I. PROGETTARE LA SHOPPING EXPERIENCE: LE NUOVE
FRONTIERE DEL MARKETING ESPERIENZIALE
Tale sezione, introduttiva, presenta una descrizione del contesto socio-economico di
riferimento, fornendo una panoramica sugli attuali sviluppi della ricerca in campo di
comportamento di consumo e marketing strategico, secondo l’approccio esperienziale.
Attraverso un’ottica multidisciplinare che tiene conto di settori quali antropologia,
sociologia e, non ultimo, neurologia, ormai ampiamente legittimati come oggetto
d’indagine economica, si analizzano, dunque, i nuovi trend in atto nei consumi odierni,
illustrando le nuove logiche di coinvolgimento, intrattenimento e spettacolarizzazione,
secondo cui vengono ripensate le dinamiche distributive, al fine di creare esperienze di
shopping uniche e memorabili dal punto di vista sensoriale, emotivo e cognitivo, che
sollecitino tutti i sensi del consumatore e permettano, così, il recupero di un contatto
empatico con l’universo della marca.
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1. L’evoluzione dei consumi: dall’economia del prodotto all’economia
dell’esperienza
Tutte le società hanno sempre sprecato, dilapidato, speso e consumato al di là dello
stretto necessario per la semplice ragione che è nel consumo di un’eccedenza, di un
surplus, che l’individuo, come la società, si sente non semplicemente esistere, ma
anche vivere (Baudrillard, 1976: 29).
Dalle parole di Baudrillard è possibile rilevare numerosi spunti circa la graduale
transizione da una cultura del consumo, propria della società di massa, ad una cultura
dell’esperienza. Negli ultimi decenni, infatti, il mercato è stato investito da una
profonda trasformazione che ha visto l’uomo-consumatore (Katona, 1967) divenire
protagonista di quel passaggio, non ancora del tutto compiuto, da un’economia
incentrata esclusivamente sull’offerta di prodotti e funzioni d’uso, ad un’economia che
pone il vissuto esperienziale del soggetto al centro della proposta valoriale.
Si assiste, innanzitutto, ad un mutamento nel senso del consumo (Franchi, 2007), a
cominciare dall’accezione stessa del termine: dall’idea tradizionale dell’atto del
consumare quale deterioramento, logorio, consunzione finale dell’oggetto materiale, si
approda ad una concezione del consumo quale accesso, uso.
Ciò è dovuto principalmente alla graduale ascesa dell’economia dei servizi che segna il
passaggio dalla cultura, prettamente materialistica, della produzione e del possesso di
beni, alla cultura della fruizione di prodotti-servizi (Raimondi,1991), nella quale i fattori
intangibili legati all’esperienza di consumo prevalgono sulle caratteristiche funzionali
delle merci. La stessa dicotomia acquisto/consumo si assottiglia: entrambi i momenti
divengono compresenti all’interno dell’esperienza del consumatore, non più interessato
all’attività di spesa come azione preliminare finalizzata all’accumulo e alla consunzione
di beni, ma all’atto stesso di acquisto, o non acquisto. Scrive Fabris, la stessa
esploratività dello shopping non si esaurisce – il più delle volte- nella ricerca delle
soluzioni più convenienti ma si svolge per il nuovo consumatore flaneur (bighellone)
all’insegna del gioco e del piacere. Sovente orientata al ludico, si esaurisce proprio nel
window shopping inteso come intrigante attività di tempo libero – cioè nel consumare
un’esperienza – fine a sé stessa, senza alcuna finalità di acquisto (2009:38).
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Oggetto delle transazioni di mercato diviene, quindi, l’esperienza di shopping,
all’interno della quale il consumattore (Zorino, 2006) vede, sente, odora, tocca, assaggia
e, quindi, consuma. E nel fare ciò elabora, ricorda, sperimenta, si emoziona e, non
ultimo, si relaziona. In tal senso, l’attività quale consumatore non può più essere isolata
dal resto del vissuto esperienziale dell’individuo, ma si configura, piuttosto, come un
agire sociale dotato di senso, determinando un insieme coerente di scelte che implicano
un coinvolgimento attivo, attraverso le quali costruiamo significati e relazioni,
interpretiamo la cultura, esprimiamo la nostra identità (Franchi, 2007: 2).
Lontano dalla logica del bisogno e del problem-solving o dalle scelte utilitaristiche
proprie dell’economia tradizionale, il consumatore odierno appare, piuttosto, guidato dal
nuovo bisogno di engagement (Provana, 2007:19): egli, trasportato da desideri
complessi di seduzione e rassicurazione, non ricerca solamente benefici funzionali, ma
esige un coinvolgimento emotivo, espresso in termini di esperienze sensoriali,
interazioni sociali, contatti empatici con l’universo della marca.
