale.
- La seconda parte si interessa alla caratterizzazione dei dati scambiati e in
corso di scambio nelle attività collaborative.
- La terza parte invece è volta a proporre dei modelli per sviluppare e
attrezzare gli strumenti informatici supporto agli scambi informativi.
Figura 1 L’organizzazione delle parti del progetto
In particolare questo lavoro di tesi si colloca nella parte 1, che si riferisce alla
collaborazione nelle attività di progettazione. Si farà riferimento alla “meta-
organizzazione” che si forma in seno ad un progetto che coinvolge varie entità
aziendali. Ci si focalizzerà sui metodi di collaborazione e coordinamento (soprattutto
nella relazione cliente-fornitore), sull’identificazione delle criticità, sulla valutazione
delle informazioni scambiate e diffuse. L’obiettivo di questo lavoro è anche quello di
proporre dei criteri di qualificazione dell’informazione, che permetta di stabilire uno
o più indicatori di confidenza per delle informazioni a carattere incerto e non ancora
validate. Ci si interesserà alla nozione criticità di un’informazione e al ciclo di vita
dell’informazione stressa. Si tratterà anche di definire degli spazi di circolazione, più
o meno ristretti che permettano di scambiare l’informazione incompleta.
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Capitolo 1
L’evoluzione del processo di
sviluppo dei nuovi prodotti.
La teoria economica recente ci ha fornito degli spunti di riflessione su come le
aziende non puntino più alla sola massimizzazione del profitto ma alla crescita
globale dell’impresa. Un ruolo importante in questa strategia è assunto dai nuovi
prodotti con cui l’azienda decide di essere presente nel mercato e dallo stesso
modello di presenza. I nuovi prodotti avranno più o meno successo a seconda del
tempo impiegato per svilupparli e dalla rispondenza delle loro funzionalità alle
esigenze del cliente. In un’ottica di ottimizzare questi due fattori, nel prossimo
capitolo si affronteranno le problematiche che hanno portato ad un’evoluzione del
modo di sviluppare i prodotti, ponendo particolare attenzione sulle problematiche
della progettazione e sulle nuove tecniche che da qualche anno sono implementate
nelle aziende leader (Concurrent Engineering).
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Il processo di sviluppo tradizionale
Appare fin da subito interessante valutare i cambiamenti che negli ultimi anni si
sono verificati nell’approccio allo sviluppo dei nuovi prodotti, e per farlo occorre in
primo luogo dare una breve schematizzazione del processo di sviluppo tradizionale.
Infatti, fino alla fine degli anni ottanta e inizio anni novanta, la tendenza più diffusa
era quella di progettare i nuovi prodotti in modo sequenziale. Questo approccio
prevedeva una serie di fasi (fig. 1.1) che avevano ciascuna degli input per la seguente.
Figura 1.1 Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto, Clark & Fujimoto, 1991
Attraverso questo tipo di processo le fasi si succedono l’una dopo l’altra e le
informazioni in uscita sono sempre validate, nel senso che sono definitive e ricche di
elementi formali, si tratta per lo più di documenti strutturati in file o formato
cartaceo. Lo schema precedente evidenzia anche la sequenza delle fasi: appare
evidente che nelle prime fasi del processo la voice of consumer assume un ruolo
fondamentale in quanto viene inglobata nel concetto di prodotto (fasi 2 e 3). In
questa fase del processo di sviluppo i bisogni del cliente sono codificati in richieste
funzionali. In seguito si dà maggior spazio alle scelte tecniche, si arriva cioè alla
progettazione vera e propria: dalle richieste funzionali presenti nel concetto di
prodotto si ricava un insieme di technical requirements, che forniranno un punto di
partenza per la progettazione. La tappa seguente è lo sviluppo del processo
produttivo, il quale necessita di tutte le informazioni appartenenti alle fasi precedenti,
in particolare alla fase di progettazione di dettaglio, ad esempio la progettazione di
una matrice di stampaggio a iniezione richiede tutte le caratteristiche dimensionali e
geometriche del pezzo che sarà poi realizzato con la stessa matrice. È evidente che
un errore nelle prime fasi si ripercuoterà poi in modo disastroso sulle restanti. A
questo proposito hanno teorizzato Boothtoyd e Dewhurst, i quali sostengono che
circa l’ottanta percento dei costi totali relativi allo sviluppo di un nuovo prodotto è
deciso prima dell’industrializzazione, quando invece la spesa reale viene effettuata
dopo la messa in opera dell’impianto produttivo. Appare dunque interessante
confrontare i costi che sono realmente supportati dall’azienda, con quelli che invece
si è deciso di supportare in futuro (fig. 1.2). Le attività che maggiormente
influenzano i costi dello sviluppo si trovano a monte del processo stesso, sembra
quindi un buon approccio quello di considerare fin da subito le difficoltà che
potrebbero insorgere nel seguito. In questo modo i costi attivati non subiranno
aumenti per causa di parametri non controllati nelle prime fasi.
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Figura 1.2 Costi decisi e costi attivati, Boothroyd, 1993
Le debolezze del processo di sviluppo tradizionale sono legate ai ricicli in fase di
progettazione. Per riciclo s’intende un’attività ripetuta per effettuare una revisione
nel progetto, a seguito di errori o imprecisioni rilevate durante una verifica. Possiamo
valutare la presenza di ricicli in un processo di sviluppo semplicemente considerando
l’output di un’attività che in seguito diventa l’input per la stessa o addirittura per
un’attività precedente. La presenza dei ricicli va ad aumentare il time to market,
infatti essi costituiscono un ripetizione di attività che non va ad aumentare il valore
del progetto ma serve per sopperire a delle cattive soluzioni trovate precedentemente.
