2
1.2. Il Comune e la problematica del momento
politico
Il cuore della complessa problematica attiene al rapporto tra
momento politico e momento tecnico dell’amministrazione
comunale, alla luce di una progressiva politicizzazione degli
enti territoriali minori che ha posto sempre più l’accento sulla
reale essenza dei poteri locali: l’autonomia locale, esiste per
il solo fatto che l’ente sia organizzato in maniera autonoma e
libera, e la sua azione deve essere rispondente “ai principi e
alle direttive prevalenti tra gli uomini che vivono sul
territorio”
1
in quanto rappresentativa della collettività
comunale, distinta da quella statale.
Se ne deduce che i Comuni non derivano l’indirizzo politico-
amministrativo dallo Stato, ma dalla loro comunità, ovvero
essi hanno il potere di fissare un proprio indirizzo politico
amministrativo
2
.
Le maggiori perplessità circa la storia dei comuni
dall’unificazione ad oggi derivano dall’insufficiente
attenzione prestata in passato, soprattutto dalla dottrina, al
profilo in esame.
A livello di ricostruzione tecnico-giuridica il momento
politico è stato sempre rimosso nella individuazione degli
elementi essenziali della struttura comunale: si prescinde
1
Esposito, Autonomie locali e decentramento amministrativo nell’art. 5 della
Costituzione, in La Costituzione italiana, Saggi, Padova, 1954, p. 67 e ss.
2
Benvenuti, L’ordinamento repubblicano, Venezia, 1967, p. 68 ss.
3
totalmente, cioè, dal precisare il valore specifico che il
momento politico (inteso come recupero delle istanze
politiche della comunità territoriale) assume in ordine alla
stessa determinazione strutturale dell’ente locale, in altri
termini, si evita accuratamente di indagare la concreta
capacità dell’ente - sul piano effettuale e funzionale - di
adottare un proprio ed autonomo indirizzo politico-
amministrativo, anche se a lui riservato dalla legge.
Ciò è avvenuto nonostante l’avvento da un lato della Carta
Costituzionale, che assume le autonomie locali come uno dei
suoi elementi caratterizzanti, anzi eleva il suddetto principio
ad elemento fondamentale del suo Stato e dall’altro
dall’avvento, anche a livello operativo comunale, delle grandi
organizzazioni politiche ossia dei partiti: il loro graduale
avvicinamento ai cittadini direttamente interessati
3
li pone
infatti come strumenti volti a favorire il recupero delle istanze
politiche della comunità territoriale, nell’ambito
dell’autonomia organizzatoria locale, la loro presenza fornisce
un elemento di prova concludente circa la “capacità” dell’ente
di adottare e di realizzare un proprio ed autonomo indirizzo
politico-amministrativo.
Tuttavia alla struttura legale dell’ente non risulta siano state
apportate modificazioni tese al suo adeguamento alle mutate
condizioni socio politiche
4
.
3
Giannini, M. S., Le Regioni: rettificazioni e prospettive in Nord e Sud, 1963, p. 67.
4
Lavagna, Istituzioni di diritto pubblico, vol. 2, Torino, 1970, p. 870 e ss.
4
1.3. Le elaborazioni dottrinali e la scarsa
attenzione prestata al rapporto Stato-
Comune
E’da dire che le elaborazioni dottrinali oltre ad aver obliterato
il momento politico dell’organizzazione comunale non hanno
colto l’importanza che esso presenta nella configurazione del
rapporto dialettico e soprattutto conflittuale fra il potere
statuale e le autonomie locali, rapporto che ci permette di
determinare anche il reale ambito di manovra di questi ultimi
5
.
La mancanza di adeguata attenzione prestata ai possibili
momenti di conflitto fra Comuni e Stato, momenti concepibili
stante la conclamata “libera volontà” dei primi, ha precluso in
sostanza la via ad una migliore e più netta precisazione del
valore e dei caratteri reali del potere locale; così la mancata
rivelazione a livello tecnico-giuridico degli elementi di
tensione e la loro conseguente relegazione nella sfera del
mero fatto o del patologico, ha impedito di vagliare
compiutamente la validità funzionale del sistema comunale e
quindi, dei suoi singoli elementi
6
.