Il crescente aumento di beni e servizi a disposizione, nonché la rapida saturazione dei
mercati e la conseguente obsolescenza dei prodotti ne hanno, infatti, notevolmente
ampliato le possibilità di scelta, rafforzandone il potere; i consumatori odierni,
continuamente subissati da messaggi e stimoli commerciali, sono diventati, dunque, più
esigenti, attenti, competenti, scaltri, selettivi, critici e disincantati. Oggi di un prodotto
non si valutano più soltanto le caratteristiche di qualità e prezzo, ma si ricercano, non
necessariamente a livello conscio, valori nuovi legati all’estetica della
rappresentazione (visual merchandising), alla qualità del servizio (customer service),
all’immagine e all’etica aziendale, all’utilizzo di tecnologie di produzione
ecocompatibili, all’attenzione alle implicazioni ergonomiche (Trevisan, Pegoraro,
2007:15).
Parallelamente, l’acuirsi delle dinamiche competitive, dettate dalla globalizzazione e dal
progresso tecnologico, ha imposto alle imprese l’imperativo della differenziazione e
innovazione, ma in mercati sempre più maturi e saturi appare particolarmente difficile
creare nei consumatori la percezione di una reale distinzione della propria offerta
basandosi su attributi e benefici meramente funzionali.
Il successo delle imprese nell’ economia delle esperienze dipende, quindi, sempre più,
dalla loro capacità di gestire contemporaneamente la differenziazione funzionale e
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quella simbolico-affettiva, senza le quali finirebbe per perdere di valore anche quella
esperienziale (Addis, 2007: 7).
L’esperienza di consumo diviene, dunque, il perno centrale della nuova economia, la
piattaforma sulla quale costruire il dialogo con il nuovo consumatore, un dialogo basato
sulla compartecipazione e la condivisione lungo tutti i punti di contatto con la marca.
1.2 Il nuovo consumatore: verso la post-modernità e oltre
L’ anima del nuovo consumatore è un labirinto di emozioni, preferenze, comportamenti,
preoccupazioni e fedeltà. Il nuovo consumatore è confuso e allo stesso tempo timoroso,
fiducioso ma ancora pieno di sospetti, spaventato eppure avventuroso, occupato ma
curioso, anonimo e unico. Anche sull'anima di questo nuovo consumatore agiscono
molte forze, soltanto una qualità resta invariata: il suo potere (Windham, Orton, 2002:
37).
La descrizione presentata mette in luce alcune delle caratteristiche principali della
condizione post-moderna in cui si trova ad agire il nuovo consumatore: complessità,
pluralità, disordine, discontinuità, ambiguità, paradosso, molteplicità.
La disgregazione delle ideologie e dei vecchi punti di riferimento, la perdita del primato
della produzione sul consumo, l’avvento della società dell’informazione, o società del
1
network (Fabris, 2009:34), segnano la transizione dall’homo oeconomicus all’homo
ludens (Fabris, 2009:31), un individuo polimorfo, mutevole, flessibile, sfuggente,
fortemente ironico e giocoso, che vagabonda nei meandri dell’esperienza come in un
reticolo. Frammentato in una miriade di declinazioni personali, il nuovo consumatore
appare un soggetto dalle identità plurime, compresenti e spesso contrapposte, che
riflettono la molteplicità dei contesti culturali in cui vive. E’ questa la modernità
liquida di cui parla Bauman (2006), nella quale il passaggio dalla stratificazione
all’individualizzazione dei comportamenti induce un crescente eclettismo degli stessi.
Tale pendolarismo delle identità (Franchi; 2007:5) dà luogo a scelte e modelli di
consumo non solo diversi, ma anche contrastanti, determinando due delle caratteristiche
1
Concezione economica classica che considera il consumatore come individuo perfettamente razionale,
che compie scelte ragionate per ottenere la massimizzazione della sua utilità personale. Cfr Pareto, V.,
(1906), Manuale di Economia Politica.
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fondamentali del nuovo consumatore: pluralità e pragmatismo, abilmente sintetizzate da
Fabris nel concetto di sincreclettismo (2009:258).
Imprevedibile ed eclettico, il consumatore cherry picking (Fabris; 2009: 95) si
destreggia nell’iper-offerta, seguendo la logica del case by case e del pastiche: traendo
il meglio da ogni settore merceologico, predilige la contaminazione e la commistione
degli stili, dando luogo ad un vero e proprio gioco creativo. Ed è in tale attività di
patchwork che si esprime pienamente l’homo aestheticus: comunicando il proprio buon
gusto e la propria capacità di scelta, egli appaga il proprio senso estetico e il desiderio di
circondarsi di cose belle.
