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INTRODUZIONE
Ho deciso di cominciare la mia ricerca su questo tema per
l‟interesse a cogliere e rinvenire i concetti profondi, le suggestioni e
la materia dal quale gli scrittori traggono ispirazione. Quindi esamina-
re quale sia il livello e l‟intensità con cui le riflessioni filosofiche in-
cidono sugli scritti di un autore, comprendere come la filosofia possa
penetrare nei versi e nelle pagine, e così arricchire i testi dei nostri po-
eti, introducendo le loro opere in un contesto di più ampio respiro sto-
rico e culturale, che vada oltre le urgenze biografiche e le necessità
dell‟arte.
Più esattamente allora, ho voluto analizzare, sul solco di studi a
volte illuminanti, a volte poco approfonditi o appena abbozzati,
l‟influenza di Giambattista Vico su Ugo Foscolo. E‟ mia convinzione,
infatti, che questa influenza cominciò a operare ben presto nella mente
del poeta, almeno con l‟arrivo di Foscolo a Milano negli anni imme-
diatamente successivi al 1800, col suo inserimento nell‟ambiente lette-
rario della città, e con la lettura di Vico mediata dagli esuli napoletani.
Ritengo che proprio questi anni e queste frequentazioni siano state
fondamentali per Foscolo e per il successivo sviluppo della sua produ-
zione letteraria, anche perché, per ragioni biografiche, fu in quel peri-
odo che il poeta completò la sua formazione.
E‟ mia opinione che il tema possa fornire interessanti sviluppi,
qualora fosse trattato diffusamente e in un‟ottica più ampia che tenes-
se conto di tutte le varie implicazioni letterarie, estetiche, filologiche e
culturali.
6
La mia ricerca vuole contribuire a rintracciare quali siano le idee e
le teorie del filosofo napoletano che influirono sul nostro poeta e di
cui possiamo poi osservare le suggestioni nei vari scritti.
Mia premura sarà rilevare l‟importanza e la profondità di questa
ascendenza, notata da molti, ma da alcuni anche minimizzata, e di far
risaltare in quali opere, poesie, carmi e orazioni, possiamo trovare gli
indizi di questa parentela che è ancora poco investigata, come ho avu-
to modo di riscontrare nella ricerca di una bibliografia che è scarna e
spesso datata.
Leggendo ad esempio quello che scrive Enzo Bottasso sul percor-
so del pensiero politico del poeta, e proprio sul tema delle influenze
che su Foscolo esercitarono gli studi vichiani, scopriamo lo studioso
molto prudente: «Sarà come un pellegrinaggio, un itinerario spirituale
verso posizioni sempre più complessamente storicistiche, e magari
brutalmente realistiche: sul democraticismo giacobino, illuministico e
roussoviano, s‟innesterà Vico, e poi Macchiavelli, Hobbes. Ma sempre
si conserveranno vive alcune istanze primordiali di sentire civile e
umano, quelle stesse che costituiscono il perpetuo soggetto, la sostan-
za lirica del poetare foscoliano; sussisterà senza eclissi l‟ombrosa con-
sapevolezza di una propria autonomia di individuo, di essere pensante,
di “liber‟uomo”, non scalfibile né intaccabile dalle “cagioni superiori”
della massa, del divenire rivoluzionario, della ragion di Stato»
1
.
Anche il biografo Enzo Mandruzzato, commentando i rimandi a
Vico presenti nella foscoliana Chioma di Berenice c‟invita alla caute-
la: «Alle spalle, la presenza di Vico è tra le più evidenti, ma non biso-
gna insistervi. Gli stessi “ricorsi” foscoliani, cosmici più che storici,
1
Bottasso E., Introduzione, in Foscolo U., Poesie e prose d’arte, Torino, Unione Tipografico-
Editrice Torinese, 1973, pp. 15, 16
7
ricordano piuttosto le escatologiche “distruzioni nel fuoco” della fisica
stoica»
1
.
