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INTRODUZIONE
Le vicende relative allo sviluppo della costruzione europea hanno
segnato profondamente gli ultimi 50 anni della vita dei popoli e dei governi
europei. Mai nessun progetto politico su scala continentale era stato
caratterizzato da un così grande successo. Prima un periodo di pace
prolungato, che ha favorito uno sviluppo economico senza precdenti e poi
numerosi traguardi importanti come la libertà di circolazione per le merci,
per i lavoratori subordinati e per i capitali, l’abolizione delle frontiere.
Infine l’introduzione di un’unica moneta. Più che le dispute di carattere
istituzionale sono queste le realizzazioni empiriche percepibili agli occhi
del cittadino.
Oggi viene chiesto uno sforzo maggiore, una realizzazione ulteriore.
Tredici Paesi hanno chiesto di aderire all’Unione Europea e con dieci di
essi si sono aperti i negoziati.
Si può dire che l’idea stessa di “Ampliamento” è insita nel midollo
dell’Unione Europea sin dal Trattato di Roma del ’57.
Ma l’Ampliamento non è di per sé un obiettivo, anche se si può
affermare che per la realizzazione della missione di unità europea, per il
mantenimento della pace sul continente e per aumentare il suo peso nel
mondo, l’Unione ha la vocazione di riunire tutti i popoli europei.
L’ampliamento allora è un avvenimento imprescindibile dallo stesso
“essere” dell’Unione, le cui sorti sono quindi strettamente legate al successo
in questa nuova ed antica sfida al processo unitario. Non potrà esserci
Europa se anche parte dei popoli europei fosse esclusa dai suoi confini e dai
tentativi d’integrazione e d’unificazione.
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PARTE PRIMA
LA SITUAZIONE GENERALE
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CAPITOLO 1
IL V AMPLIAMENTO
Prima di affrontare il caso sloveno in tutte le sue particolarità, si
cercherà d’identificare il fenomeno del V ampliamento e di collocarlo nel
giusto quadro storico. Al riguardo saranno forniti tutti gli elementi necessari
per focalizzare il problema, cercando di evidenziare già da subito alcuni dei
problemi che saranno oggetto della trattazione successiva.
§ 1.1. Che cos’è l’ampliamento?
Quel processo che vede impegnati da molti anni ormai governi ed
istituzioni del “Vecchio Continente” in trattative frenetiche, negoziati,
concessioni, posizioni comuni, vertici e conferenze intergovernative, sta per
culminare da qui a non molti mesi in quello che viene definito il “V
Ampliamento”.
Il nome ed il “numero” stessi lasciano presupporre che l’Unione abbia
già sperimentato situazioni del genere e che quindi abbia a disposizione un
bagaglio di conoscenze notevole. In effetti non è proprio così, perché
quest’ultimo ampliamento ha quelle caratteristiche esclusive, che lo
tipizzano in quanto tale.
Prima di tutto si tratta di un processo di ampliamento senza precedenti
se si guarda alle dimensioni geografiche e demografiche. In secondo luogo
coinvolge un numero di Paesi profondamente differenti per storia, cultura,
tradizioni ed istituzioni, costretti a raggiungere i medesimi risultati in un
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tempo relativamente breve. L’Unione Europea è chiamata quindi a
misurarsi con se stessa e col suo passato per colmare quel “gap” politico ed
economico fra le due realtà europee, che è noto solo al XX secolo.
A questo punto allora ci si chiede perché l’Unione Europea vuole
ampliarsi e se si a quale prezzo.
Diciamo che all’indomani del crollo del muro di Berlino, il 9
Novembre 1989, l’UE ha giudicato moralmente auspicabile e
strategicamente indispensabile superare una divisione storica. Fin da quel
momento essa ha sostenuto le nuove democrazie dell’Europa Centrale ed
Orientale, offrendo loro una prospettiva di adesione. La posizione del
Parlamento Europeo è molto chiara: l’unificazione in uno spazio di pace,
sicurezza, prosperità e stabilità, di un’Europa in passato divisa è e resta la
missione storica dell’Unione e delle sue politiche. E’ chiaro che lasciare
queste fragili democrazie in balia dei loro problemi politici ed economici
avrebbe comportato un rischio troppo alto, se si pensa all’innescarsi di
tensioni sociali che possono compromettere la stabilità dei confini stessi
dell’Unione. Senza considerare poi la ricaduta economica che tali eventi
comportano.
