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2005 hanno avuto necessità di assistenza e più della metà si è affidata ai servizi
preposti, cifra che non risulta facile da stabilire in quanto la presenza - assenza di
un Ser.T. può creare differenze fino a 500 unità. Inoltre si può verificare che i
numeri forniti cambiano in base al soggetto che rileva e a quello che fornisce.
E’ chiaro che i dati sugli utenti rispecchiano più il modo attraverso il quale i
servizi offrono una risposta che non il numero di persone che soffrono realmente
di una condizione di tossicodipendenza. Il problema dell’attuazione delle politiche
sociali sta nel superare, quindi, la mera assistenza - controllo dello stato
patologico conclamato per arrivare a comprendere la natura di problema della
tossicodipendenza che va analizzato ed affrontato in un quadro di intervento più
articolato con l’obiettivo di raggiungere un posizionamento complessivo delle
strategie di intervento.
La tossicodipendenza è un problema plurifaccettato per il quale è necessario il
ricorso sinergico a diverse discipline, da quella medica, a quella sociologica,
psicologica ecc.
Le comunità terapeutiche sono state il primo approccio di intervento nei riguardi
della tossicodipendenza. La prima nasce negli Stati Uniti attorno al 1958 per opera
di Charles Dederich, si diffondono poi in tutto il mondo anche se in Italia vengono
legittimate solo con il DPR 309/90; successivamente, al modello comunitario
inizierà a farsi strada quello farmacologico, senza però mai togliere il primato al
precedente.
E’ proprio all’interno delle comunità terapeutiche che si comincerà a vedere il
lavoro come elemento importante sia per la riabilitazione che per il successivo
reinserimento sociale del tossicodipendente, in un secondo momento si è valutata
anche l’importanza preventiva, infatti, studi fatti su un campione di strutture dal
Ministero del Lavoro e dell’ISFOL nel 1998 hanno dimostrato che il 69% di ex
tossicodipendenti che trovano un’ occupazione non torna a drogarsi.
Le politiche sociali sono forse lo strumento più adeguato a riguardo se si
considera il fenomeno non solo un problema di patologia ma anche di consumo, di
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forme e rappresentazioni di consumo e tutto ciò che gira intorno a queste, il
consumo va considerato un fenomeno di natura sociale ancor prima che medico –
sociale.
Partendo da quanto detto è evidente la necessità di un sistema di protezione che
disincentivi il consumo attraverso la valorizzazione delle capacità e delle
potenzialità di ogni singolo individuo ed è questo quello che si tenta di fare
soprattutto in molte strutture residenziali, utilizzando al meglio l’elemento lavoro
nel processo di riabilitazione e di reinserimento sociale attraverso un costante
accompagnamento dell’individuo.
Il tradizionale modello clinico negli ultimi tempi ha spesso ceduto di fronte alla
complessità del problema della tossicodipendenza; il dilemma ora è cosa fare in
termini di profonde modificazioni degli stili di consumo e dei tipi di sostanze
circolanti, perdita di contatto con l’utenza potenziale, restrizione delle risorse
pubbliche e frammentazione delle offerte curative che rendono urgente la
creazione di nuove strategie e l’analisi di quelle presenti per capire quale sia il
modo più opportuno di affrontare un problema di vecchia data ma ormai
modificato dall’era post moderna.
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I Capitolo
Il fenomeno droga
1. Tappe evolutive del fenomeno
Secondo la lettura storico - sociologica condotta da Simonetta Piccone Stella
1
le
droghe erano ampliamente conosciute dai popoli antichi e utilizzate sia per scopi
terapeutici che voluttuari tanto da costituire parte integrante delle abitudini
quotidiane. La differenza sta nel fatto che, mentre nel passato esse venivano
utilizzate con parsimonia, dal 1800 in poi l’interesse commerciale genera un uso
epidemico e quindi uno stato di tensione, una preoccupazione sociale e un
problema di ordine pubblico.
L’aumento vertiginoso del consumo si registra, però, intorno agli anni ’60
seguendo un doppio binario di assunzione: da una parte la droga si diffonde tra gli
hippies, dall’altra entra velocemente nei ghetti e negli ambienti sub-urbani e a
cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 la diffusione è tra i giovani di qualsiasi estrazione
sociale.
La prima fase, che l’autrice colloca tra gli anni ‘60 e ‘70, trova gli antecedenti
dell’era degli psicofarmaci, mentre tra il 1965 e il 1967 si constata l’uso massiccio
di psicofarmaci e nei movimenti e nei gruppi contro culturali compare l’hashish e
LSD; nello stesso periodo avviene il lancio legale delle anfetamine.
Gli anni ‘70-‘80 circoscrivono la seconda fase contraddistinta dalla diffusione
dell’eroina, negli anni 1980 – 1990 (terza fase) si assiste ad uno spostamento
graduale del mercato dall’eroina alla cocaina.
Dagli anni ‘90 in poi (quarta fase) lo scenario è dominato dall’uso delle
cosiddette nuove droghe, tra cui la più nota è l’ecstasy, sintetizzata in laboratorio e
già diffusa precedentemente negli Stati Uniti e in Europa. In questa sede è utile
ricordare la definizione di droga dell’O.M.S.: per droga si intende ogni sostanza
1
Piccone Stella S., Droghe e tossicodipendenza, il Mulino, Bologna, 1999
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chimica, naturale o artificiale che ha caratteristiche psicoattive o fisiottive o
psico/fisioattive, cioè che modifica la psicologia o l'attività fisica e mentale degli
esseri umani.