L’orientamento della dottrina è stato quello di escludere ogni
rilevanza costituzionale al fenomeno del cd. Decentramento
autarchico, ponendo precocemente in crisi la inseparabilità del
5
Romano S., voce: decentramento Amministrativo, in Enc. giur. it., vol. 4°, 1911, p.
436.
6
Forti, I controlli dell’amministrazione comunale, Milano, 1914.
5
tema politico-costituzionale da quello tecnico
amministrativo
7
, nonostante già allora venisse, anche se
sporadicamente ribadito, che la libertà politico-costituzionale
dovesse riflettersi nelle libertà locali in quanto “elemento
necessario e complementare di quest’ultime”
8
.
La dottrina procedendo a livello quasi esclusivamente teorico
alla ricostruzione del fenomeno ha finito per non avvertire
l’originaria capacità dell’ente di conformare la propria azione
secondo scelte autonome, ed in conseguenza non è riuscita a
mettere in valore detta capacità tra gli elementi strutturali
essenziali del potere locale; essa non è stata neanche in grado
di percepire i successivi mutamenti verificatesi in ambito
comunale, essendo rimasto del tutto inavvertito, il graduale
attuarsi del disegno politico statale, il quale, operando su piani
diversi, ma tutti armonicamente coordinati, ha operato la
graduale avocazione allo Stato del momento politico locale
(contribuendo a creare il progressivo “vuoto politico” a livello
locale
9
) e ciò convenendo sul fatto che l’ente autarchico è si
distinto dallo stato “ma non fuori dalla sua influenza” esso
“risulta attratto continuamente nell’orbita della sua
organizzazione e della sua amministrazione”
10
.
7
Girola, Teoria del decentramento amministrativo, Torino, 1929, p. 45.
8
Canepa Vaccaio, Sulla questione del decentramento, in Riv. dir. pubbl. 1922, I, p.
319.
9
Lacava, La finanza locale in Italia, Torino, 1896, p. 117.
10
Romano S., Il Comune, in Primo trattato completo di diritto amministrativo, a cura
di Orlando, Milano, 1915, p. 599.
6
1.4. Il Comune nella fase costituente
dell’unificazione
E’ opportuno, ora, procedere ad una più esatta individuazione
delle ragioni, anzi meglio, dei presupposti concettuali che
hanno determinato in concreto l’atteggiamento assunto dalla
dottrina.
L’origine del dibattito si ritrova nella fase costituente della
unificazione ed, in modo particolare, in sede di dibattito
sull’organizzazione politico-costituzionale dello Stato
italiano
11
: il “problema comunale” finì per essere attratto in
quello sul federalismo, ovvero su quello del regionalismo
politico
12
.
Sono ben noti i motivi che si opposero all’adozione di un
vasto decentramento politico.
Si avvertiva la necessità di rafforzare lo Stato nuovo e di
corroborare l’unità raggiunta, d’onde l’avvertita esigenza di
subordinare la questione dell’ordinamento interno dello Stato
non soltanto all’unità di recente conseguita, ma anche al
prestigio internazionale, ben lungi dall’essere confortato da un
unanime riconoscimento. In realtà, le condizioni socio-
politiche erano tali da giustificare le preoccupazioni che si
11
Caracciolo, Stato e società civile, problemi dell’unificazione italiana, Torino, 1960,
p. 53; Petracchi, Le origini dell’ordinamento comunale e provinciale italiano,
Venezia, 1962; Pavone, Amministrazione centrale e periferica da Rattizzi a Ricasoli,
Milano, 1964.
12
Santarelli, L’ente regionale, Roma, 1960; Raffili, La questione regionale, Milano,
1972.
