II
ampliano ai legami sentimentali con un partner, ai rapporti di
amicizia e alle stesse affermazioni ed acquisizioni personali.
Allo stesso tempo. il sistema motivazionale dell’attaccamento si
integra e si modifica anche in rapporto all’attivazione di altri
sistemi motivazionali, come ad esempio quello sessuale-
sensuale, che diventa particolarmente importante nel corso
dell’adolescenza e cruciale in un futuro stabile di coppia. Nella
specie umana l’attaccamento del bambino nei confronti della
madre, o di un’altra figura primaria che se ne prenda cura, è un
prerequisito per la sopravvivenza e un banco di prova e
formazione per tutti i successivi attaccamenti. Da questa prima
relazione deriva tutta una serie di aspettative ed assunti che
influenzeranno i successivi rapporti e che non si modificheranno
facilmente. Gli studi longitudinali sull’argomento dimostrano che
ogni schema di attaccamento, una volta sviluppato, tende a
persistere e ad autoperpetuarsi, grazie alla creazione dei modelli
operativi interni cioé all’interiorizzazione delle primitive
transazioni interpersonali.
n definitiva quindi tali modelli operativi interni sono definibili
come schemi cognitivo-afièttivi delle relazioni complementari tra
il Sé e le figure di attaccamento, non sono filtri passivi di
III
esperienza ma organizzatori del comportamento individuale che
riproducono attivamente esperienze relative alla storia
relazionale; forniscono inoltre un contesto di base per le
successive transazioni con l’ambiente in particolare per quanto
riguarda le relazioni sociali.
Il paradigma dell’attaccamento, nella formulazione bowlbiana,
teorizza la tendenza degli esseri umani a stringere legami affettivi
preferenziali con gli altri individui lungo tutto l’arco della vita
secondo un modello fornito dalla relazione precoce tra il
bambino ed il genitore. Sul piano empirico, l’attenzione dei
ricercatori si è estesa alle relazioni giovani intime ed adulte.
Riferiamo soprattutto il contributo di alcuni autori come Shaver e
Hazan che hanno adottato il modello bowlbiano per
l’interpretazione del rapporto di coppia; in particolare gli autori
hanno considerato il legame di attaccamento una componente
fondamentale e costitutiva del rapporto amoroso, integrata ad
altre componenti fondamentali e complementari quali quella
sessuale, che favorisce e supporta, specie nella fase iniziale della
relazione, 1a formazione del legame di attaccamento stesso, e
quella di cura che diventa via via che il legame si sviluppa
l’indice
IV
più predittivo della durata della relazione stessa L’associazione
tra attaccamento e sentimento amoroso, ipotizzata dagli autori
sulla
base della teoria dell’attaccamento, viene spiegata facendo
appunto ricorso alla versione di Working-Models o modelli
operativi interni per evidenziare che i modelli relazionali messi a
punto nella famiglia di origine tendono ad essere estesi alle
relazioni adulte. Nella prima parte di tale lavoro si vuole cercare
di seguire il sorgere e lo sviluppo della teoria dell’attaccamento,
sottolineando come il
concetto bowlbiano di modello operativo interno abbia consentito
di trovare dei punti di contatto con la prospettiva delineata dalla
teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali.
Nella seconda parte si offre una panoramica del ciclo “normale”
di vita della famiglia, sottolineando in particolare una sua fase
vitale:
l’adolescenza dei figli e, ancora meglio, l’attuale problematica
dell’adolescenza prolungata che porta alla nascita di una nuova
figura, quella del “giovane adulto”.
Questo giovane adulto, maturo e indipendente ma nello stesso
tempo non autonomo e ancora dipendente da stretti vincoli
V
parentali, si trova a percorrere ora la tappa forse più importante
di tutto il suo iter vitale: la scelta del partner. Ed è questo
l’argomento della terza parte in cui si vuole offrire una conferma
all’ affermazione di Bowlby (1979) secondo la quale la
formazione di un attaccamento equivale all’ innamoramento.