D‟altra parte registriamo anche posizioni più nette, come quella di
Andrea Sorrentino, che individua con fermezza questa genealogia:
«Bisogna riconoscere che la Scienza Nuova deve aver avuto un posto
sì alto nella sua mente, che da poeta, da oratore, da critico, da erudito,
la ricorda e la sente nel suo spirito, dalla giovinezza agli anni matu-
ri»
2
; e quella di Glauco Cambon che sostiene che «l‟opera di Ugo Fo-
scolo può benissimo costituire una fra le migliori giustificazioni po-
stume del solitario pensatore napoletano che in vita sua non ebbe mai
la gioia di veder raccogliere il suo messaggio da discepoli degni di
lui»
3
. Le qualità creative che Vico attribuisce al poeta ideale, «vivezza
di idee, chiuso fervore alieno dall‟espressione convenzionale, affinità
dantesca scevra d‟ogni servile imitazione», sono quelle che «avrebbe
invece infallibilmente riconosciute in atto nel poeta dei Sepolcri»
4
.
Il problema non consiste nell‟indicare in questa sede, passo per
passo, le tessere che compongono il puzzle di questa preziosa eredità,
semmai stabilire in che modo e con che forza attraverso la lettura di
Vico il pensiero di Ugo Foscolo abbia acquistato quella profondità e
quello spessore che appaiono, per esempio, nei Sepolcri, che risentono
fin dalla concezione di un‟urgenza vichiana avvertita dal nostro poeta.
Credo che le sue opere, attraverso questa parentela, abbiano così
lasciato un‟impronta più duratura; il suo pensiero, che a taluni è ap-
1
Mandruzzato E., Foscolo, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1991, p. 119
2
Sorrentino A., Appendice, in La retorica e la poetica di G.B. Vico, Torino, Fratelli Bocca Edito-
ri, 1927, p. 407
3
Cambon Glauco, Vico e Foscolo, in: AA.VV., Vico a Venezia, Firenze, Olschki, 1982, p. 337
4
Ibidem
8
parso contraddittorio o ambiguo, è invece, proprio per le tante ambi-
valenze, ricco di sfumature e affascinante
1
.
Prima di proseguire, sono necessarie delle avvertenze sulle diffi-
coltà di raccogliere le tracce dell‟influenza vichiana in Foscolo, ben
illustrate da Vitilio Masiello. Di tali tracce, scrive Masiello, «non esi-
ste un inventario puntuale ed attendibile [;] quell‟eredità, infatti, più
genericamente riconosciuta che ricostruita e analizzata attraverso un
complesso lavoro stratigrafico, opera a livelli e profondità diverse del-
la cultura e ideologia foscoliana»
2
; inoltre «quell‟eredità e quella le-
zione vivono in simbiosi con elementi eterogenei (materialistici, lo-
ckiani, hobbesiani, macchiavelliani): transustanziati, cioè, in una lega
nella quale, per effetto dei meccanismi d‟interazione reciproca, i com-
ponenti di base risultano modificati e perciò stesso non agevolmente
riconoscibili»
3
.
Per completare questi avvertimenti bisogna ricordare che il pen-
siero di Giambattista Vico fu «scoperto, fruito ed assimilato attraverso
il filtro del vichismo di primo Ottocento: attraverso l‟ottica e
l‟impianto problematico degli esuli napoletani trapiantati a Milano»
4
,
soprattutto Vincenzo Cuoco e Francesco Lomonaco, di cui parleremo.
Ugo Foscolo leggeva e studiava avidamente, affidando ad una
prodigiosa memoria tutto il materiale che in seguito rielaborava con
creatività e grand‟intuizione. In questo modo, nonostante tutte le cita-
zioni, non sempre è facile riconoscere il seme che altri autori posero
nella sua fertile mente. Ma tuttavia le influenze vichiane sono talmen-
1
Sulle ambivalenze e complessità del pensiero foscoliano cfr.: Guglielmino S./Grosser H., Il Si-
stema Letterario, L’Ottocento, Milano, Casa Editrice Principato, 1989, p. 850
2
Masiello V., I miti e la storia, Napoli, Liguori Editore, 1984, p. 13
3
Ibidem
4
Ibidem
9
te vaste e riconoscibili che sarà spesso agevole riportare degli esempi
indicativi.
Ora, molto brevemente, descriverò lo svolgimento del mio lavoro
dopo la presente introduzione.
