Nicola Rivella – Tesi di Laurea su
L’industria petrolifera internazionale dalla fine dell’Ottocento agli anni Settanta del Novecento
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leggi e prezzi; poi degli Stati produttori, che impongono la decolonizzazione dei
giacimenti e acquistano potere.
Buona parte di questo lavoro si concentra, però, sui bruschi cambiamenti
intervenuti nel mercato petrolifero nel corso del decennio degli anni Settanta, che
hanno reso evidenti, per la prima volta, i motivi per cui tale settore occupa un
ruolo centrale nelle economie moderne.
In primo luogo, da quel decennio in poi diventa definitivamente chiaro a tutti che
il greggio è un mezzo di produzione indispensabile, sia come materia prima, sia,
soprattutto, come fonte d’energia. Per tale aspetto l’importanza assunta dal
greggio dipende almeno in parte dal fatto che, per un lungo periodo di tempo, il
suo prezzo è stato basso (rispetto alle alternative disponibili), e decrescente in
termini reali.
Siccome un mutamento degli indirizzi di ricerca tecnologica e il successivo
adeguamento delle attrezzature produttive richiedono vari anni, è facile dire che,
nonostante i fortissimi aumenti di prezzo, che ci sono stati, ci sono e ci saranno, il
petrolio continuerà ancora per lungo tempo a soddisfare una quota rilevante del
fabbisogno energetico di tutti i paesi del mondo.
Ad esemplificazione di quanto appena affermato si può prendere la Cina odierna,
che sta sostenendo il suo fortissimo sviluppo economico principalmente attraverso
il petrolio, con una domanda crescente a ritmi impressionanti di questa materia
prima.
Certo nel lungo periodo il petrolio potrebbe scarseggiare ed avere, quindi, un
rendimento via via decrescente rispetto ad altre fonti d’energia, ma è difficile
sbilanciarsi su quando ciò possa avvenire. Troppe volte nel corso della storia,
soprattutto dopo gli shock petroliferi degli anni Settanta, si è parlato di riserve
petrolifere ormai esaurite, sbagliando sempre fino ad ora.
In secondo luogo, il mercato petrolifero è importante proprio per l’ampia
differenza che esiste, specie nel breve e medio periodo, fra i costi d’estrazione del
greggio ed il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per i prodotti
raffinati.
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Ciò significa che nel settore petrolifero (e nei settori collegati, in conseguenza di
quanto accade in esso) possono essere create e distrutte ricchezze enormi.
In questo settore assai più che altrove il potere politico può trasformarsi in
ricchezza; allo stesso tempo la forza economica, di Stati come soggetti economici
privati, può essere difesa ed accresciuta tramite l’uso di strumenti prettamente
politici.
Tali strumenti giocano un ruolo centrale nel determinare il prezzo del greggio,
accanto a fattori più propriamente economici, anche per le caratteristiche proprie
di questo mercato: l’indispensabilità del petrolio, appena ricordata, e la natura
internazionale dei commerci petroliferi.
Questo è il terzo, e forse il principale, motivo d’importanza del settore petrolifero.
Gli scambi di greggio e prodotti petroliferi, infatti, costituiscono una quota
significativa del commercio internazionale; importanti giacimenti petroliferi sono
situati in aree a basso grado di sviluppo economico e a bassa domanda come il
Medio Oriente, mentre tale risorsa è scarsa in alcuni paesi industrializzati, come la
Germania, il Giappone, la Francia, l’Italia, che rappresentano quote significative
della domanda mondiale.
È comprensibile che in tale situazione il funzionamento del mercato è
condizionato dalle scelte politiche, oltre che di politica economica, dei paesi
importatori di petrolio come di quelli esportatori. Non deve quindi sorprendere
che spesso, nel settore petrolifero, oggi come allora politica ed economia vadano
di pari passo.
È sottointeso che, siccome i flussi di greggio continuano a muoversi da alcuni
paesi verso altri (salvo mutamenti clamorosi, come nella storia sono stati il caso di
Inghilterra e Norvegia dopo la scoperta dei giacimenti del Mare del Nord), i
cambiamenti di prezzo del greggio influiscono in modo pesante sulla bilancia
commerciale dei vari paesi, e per questa via sull’andamento complessivo di
ciascun sistema economico.
