2
Dal punto di vista psicologico, infatti, l’isolamento e la mancanza di riposo
minacciano notevolmente la mente dei piccoli lavoratori, anche la mancata
frequenza scolastica incide non solo sullo sviluppo cognitivo e
l’acquisizione delle conoscenze, ma anche sullo sviluppo sociale e morale
come la capacità di collaborare coi pari, dialogare e distinguere cosa è
bene e cosa è male.
Ai minori che lavorano viene a mancare un saldo legame con la famiglia e
quindi vi è un’assenza anche dei sentimenti di amore e approvazione.
Secondo alcuni neuropsichiatri i bambini avvertono il peso della perdita e
del tradimento che va ad aggiungersi ai traumi.
Il trauma produce diversi disturbi:
1. l’intrusione: cioè dei flashback di fatti che provocano incubi
notturni, difficoltà di concentrazione, sintomi depressivi e possono
portare a gravi episodi dissociativi;
2. l’evitamento: cioè la rimozione di ricordi negativi che è il maggior
ostacolo per la guarigione;
3. la tensione continua con irritabilità, ansietà, aggressività,
iperattività motoria con continuo timore di qualcosa che potrebbe
accadere da un momento all’altro;
4. infine la sensazione di vuoto interiore che provoca distacco nei
confronti degli altri, estraneità alle attività ludiche e isolamento.
3
La condizione di prigionia quindi distrugge le persone e tanto più è
radicata questa situazione tanto più sarà difficile riportare la persona alla
normalità.
Tra le soluzioni possibili per migliorare questa situazione ho individuato:
1- La legislazione
2- L’educazione
3- Il sostegno a distanza
Dal punto di vista legislativo vi sono leggi più attente alle esigenze del
bambino e della sua famiglia.
Il bambino oggi diventa soggetto di diritti e la tutela è sia fisica, sia
psicologica e tenta di garantire uno sviluppo sereno del minore come
cittadino.
Dal punto di vista educativo, invece, è la scuola che interviene nelle
situazioni di degrado e di abbandono.
L’educazione è considerata un fattore fondamentale per l’eliminazione del
lavoro minorile, oggi, infatti, l’accesso ad un’adeguata educazione
costituisce un diritto fondamentale per tutti i bambini.
La scuola è il luogo dove i minori devono potenziare lo sviluppo delle
proprie capacità personali e vi è una relazione consistente tra scuola,
minore e famiglia in modo da creare una rete educativa efficiente ed
efficace.
Inoltre oggi anche la preparazione dei professionisti in educazione è
maggiore rispetto al passato perché si tenta di rispondere sempre al
4
meglio alle esigenze del bambino e quindi si dà maggior importanza alla
centralità del minore, a differenza del passato.
Un altro intervento molto concreto è il sostegno a distanza che si pone il
fine di evitare lo sradicamento dei bambini dalla loro cultura d’origine.
Questo intervento permette di dare un’educazione e quindi una cultura
anche a coloro che economicamente non se la potrebbero permettere,
aiutando quindi lo sviluppo, la crescita e l’autonomia degli uomini di
domani.
5
Presentazione
Questo lavoro si propone di rivolgere l'attenzione alla problematica del
lavoro minorile in tutto il Novecento.
Cercare di comprendere lo sfruttamento del lavoro minorile significa porsi
ad analizzare un fenomeno che affonda le sue radici ormai nei secoli.
La violenza sull’infanzia è stata purtroppo una costante nella vita sociale,
la violenza contro il bambino è sempre stata il modello, il paradigma,
l’essenza stessa della violenza.
Per riportare le parole di P. Aries, il maggiore storico dell’infanzia: “Il
bambino non contava nulla anche perché, sul piano psicologico ma anche
fisico, era solo una speranza d’uomo in quanto la sua sopravvivenza era
assai problematica e perciò non valeva la pena di affezionarsi a lui.”
1
Il singolare è che questo incivile principio, che annienta la personalità del
ragazzo e lo pone nel dominio assoluto di chi è il “suo proprietario” sia,
non solo praticato, ma anche teorizzato.
2
Purtroppo, da quanto c’è dato costatare, il tema del lavoro minorile è
ancora immerso in un mare d’indifferenza, anche se è possibile iniziare ad
intravedere, nel corso degli ultimi decenni, forme d’intervento mirate e
spunti di riflessione.
Lo studio dello sfruttamento del lavoro minorile inizierà partendo da una
generale analisi del fenomeno verso la fine del 1800.
1
P. Ariès, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, Bari, Laterza, 1968, p. 10.
2
A.C. Moro, Erode tra noi, Milano, Mursia, 1988-89, p. 169.
6
Saranno analizzate, inoltre, quelle che sono le forme di sfruttamento che
possono essere attuate a danno del minore, le quali vengono nel
contempo a compromettere il pieno ed armonioso sviluppo della sua
persona e la costruzione della sua identità personale e sociale.
Si passerà, poi, ad un’analisi delle cause che lo sottendono e gli effetti
deleteri di tale sfruttamento.
