4
La pluralità di contributi e di orientamenti non sembra, tuttavia, aver
generato altrettante difformità nelle scelte di policy dei vari Paesi. Vi è
infatti un consenso abbastanza diffuso sul fatto che l’insider sia nocivo per
i mercati finanziari e debba, pertanto, essere contrastato. Il consenso è
rafforzato dalla concorrenza e integrazione dei mercati che hanno innescato
un processo di convergenza degli assetti normativi, e l’introduzione di
un’efficace normativa anti-insider è ritenuta un ingrediente fondamentale
nella competizione regolatoria tra le borse.
Il lavoro affronta nel dettaglio la ricostruzione del dibattito dottrinale,
giuridico ed economico sottostante le scelte regolamentari in tema di
insider trading riportando le riflessioni effettuate in America ed in alcuni
Stati comunitari sulle esternalità generate dal fenomeno e sulla opportunità
di disciplinarlo. Si intende quindi porre in evidenza le principali differenze
tra la disciplina dell’insider trading dettata in ciascuno degli Stati
esaminati, rilevando nelle conclusioni le eventuali inefficienze e i percorsi
di perfezionamento delle normative vigenti.
Il lavoro inizia con l’analisi dei profili economici dell’insider trading,
mediante la presentazione di un quadro descrittivo del mercato che ponga
in evidenza lo strettissimo legame tra informazione ed efficienza del
mercato stesso, sottolineando quindi come l’intervento del legislatore sui
fenomeni di mercato non possa trascurare le implicazioni di carattere
economico.
Dopo un’iniziale presentazione del ruolo essenziale dell’informazione
quale bene prezioso per il corretto funzionamento del mercato e delle
asimmetrie informative che tuttavia inevitabilmente si creano sul mercato
stesso, si considera l’argomento da un punto di vista microeconomico delle
opportunità offerte dall’abuso di informazioni privilegiate delle quali i
5
singoli individui possono avvalersi per il perseguimento dei propri
interessi. L’ottica di osservazione del fenomeno verrà poi spostata ad un
livello più generale e ampio che interessa il mercato nel suo complesso, è
su di esso infatti che ricadono gli effetti prodotti dall’attività di insider
trading, effetti che riguardano non solo l’efficienza informativa del mercato
in generale, ma anche in particolare la sua liquidità e la distribuzione del
reddito.
Il lavoro affronta quindi gli aspetti giuridici dell’insider trading. L’analisi
ha ad oggetto la regolamentazione vigente in Italia. Partendo da un’analisi
storica della disciplina, si delinea il quadro normativo di riferimento.
La terza parte sviluppa invece il tema della prevenzione del fenomeno e
delle sanzioni previste, valutando in chiave critica gli strumenti adottati
dalle autorità per scoraggiarne la diffusione e le pene che potrebbero essere
inflitte ai trasgressori. Si individuano le modalità di identificazione dei
soggetti attivi, le condotte vietate, gli strumenti di repressione e gli aspetti
procedurali, evidenziando il ruolo dell’autorità di vigilanza.
L’ultima parte è dedicata ad un’analisi delle diverse modalità che le
principali realtà estere utilizzano per arginare il fenomeno dell’insider
trading. Dapprima si procede separatamente ad una trattazione paese per
paese, per poi effettuare una valutazione comparativa dei differenti mercati
considerati.
In chiusura, avvalendosi del supporto di alcuni dati empirici, viene valutata
l’efficacia dei diversi sistemi di controllo, sottolineandone i limiti e
avanzando alcune previsioni di miglioramento. In questa fase lo studio sarà
supportato dai dati statistici relativi al lavoro svolto e ai risultati raggiunti
dalle autorità di vigilanza negli anni passati. La Consob infatti offre ricche
informazioni sull’argomento con la pubblicazione periodica di relazioni
approfondite della sua attività.
6
1 L’INFORMAZIONE NEI MERCATI MOBILIARI E
L’INSIDER TRADING
1.1 Il concetto di informazione
Il funzionamento del mercato mobiliare dipende fortemente dalla
disponibilità, dall’acquisizione e dalla diffusione delle informazioni che
incidono sull’andamento dei titoli e, conseguentemente, sull’afflusso e sui
movimenti di capitali. Infatti, le quotazioni sono influenzate dalla quantità
e qualità delle informazioni relative al titolo e alla sua circolazione, nonché,
soprattutto, dalle caratteristiche degli scambi. Le informazioni, perciò,
rivestono, nell’ambito del mercato mobiliare, un ruolo fondamentale:
quello di permettere la coincidenza degli strumenti indispensabili per dare
efficienza al mercato con quelli necessari per il suo controllo. La
divulgazione immediata di tutte le informazioni che riguardano i prezzi e le
quantità delle operazioni, l’offerta di ciascun intermediario, la natura
dell’intermediario e la funzione che esso svolge, permettono al mercato di
raggiungere tanto l’efficienza funzionale quanto la trasparenza operativa.