La quarta ed ultima parte chiude il quadro delineando come,
perlomeno in una relazione stabile, venga scelto quel tipo di
partner che consente di confermare la percezione di sé e degli
altri e che giustifica la ripetizione dei propri modelli relazionali
appresi. Per concludere si può affermare che, sulla base della
teoria dell’attaccamento, é davvero probabile che l’esperienza del
primo attaccamento determini i tipi di partner con i quali è più
facile che si formino nuovi attaccamenti, soprattutto duraturi,
nonché il modo in cui questi nuovi attaccamenti si sviluppano.
Vorrei concludere con una citazione di Bowlby che sintetizza
ottimamente l’intera sua teoria nonché il qui presente argomento:
“ Tutti noi, dalla nascita alla morte, siamo al massimo della
felicità quando la nostra vita è organizzata come una serie di
escursioni, lunghe o brevi, dalla base sicura fornita alle nostre
figure di attaccamento”.
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1° CAPITOLO
LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO:
ORIGINI E SUOI SVILUPPI
“Tutti noi, dalla nascita alla morte, siamo al massimo della
felicità quando la nostra vita è organizzata come una serie di
escursioni, lunghe o brevi, dalla base sicura fornita dalle nostre
figure di attaccamento.” ( Bowlby, 1988 )
Una breve citazione potrebbe quasi rendere manifesta l’intera
teoria di Bowlby che, come Freud, cominciò la sua produzione
scientifica in età piuttosto avanzata. Infatti, sebbene avesse alle
spalle un sostanzioso corpo di lavori sull’argomento, fu solo
verso i cinquant’anni, in una serie di lavori pubblicati tra il 1958
e il 1963, che Bowlby cominciò a formulare i principali
lineamenti della sua teoria dell’attaccamento.
Sebbene fosse un eccellente psicoanalista, membro della British
Psychoanalytic Society, Bowlby aveva una personalità molto
prudente e quindi aveva bisogno di essere assolutamente certo
della sua nave prima di imbarcarsi in una nuova avventura. Egli
non si era mai sentito completamente a proprio agio con lo
2
statuto scientifico della psicoanalisi; così negli anni Cinquanta la
sua scoperta dell’etologia gli fornì la base sicura scientifica dalla
quale operare il suo avanzamento teorico come Egli stesso
afferma : “ ...il tempo è maturo per una unificazione dei concetti
psicoanalitici con quelli dell’etologia e di seguire il ricco filone
di ricerche che questa unificazione propone . “ ( Bowlby, 1953 )
La teoria dell’attaccamento, nella sua forma attuale, è frutto del
lavoro congiunto di Bowlby e della Ainsworth. Bowlby ha
formulato le linee di base della teoria utilizzando concetti tratti
dall’etologia, dalla cibernetica e dalla psicoanalisi. Si é in debito
con lui di un modo nuovo di concettualizzare il legame del
bambino con la madre e della possibilità di differenziare tra
separazione e deprivazione. La Ainsworth da parte sua, non solo
ha tradotto i principi di base della teoria dell’attaccamento in
dati empirici, ma ha anche contribuito ad ampliare la teoria
stessa; i suoi due contributi maggiori sono stati la spiegazione
delle differenze individuali nei rapporti di attaccamento ed il
concetto di caregiver come base sicura dalla quale il bambino
esplora il mondo.
Come la psicoanalisi nasce con Freud, così la teoria
dell’attaccamento nasce con Bowlby a far comprendere meglio
3
la sua origine, nonché i suoi sviluppi, é opportuno tracciare
brevemente la biografia dei due autori, J.Bowlby e M.
Ainsworth, che l’hanno vista nasce e gli hanno donato quello
statuto scientifico che pone tale teoria al pari delle altre tante e
diverse teorie psicoanalitiche ( psicoanalisi, teoria
dell’apprendimento sociale cognitivismo, etc...).