Riassumendo attraverso le parole di Fabris, prende vigore l’etica polimorfa della
fluidità, ambiguità, camaleontismo, pragmatismo, flessibilità, localismo, fusività,
multidimensionalità, olismo, interesse per la vita “banale” di tutti i giorni. Il collage/il
montaggio è la forma principale del linguaggio post-moderno. Le identità sono
molteplici e molteplici le maschere della teatralità quotidiana che rifuggono da
classificazioni. L’estetica fa aggio sull’etica ma anche subentra un’etica dell’estetica
(2009:35).
Il consumatore sembra, dunque, risvegliarsi da un letargo che ne ha intorpidito i sensi;
vuole riappropriarsi della sua fisicità, vivere in armonia con essa e con la propria
personalità, circondandosi di oggetti che glielo consentano e vivendo esperienze di
consumo gratificanti e stimolanti, non solo da un punto di vista sensoriale, ma anche
affettivo e intellettivo. Il suo agire non si caratterizza, infatti, soltanto come godimento
fine a sé stesso o come narcisismo individualistico, ma piuttosto come un nuovo modo
di comprendere e vivere la vita in società dove la cura di sé rafforza la cura per gli
altri. Il sensibile è quindi principio di civiltà, ci fa partecipare alla realtà
sovraindividuale, ci integra nella comunità (Fabris; 2009:23).
La tendenza alla soggettività che caratterizza il consumatore post-moderno, si esplicita,
infatti, in due direzioni principali e parallele: da una parte la necessità di distinzione e
differenziazione, contrapposta agli eccessi dell’omologazione di massa, porta ad un
individualismo edonista, basato sulla ricerca del piacere e del benessere personale;
dall’altro un ritrovato bisogno di identificazione e appartenenza, conduce verso
un’individualità protesa alla crescita personale, all’espressione del sé e
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all’autorealizzazione, concretizzandosi nella ricerca di relazioni più autentiche,
attraverso nuove forme di comunitarismo tribale (Gallucci; 2007: 19).
Queste due direttrici, non necessariamente contrapposte, trovano un punto d’incontro in
quello che Morace definisce modernità radicale (2004), ovvero una modernità
cresciuta e arricchita dall’esperienza postmoderna, in cui si muovono soggetti
smembrati e dissolti che, dopo aver sperimentato la scissione e la frammentazione, si
riscoprono desiderosi di ricomporre la propria identità ripartendo dai propri sistemi di
appartenenza sociale e dal mito. E’ in questa riconciliazione con il proprio sé che si
realizza ciò che Morace indica come il superamento della post-modernità: il sé fluido,
scivolando in una miriade di percorsi di senso e di ramificazioni identitarie, ritorna
all’unicità dell’io, recuperando il contatto con la materialità dell’esperienza, con le
proprie radici. In una ritrovata socialità, piuttosto che nell’isolamento moderno, si
esplicita, allora, il nuovo valore simbolico delle merci: si consumano segni, si parla coi
prodotti, si investono nuove forme di stare insieme, cementate dalle emozioni, passioni,
sentimenti, generando forme del tutto inedite di tattilità sociale (…) si riscatta la
categoria del banale, si valorizza il concreto, si amano le piccole cose. Si tratta cioè(…)
di epifanizzare il quotidiano (Fabris, 2009: 21).
1.2.1 La trasformazione delle merci
Se il cardine della modernità era la produzione, oggi al centro dell’ economia post-
moderna troviamo il consumo, ma sempre meno di beni e sempre più di esperienze: la
performance del prodotto è superata dalle narrazioni degli oggetti, o da ciò che viene
definito lo spettacolo della merce (Codeluppi, 2000). Gli oggetti post-moderni flirtano
con l’ iperbole, l’ iperrealismo, il ludico, raccontano storie (…) strizzano gli occhi,
generano effetti di straniamento e sono sovente fortemente ironici (Fabris; 2009:39).
Lo stesso atto di consumo non è più collegato al reale logorio e deterioramento dei
prodotti, bensì ad una fruizione parziale che ne lascia sostanzialmente invariato il
valore d’uso (Fabris, 2009: 46). Ed è proprio il passaggio dai valori d’uso ai valori
simbolici degli oggetti che segna la trasformazione dell’universo delle merci, da oggetto
di scambi economici a strumenti di scambi sociali: da mezzi funzionali alla mera
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soddisfazione di bisogni fisiologici, passando attraverso caratterizzazioni di feticci
(Marx), simboli di stato, consumo vistoso e sotentativo (Veblen, 1971), distinzione e
arma sociale (Bourdieu, 1983), marking services (Douglas, 1985), segni dotati di vita
propria (Baudrillard, 2002:12), veicoli di libertà assoluta, piacere immediato, ricerca
della felicità (Bauman, 2002), fino ad approdare a glutinum mundi, la colla del mondo
che assicura coesione e fa sì che il corpo sociale sia quello che è (Maffesoli, 2004).