In un mondo in cui fisiologicamente si fanno scambi interpersonali, ma
soprattutto intertemporali e intergenerazionali, l’informazione si
distribuisce in modo non uniforme e non tempestivo. Esistono pertanto
soggetti -intermediari e operatori- in possesso di informazioni privilegiate.
Il privilegio informativo apre dunque la possibilità di ricercare il profitto
con mezzi leciti o, ed è questo il punto che ci interessa sviluppare, anche
con metodi illeciti, e quindi illegali.
La forte crescita dei mercati finanziari, in cui le società quotate in Borsa
sono obbligate a dare un numero sempre maggiore di informazioni e le
comunicazioni tra una piazza e l’altra sono in tempo reale, ha reso il
rapporto tra finanza e regolamentazione ancor più complesso, giacché
7
fenomeni di internazionalizzazione, globalizzazione, despecializzazione dei
mercati, strumenti e intermediari non implicano automaticamente un
aumento del patrimonio informativo per tutti i partecipanti. La quantità e
qualità dell’informazione sono diventate più rilevanti degli standards di
capitalizzazione o dei ratios tra prezzi e rendimenti. Da qui deriva una
crescita dei rischi generalizzati di comportamenti scorretti nell’utilizzo
delle informazioni rilevanti.
Già nel 1990 Henry Markowitz, premiato con il Nobel per quarant’anni di
studi sulla Portfolio Theory
1
, ricordava come “la competizione fra i mercati
mondiali si gioca sull’informazione”. A supporto di tale conclusione
numerose ricerche dimostrano che i mercati che favoriscono la diffusione
del maggior numero possibile di dati sulla gestione finanziaria delle
aziende sono premiati con una maggiore capitalizzazione.
Tutto ciò vale a sottolineare come il nesso tra informazione e mercati sia di
estrema attualità. L’efficienza informativa è un pre-requisito del
funzionamento del mercato, perché la capacità degli investitori di allocare
correttamente il denaro è condizionata dalla quantità e qualità delle
informazioni loro trasmesse dalle società che fanno appello al pubblico
risparmio.
In considerazione del fatto che i destinatari dell’informazione societaria
non sono solo gli investitori ma anche le imprese concorrenti, il fisco e gli
eventuali interessati ad offerte di acquisto, fa sì che le società non abbiano
uno spontaneo interesse ad assicurare la loro assoluta trasparenza. La
consuetudine delle società di impedire una limpida formazione delle
quotazione dei titoli ha indotto gli investitori ad esigere uno sconto sul
“giusto” prezzo che serve a compensare l’opacità del mercato, ma,
1
Vedi BALDASSARRI, BAGELLA, PAGANETTO, “Financial Markets”, New York, Palgrave 2001.
8
soprattutto, tiene lontano il pubblico risparmio dal mercato dei valori
mobiliari. Si è teso, quindi, ad imporre al sistema borsistico il principio
della trasparenza al fine di assicurare agli investitori la dovuta conoscenza
di dati e notizie provenienti dalle società che hanno azioni diffuse tra il
pubblico. Se da un lato è quindi evidente la necessità di attuare una
regolamentazione del mercato mobiliare che tenda a garantire la
trasparenza al fine di permettere agli investitori le scelte più razionali
possibili, dall’altro è fuor di dubbio che le società non hanno uno spontaneo
interesse ad assicurare la loro assoluta trasparenza. Questa propensione alla
riservatezza non può che essere superata, o quantomeno attenuata, tramite
il ricorso ad obblighi divulgativi sanciti da precise norme di legge e fatti
applicare da organi preposti a tal fine. La diffusione dell’informazione può
essere volontaria (voluntary disclosure), imposta per legge (mandatory
disclosure), oppure direttamente affidata all’attività di scambio sul mercato
e quindi ai prezzi.
Il dibattito sulla necessità dell’istituzione di obblighi d’informazione per
legge è tutt’ora aperto. Certamente esistono incentivi alla divulgazione di
notizie false da parte delle imprese dovuti alla possibilità di ridurre i costi
complessivi di informazione e di ripartire più efficientemente il rischio di
mercato.