Attualmente sono stati aperti i negoziati con tutti i Paesi candidati ad
eccezione della Turchia: inizialmente, alla fine del 1997, con i Paesi detti
del «gruppo di Lussemburgo» -Estonia, repubblica Ceca, Cipro, Ungheria,
Polonia e Slovenia- poi, alla fine del 1999, con i Paesi del «gruppo di
Helsinki» -Bulgaria, Lettonia, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia.
Oggi come oggi non può essere definita alcuna data definitiva per
nessuno dei Paesi candidati.
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I negoziati sono stati avviati in due fasi con tutti i Paesi candidati ad
eccezione della Turchia, la quale non soddisfa ancora i requisiti di
protezione dei diritti umani e delle minoranze. Questa rappresenta la grande
esclusa, ma in questo Paese ancora oggi per punire alcuni crimini è legale
l’uso della tortura. Poiché alcuni negoziati procedono più velocemente di
altri, è immaginabile un ingresso a gruppi. Tuttavia il Consiglio Europeo di
Göteborg ha fissato il 2004 come obiettivo per le prime adesioni. Il
Parlmento invita l’Unione ad essere pronta ad ampliarsi dall’inizio del 2003
e spera di poter approvare i primi trattati d’adesione prima delle elezioni
politiche del 2004.
Proprio in ragione della specificità dell’attuale processo di
ampliamento, gli Stati membri hanno ritenuto opportuno precisare le
condizioni di adesione. Nel Consiglio Europeo di Copenaghen ( 21-22
giugno 1993) oltre alla riaffermazione dei requisiti politici per l’adesione,
ne sono stati individuati altri di carattere economico e giuridico. I “criteri”
impongono a ciascun Paese di essere uno stato di diritto pienamente
democratico, di avere un’economia di mercato vitale e concorrenziale e di
potersi allineare alla legislazione comunitaria.
Questo presuppone una notevole riforma delle istituzione e degli
organi degli apparati amministrativi. Il negoziato con ciascuno dei Paesi
candidati riguarda l’insieme del diritto e della legislazione comunitari.
L’accordo globale sarà raggiunto solo con l’accordo su tutti i capitoli del
negoziato e a condizione che il Parlamento Europeo approvi l’adesione.
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§ 1.2.Le tappe storiche
Dalla nascita ai primi accordi di associazione (1950-1972).
Il 9 maggio del 1950, Robert Schuman, ministro francese degli Affari
esteri, propone, per preservare la pace mediante un'organizzazione aperta
agli altri Paesi europei, di mettere in comune le risorse di due prodotti di
base della Francia e della Germania, il carbone e l'acciaio, serviti fino a
quel momento per scopi bellici. Nel 1951 nasce così la Comunità Europea
del carbone e dell'acciaio (CECA), che comprende sei Paesi: il Belgio, la
Francia, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Repubblica federale di
Germania. Essa sarà controllata da un'assemblea parlamentare, che
prefigura il Parlamento Europeo.
Nel 1957 i sei Stati membri della CECA firmano i trattati di Roma,
che utilizzano l'integrazione economica come motore: nascono così la
Comunità Economica Europea (CEE) e la Comunità Europea dell’Energia
Atomica (CEEA o EURATOM). Il Parlamento Europeo è ormai
competente per le materie riguardanti i tre trattati. Dal momento che la CEE
copre un più ampio numero di settori, sarà essa a richiamare l'attenzione in
via prioritaria.
Gli anni 1961, 1963, 1970, 1972 sono gli anni della firma di accordi di
associazione rispettivamente con la Grecia (che sarà congelato durante la
dittatura militare), con la Turchia, con Malta e con Cipro.