Una mutazione che segna una sorta di evoluzione della civiltà, da una fase di
soddisfacimento di bisogni meramente fisiologici ad un’ottica di solidarietà sociale,
fatta di attrazioni, repulsioni, emozioni e passioni. Sono le affinità elettive di Goethe,
l’empatia, la carica affettiva a cementare il sociale nella post-modernità (Maffesoli,
1993). Tali dimensioni vengono sempre più ricercate nel rapporto con gli oggetti, al
punto che le merci stesse divengono oggetto d’amore (Guerzoni, Troilo,1998): si pensi,
infatti, al collezionismo e alla tesaurizzazione di prodotti di culto, alcuni dei principali
trend di consumo degli ultimi anni. Lo stesso legame con la marca è spesso ricondotto
2
ad una relazione d’amore Ed anche l’acquisto come dono sottolinea questa
caratterizzazione affettivo-simbolica degli oggetti, nonché la funzione di collante
sociale. Come rileva Webley, essi sono possessi utilizzati per dare alle nostre vite
permanenza e anche per lasciare una traccia (2004:25).
Segni, dunque, ma anche significati, relazioni, veicoli di esperienze. Da qui il
riferimento ad uno dei brand che meglio ha sintetizzato i principali trend in atto nei
consumi odierni, ovvero il marchio Harley-Davidson. La casa motociclistica ha in fatti
saputo realizzare, o meglio, inscenare una rappresentazione perfetta di ciò che
simboleggiano oggi le merci: non solo storie da raccontare, ma anche, e soprattutto,
esperienze da vivere e condividere, che contribuiscono ad alimentare il mito, la
leggenda. Come osserva Maffesoli, la teatralizzazione degli oggetti crea delle
comunità, un’estetica collettiva: l’oggetto è la base di quelle piccole storie che fondano
le tribù (2004). Attorno al prodotto, la motocicletta, divenuto oggetto di culto, ruota,
infatti, un universo di valori, quali ricerca di autenticità (anche nel contatto diretto con
l’ambiente esterno e nel rapporto simbiotico con il mezzo di trasporto), distinzione e
libertà assoluta, ma anche identificazione e appartenenza, comunione di spirito e
fratellanza, che si manifestano nei numerosi raduni organizzati periodicamente
2
Jantzen, C., Ostergaard, P., (1998), The Rationality of Irrational Behavior; cit. In: Fabris, G., (2009), Il
nuovo consumatore: verso il post moderno, Milano: Franco Angeli
17
3
dall’azienda, per portare gli harleisti di tutto il mondo insieme, nello stesso luogo;
compartecipazione, dunque, e condivisione (di luoghi, di stili di vita, di valori…), che si
realizzano nella costituzione di nuove comunità-tribù, non solo virtuali, ma anche, e
soprattutto, reali. Tutto ciò è stato sapientemente riassunto in uno spot pubblicitario
esemplare: in un pascolo di alta montagna, una pecora nera abbandona il gregge
uscendo dal recinto e inizia il suo lungo viaggio di discesa (che sembra, piuttosto,
ascesa spirituale, evoluzione) verso la città; attraversando la natura selvaggia (sulle note
di Paradise City dei Guns’n Roses), è pian piano raggiunta da altre pecore nere che si
uniscono alla sua corsa; ad accoglierle alla fine del percorso un cartello che, posto
4
davanti a una fila di motociclette, recita: welcome harley riders.
Osserviamo, dunque, un consumatore centauro (Wind, Mahajan, 2002), o anche un
turbo consumatore (Lipovetsky, 2007), che cavalca luoghi fisici e virtuali, alla ricerca
di esperienze polisensoriali uniche e contatti empatici con prodotti e marche che si
trasformano in vere e proprie icone di socialità (Fabris; 2009:73).