2
Tuttavia, gli incentivi alla diffusione spontanea di notizie
possono non essere sufficienti a garantire il livello di informazione
nell’economia atto a permettere lo svolgimento degli scambi in un contesto
di equità ed efficienza. E’ proprio in questi casi che l’imposizione di
obblighi di informativa diviene necessaria. Divulgazione volontaria e
obbligatoria appaiono quindi complementari e la funzione della seconda è
2
Da un punto di vista economico, si dice che un’allocazione è equa se nessun individuo preferisce il
paniere di beni di un altro al proprio. Diremo invece che un’allocazione è efficiente, in senso paretiano se
non esiste alcun’altra allocazione in cui è possibile aumentare la soddisfazione di qualcuno senza ridurre
quella di qualcun’altro. cit. VARIAN, “Microeconomia”, Cafoscarina, 1988, pag.14 e pag.513.
9
quella di coprire le aree lasciate scoperte dalla prima. Un aspetto del
problema riguarda infine la diffusione di informazione privata, che si
presenta come complementare a quella pubblica nel caso in cui
quest’ultima non sia prodotta ad un livello ottimale.
3
Anche in questo caso,
l’adozione di misure volte ad aumentare il grado di trasparenza del mercato
può rivelarsi efficace quando il processo di diffusione delle informazioni
attraverso lo scambio non è efficiente.
Le possibili conseguenze negative per i mercati finanziari suggeriscono la
necessità di un’attenta analisi del fenomeno dell’insider trading prima di
tutto allo scopo di darne una definizione precisa ed in secondo luogo allo
scopo di chiarirne i termini di una sua possibile regolamentazione
attraverso l’istituzione di obblighi di divulgazione delle informazioni.
La decisione di effettuare uno scambio da parte di un insider si basa sul
possesso di informazioni che hanno valore. Vicende societarie quali
mutamenti della struttura proprietaria, operazioni sul capitale, acquisizioni
di imprese di rilevante valore strategico, variazione dei risultati economici
di periodo incidono sul flusso reddituale atteso di un titolo e, dunque, sul
relativo prezzo di mercato. Conoscere la notizia e operare prima che essa
divenga pubblica, può dunque essere fonte di guadagno. Un semplice
esempio riguarda l’informazione su uno scostamento significativo dei
profitti effettivi rispetto a quelli attesi. La conseguente reazione del prezzo
del titolo renderebbe conveniente per i manager possessori del titolo
scambiare prima dell’annuncio.
Può allora essere utile iniziare la discussione con un breve richiamo alle
caratteristiche del bene informazione. Se è vero infatti che l’informazione è
3
L’ottimizzazione è un processo attraverso il quale si cerca la soluzione ottima (in senso paretiano) di una
funzione obiettivo in presenza di uno o più vincoli. In BLASI, “Matematica per le applicazioni
economiche e finanziarie”, Ed. Kappa 1997, pag.176
10
essenziale tanto per il mercato mobiliare quanto per l’operatività sullo
stesso della fattispecie insider trading, è altrettanto vero che esistono tante
possibili e diverse informazioni, e che non tutte sono in grado di dar luogo
ad una inside information. Con riguardo alla produzione di informazione, è
cruciale stabilire quale sia la sua natura, se si tratta cioè di un bene privato,
pubblico o di un bene misto. Possiamo cercare di rispondere a tale quesito
analizzando se e in quale misura l’informazione possiede le caratteristiche
della non escludibilità e della indivisibilità. La nozione di non escludibilità
fa riferimento alla circostanza in cui il produttore di un bene non può, per
motivi tecnici o economici, escludere gli altri individui dal godimento del
bene stesso. La proprietà esprime il fatto che il consumo individuale del
bene non ne preclude l’utilizzo da parte di altri soggetti. Alla luce di queste
due caratteristiche è possibile individuare due categorie estreme di beni:
quella dei beni pubblici puri (che presentano entrambe le proprietà) e quella
dei beni privati (escludibili e “rivali” nel consumo). Esiste poi una varietà
di beni che combinano in diversa intensità e proporzione la non
escludibilità e la non rivalità. In particolare, i beni pubblici misti,
presentano sia una componente privata, relativa ai benefici che un singolo
individuo riesce a trarre dal suo consumo, sia una componente pubblica,
costituita dagli effetti esterni che scaturiscono per l’intera collettività dal
consumo privato del bene (un esempio è quello della vaccinazione
obbligatoria, che garantisce l’immunità ai soggetti vaccinati, e riduce al
tempo stesso il rischio di diffusione della malattia per tutti i membri della
collettività).
4
4
Sul punto LINCIANO, “Insider Trading”, Bologna, 2001.
11
Secondo alcuni, l’informazione si qualifica come bene pubblico puro,
essendo al tempo stesso non escludibile e non divisibile.