I primi ampliamenti e la riunificazione della Germania (1973-1990)
Il 1973 è l’anno dell’adesione del Regno Unito, della Danimarca e
dell'Irlanda: la CEE conta ormai 9 Stati membri. Ma un altro traguardo
fondamentale per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti politici è la
prima elezione del Parlamento Europeo a suffragio universale nel 1979.
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La Grecia diventa il decimo stato membro ed aderisce nel 1981, sarà
seguita nel 1986 da Spagna e Portogallo. Allo stesso anno risale la firma
dell'Atto Unico Europeo, viene creato il grande mercato interno, che
renderà la Comunità uno spazio economico più integrato.
La prima domanda di adesione di un paese dell’Est è quella della
Turchia e risale al 1987. Ma nel 1989 un grande evento sposta l’attenzione
internazionale: la caduta del muro di Berlino. Infatti come risposta nello
stesso anno la CEE lancia PHARE, programma di aiuti ai Paesi dell'Europa
Centrale ed Orientale. Risale al 1990 la domanda di adesione di Malta e
Cipro e al 3 ottobre dello stesso anno la riunificazione della Germania.
Dagli accordi europei all’ultima adesione (1991-1995)
Nel 1991 vengono firmati gli “Accordi Europei” con l'Ungheria e la
Polonia. Essi sono suddivisi in varie sezioni - politica, commercio ed
economia. Analoghi accordi saranno firmati nel 1993 con la Bulgaria, la
Romania, la Slovacchia e la Repubblica ceca, nel 1995 con l'Estonia, la
Lettonia e la Lituania e nel 1996 con la Slovenia.
La firma del Trattato di Maastricht del 1992 è una tappa
fondamentale, che modifica e integra il Trattato di Roma grazie
all’istituzione dell'Unione Economica e Monetaria e della Politica Estera e
di Sicurezza Comune (PESC), primi passi verso uno spazio di sicurezza e
giustizia. La Comunità Europea si sostituisce alla "Comunità Economica
Europea". L'insieme delle politiche, vecchie e nuove, si iscrive ormai
nell'Unione Europea. Un’innovazione d’ importanza fondamentale a livello
di poteri è il meccanismo di codecisione, cioè in un gran numero di settori il
Parlamento Europeo condivide ormai il potere decisionale con il Consiglio
dei ministri.
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Nel giugno del 1993 il Consiglio Europeo di Copenaghen decide di
consentire l'adesione all'Unione Europea dei Paesi associati dell'Europa
Centrale ed Orientale quando rispetteranno le condizioni economiche e
politiche richieste, in altri termini allorché soddisferanno i criteri di
adesione (denominati altresì "criteri di Copenaghen").
Dopo la domanda di adesione dell'Ungheria e della Polonia nel ’94, a
Dicembre il Consiglio Europeo di Essen adotta una strategia globale di
preparazione dell'adesione (o di "preadesione") per ravvicinare i Paesi
associati dell'Europa Centrale ed Orientale all'Unione Europea. Nel ‘95
l'Austria, la Finlandia e la Svezia aderiscono all'Unione Europea, che conta
ormai 15 Stati membri. E’ dello stesso anno la domanda di adesione della
Bulgaria, dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania, della Romania e della
Slovacchia, in seguito della Repubblica ceca e della Slovenia.
Agenda 2000, Amsterdam e primi negoziati d’adesione (1997-1998).
Nel luglio 1997 la Commissione Europea adotta un programma
d'azione, l'"Agenda 2000", dove esamina le ripercussioni dell'ampliamento,
la strategia preparatoria e il quadro finanziario per il periodo 2000-2006. Le
sue proposte di bilancio vengono adottate, con qualche modifica, dal
Parlamento Europeo e dal Consiglio. Il bilancio globale dell'Unione resterà
in ogni caso entro i massimali fissati prima ancora della prospettiva
dell'Ampliamento (1,27% del PIL). Inoltre in Ottobre viene firmato il
Trattato di Amsterdam, che modifica ancora una volta il Trattato di Roma,
spingendosi più in là in particolare nei settori della cooperazione
giudiziaria, della libera circolazione delle persone e della politica estera e di
sicurezza e ponendo il rispetto dei diritti dell'uomo al centro della
costruzione europea.
