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PREMESSA
Negli ultimi venti anni, il mondo sembra aver subìto un’accelerazione
straordinaria nella velocità con la quale si verificano cambiamenti che
coinvolgono milioni di persone. L’assetto mondiale, frutto degli equilibri
scaturiti dagli esiti della Seconda Guerra Mondiale
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, sembra, ormai, un
ricordo lontano, sebbene non siano trascorsi moltissimi anni dalla caduta del
muro di Berlino
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e dalla fine della “guerra fredda”.
Dalla fine degli anni Ottanta ad oggi, abbiamo assistito a sostanziali
stravolgimenti che ci hanno proiettato in una realtà sempre più globalizzata in
cui ciò che accade in una qualsiasi parte della terra finisce, prima o poi, per
avere ripercussioni su tutto il pianeta, sia sotto il profilo economico che sotto
quello politico, ambientale, sanitario e sociale.
La stretta e dinamica interrelazione tra gli eventi, tipica dei nostri tempi,
non deve necessariamente essere vista come una minaccia, ma necessita,
tuttavia, di essere sapientemente gestita al fine di evitare che eventuali risvolti
negativi inneschino pericolose reazioni a catena. Ne è un esempio la recente
crisi economica che, da qualche anno, affligge gran parte del mondo
occidentale. Le contromisure che ogni singola nazione mette in atto per
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Conferenze di Teheran (1943) Yalta e Potsdam (1945). Principali protagonisti furono Stalin (Russia),
Roosevelt (Stati Uniti) e Churchill (Regno Unito). Gli ultimi due furono sostituiti nella Conferenza di
Potsdam rispettivamente da Truman e Attlee.
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Avvenuta il 9 novembre 1989.
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contrastarne gli effetti, risultano parzialmente, o per niente, efficaci se non
inserite in una strategia comune ed allargata che coinvolga le altre nazioni.
Anche il nostro Paese ha subìto molte trasformazioni negli ultimi anni: l’età
media della popolazione è notevolmente aumentata; i continui flussi migratori
hanno sostanzialmente modificato la composizione della società. Molti, tra le
centinaia di migliaia di profughi e immigrati, sono ormai perfettamente
integrati nella realtà italiana; altri, invece, rimangono legati ad un destino di
stenti o di illegalità.
Il difficile momento storico che stiamo vivendo può essere definito un
periodo di transizione in cui gli schemi che regolavano il vecchio assetto si
rivelano inadeguati e in cui un assetto ancora incerto e indefinito non permette
di elaborarne di nuovi. L’istruzione, il sistema pensionistico, il mondo del
lavoro, sembrano poggiare su un’impalcatura pericolante e vacillano sotto il
peso della difficoltà di combinare esigenze e scarse risorse. Anche il diritto
alla salute e l’organizzazione del sistema sanitario devono fare i conti con
questa realtà e confrontarsi con i nuovi bisogni assistenziali che derivano
dall’aumento delle patologie cronico-degenerative, tipiche di una popolazione
anziana, da una società sempre più multiculturale e dalle emergenze di natura
sociale e sanitaria che affliggono una sempre maggiore fetta di popolazione
che oltrepassa la soglia della povertà e/o della fragilità.
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L’ospedale, fulcro dell’erogazione di cure e assistenza per decenni, inizia a
perdere il suo ruolo primario nel panorama sanitario: già da diversi anni,
infatti, l’esigenza di adeguare l’offerta sanitaria ai reali bisogni della
popolazione, in virtù dei cambiamenti precedentemente descritti, ha spinto i
decisori delle politiche sanitarie dei maggiori paesi industrializzati e anche
delle nostre Regioni a spostare il focus sulle cure primarie e, quindi, sul
territorio.
La scarsità di risorse, in qualche modo endemica nel nostro Paese, è
diventata, però, più grave del previsto a causa della crisi economica
internazionale e ha spinto il Governo italiano a vagliare opportunità di
revisione della spesa pubblica.
Il recente D.Lgs 95/2012, conosciuto come il decreto della spending
review, prevede, infatti, iniziative di riduzione e tagli della spessa pubblica
anche nel settore sanitario
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.
La trasformazione della professione infermieristica, e della relativa
formazione, è stata sancita dalle disposizioni legislative degli ultimi anni che
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www.governo.it/GovernoInforma/spending_review/decreto_legge95_2012.html.Art.15
„Razionalizzazione e riduzione della spesa sanitaria“ prevede riduzione del finanziamento al SSN di 900
milioni di euro nel 2012, 1800 milioni di euro nel 2013, 2000 milioni di euro nel 2014, 2100 milioni di
euro a partire dal 2015. Prevede, inoltre, la riduzione del 5% degli importi e delle prestazioni dei contratti
in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e servizi; la riduzione da 4 a 3,7 posti letto per 1000
abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie. Il tasso di
ospedalizzazione viene ridotto dall’attuale 180 a 160 per 1000 abitanti, di cui il 25% è riferito al Day
Hospital. Per le regioni “virtuose” nella gestione dei bilanci sanitari, a partire dal 2013, è previsto un
premio pari allo 0,25% del finanziamento del SSN.
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valorizzano, rispetto al passato, il ruolo infermieristico sia in ambito clinico,
che educativo, palliativo e riabilitativo, e disegnano, così, il profilo di un
infermiere nuovo, in grado di far fronte efficacemente ed efficientemente ai
bisogni di una società anch’essa nuova ed in continua trasformazione.