Nel primo capitolo, suddiviso in tre parti, ritengo opportuno trac-
ciare, a grandi linee, gli avvenimenti fondamentali della vita, il per-
corso culturale e artistico che porta il nostro poeta ad entrare in contat-
to con quello che allora era il centro degli studi e interessi vichiani, la
Milano napoleonica, capitale della Cisalpina, e infine il complesso si-
stema di valori che stanno alla base del pensiero e del poetare fosco-
liano, prima del contatto con Vico.
Nel secondo capitolo intendo esporre le dottrine e anche il baga-
glio d‟immagini e suggestioni che possono aver impressionato il poe-
ta, soprattutto sulla scorta di due importanti interpreti del pensiero vi-
chiano: Giovanni Gentile e Benedetto Croce.
Nel terzo capitolo intendo finalmente presentare gli esiti
dell‟originale sintesi foscoliana nelle sue opere maggiori, per dimo-
strare che l‟influenza del filosofo napoletano su Foscolo fu un avve-
nimento cruciale nel percorso culturale del poeta, un incontro dal qua-
le non si può a parer mio prescindere, se è vero che tutte le sue opere
poetiche, le prose e i saggi di critica letteraria risentono, a partire da
quell‟incontro, delle letture vichiane.
Vorrei infine precisare che l‟impostazione del presente lavoro in
tre capitoli è volutamente strutturata al servizio della mia tesi, poiché è
più che verosimile che opposte tendenze d‟individualismo e storici-
smo, ateismo materialistico e religione delle illusioni, ottimismo e di-
sincanto, fossero posizioni presenti contemporaneamente nel pensiero
di Foscolo, magari in seguito maturate spontaneamente con
10
l‟approfondimento degli studi e le maggiori occasioni di riflessione da
parte del poeta, sempre diviso tra la vocazione letteraria e le urgenze
biografiche.
11
CAP. I: UGO FOSCOLO «LIBER‟UOMO»
1.1 L‟età della Rivoluzione: Foscolo giacobino e la gran di-
sillusione.
Tutto, per gli uomini di questa generazione e in particolare per
quest‟uomo simbolo (e «coscienza dell‟Italia fra i due secoli»
1
) della
sua epoca, ebbe inizio il 14 Luglio 1789: Parigi è «Sbastigliato»
2
,
scrive entusiasta Vittorio Alfieri; il simbolo più oscuro del potere as-
soluto e dell‟oppressione monarchica, adibito a prigione di Stato dal
tempo di Luigi XIII, viene preso d‟assalto e incendiato dai parigini.
Poco più tardi la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadi-
no abolirà il regime feudale, negherà il diritto divino del re che stava
alla base dell‟assolutismo e proclamerà, con la libertà personale e
l‟eguaglianza di tutti di fronte alla legge, i diritti di tutti gli uomini,
senza pregiudizi di razza, fede e classe sociale; insomma quegli stessi
“immortali principi” di libertà, uguaglianza e fraternità che in più di
duecento anni hanno fatto così poca strada nel mondo, ora (specie il
terzo, e nonostante duemila anni di cristianesimo) che sono più che
mai calpestati.
La Rivoluzione in realtà finì presto, e non appena la borghesia
raggiunse i propri scopi, ottenendo la propria emancipazione e ponen-
do le basi per il consolidamento del liberalismo politico ed economi-
co, le masse popolari furono emarginate, mentre Marat, Danton, Ro-
bespierre, cadevano uno ad uno, in una spirale di violenza che parve
1
Momigliano A., Storia della Letteratura italiana dalle origini ai giorni nostri, Milano, Edizioni
Principato, 1954, p. 357
2
Guglielmino S./Grosser H., Il Sistema Letterario, Cinquecento e Seicento, Settecento, Milano,
Edizioni Principato, 1988, p. 864
12
tutto inghiottire e fece inorridire mezza Europa, non solo
l‟aristocratico Alfieri, ma anche il gran filosofo di Königsberg.
Le idee rivoluzionarie correvano per il vecchio continente con la
velocità dell‟inchiostro sulla carta e del piombo francese, ben presto
diretto dall‟eroe del ponte d‟Arcole, che, col Codice civile del 1804,
porrà in seguito le basi per un assetto statale liberal-borghese
1
.