Proprio per questo motivo l’ultimo paragrafo del lavoro viene dedicato a quei
paesi del terzo mondo né produttori né consumatori di greggio che però volenti o
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nolenti ne subiscono lo stesso l’influsso sulle loro economie, visto che dagli anni
Settanta del Novecento in poi il mercato petrolifero diventa del tutto un mercato
globale.
Paragrafo 2 – Schema del lavoro
Il filo espositivo del saggio segue un ordine cronologico partendo dal 1854 ed
arrivando al 1980.
I primi due capitoli hanno un carattere prevalentemente descrittivo e riguardano i
principali eventi del settore petrolifero: da Abraham Gesner, che nel 1854 brevetta
un processo per la raffinazione di cherosene e gas illuminante, fino alla fine degli
anni Sessanta.
In sostanza questi due capitoli fungono da premessa per il fulcro della tesi: il terzo
e il quarto capitolo, che assumono invece un’impostazione di tipo analitico. In
essi, infatti, vengono analizzati non solo gli eventi che caratterizzano le due crisi,
ma anche i motivi e gli effetti economici delle stesse.
Scendendo più nel particolare, il primo capitolo si dedica agli albori dell’industria
petrolifera, alla nascita ed alla formazione delle grandi compagnie, al petrolio del
Medio Oriente, allo sviluppo del controllo oligopolistico dei prezzi, ed all’inizio
della crisi del sistema oligopolistico stesso.
Il secondo capitolo sviluppa il dopoguerra petrolifero del secondo conflitto
mondiale, analizza i motivi per cui il petrolio diventa base energetica dei paesi
industrializzati, per poi passare agli eventi che caratterizzano la politica energetica
degli Stati Uniti, alla situazione medio orientale e africana, alla politica delle
“sette sorelle”, alla nazionalizzazione del Canale di Suez, per chiudere, infine, con
la nascita dell’OPEC, che segna la fine del petrolio a basso prezzo.
Il terzo capitolo tratta della svolta degli anni Settanta e del petrolio a prezzi alti. Si
analizzano i motivi per cui scoppiano le due crisi iniziando dagli anni 1970-1973,
per arrivare al primo shock petrolifero del 1973-1974, chiudendo con il secondo
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shock petrolifero del 1978-1979 e con i motivi per cui le soluzioni studiate dopo il
primo shock petrolifero non abbiano evitato il secondo.
Il quarto capitolo si occupa degli effetti economici delle due crisi. Fornendo
alcuni dati statistici, si è cercato di far capire quanto sia difficile una lettura
dell’impatto delle due crisi sulle economie dei maggiori paesi industriali. Il
lavoro, infatti, tende a dimostrare che le recessioni degli anni Settanta sono solo in
parte colpa degli shock petroliferi.
Per fare questo si sono analizzate in modo specifico le relazioni economia-prezzi
dell’energia e la relazione energia-produttività.
La conclusione di fondo è che in realtà l’effetto delle due crisi fu così pesante
perché l’economia dell’epoca era già in una fase di difficoltà e d’instabilità.
La chiusura del quarto capitolo, come già accennato, è affidata ad una rapida
analisi alla relazione crisi energetica e mondo povero, ossia il terzo mondo non
produttore.
Paragrafo 3 – Alcuni spunti di riflessione
Nell’esaminare le vicende del settore petrolifero, descritte da questo lavoro,
emerge spesso come gli eventi principali, in particolare le due crisi petrolifere,
non hanno mai un'unica causa. Ecco perché praticamente la metà di questo saggio
è dedicata ad esse.
La chiave interpretativa di questi fenomeni spesso adottata, quella del cosiddetto
“oligopolio trilaterale”, non è sufficiente da sola a fornire una spiegazione diretta,
ma permette di stabilire il ruolo dei vari elementi, e soprattutto di individuarne
alcuni ai quali spesso si attribuisce un’insufficiente importanza: ad esempio, il
ruolo dei paesi consumatori e quello delle condizioni tecnologiche.
Resta il fatto che una lettura degli effetti che l’aumento dei prezzi reali
dell’energia indusse sulle economie industriali rimane difficile e, proprio per
questo motivo, ci si è limitati, pertanto, ad una descrizione delle principali
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relazioni causali che intercorsero tra shock energetici ed economia, senza cercare
un’interpretazione integrata.
Il risultato dell’analisi di queste relazioni causali, come accennato
precedentemente, è stato che, al di là della similarità di direzione in cui si sono
mossi gli indicatori macroeconomici nei diversi paesi, importanti distinzioni nelle
singole situazioni e nei singoli indicatori dimostrano che la variabile energetica
non sia stata né l’unica né quella principale a generare le severe recessioni degli
anni Settanta.