Infine, si studieranno varie proposte e soluzioni poste in atto per cercare di
difendere il fanciullo e di liberarlo dalla morsa dello sfruttamento e della
schiavitù.
Si concluderà poi il lavoro con delle osservazioni finali sul tema trattato,
cercando di delineare alcuni problemi ancora irrisolti e di proporre delle
possibili soluzioni ad una questione che, con sempre maggiore forza, si
sta presentando allo sguardo dell’opinione pubblica.
7
INTRODUZIONE
Il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile non è soltanto un
ricordo del passato; esso è purtroppo una realtà odierna, a volte tragica.
Ciò di cui si discute non è, però, il lavoro inteso come attività che possa
educare ed aiutare il ragazzo a crescere ed a sviluppare la sua
personalità.
In discussione è il lavoro inteso come sfruttamento dei minori, come forma
di una moderna “schiavitù”.
Del resto le espressioni del disagio minorile sono molteplici ed investono
una lunga serie di momenti della vita di relazione.
3
Scriveva, alla fine del XIX° secolo, G. Tarozzi: “La miseria modifica le
relazioni tra generante e generato, sì che il padre stanco di affannarsi
come un galeotto per dare pane a sé ed ai figli, vedendo di non riuscirci
malgrado i suoi stenti, li abbandona all’ingordigia degli speculatori che
vedono nei fanciulli, come nelle donne, macchine lavoratrici che rendono
spesso come le altre ma costano e consumano immensamente meno.”
4
Lo stato di bisogno – inteso come condizioni di vita insoddisfacenti del
nucleo familiare, determinate, in genere, dalla
disoccupazione/sottoccupazione del padre e/o della madre – ne è
3
A. Colaiacomo, “La condizione dei minori in Italia”, in Affari sociali e internazionali,
1997, 3, p. 105.
4
“In lotta con il lavoro adulto, il lavoro dei fanciulli, mentre alimenta la concorrenza tra i
membri della famiglia, agevola il capitalista e riduce al minimo il costo di produzione” (G.
Tarozzi, Il problema del proletariato e la legislazione sociale, Taranto, 1899, p. 163).
8
probabilmente la ragione principale, soprattutto riguardo a chi lavora
presso terzi.
5
Il problema dello sfruttamento dei minori è stato per lo più affrontato con
riferimento alle gravi situazioni riscontratesi nei paesi in via di sviluppo.
6
Infatti, anche se il fenomeno è abbastanza diffuso nelle aree
industrializzate, le indagini effettuate a livello internazionale e nazionale
7
evidenziano che il lavoro minorile è largamente riscontrabile soprattutto lì
dove v’è una limitata scolarizzazione dei fanciulli; dove le ristrettezze
economiche sono tali da indurre in qualsiasi modo alla ricerca
d’integrazioni del reddito familiare; dove la tutela, legislativa e contrattuale,
dei lavoratori sia alquanto arretrata ed inefficace.
Tuttavia, pur se molti considerano il fenomeno frutto della povertà, la
realtà delle cose non è questa.
Infatti, si tratta di un problema che è causa e non conseguenza di povertà,
poiché comporta un abbassamento dei livelli retributivi ed una massiccia
riduzione di possibilità lavorative per gli adulti.
8
È possibile evidenziare che, già alla fine del XIX° secolo, i bambini
venivano utilizzati nei lavori familiari, nei lavori agricoli, nelle botteghe
5
M. L. De Cristofaro, voce “Lavoro minorile”, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol.
XVIII, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1990, p. 1.
6
Scarso, invece, è stato l’interesse per ciò che accade nel nostro paese. (A. Geria - F.
Pittau, “Il lavoro minorile in Italia: dati, problemi e prospettive”, in Affari sociali e
internazionali, 1999, 1, p. 145).
7
A. Baglivo, Il mercato dei bambini, Milano, Giuffrè,1980, p. 25.
8
A. C. Moro, Manuale di diritto minorile, Bologna, Zanichelli, 1996, p. 256.
9
artigiane o in alcuni mestieri in cui è richiesta l’agilità e le minute
dimensioni di un bambino. Ciò non significa che questi lavori assumevano
un’accezione di violenza e di sfruttamento dell’infanzia, perché realizzati in
una rete di solidarietà e integrazione familiare, o di bottega, che
consentiva rapporti interpersonali ed apprendimento di conoscenze utili
per l’inserimento futuro nel mondo degli adulti.
Un aspetto essenziale della lotta allo sfruttamento dei minori è la difficoltà
di individuare i bambini in condizioni di pericolo: il primo sforzo in questo
senso dev’essere quello, dunque, di “rendere visibile l’invisibile”, al duplice
scopo di combattere il problema e di mantenerlo sotto i riflettori
dell’attenzione mondiale.
9
È giunto, perciò, il momento di intervenire; non è più possibile mascherare
le nostre responsabilità dinnanzi alla nostra coscienza, non si può più
essere tacitamente complici di tale turpe fenomeno.