Gli oggetti assolvono, infatti, funzioni di ancoraggio del sé e strumento di strategie di
vita, costituendo la trama del discorso su noi stessi che scriviamo attraverso le azioni e
le relazioni quotidiane (Franchi, 2007). Pensiamo, ad esempio, alla straordinaria
diffusione del cellulare quale mezzo per connettere le persone, caratteristica sempre più
esaltata a livello pubblicitario (Nokia: Connecting People; Vodafone: è tutto intorno a
te), nonché all’enorme successo dell’iPhone della Apple, che, attraverso touch screens e
tecnologie all’avanguardia, consente interazioni fisiche col prodotto ed esperienze
sensoriali sempre più coinvolgenti per i clienti, rafforzandone così l’interconnessione e
5
la condivisione (C’è un App praticamente per tutto). Lo stesso logo della Apple, una
mela morsicata, sembra far riferimento a tutta una proposta valoriale basata sulla
sensorialità.
Ma il richiamo al mondo delle sensazioni, è utilizzato da comparti sempre più ampi
dell’industria di consumo e si coglie, con sempre maggior frequenza, anche per i beni di
largo consumo (Heineken: sounds good; Muller: fate l’amore con il sapore).
Il cibo diventa, forse più di ogni altro consumo, strumento di strategia di vita, relazione,
esperienza: alla destrutturazione del pasto e alla logica del fast food, proprie
3
Una vera e propria categorizzazione che distingue chi guida una Harley da un motociclista “qualunque”.
4
http://www.youtube.com/watch?v=sSY0nCuRhHA
5
http://www.youtube.com/watch?v=xRPi0ycw77c
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dell’individualismo postmoderno, si associa gradualmente un recupero della funzione
socializzante del cibo, dello slow-food, dello star bene insieme, anche a tavola,
attraverso un recupero della naturalità, dell’autenticità, dei valori della tradizione e
radicazione (Barilla ci trasmette La gioia di stare insieme, sottolineando come Per
essere davvero liberi, bisogna avere radici, ricordandoci sempre che Dove c’è Barilla
c’è casa); parallelamente, la ricerca del piacere e dell’appagamento polisensoriale, porta
ad un’estetizzazione, anche qualitativa, del cibo, esaltando creatività e sperimentazione
accanto alla gratificazione orale: ritroviamo ancora la pasta, internazionale e locale, con
le sue mille forme di personalizzazione creativa, o il più esotico sushi.
Contaminazione e creatività divengono le parole chiave in un’ampia serie di settori
merceologici, primo fra tutti l’abbigliamento: ciascuno diviene stilista di sé stesso,
mixando creativamente capi alla moda con vecchi indumenti, abiti costosi e griffati con
quelli dei mercatini, in un gioco continuo di fusioni e contrapposizioni.
Tradizione e sperimentazione, vecchio e nuovo, locale e globale, individualità e
socialità, godimento e privazione convivono nei consumi attuali, come tessere
policrome di un mosaico costantemente cangiante (Fabris; 2009: 260), dando vita a
tendenze plurime.
1.2.2 I nuovi trend del consumo
Abbiamo già osservato come il mainstream dell’individualismo, o meglio
dell’individualità, caratterizzi gran parte dell’agire postmoderno. La spinta alla
soggettività si esprime in scelte di consumo molto diverse e spesso contraddittorie che
possono essere ricondotte a due macrotendenze principali: da un lato, i trend
dell’edonismo, del consumismo, del narcisismo, dell’estetismo, della ricerca del piacere
e del bello, della gratificazione e della felicità corporea, portano al perseguimento del
benessere psico-fisico, attraverso la cura del corpo, l’attenzione alla salute, la ricerca del
polisensualismo (da qui l’aumento della richiesta di qualità in tutti i settori, il maggior
consumo di prodotti biologici, il fiorire di centri estetici e palestre, l’estetizzazione della
vita quotidiana, la democratizzazione del lusso); dall’altro il rifiuto del conformismo e
dei condizionamenti sociali, l’espressione di sé, l’autorealizzazione, la creatività
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personale, l’ironia e il disincanto, nonché la ricerca di rapporti autentici e l’affermarsi di
una rinnovata etica del dovere, vedono l’emergere di nuovi trend quali ecopragmatismo,
sensibilità ambientale, consumo consapevole, responsabilità sociale, altruismo,
solidarietà, comunitarismo (si prediligono sistemi di produzione ecocompatibili, si
punta al risparmio energetico, si sviluppa una politica del riuso e del riciclo, si
consumano prodotti del commercio equo e solidale, nascono banche del tempo, tribù
del consumo e comunità virtuali).
Tra le mille e più possibilità offerte dal mercato si destreggia il turboconsumatore di cui
parla Lipovetsky (2007), un soggetto più libero e attento al mercato, mobile e a volte
contradditorio, diligente, ma anche spesso impulsivo e irrazionale. Nelle sue scelte si
rileva una sorta di schizofrenia di fondo (Fabris, 2009:91) che arriva fino allo sviluppo
di comportamenti dannosi per sè e per la società: si tratta del consumo negligente o
6
consumo compulsivo, che vede nello shopping compulsivo la sua forma più eclatante.