Intanto il giovane Foscolo (nato il 6 febbraio del 1778 a Zante,
l‟antica Zacinto sacra alla dea Venere che poi celebrò nel sonetto o-
monimo e nelle Grazie
2
), in seguito alla morte del padre Andrea, me-
dico d‟origine veneziana, si trasferì con la madre, la greca Diamanti-
na Spathis, e il resto della famiglia a Venezia (1792)
3
, di cui l‟isola
Ionia era un possesso.
Nell‟incantevole e gloriosa città lagunare, in una condizione
d‟indigenza che allora persino vantava
4
, Niccolò riuscì ad ogni modo
ad inserirsi, frequentando l‟esclusivo salotto d‟Isabella Teotochi Al-
brizzi e divenendone l‟amante (lui appena sedicenne contro i trenta-
quattro anni della splendida e raffinata padrona di casa). Abbandonati
gli studi regolari, i suoi interessi si diressero immediatamente alla po-
esia, che gli schiuse la vita spirituale:
«Que‟ primi anni della mia gioventù, sebbene circondati da molte
miserie, furono nondimeno illuminati dalla Musa, e fu il mio ingegno
come innaffiato dalla poesia, alla quale tutta l‟anima mia si abbando-
nava»
5
.
1
Sulla Rivoluzione Francese cfr.: Guglielmino S./Grosser H., Il Sistema Letterario, L’Ottocento,
cit., pp. 8-10
2
Foscolo U., Poesie, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1996, pp. 125, 126
3
Chiarini G., La vita di Ugo Foscolo, Firenze, G. Barbera Editore, 1910, p.10
4
Ivi, pp. 12-15
5
Ivi, p. 12
13
Il giovane, infatti, si dedicò principalmente alla lettura della poe-
sia, specialmente greca e latina, tra la quale preferiva l‟elegia, rappre-
sentata da autori come Callimaco, Anacreonte, Catullo, dei quali tra-
dusse in seguito vari frammenti
1
, Tibullo e Properzio; ma soprattutto
venerava Omero e Lucrezio. Tra gli scrittori italiani predilesse Petrar-
ca, di cui sentiva affine la sensibilità, Dante, del quale condivideva la
lezione civile, e il tragediografo Vittorio Alfieri, che nelle proprie ope-
re aveva esaltato l‟individualismo e le istanze libertarie, anche di tipo
politico, che contribuirono a educare le generazioni che poi fecero il
nostro Risorgimento. Dall‟Alfieri il poeta mutuò inoltre la gran pas-
sione per il Plutarco delle Vite parallele.
La figura dell‟astigiano fu sempre modello e stimolo per Ugo,
specie nella giovinezza; lo troviamo citato nell‟Ortis, nei Sonetti
dell‟edizione 1803, ma principalmente nei Sepolcri, dove Ugo ricorda
Alfieri come lo vide negli ultimi anni di vita:
«Irato a‟ patri Numi, errava muto
Ove Arno è più deserto, i campi e il cielo
Desioso mirando; e poi che nullo
Vivente aspetto gli molcea la cura,
Qui posava l‟austero; e avea sul volto
Il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno, e l‟ossa
Fremono amor di patria»
2
.
Tra gli stranieri, amò in primo luogo Rousseau, ma lesse, se pro-
prio non ammirò, giacché «scrivevano molto, ma meditavan pochis-
simo»
3
, certo anche Voltaire, e molte delle opere degli autori francesi
1
Foscolo U., Poesie, cit., pp. 238-249, 408-417
2
Ivi, p. 97, vv. 190-197
3
Foscolo U., Scritti letterari e politici, Firenze, Le Monnier, 1972, p. 4
14
che propagandavano il nuovo Verbo, la Ragione, furono da lui lette ed
esaminate appassionatamente.
Dal Piano di Studi
1
del 1796, una sorta di progetto di cammino
letterario - artistico del poeta diciottenne, possiamo appurare le letture
che aveva compiuto o che aveva in mente di portare a termine: esse
comprendono, oltre ai già citati, Montesquieu, Cicerone, Tacito, Ba-
cone, Sallustio, Virgilio, Tasso e Shakespeare.