La questione dello sfruttamento del lavoro minorile, soprattutto nelle sue
forme più intollerabili e degradanti, rappresenta, quindi, una sfida per il
presente ed il prossimo futuro.
10
9
L. Pattarino Nigi, “Sfruttamento dei minori: una questione in agenda”, in Affari sociali
internazionali, 1999, 3, p. 130.
10
L. Pattarino Nigi, ibidem, p. 121.
10
Capitolo 1
Infanzia: quale destino a metà del 1800
1.1. Che cos’è il lavoro minorile?
L’espressione “lavoro minorile”, che nel XIX secolo designava il ricorso in
fabbrica al lavoro dei bambini, è oggi utilizzata per definire l’impiego di
minori in generale, specialmente per lavori che potrebbero interferire con
la loro educazione o danneggiare la loro salute.
Il bambino, da sempre oggetto, strumento nelle mani di un padre-padrone
o proprietà esclusiva di adulti senza scrupoli, è diventato oggi merce nelle
mani di trafficanti spietati, i quali, nella logica stringente di un mercato
profanante e sacrilego, hanno nei fatti implementato nuove forme di
schiavitù.
Il mestiere di vittima è esportabile in un contesto globalizzato, ed è molto
richiesto: non ci sono frontiere invalicabili, non c’è bisogno di documenti,
basta solo essere piccoli e indifesi.
Ma il mestiere di vittima non si sceglie: esso presuppone una condizione
di prigionia, di schiavitù, di inferiorità, fragilità e debolezza di cui altri
approfittano.
11
11
M. Cavallo, “Il sentimento dell’infanzia: come ritrovarlo”, in Lavoratori eccellenti Piccoli
schiavi di una economia perversa, 2000, Franco Angeli, p. 11.
11
A seconda dei luoghi il lavoro minorile si svolge in ambiti molto diversi e
sotto innumerevoli forme. Può trattarsi di un lavoro salariato di qualche ora
la settimana, di un’attività stagionale o di un lavoro a tempo pieno.
12
Quando si parla di lavoro minorile, inoltre, è necessario distinguere tra lavoro
pesante e lavoro leggero, tra lavoro cosiddetto benefico e lavoro
intollerabile, tra lavoro positivo e lavoro minorile coatto. Per i primi infatti il
lavoro può dare, a volte, i mezzi per frequentare la scuola: se venisse loro
impedito di esercitarlo, senza offrire valide alternative, sarebbe un fattore di
impoverimento economico molto forte. Per gli altri, per tutti quei bambini che
svolgono attività a tempo pieno in età precoce, per numerose ore al giorno,
vittime di indebite pressioni fisiche, sociali o psicologiche, mal pagati quando
non pagati affatto (come nel caso dei bambini venduti dai genitori per
ripagare debiti insolubili), che non possono pertanto andare a scuola né
ricevere un'adeguata istruzione, il lavoro è solo abuso e sfruttamento
inaccettabile che deve essere duramente combattuto.
Possiamo parlare di lavori minorili, di una variegata serie di possibili attività
svolte da bambini e ragazzi, ai cui estremi si trova da una parte il child
labour, quei lavori pesanti legati allo sfruttamento e alla schiavitù, e dall'altra
il child work, forme più leggere di attività, non necessariamente penalizzabili
sotto il profilo sociale.
12
B. Manier, Lavoro Minorile, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2001, p. 22.
12
La nozione di child labour rappresenta un grado supplementare dell’intensità
del lavoro: rimanda a un’attività a tempo pieno, sia all’interno sia al di fuori
della famiglia, ma che impedisce qualsiasi tipo di scolarizzazione.
13
Il child work, invece, è considerato come una normale partecipazione al
buon andamento del ménage e ai lavori indispensabili alla sussistenza e
viene assimilato a una sorta di formazione alla vita da adulto: i genitori
assegnano ai figli una parte dei compiti che anch’essi svolgono, adattando
queste mansioni alla forza fisica del bambino. Anche se questi piccoli fanno
talvolta lavori molto duri, non si può parlare né di sfruttamento, né di
schiavitù, anche perché questo contributo alla gestione familiare non sempre
impedisce una forma di scolarizzazione parziale.
È importante anche distinguere tra lavoro consenziente, quello cioè svolto
da un minore che non ha altre alternative, in accordo con i genitori per
guadagnare qualcosa in supporto al reddito famigliare e il lavoro forzato,
quando il bambino viene allontanato dai genitori e ridotto in schiavitù.
14
Lo sfruttamento, infatti, si manifesta con un lavoro abusivo, un “super
lavoro”. Lo sforzo fisico richiesto supera ampiamente le forze del bambino,
gli orari non sono assolutamente proporzionati alla sua scarsa paga, e ne
viene compromesso il benessere fisico, mentale e sociale.
13
B. Manier, ibidem, p. 22.
14
S. Bucci, “Schiavi dei giochi degli altri - Alle radici del problema”, in Il Mondodomani,
1998, p. 3.