La metafora del patchwork o del pastiche in progress (Fabris, 2009: 94) ben sintetizza
l’ orientamento olistico-creativo del nuovo consumatore, capace di fondere insieme, in
maniera armonica, stili e generi merceologici differenti, seguendo la tendenza alla
contaminazione e alla fusion. Un’attitudine che diventa un’arte e si eleva a nuovo
valore: la capacità di scelta, il gusto estetico e la preferenza per la qualità assumono
un’importanza centrale nell’espressione di sé e nell’autorealizzazione.
Gli atti d’acquisto si personalizzano e si afferma sempre più il custom made, secondo
una logica di commistione e meltin’ pot. Parallelamente, la produzione si fa sempre più
glocal, per venire in contro ad esigenze locali del villaggio globale: nascono nuovi
accostamenti creativi, nuove offerte e nuovi contenitori.
Tutto ciò in un contesto che ha perso i tratti spazio-temporali tradizionali: nella società
della computerizzazione, il consumo appare, infatti, sempre più delocalizzato e
despazializzato. Ma, accanto alla compressione temporale odierna, si sviluppa una
tendenza sempre maggiore al rallentamento del tempo che porta il villaggio globale a
riscoprire i ritmi della vita del villaggio (Fabris, 2009:283). In tal senso, si assiste al
ritorno ad una dimensione più a misura d’uomo: i negozi monomarca si
contrappongono alla GDO e la tendenza alla miniaturizzazione investe tutti i settori
merceologici. Anche la nascita di nuove forme di microsocialità, sembra andare in
6 Bisogno urgente e intenso di comprare qualcosa nell’ immediato. Cfr., Pravettoni, G., Vago, G., La
scelta imperfetta. Caratteristiche e limiti della decisione umana, Milano: McGraw-Hill, 2007, pp. 220.
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questa direzione, esprimendo un ritrovato desiderio di intimità, di empatia, di
appartenenza, di scambiare atmosfere ed emozioni (Fabris, 2009: 21).
E sono proprio le emozioni, dopo essere state demonizzate per anni, a diventare,
nell’epoca postmoderna, il fattore propulsivo delle scelte d’acquisto, determinando uno
dei maggiori macrotrend in atto, ovvero la femminilizzazione della società: con la
diminuzione delle differenze fra i sessi, i valori considerati stereotipicamente femminili
vengono condivisi anche dall’universo maschile e, quindi, legittimati socialmente. La
valorizzazione degli affetti e dei sentimenti, l’emozione, la leggerezza, l’intuizione, il
pensiero olistico, la flessibilità divengono i trend prevalenti.
Le aziende tentano perciò di coinvolgere emotivamente il cliente, affascinandolo e
stimolandolo attraverso la sollecitazione globale dei sensi. Ma è una seduzione
ammiccante, complice, una complicità magica (Minestroni, 2006: 31) nella quale il
consumatore si lascia sopraffare dalle sensazioni, facendosi trasportare, come un nuovo
Peter Pan (Fabris, 2009:208), in un mondo fantastico in cui tutto sembra favoloso e
spettacolare.
1.3 Marketing tradizionale vs acquirente emozionale
La rivalutazione dei sensi nell’esperienza di consumo e il crescente rilievo delle
emozioni quale fattore preminente delle scelte d’acquisto hanno portato al riscatto di
una componente fondamentale dell’agire umano, a lungo e ingiustamente sottovalutata
dall’economia e dal marketing.
In un contesto di mercato sempre più dinamico e globale, caratterizzato da
sovrapproduzione, rapida saturazione e obsolescenza, dove l’aumento della propria
quota di mercato dipende sempre più da quella sottratta ai competitors, la componente
emozionale assurge a fattore differenziante di massima rilevanza; strategie tradizionali
di differenziazione, incentrate esclusivamente su prodotti, prezzi, dinamiche distributive
e promozione non bastano più; il consumatore sensation ed emotion seeker, non fonda
più le sue scelte d’acquisto sugli aspetti razionali dell’offerta, bensì su fattori intangibili
legati all’esperienza di consumo; l’homo ludens ricerca complicità, gioco, divertimento,
stimolazioni polisensoriali, coinvolgimento emotivo, empatia.
21
Creare valore per il cliente significa allora renderlo protagonista di una memorabile
esperienza di acquisto emozionandolo e coinvolgendolo tramite la stimolazione
integrata di tutti i suoi sensi. E’ evidente, dunque, come i mezzi del marketing
tradizionale risultino ormai inadatti e come si ponga l’urgenza per le imprese di adottare
approcci e metodologie innovative: non sono i prodotti a scarseggiare ma i clienti; il
problema non è l’offerta ma la domanda (Kotler, 2006).