7
nutrivano in proposito: occorreva unire paesi divisi da secoli e
dal diverso livello politico e morale; le differenze erano
inoltre maggiormente rafforzate dalle tendenze
autonomistiche di alcuni di questi, con il conseguente timore
del pericolo del particolarismo politico
13
.
La sconfitta del regionalismo e quindi del decentramento
politico fu decretata in nome del principio dell’
“accentramento nell’ordine politico” e dell’ “emancipazione
nell’ordine amministrativo”
14
e in siffatta prospettiva venne
riassorbita la questione dell’autonomia comunale
concludendosi che, “amministrativamente parlando” il
Comune “nulla ha di politico”, essendo una mera
“amministrazione di interessi locali e di famiglia”
15
.
E’ ovvio quindi che l’ordinamento prevalso, nel lungo
dibattito dottrinale, sia rimasto definitivamente determinato
dalla contrapposizione concettuale dell’accentramento politico
e del decentramento amministrativo.
Occorre a questo punto procedere ad una migliore
identificazione della contrapposizione in esame.
Essa poggia su una distinzione, in sé, in verità, non del tutto
inesatta; si sostiene, infatti, che la “politica” risulta rivolta alla
difesa generale dell’utile dell’intera comunità ed è, quindi,
costantemente informata ai principi di unicità, omogeneità ed
universalità, laddove l’ “amministrazione”, rivolta alla tutela
13
Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Bari, 1928, p. 45 e ss.
14
Petracchi, op. ult. cit., p. 151.
15
Cfr. la Relazione del progetto di legge presentato alla Camera il 5 maggio 1854 dal
ministro Rattizzi, pubblicato da Petracchi, Le origini dell’ordinamento, cit., p. 15.
8
di interessi locali e parziali, obbedisce ai criteri della
molteplicità e della varietà
16
.
Insomma volendo costruire un ordinamento amministrativo
per il quale le ragioni dell’unità e della forte autorità politica
dello Stato si accordino con la libertà delle comunità locali, si
ritiene che il primo possa spogliarsi di “tutto ciò che non è
legislazione, politica, armi, marina ed alta polizia”, per le
quali appunto appare necessaria ed utile una “direzione unica
e forte”
17
.
Ed in forza della “grande differenza” fra gli interessi
amministrativi-locali e gli interessi politici generali, si intende
procedere all’accurata distinzione dei diritti dei municipi, “che
vogliono essere diritti amministrativi”, dai diritti politici, per
loro stessa essenza, statali, come espressione di un savio
ordinamento costituzionale, che tende a conciliare la libertà
dei popoli con un potere forte ed unito; di qui sostanzialmente
il dogma del Comune come ente esclusivamente
“amministrativo”.
Tuttavia ciò che qui preme notare è come tale
contrapposizione non può precludere l’indagine, diretta a
registrare l’eventuale momento politico, di cui è parola in
questa sede. Cioè essa non è tale da precludere la possibilità di
verifica di una dimensione politica implicita in ogni scelta
16
Si legge, infatti, nella Relazione al progetto di legge presentato il 5 maggio 1854 dal
ministro Rattazzi, in Petracchi, Le origini dell’ordinamento, p. 38 che “l’unità
nell’indirizzo e nell’esecuzione, ecco gli attributo dell’azione politica: la varietà invece
è quello dell’azione amministrativa”.
17
Discorso del ministro Minghetti, pronunciato alla Camera il 13 marzo 1861
pubblicato in Petracchi, op. ult. cit., p. 329.
9
comunale di un certo livello (indipendentemente che si tratti
di attività normativa e non) e, quindi, implicita, quantomeno
in via astratta e potenziale, nella stessa attività, che si riteneva
di dover attribuire all’ente locale e nell’ambito di quella sua
libertà che si riteneva essenziale ed insopprimibile.
La dottrina ha invece operato nel senso di ottundere la
capacità di visualizzare un profilo siffatto e si è diretta più a
fornire un criterio di distribuzione competenziale, presupposto
necessario della contrapposizione,
piuttosto che un criterio di qualificazione dimensione
dell’azione del Comune
18
.