Jonh Bowlby:
Nasce nel 1907, studia medicina a Cambridge su consiglio del
padre chirurgo ma già durante i suoi studi universitari Bowlby si
avvicina maggiormente a quella che poi sarebbe diventata la
psicologia dello sviluppo, lasciando temporaneamente da parte il
progetto della carriera medica. Conseguita la laurea nel 1928,
presta volontariato in due scuole, una delle quali ospitava
bambini con problemi psicologici. Questa prima esperienza di
volontariato serve a Bowlby per convincersi che sono le
esperienze familiari precoci a determinare lo sviluppo della
personalità.
Nel contempo viene accettato immediatamente alla British
Psychoanalytic Society ed analizzato da Joan Riviere (analista
kleiniana); immerso in tale ambiente, Bowlby ebbe subito
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l’impressione che la psicoanalisi sottolineasse eccessivamente il
mondo fantasmatico del bambino e riducesse così
eccessivamente il peso degli eventi reali . La Seconda Guerra
Mondiale interruppe la sua carriera appena agli inizi come
psichiatra infantile, ma non ne fermò l’evoluzione scientifica. Al
ritorno dal servizio militare nel 1945, Bowlby assume la
direzione del Children’s Department alla Tavistock Clinic, che
ridenomina subito Department for Children and Parents per
sottolineare la importanza della relazione genitore-bambino. A
differenza di molti psicoanalisti della sua epoca e soprattutto a
differenza della maggior parte dei suoi colleghi, clinici kleiniani,
alla Tavistock Clinic, Bowlby era profondamente interessato
alla scoperta dei modelli reali di interazione familiare sottesi allo
sviluppo sano e patologico; così, a causa di questo contrasto,
fondò alla Tavistock una propria unità di ricerca per poter
portare avanti il suo lavoro clinico che avrebbe condotto infine
alla definitiva stesura della teoria dell’attaccamento.
Dunque Bowlby é il padre della teoria dell’attaccamento, ma
non va sottolineata di certo l’importanza di colei che può essere
definita la “madrina” di tale teoria: M. Ainsworth.
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Mary Salter Ainsworth:
Nasce nel 1913, di sei anni più giovane di Bowlby, Mary Salter
frequenta l’Università Toronto specializzandosi in psicologia.
Nel corso dei suoi primi studi di perfezionamento subisce
l’influsso di William Blatz e della sua “Security theory” con la
quale riformulava e sfidava la tesi di Freud; uno dei suoi
principali assunti é quello che riguarda il bisogno che i bambini
hanno di sviluppare una dipendenza sicura dai genitori prima di
affrontare situazioni non familiari. La collaborazione con Blatz
avrebbe esercitato una fondamentale influenza sul suo futuro
contributo alla teoria dell’attaccamento. Con la Guerra, Mary si
arruola nel Canadian Women’s Army Corps dove svolge attività
di counseling; tornata poi a Toronto insegna all’Università e
seguita le sue ricerche con Blatz. La sua vasta esperienza nella
diagnosi e nello sviluppo di strumenti sarebbe stata
successivamente importante nello sviluppo delle classificazioni
dell’attaccamento. Nel 1950 sposa Leonard Ainsworth e si
trasferisce a Londra dove si inserisce nell’unità di ricerca di
Bowlby e ridefinisce così completamente la direzione della sua
carriera professionale (1983).
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Dopo questi brevi cenni biografici é ora opportuno cercare di
delineare le tappe del percorso e dello sviluppo intellettuale di
questi autori, ponendo maggiormente attenzione agli scritti di J.
Bowlby, in quanto racchiudono i punti cruciali della teoria
dell’attaccamento.
Fondando dunque una propria unità di ricerca alla Tavistock
Clinic, Bowlby aveva scelto di concentrare gli sforzi del suo
gruppo di ricerca su una area ben circoscritta; la separazione
madre-bambino. Così nel 1948, ottenuti i primi fondi di ricerca,
Bowlby assunse James Robertson per compiere delle
osservazioni su bambini piccoli ospedalizzati, istituzionalizzati o
segnati dai genitori per altri motivi. Robertson, obiettore di
coscienza, aveva lavorato con Anna Freud e divenne, dopo la
Guerra, un operatore sociale psichiatrico ed iniziò l’analisi.