Ma una caratteristica di Foscolo fu sempre quella di nulla leggere
se non per meditare personalmente e rielaborare ciò che andava stu-
diando con acume, intuizione e originalità. Dagli illuministi francesi,
fino a Hobbes, Machiavelli e allo stesso Vico, non accettò nessuna
dottrina che poi non improntasse al suo pensiero. La sua ricca perso-
nalità, contraddittoria forse, certo complessa e profonda, gli permette-
va di selezionare abilmente tra ciò che leggeva quel che gli poteva
servire artisticamente e umanamente. Le stesse citazioni degli autori a
lui cari, mai fuori luogo, sebbene a volte imprecise, sono sempre
strumentali agli scopi artistici e retorici del poeta. Rimandi che non
sono fini a sé stessi, mai introdotti nella funzione di mero ornamento.
Cercò l‟amicizia di Melchiorre Cesarotti, poeta e traduttore
d‟Omero, che, tra il 1763 e il 1772, aveva adattato in italiano gli epici
e malinconici Canti di Ossian di James Macpherson, che furono un
modello stilistico per il romanticismo italiano. Nello stesso salotto del-
la Teotochi conobbe diversi letterati: quell‟Ippolito Pindemonte, poe-
ta elegiaco e neoclassico, al quale dedicherà la sua opera maggiore,
poi il Bettinelli, Paolo Costa, Aurelio De‟ Giorgi Bertola e i fratelli
Olivi di Chioggia, con i quali poi avrebbe avuto maggior confidenza
2
.
1
Foscolo U., Scritti letterari e politici, cit., pp. 3-9
2
Chiarini G., La vita di Ugo Foscolo, cit., p. 16
15
Nel 1796 Niccolò (che dal 1975 iniziarono a chiamare Ugo
1
)
s‟allontanò da Venezia, dove si sospettava dei suoi entusiasmi demo-
cratici, per trovar rifugio, e prima esperienza d‟esilio, sui Colli Euga-
nei
2
. In quella pace iniziò il «Romanzo di Laura», primo e vago em-
brione dell‟Ortis
3
, e la sua prima opera tragica, il Tieste.
Il 1797 è un anno chiave: il 4 gennaio, al teatro Sant‟Angelo di
Venezia, fa rappresentare la tragedia, un componimento tutto risonan-
te d‟echi alfierani e libertari che tuttavia ottiene un successo generoso
quanto inatteso e viene messa in scena per ben nove giorni consecutivi
a clamor di pubblico
4
, consacrando Foscolo autore di successo.
L‟argomento dell‟opera era stato già trattato, oltre che da Seneca,
da Crébillon e da Voltaire, e nonostante la tragedia non avesse nulla
d‟originale, infarcita com‟era di suggestioni alfieriane, rimaneva pur
sempre la prima prova di un diciannovenne di sicuro talento.
Nei primi di maggio dello stesso anno, da Bologna, dove si era ri-
fugiato «fuggendo le inquisizioni di Stato»
5
accresciute dalla rappre-
sentazione tragica, Foscolo pubblicò a spese della Repubblica Cispa-
dana, formatasi negli ultimi mesi del 1796 in seguito alla Campagna
d‟Italia
6
, e in onore del popolo di Reggio Emilia che per primo aveva
accettato le idee rivoluzionarie, l‟Ode a Bonaparte liberatore che, de-
plorando l‟attuale condizione dell‟Italia (e specie della Roma papale)
e invocando la libertà con piena voce, incitava il gran condottiero a
salvare l‟Italia «un dì reina, or nuda e schiava»
7
.
1
Chiarini G., La vita di Ugo Foscolo, cit., p. 7
2
Ivi, p. 37
3
Cappucio C., Storia della letteratura italiana, Firenze, Sansoni Editore, 1953, p. 533
4
Chiarini G., La vita di Ugo Foscolo, cit., p. 41
5
Foscolo U., Scritti letterari e politici, cit., p. 125
6
Guglielmino S./Grosser H., Il Sistema Letterario, L’Ottocento, cit., p.12
7
Foscolo U., Ode a Bonaparte liberatore, in id., Poesie, cit., p. 324, v. 50