Il fatto poi che i prodotti siano caratterizzati da una complessità crescente
contribuisce ad aumentare il numero di ricicli all’interno del processo di sviluppo.
Nella figura seguente possiamo apprezzare un esempio tipico di riciclo:
Figura 1.3 Un tipico esempio di riciclo
Il problema appena sollevato deriva sostanzialmente da vincoli che non sono affatto
considerati quando si progetta per la prima volta e che vengono alla luce via via che
il progetto avanza. Questi limiti sono per esempio legati alla possibilità di mettere in
produzione i risultati del progetto.
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Il concurrent engineering
Il concurrent engineering è un approccio di sviluppo nuovi prodotti, nato
all’inizio degli anni novanta per affrontare le richieste di un mercato sempre più
esigente, che domanda prodotti nuovi ed innovativi con una frequenza sempre
maggiore e un ciclo di vita più breve. Tali prodotti devono essere aderenti il più
possibile alle richieste del cliente. Alcune aziende, anche sotto l’effetto di una
pressione competitiva tutt’altro che trascurabile, hanno trovato nel concurrent
engineering un metodo per ridurre il tempo di sviluppo e quindi per lanciare i propri
prodotti nel mercato con un anticipo maggiore. Il minore time to market consente al
nuovo prodotto di essere più in linea con le esigenze del cliente, dato che queste
ultime cambiano spesso. La vendita, infatti, risulta “temporalmente vicina” alla
rilevazione dei bisogni che ovviamente in un tempo più breve subiranno
meno modifiche. Operativamente quest’approccio si implementa attraverso la
sovrapposizione parziale delle attività di sviluppo, in particolare le attività di
sviluppo del prodotto e del processo produttivo. In questo modo è possibile evitare i
ricicli di cui si è parlato al paragrafo precedente, infatti si affrontano in modo
parallelo le difficoltà relative alle diverse tappe dello sviluppo, prendendo in
considerazione fin da subito come le attività di una fase influenzano le altre fasi del
processo. Nella figura seguente si può notare come la sovrapposizione temporale
delle attività comporti un’intricata rete di vincoli, requirement e modifiche che per lo
più si concentrano nella prima parte del processo di sviluppo e che lega le varie fasi
fra loro.
Figura 1.4 La parallelizzazione delle attività nel concurrent engineering
È chiaro che per gestire un approccio di questo tipo sono necessari supporti sia
di carattere tecnico che organizzativo-gestionale. Per quel che riguarda i primi, un
contributo fondamentale è venuto con l’introduzione dei software CAD in
progettazione, software che ai nostri giorni permettono la modelizzazione numerica
di superfici 3D, garantendo così la possibilità di apportare modifiche in tempo reale
al progetto. Nella tabella seguente (tab. 1.1) possiamo osservare i principali strumenti
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di supporto al concurrent engineering sia dal punto di vista tecnico (tool informatici)
sia metodologico e organizzativo.
Organizzazione e
risorse umane
Metodologie e
tecniche
Strumenti
informatici
• Re-engineering di
processo
• Team inetrfunzionali
• Co-location
• Co-design
• Decentramento delle
decisioni
• Motivazione
• Responsabilizzazione
• Visione integrata del
processo
• Design for
manufacturing
• Design for assembly
• Design to cost
• Design for reliability
• Design for
maintainability
• Design for enviroment
• Quality function
deployment
• Carry over
• Shelf innovation
• Mushroom concept
• Group technology
• Computer Aided
Design
• Computer Aided
Manufacture
• Computer Aided
Engineering
• Computer Aided
Process Planning
• Modellazione
• Simulazione
• Banche dati tecniche e
tecnologiche
• Data Base di prodotto
e di processo
Tabella 1.1 Articolazione del concurrent engineering
Una particolare importanza assumono gli aspetti design for, che rappresentano il
cuore del concurrent engineering, in quanto attraverso loro si implementa in modo
operativo la parallelizzazione delle attività. Ad esempio se consideriamo il design for
assembly, la progettazione dei componenti viene ottimizzata per l’assemblaggio,
rendendo minimo il numero di difficoltà che si potrebbero presentare in quest’ultima
fase. Bisogna dunque anticipare i vincoli delle fasi più a valle e tenerne conto nella
progettazione, in modo da evitare gli engineering changes.
Con il termine engineering change si intende una modifica al progetto dovuta a
un vincolo che è da poco sopravvenuto. I costi legati agli engineering changes
divengono importanti man mano che ci si avvicina la lancio della produzione, per poi
esplodere al momento dell’inizio delle vendite (fig. 1.5).
Figura 1.5 Costo reale degli engineering changes, fonte: Ricoh Group
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Questi costi si suddividono in costi espliciti quindi facilmente calcolabili, come per
esempio i costi di fermo impianto dovuto al ritardo per effettuare la modifica, ed
impliciti, come la perdita d’immagine dell’azienda presso il cliente. Per limitare al
minimo gli engineering changes ovvero concentrarli nella prima parte del processo di
sviluppo si utilizzano le tecniche tipiche del concurrent engineering. Tuttavia la
gestione del concurrent engineering presenta una notevole complessità, in quanto
bisogna gestire in parallelo più processi. La letteratura recente si divide tra quelli che
sostengono che una migliore gestione delle attività di sviluppo è legata alla
pianificazione delle attività stesse e coloro invece che ricercano un possibile
miglioramento scaturirebbe dalla gestione delle informazioni scambiate.