1.5. Autonomia comunale e decentramento
amministrativo
Le brevi considerazioni fin qui svolte permettono di capire in
che modo la dottrina sia stata condizionata nella disamina
dell’autonomia (autarchia) comunale
19
.
Se attentamente si prende in considerazione nel suo
svolgimento l’intera problematica relativa all’istituto
18
Forti, Teoria dell’organizzazione e delle persone giuridiche. Lezioni di diritto
amministrativo, Napoli, 1948, p. 79.
19
Il termine “autonomia” appare maggiormente corretto, infatti esso venne
ampliamente usato nel lungo dibattito; soltanto in seguito, ad opera della dottrina si
ebbe l’adozione definitiva del termine “autarchia”, anche in considerazione della scarsa
attribuzione al Comune di una potestà di auto-normazione.
10
comunale, essa risulta sostanzialmente gravitare nell’orbita
della nozione tecnica di decentramento amministrativo
20
.
Invero essendosi ben presto abbandonata l’idea di una
completa autonomia “politica” concessa al Comune-
specialmente con riferimento ad una possibile rilevanza a
livello normativo, poiché inconcepibile nell’ottica di uno
Stato unitario, altrettanto tempestiva fu la raggiunta certezza
che l’autonomia comunale, per sé, implicasse comunque un
“certo” decentramento amministrativo.
Il punto merita una particolare precisazione.
Il “decentramento amministrativo” nasce con una valenza
politico costituzionale, nasce come Schlagwort, e soltanto in
seguito ad opera della dottrina che l’espressione concettuale
fu spogliato di quella (ritenuta) eccedenza di valore politico,
al fine di ridurla ai minimi termini tecnici, idonei ad un
discorso teorico e formale.
In più occasioni si ribadisce la convinzione che l’ordinamento
dei Comuni debba fondarsi sopra “un’ampia ed estesa libertà
della loro amministrazione in tutto ciò che concerne gli
interessi locali”
21
e si proclama che “la divisione delle
attribuzione, l’equilibrio delle potestà, concorre ad instaurare
nel municipio le ragioni sostanziali dell’ordine
20
Romano S., Decentramento amministrativo, cit., p. 428.
21
Cfr. Diposizioni intorno all’amministrazione provinciale; progetto di legge
presentato alla Camera IL 9 Gennaio 1857 Dal Ministro dell’Interno (Ratazzi), in
Petracchi, Le origini dell’ordinamento, cit., p. 107.
11
rappresentativo” il quale rappresenta “la vera salvaguardia del
regime costituzionale”.
22
Appare dunque abbastanza chiaramente il tentativo - sia pure
mal riuscito- di promuovere il più possibile l’equilibrio “fra
tutti i poteri dello Stato, complessivamente presi, ed il paese”,
ed a tal fine i mezzi più idonei risultano proprio le istituzioni
secondarie, alle quali doveva essere affidata una parte del
potere pubblico-amministrativo, vale a dire, si doveva operare
una rilevante distribuzione del potere pubblico (infatti “la
conclamata libertà comunale doveva servire a limitare il
potere pubblico centrale”
23
).
Come sottolineato in precedenza, tale indirizzo non risulta
essere compiutamente prevalso, infatti finirono in ogni caso
per predominare orientamenti riduttivi, tesi a delimitare il più
possibile la carica politica dell’istituto comunale, anche sul
piano del mero “decentramento amministrativo”.
Tuttavia, appare chiaro, come il fenomeno del decentramento
(quantunque amministrativo) risulta comunque essere
coinvolto nella prospettiva dell’organizzazione politico-
costituzionale dello Stato che si pone, all’esame dottrinale con
una insopprimibile venatura di carattere politico.
22
Minghetti, nel discorso alla Camera, pronunciato il 13 marzo 1861, in Petracchi,
op. ult. cit., p. 325.
23
Palma L., Corso di diritto costituzionale, Firenze, 1877.