5
L’indivisibilità è
legata al fatto che ogni individuo può utilizzare il bene senza sostenere
alcun costo aggiuntivo. La non escludibilità, invece, discenderebbe dalla
difficoltà di circoscrivere la cerchia di soggetti che possono appropriarsene
dietro pagamento di un prezzo, ovvero dalla difficoltà di applicare vincoli
di riservatezza a carico del suo produttore/scopritore. L’applicazione di
questo risultato all’offerta d’informazione conduce al paradosso esposto nel
noto contributo di Grossman e Stiglitz [1980]
6
in base al quale, nel caso
dell’estremo in cui i prezzi riflettono completamente l’informazione
privata, ossia il mercato azionario è connotato da efficienza informativa
forte, nessun agente è disposto a sostenere i costi necessari per
l’acquisizione dell’informazione stessa.
Sul versante opposto si collocano coloro che non riconoscono
all’informazione la proprietà della non escludibilità e della non divisibilità.
L’accesso può essere circoscritto, con la conseguenza che è possibile
appropriarsi dei vantaggi che scaturiscono dal suo impiego prima che la
notizia divenga pubblica. Inoltre, sebbene un individuo sia in grado di usare
la medesima informazione senza sostenere alcun costo di produzione
aggiuntivo, i relativi benefici svaniscono man mano che il meccanismo
degli scambi ne determina l’assorbimento nei prezzi, ossia al crescere del
numero di detentori del bene. Sulla base di queste argomentazioni, dunque,
l’informazione non sarebbe un bene pubblico.
7
Se riconosciamo
5
Così, KRAWIEK, “Fairness, Efficiency and Insider Trading: Deconstructing the Coin of the Real in the
Information Age”, in North Western University Law Review, 2001.
6
La dimostrazione del “paradosso dell’informazione” è opera di Grossman-Stigliz, “On The Impossibility
of Informationally Efficient Markets”, in CARBONE, “Tutela civile del mercato e insider trading”, 1993,
p.66.
7
Così, EASTERBROOK-FISCHEL, “The Economic Structure of Corporate Law”, in Harvard University
Press, 1991.
12
all’informazione una tale natura, giustifichiamo l’approccio regolamentare
ispirato al rispetto della parità informativa tra i partecipanti al mercato
(market egalitarianism) e basato sulla combinazione di obblighi di
disclosure posti in capo agli emittenti e divieto di insider trading. Tale
impostazione, che privilegia l’obiettivo dell’equità rispetto a quello
dell’efficienza, trascura il fatto che la non escludibilità del bene richiede la
creazione di adeguati incentivi alla produzione dell’informazione, incentivi
che l’approccio egualitario non può fornire.
8
Se invece ponessimo l’accento
sugli aspetti che accomunano l’informazione a un bene privato, dovremmo
sposare la tesi dei liberisti secondo i quali qualsiasi intervento sul
funzionamento del processo di mercato di produzione e trasmissione
dell’informazione sarebbe controproducente.
9
Alla luce delle considerazioni esposte sinora, appare convincente che
l’informazione è assimilabile ad un bene pubblico misto, in relazione al
quale le attività di produzione e uso del bene generano effetti sia privati
(per l’impresa produttrice), che pubblici (per il mercato e i soggetti che vi
operano). Gli effetti privati non si limitano ai già ricordati incentivi alla
produzione dell’informazione, ma investono anche il rapporto di agenzia
che si instaura tra azionisti e manager, nonché la distribuzione del reddito
d’impresa tra azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza. Con
riferimento agli effetti esterni, il riferimento è alle conseguenze dell’uso di
informazione privata sul costo del capitale per le imprese, alle esternalità
sul processo di price discovery e sulla liquidità delle attività finanziarie.
8
Vedi KRAWIEK, “Fairness Efficiency and Insider Trading: Deconstructing the Coin of the Real in the
Information Age”, in North Western University Law Review, 2001.
9
Tra gli altri MORGAN, “Insider Trading and the Infringement of Property Rights”, in CARBONE,
Padova, 1993.
13
In questa circostanza, l’opportunità di un intervento regolamentare nasce
dall’esigenza di creare incentivi alla produzione e all’utilizzo del bene.
Ritenere che l’informazione sia un bene pubblico misto il cui impiego
genera effetti esterni, non fornisce, tuttavia, un’indicazione univoca sul
corretto intervento pubblico. Tutto dipende, infatti, dalla natura che si
riconosce agli effetti medesimi. Se si reputa che le conseguenze dell’uso
privato dell’informazione privata siano positive, allora si apre la via
all’assegnazione all’impresa del diritto di proprietà dell’informazione e alla
conseguente protezione del diritto di riservatezza. Per contro, se si sposa la
tesi degli effetti negativi, allora le misure disponibili al regolatore spaziano
dagli obblighi di disclosure al divieto di insider trading.