L’orientamento al consumatore e la customer satisfaction, concetti che permeano gli
enunciati teorici di molte imprese, sembrano trovare scarso riscontro nella pratica.
La maggior parte degli approcci di management risulta, infatti, ancora lontana da un
reale contatto con il consumatore, che tenga conto di tutte le dimensioni che connotano
la sua interazione con l’universo della marca. Lo stesso concetto di soddisfazione, quale
metro di misura della fedeltà al brand, sembra ormai superato: fornire esperienze
coinvolgenti e irresistibili permetterà di contraddistinguersi dai concorrenti in un modo
che la semplice soddisfazione, orientata al risultato, anziché al processo, non consentirà
mai (Ferraresi, Schmitt, 2009: 39).
1.3.1 I limiti del marketing tradizionale
Alla luce del carattere multidimensionale del comportamento del consumatore e dei
repentini mutamenti di scenario che caratterizzano i mercati attuali, è evidente come il
compito degli esperti marketing diventi sempre più difficile.
Nell’incertezza e frammentazione della società postmoderna, le azioni dei singoli
sembrano sfuggire ad ogni logica e, dunque, ad ogni possibilità di previsione e
controllo. Informato, competente, esigente, flessibile, eclettico, imprevedibile,
contraddittorio e fortemente infedele, il consumatore odierno presenta comportamenti
molto differenti a seconda delle circostanze d’acquisto. La crescente complessità e
mutevolezza del suo agire non consente più, dunque, di inserirlo in schemi rigidi quali
caratteristiche sociodemografiche, lifestyles o opinioni e credenze dominanti.
In una società sempre più segmentata in una pluralità di gruppi e gruppuscoli (Fabris,
2009:304), le variabili sociodemografiche e le classificazioni degli stili di vita si
sfaldano, al loro interno, in una miriade di declinazioni differenti, che si estendono fino
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alle identità dei singoli. Lo stesso termine target, espressivo di una massa omologa e
indifferenziata e di una concezione del consumatore come bersaglio da colpire, piuttosto
che come fulcro intorno al quale costruire dialogo e relazione, non sembra più adattarsi
alla complessità del conteso attuale.
I paradigmi tradizionali del marketing – il marketing concept, la customer satisfaction,
il Customer Relationship Management- tradiscono una visione ancora fortemente
orientata al prodotto e alle vendite, piuttosto che, come vorrebbe la teoria, al
consumatore. Anziché sulla reale costruzione di relazioni, le aziende si focalizzano sulla
misurazione e registrazione di dati, lasciando in secondo piano la dimensione
emozionale dell’esperienza di consumo. Le tradizionali ricerche di mercato, basate su
interviste e focus groups, sono soggette a numerosi limiti in tal senso, in quanto, dando
scarso rilievo al vissuto esperienziale del consumatore, non forniscono un’adeguata
comprensione del fenomeno d’acquisto.
Nell’orientamento di gran parte del management tradizionale manca, dunque, una
visione più ampia dell’esperienza di consumo, che valorizzi l’interazione tenendo conto
di tutti i punti di contatto tra brand e clienti. Ciò che manca, ironicamente, è proprio il
consumatore (Ferraresi; Schmitt, 2009: 40).
1.3.2 The caos scenario
E’ venuto il momento di ammettere che il mercato dei mass media è finito. Il nostro
marchio significa cose diverse per differenti categorie di clienti (Larry Light, Mc
Donald);
Non abbiamo la sensazione di ottenere l’ impatto desiderato, ma solo quella di
produrre un annuncio pubblicitario fra i tanti. Stiamo cercando nuove strade per
raggiungere i consumatori (John Hayes, American Express).
L’ inversione di tendenza che si coglie nel mondo del marketing, palesata dalle
affermazioni di queste due autorevoli fonti del mercato, si inscrive in quello che Bob
Garfield, guru dei media americani, definisce the caos scenario, ovvero un progressivo
23
declino delle strategie di comunicazione e promozione basate sui media tradizionali, in
favore della ricerca e dello sviluppo di nuovi punti di contatto con i consumatori.
L’epoca di Carosello appare definitivamente tramontata: se prima i consumatori erano
un’audience prigioniera, una massa omologata a cui destinare comunicazioni
indifferenziate, standardizzate e scarsamente originali, oggi è necessario adattare il
messaggio pubblicitario a nuovi contesti, rendendolo più flessibile per inseguire
un’audience che si disperde in mille rivoli (Provana, 2007:17), domandando creatività,
interazione, coinvolgimento.