Dopo aver raccolto per due anni innumerevoli dati negli
ospedali, Robertson non poté continuare a fare lo scienziato
distaccato ma si sentì costretto a fare qualcosa per i bambini che
osservava; così con un finanziamento ridottissimo girò il
commovente filmato “A two-year-old goes to hospital”, film che
non solo ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della
teoria dell’attaccamento, ma ha anche contribuito a migliorare il
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destino dei bambini ospedalizzati in Gran Bretagna e in altre
parti del mondo (Robertson e Bowlby, 1952).
Intanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiese a Bowlby
di scrivere una relazione sul destino dei bambini senza casa
nell’Europa del dopoguerra; tale rapporto venne poi pubblicato
(1951) con il titolo di “Maternal Care and Mental Health”. Il
compito di scrivere tale rapporto fornì a Bowlby la possibilità di
parlare a molti altri professionisti interessati agli effetti negativi
della separazione e deprivazione materna, di leggere la
letteratura disponibile su tali argomenti e, cosa più importante,
gli permise di organizzare le proprie idee su un solo articolo.
Così ben presto Bowlby si rese conto che il materiale che stava
raccogliendo esigeva una teoria ben strutturata. L’ispirazione
per una nuova teoria arrivò da zone inattese: l’etologia e gli
studi sull’imprinting.
Bowlby, grazie ad un amico, lesse una copia non ancora
pubblicata del libro di Lorenz “L’anello di re Salomone” (1957)
e rimase molto affascinato dall’imprinting come processo in
quanto, anche se non collegato alla nutrizione, sottendeva la
formazione di forti legami sociali.
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Poi ebbe la fortuna di incontrare Robert Hinde sotto il quale
iniziò a cercare di padroneggiare i principi dell’etologia,
sperando di trovare in essi aiuto per comprendere in modo più
approfondito la natura del legame del bambino con la madre.
Nonostante questo suo nuovo interesse e adesione ai concetti
etologici Bowlby non riusciva a convincere del tutto il suo
gruppo di ricerca sull’importanza dell’etologia per la
comprensione del rapporto madre-bambino. Anche la Ainsworth
era titubante a proposito, tant’è che in un articolo in cui
collaborarono entrambi ( Bowlby et Ainsworth, 1956 ), non
accenna affatto all’etologia pur essendo molto importante, in
quanto è in esso presente un abbozzo del successivo lavoro della
Ainsworth ( si accenna infatti una descrizione e classificazione
di quelli che saranno i tre principali modelli di interazione dopo
una separazione prolungata ).
L’approccio etologico fornì dunque a Bowlby il fondamento
scientifico che era necessario per aggiornare la teoria
psicoanalitica. Il risultato più grande dell’opera di Bowlby é
stato quello di unificare la psicoanalisi con la biologia
evoluzionistica di Darwin, per il tramite dell’etologia, la
scoperta della quale, agli anni 50’, gli dette l’opportunità che
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cercava di basare la psicoanalisi su un solido piedistallo
scientifico. Poi le sue successive osservazioni sui bambini
separati dai loro genitori gli resero possibile stabilire, una volta
per tutte, l’importanza del trauma ambientale come causa della
nevrosi e dei disturbi del carattere.
Era nata la teoria dell’attaccamento, ma invece di rafforzare la
teoria delle relazioni oggettuali come Bowlby all’inizio aveva
sperato, fu sentita da molti analisti come una minaccia o un
tradimento; perciò gradualmente Bowlby si allontanò dalla
Società Psicoanalitica e la teoria dell’attaccamento venne a
costituirsi come una disciplina a sé.
La prima esposizione formale della teoria dell’attaccamento, con
chiaro riferimento a concetti etologici, fu presentata alla British
Psychoanalytic Society a Londra in tre lavori.
(1) “The nature of the child’s tie to his mother”; presentato alla
Società nel 1957 e pubblicato nel 1958; qui Bowlby passa in
rassegna e rifiuta le spiegazioni psicoanalitiche allora correnti,
relative al legame libidico del bambino alla madre, che
consideravano il soddisfacimento dei bisogni come primario e
l’attaccamento come pulsione secondaria o derivata.