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Esso rafforza i poteri di codecisione del Parlamento Europeo.
A dicembre il Consiglio Europeo di Lussemburgo lancia il processo di
ampliamento con 6 Paesi candidati: Cipro, Estonia, Ungheria, Polonia,
Repubblica ceca e Slovenia. Tali Paesi verranno denominati "gruppo di
Lussemburgo".
A Marzo del ’98 si tiene la prima riunione della "Conferenza
Europea", forum di consultazione politica che comprende i Quindici, i
dieci Paesi candidati dell'Europa Centrale ed Orientale, Cipro, Malta e, dal
novembre 2000, la Turchia. Nello stesso mese vengono lanciati i
"partenariati per l'adesione", elemento chiave della strategia di
preparazione dell'adesione (detta di "preadesione"): essi prevedono che la
Commissione riferisca sui progressi realizzati, fissano le priorità per
ciascun paese candidato, organizzano finanziamenti e aiuti. Ciascun paese
candidato gestisce un "programma nazionale in vista dell'adozione
dell'aquis". Sempre a Marzo vengono aperti i negoziati di adesione con
Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Polonia e Slovenia. Viene
adottato il principio di un ritmo differenziato per ciascun processo
negoziale. Infine Malta riattiva la propria domanda di adesione,
precedentemente sospesa.
Dall’euro al Consiglio di Göteborg (1999-2001)
Viene creato l'euro in 12 Stati membri, che a partire dal gennaio 2002
sostituirà la moneta nazionale in circolazione (la Danimarca, il Regno Unito
e la Svezia mantengono la loro moneta nazionale).
A dicembre il Consiglio Europeo di Helsinki decide di aprire i
negoziati di adesione con altri 6 Paesi candidati - Bulgaria, Lettonia,
Lituania, Malta, Romania e Slovacchia - che saranno denominati "gruppo di
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Helsinki". Si pone così fine alla divisione fra due gruppi, come il PE aveva
richiesto già dall'aprile 1996. D'altro canto, il Consiglio Europeo dichiara
che "la Turchia è uno stato candidato destinato ad aderire all'Unione in
base agli stessi criteri applicati agli altri Stati candidati": come gli altri,
"beneficerà di una strategia di preadesione volta ad incentivare e sostenere
le sue riforme".
L'assistenza finanziaria dell'UE ai Paesi candidati dell'Europa Centrale
ed Orientale raggiunge, a partire dal bilancio 2000, un importo di circa 3,2
miliardi di euro all'anno in stanziamenti d'impegno (vale a dire, nel 2001 il
3,4% di un bilancio totale di circa 96 miliardi). Cipro, Malta e la Turchia
usufruiranno di altri programmi comunitari. A Febbraio si aprono i
negoziati di adesione con la Bulgaria, la Lettonia, la Lituania, Malta, la
Romania e la Slovacchia.
A Giugno del 2000 il Consiglio Europeo di Santa Maria da Feira
reputa che tutti i Paesi dei Balcani occidentali siano "potenziali candidati"
all'adesione: l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, la Macedonia, la
Iugoslavia. L'UE intende avviare con tali Paesi un processo di
stabilizzazione e di associazione. Essa contribuisce alla ricostruzione del
Kosovo. Il 4 ottobre il PE si pronuncia con un'ampia maggioranza a favore
dell'"Ampliamento dell'UE". In particolare, esso ricorda che "l'unificazione,
in un'area di pace, sicurezza, prosperità e stabilità, di un'Europa che è
stata divisa dall'occupazione sovietica dell'Europa centro-orientale rimane
il compito storico dell'Unione Europea e l'obiettivo primario delle sue
politiche", si compiace dei progressi raggiunti e auspica di poter esprimere
il proprio accordo sui primi trattati di adesione prima delle elezioni europee
del 2004.