Si realizzano, dunque, forme di comunicazione sempre più innovative e alternative,
dove l’effetto sorpresa diventa l’imperativo fondamentale.
Il fenomeno di tendenza è quello che è stato definito della pan-pubblicità , ovvero, la
pubblicità che può essere ovunque. Secondo tale approccio, tutto può divenire un punto
di contatto con la marca: ovunque si posi lo sguardo, si ascoltino suoni, si viva un’
esperienza, c’è un potenziale mezzo di pubblicità. E’ un media il pavimento sul quale
camminiamo in stazione, il passaggio della fiaccola alle olimpiadi, i blog, i programmi
scaricati con il podcasting (Provana, 2007:18). E naturalmente, e soprattutto, il punto di
vendita, vero touch point (Gallucci, 2007: 70) nel quale si realizza concretamente
l’incontro tra consumatore e brand. Da qui lo sviluppo di nuovi orientamenti al mercato,
in cui viene esaltata la dimensione fisica, sensoriale ed empatica del rapporto con
prodotti e marchi.
1.3.3 Nuovi paradigmi: verso il marketing dell’esperienza
La necessità di trovare nuove forme di contatto con il consumatore, che valorizzino la
dimensione affettivo-emozionale dell’esperienza di consumo, spinge le imprese ad
adottare nuovi approcci di management. Dal marketing relazionale (Kotler, Keller,
2007), focalizzato sulla creazione e il mantenimento di una relazione profittevole e
duratura con il cliente, attraverso programmi di fidelizzazione esclusivi (club,
membership card, raccolte punti, concorsi a premio, buoni sconto) che rafforzino il
senso di appartenenza e attaccamento al brand, al marketing tribale, una strategia non
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convenzionale che porta alla costituzione di vere e proprie tribù del consumo associate
ad un prodotto o marchio, intorno al quale condividere esperienze e costruire relazioni.
La rete diviene lo strumento fondamentale per mantenere e coltivare tali rapporti, che
spesso si concretizzano in fenomeni di aggregazione collegati al brand come raduni e
celebrazioni.
Il web è anche il mezzo principale attraverso il quale si sviluppa un’altra strategia di
marketing che ha avuto un massiccio impiego negli ultimi anni, ovvero il marketing
virale, consistente nella progressiva diffusione di messaggi relativi a prodotti o marche,
sfruttando i principi del passaparola telematico.
Internet diviene, dunque, un nuovo, e forse il principale, punto di contatto col
consumatore, avviandosi a soppiantare i vecchi media. Ma gli strumenti del new
marketing non si fermano qui: nella frammentazione e turbolenza della società
postmoderna, tutto può divenire comunicazione, pubblicità, marketing. Si sviluppano,
allora, tecniche alternative e non convenzionali, volte ad attirare l’attenzione di un
consumatore sempre più sfuggente e ludico; è il caso del guerrilla marketing (Kotler,
Keller, 2007), che si propone di stupire il soggetto con azioni e messaggi sorprendenti e
originali che possono manifestarsi ovunque: sul web, nei punti vendita, per strada,
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perfino sul proprio corpo (body rental).
Il guerrilla marketing è considerato espressione del cosiddetto advertainment, ovvero
una forma di comunicazione che, facendo leva sulla dimensione emozionale,
esperienziale e ludica, tende a fondersi con l’intrattenimento. Una delle più recenti
innovazioni in quest’area, è stata l’adozione, da parte delle aziende, di iniziative di flash
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mob: è, infatti, sempre più frequente imbattersi in manifestazioni insolite e
sorprendenti che hanno luogo improvvisamente in concomitanza dell’apertura di un
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nuovo negozio o dell’uscita di un film nelle sale cinematografiche
Focalizzandosi sulla dimensione ludica e ricreativa, tali strategie permettono di rendere
il contatto con la marca un momento unico e irripetibile, potenziando il ricordo e
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Si tratta di una vera e propria forma di affitto di parti del corpo come spazio pubblicitario. Il primo ad
adottare tale tecnica è stato uno studente britannico che ha messo all’asta su e-Bay la propria fronte come
mezzo di comunicazione.
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Raggruppamenti spontanei e improvvisi di persone, che si riuniscono per un breve periodo di tempo in
spazi pubblici prestabiliti per mettere in atto un’azione insolita, che non ha alcuno scopo politico,
religioso o di lucro.
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Il giorno di uscita nelle sale cinematografiche di Alice in wonderland di Tim Burton, un esercito di carte
di cuori è stato visto sfilare e ballare in C.so Vittorio Emanuele a Milano.
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