Le politiche di intervento, tanto legislative quanto terapeutiche, per contrastare la
diffusione delle droghe, possono ricondursi essenzialmente a due tipologie: una di
natura repressiva tendente ad osteggiare la produzione, il commercio e l’uso delle
sostanze stupefacenti; l’altra di natura permissiva fondata sulla convinzione che
attraverso un uso controllato e libero si estinguono produzione e
commercializzazione illecita.
Il governo italiano si è trovato impreparato a gestire la rapida diffusione delle
sostanze stupefacenti. La prima legge in merito è stata la n. 1041 del 1954 la
quale, sulla base di un’impostazione dichiaratamente repressiva, puniva la
detenzione per uso personale alla stessa stregua dei produttori e degli spacciatori
non considerando alcun intervento preventivo o riabilitativo.
Occorreranno più di 20 anni perché nel 1975 venga promulgata la prima vera
legge sulla droga, la n. 685, per cui il soggetto tossicodipendente non viene più
considerato un delinquente da punire, se perde il vestito di delinquente però la
legge 685/75 gli infila quella di malato prevedendo l’istituzione di servizi
specialistici.
Con la legge 162 del giugno 1990, confluita poi nel Testo Unico n. 309/90,
vengono istituiti i Ser.T. (servizi tossicodipendenze) che rappresentano i servizi
presenti in ogni A.S.L. in materia di tossicodipendenze, e regolamenta la
collaborazione tra stato e comunità terapeutiche attraverso il riconoscimento di tali
enti in qualità di ausiliari all’intervento pubblico.
I recenti provvedimenti legislativi, tra cui la legge n. 45 del 1999, hanno
ampliato il campo di azione dei centri di assistenza per tossicodipendenti facendo
confluire i Ser.T nei Dipartimenti per le dipende patologiche i quali mirano al
contrasto e alla prevenzione dell’abuso di ogni tipo di sostanze con vari tipi di
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interventi; l’accento è posto soprattutto sulle campagne di informazione da
realizzare attraverso i mezzi di comunicazione disponibili.
La legge 18 febbraio 1999 n. 45 “Disposizioni per il fondo nazionale di
intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei servizi per le
tossicodipendenze” tra l’altro prevede l’istituzione presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri di un Osservatorio sulle tossicodipendenze e la possibilità
per province, comuni e loro consorzi, comunità montane, A.S.L. e organizzazioni
di volontariato di presentare alle regioni progetti finalizzati alla prevenzione e al
recupero dalle tossicodipendenze e dall’alcool e al reinserimento lavorativo dei
tossicodipendenti, da finanziare in base alle disponibilità del Fondo Nazionale.
A riguardo c’è da dire che il 25% delle disponibilità del fondo è destinato a
progetti di prevenzione e recupero finalizzati:
a) alla promozione di programmi sperimentali di prevenzione;
b) alla realizzazione di iniziative di razionalizzazione dei sistemi di rilevazione
e valutazione dati;
c) all’elaborazione di collegamenti con le iniziative dell’UE;
d) allo sviluppo di iniziative di informazione e di sensibilizzazione;
e) alla formazione del personale;
f) alla realizzazione di programmi di educazione alla salute;
g) al trasferimento dei dati tra amministrazioni centrali e locali.
Attualmente, quindi, la rete dei servizi per il recupero dei tossicodipendenti è
ampiamente diffusa su tutto il territorio nazionale. Oltre ai dipartimenti, con i
Ser.T in prima linea, gli ultimi decenni hanno visto un fiorire di comunità
residenziali, semi-residenziali, centri di accoglienza, case famiglia e appartamenti
auto gestiti.
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La legge 45/99 ha indicato puntualmente i servizi ufficialmente preposti
all’intervento riabilitativo in questo campo. Questa legge è stata una delle prime,
tra l’altro, a sottolineare l’importanza di progetti personalizzati di reinserimento
lavorativo prevedendoli tra i progetti finanziabili con il Fondo Nazionale per le
tossicodipendenze.
Le ultime novità legislative nel campo delle tossicodipendenze riguardano le
modifiche apportate al DPR 309/90.
Il DPR 309/90 “Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenze” puniva con sanzioni amministrative l’importazione,
l’acquisto o la detenzione per uso personale di oppio, cocaina, allucinogeni,
anfetamine, sostanze ad effetto ipnotico - sedativo e ogni altra sostanza capace di
determinare dipendenza psichica o fisica. Le pene previste erano: sospensione
della patente di guida, del passaporto, del permesso di soggiorno da due a quattro
mesi; in caso di cannabis e sostanze di impiego terapeutico la sanzione aveva
durata da uno a tre mesi.
Per quanto riguardava le sanzioni penali queste riguardavano la detenzione, la
produzione, la coltivazione, la fabbricazione, la vendita, l’acquisto, l’offerta o la
messa in vendita, la cessione, la ricezione, l’importazione, l’esportazione, il
trasporto e la procura ad altri delle seguenti sostanze: oppio, cocaina, allucinogeni,
anfetamine, sostanze ad effetto ipnotico sedativo e ogni altra sostanza capace di
determinare dipendenza fisica o psichica.
Le pene prevedevano la reclusione da otto a venti anni con la multa da lire
50.000.000 a lire 500.000.000, in caso di cannabis e sostanze di impiego
terapeutico la reclusione da due a sei anni e la multa da lire 10.000.000 a lire
150.000.000.
In caso di fatto di lieve entità la reclusione da uno a sei anni e la multa da lire
5.000.000 a lire 50.000.000 per le droghe pesanti; da sei mesi a quattro anni e la
multa da lire 2.000.000 a lire 20.000.000 per le droghe leggere.