L’assistenza infermieristica nasce per soddisfare i bisogni di coloro che
vivono, temporaneamente o in maniera cronica, nell’assenza di un pieno stato
di salute. La salute, riconosciuta dall’OMS come uno stato di benessere bio-
psico-sociale, deve essere ristabilita, quindi, non solo attraverso interventi e
prestazioni tecnico-professionali, ma anche attraverso un’assistenza che tenga
conto della dignità della persona umana, dei principi di autonomia e libertà,
nonché dell’integrazione sociale delle persone fragili, disabili, anziane,
emarginate e povere. Non è un caso, infatti, che la formazione universitaria
delle nuove leve infermieristiche includa l’approfondimento teorico di
discipline umanistiche come la psicologia, l’antropologia, la sociologia e la
pedagogia. Non è un caso, inoltre, che la professione annoveri, ormai, decine
di teoriche che, ad iniziare dalla storica Florence Nightingale, offrono una
panoramica sui diversi modelli per aiutare la persona malata a riconquistare il
suo equilibrio bio-psico-sociale o a raggiungere, nei casi più critici, la
migliore espressione di esso.
È ormai evidente che, per ottenere i migliori risultati possibili, non sia
sufficiente per l’infermiere attingere esclusivamente al suo bagaglio di
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competenze tecniche atte a ripristinare la funzionalità di organi malati. Il
professionista Infermiere non può prescindere dal considerare il lato
soggettivo della malattia, fatto di emozioni, di paure, di smarrimento, di
perdita di certezze e dell’autonomia, di alterazione della propria immagine e
compromissione del proprio ruolo sociale.
L’infermiere stesso, operando costantemente accanto ai cittadini, assume un
ruolo sociale di primo piano: attraverso la costruzione di efficaci relazioni
d’aiuto e la conoscenza diretta dei servizi e delle prestazioni sociali e sanitarie
fruibili sul territorio, egli è in grado di garantire l'assistenza.
La tendenza ad abbreviare le degenze ospedaliere impone uno sforzo
organizzativo per realizzare la continuità assistenziale e l’integrazione dei
servizi con ambiti extra-ospedalieri, territoriali e domiciliari.
La massiccia presenza di persone anziane, per lo più sole, e di immigrati,
spesso con problemi di integrazione e di scarsa padronanza della lingua
italiana, e di altre realtà emblematiche di una società così complessa,
evidenzia una inevitabile criticità legata all’utilizzo improprio dei servizi e
prelude a nuovi ingressi ospedalieri per complicanze e riacutizzazioni. Si
tratta comunque di situazioni prevenibili ed evitabili attraverso un diverso
approccio culturale e attraverso una contemporanea riorganizzazione dei
servizi attualmente esistenti.
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Una risposta adeguata a queste problematiche da parte del Servizio
Sanitario Nazionale (SSN), dovrà necessariamente passare attraverso
l’ottimizzazione dell’impiego di risorse umane ed economiche sul territorio e,
in quest’ottica, il potenziamento della presenza infermieristica territoriale e
l’esercizio di un ruolo adeguato alla accresciuta professionalità ed autonomia,
non possono essere considerati aspetti di secondaria importanza.
Pensare all’assistenza territoriale costringe l'Infermiere ad un cambiamento
di prospettiva: il target dei suoi interventi non sarà esclusivamente l’assistito,
ma anche il suo entourage familiare, sociale e lavorativo.
Per poter gestire al meglio le dinamiche di questo delicato e strategico
rapporto, all’Infermiere è richiesto di sviluppare skill di comunicazione,
leadership e management.
Un'altra caratteristica fondamentale che deve distinguere l'infermiere
moderno è la capacità di cooperare con tutte le altre figure professionali che
agiscono nello scenario sanitario.
Il territorio, con le sue caratteristiche ed esigenze attuali, richiama
l'attenzione dei legislatori e reclama soluzioni innovative e appropriate.
Negli ultimi venti anni, infatti, abbiamo assistito al potenziamento dei
servizi distrettuali e alla creazione di RSA, consultori, hospice, ospedali di
comunità e alla trasformazione dell'assistenza domiciliare da semplice ad
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integrata, laddove sia necessario un supporto della rete sociale. In sostanza, ci
si è concentrati, finora, maggiormente sulle esigenze estreme di cittadini le
cui condizioni di salute impongono un'attività di riabilitazione o un’assistenza
continuativa a causa di malattie cronico-degenerative ad uno stadio avanzato
o di malattie oncologiche in fase terminale.
Esistono, tuttavia, bisogni assistenziali ed educativi, propri di una
popolazione attiva e autonoma, che sviluppano una richiesta di minore
intensità che non trova ancora una risposta adeguata.
Le disposizioni della Legge 69/2009, e dei relativi decreti attuativi, mirano
proprio a colmare questa lacuna e individuano nella copertura territoriale delle
farmacie l'ideale capillarità del SSN. La farmacia si trasformerebbe, così, in
un presidio sanitario territoriale nel quale la presenza e la collaborazione di
farmacisti, fisioterapisti e infermieri, oltre che dei medici con le loro
prescrizioni ed indicazioni, permetterebbe ai cittadini di accedere
agevolmente ai di servizi di assistenza primaria.
L'applicazione della Legge 69/2009 rappresenterebbe, così, un ulteriore
passo verso la realizzazione dei principi dell'Organizzazione Mondiale della
Sanità espressi nel 1978 dalla Dichiarazione di Alma Ata secondo i quali il
primo elemento di un processo continuo di protezione sanitaria si attua
avvicinando il più possibile l'assistenza ai luoghi in cui le persone vivono e
lavorano.