Accanto ad esse, infatti, un ruolo determinante lo hanno avuto altri fattori, quali:
le politiche economiche dei diversi paesi, le loro specificità istituzionali, l’entità
degli incrementi dei prezzi energetici subiti da ciascun paese, la capacita di
risposta consentita dalla struttura del sistema energetico ed infine le tendenze
macroeconomiche già in atto.
In sostanza la crisi interviene in un momento estremamente critico del ciclo
economico internazionale, dato che l’espansione monetaria risulta così
pronunciata alla fine del 1973 da determinare una generale coincidenza dei punti
di massimo del ciclo economico nei paesi OCSE.
Diventa così inevitabile che questi paesi, prossimi al pieno utilizzo della loro
capacità, non siano in grado di tradurre l’addizionale base monetaria in
espansione, incanalandola così verso impieghi speculativi nel campo delle materie
prime, specialmente dei metalli e di altri prodotti primari, con aumenti eccezionali
dei loro prezzi e conseguenti effetti di trascinamento dell’inflazione.
Al tutto va aggiunto un possibile errore nell’utilizzo degli strumenti di politica
economica, che avrebbero dovuto limitare i danni delle crisi, infatti, si scelse di
considerare l’incremento dei prezzi di petrolio come un normale impulso
inflazionistico esterno, tale da giustificare l’adozione di politiche restrittive, fiscali
e soprattutto monetarie, creando così un grosso effetto depressivo sull’economia.
In conclusione, analisi teorica ed evidenza empirica sembrano confermare che gli
effetti indiretti degli aumenti di costo dell’energia sulle economie industriali sono
stati molto più rilevanti e determinanti degli effetti diretti nel favorire le pesanti
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recessioni in seguito osservate. Per effetti indiretti di quegli aumenti s’intendono:
aumento della disoccupazione, diminuzione dell’output, rigidità strutturali nei
salari, accelerata obsolescenza dello stock di capitale ed infine le dislocazioni nel
mercato dei fattori e nella produzione, per i mutamenti intervenuti nella
composizione della domanda.
Va aggiunto che, in questo lavoro, non viene mai fatta un’analisi paese per paese
sugli effetti che le vicende petrolifere hanno avuto sull’andamento delle loro
economie, ma ci si sofferma solo sull’economia internazionale in generale.
Ad esempio, per quanto riguarda la competitività relativa dei vari paesi, ci si è
appena soffermati sul fatto che gli USA, che negli anni Sessanta subivano un
significativo svantaggio concorrenziale per via del maggior costo di
approvvigionamento energetico dell’industria nazionale rispetto ad europei e
giapponesi, hanno sperimentato per quest’aspetto un capovolgimento della loro
posizione relativa dopo gli eventi del 1973.
Ora, è indubbio che il basso costo dell’energia sia stato fra i principali elementi
che hanno favorito il “miracolo economico” di vari paesi europei e del Giappone;
ed è quindi possibile sostenere che forse gli stessi USA avevano interessi a far
salire i prezzi dell’energia per recuperare competitività.
Al di là di questo, la scelta di soffermarsi principalmente sulle due crisi e cercare
di andare oltre le prime spiegazioni che vennero date dagli economisti dell’epoca
delle stesse, è data dal fatto che studiando ciò che successe allora si possono
trovare numerosi punti di contatto per capire ciò che avviene oggi e che può
avvenire in futuro.
Come ho già accennato prima è solo da quel momento, secondo me, che il
mercato del greggio passa da essere internazionalizzato ad essere globale. Ossia
diventa un mercato basato su un orizzonte vasto integrato, interrelato ed
inteconnesso. In parole povere ciò che accade in una parte del mondo lo investe
tutto e i due shock sono proprio un perfetto esempio di questo.
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Certo, mi si può obiettare che le contrattazioni telematiche del greggio e gli oil
dealers arriveranno in seguito e che la situazione oggi è diversa, ma è sicuramente
da li che si sono poste le basi per la globalizzazione di questo settore.
Anche gli attori sono in parte cambiati, per esempio, ritengo che oggi l’OPEC non
abbia lo stesso potere di allora, pur rimanendo molto importante sullo scenario
internazionale.
Il tutto sempre senza dimenticare però che sia oggi che allora i giacimenti più
importanti sono sempre nelle stesse nazioni.
Il fascino del petrolio resta comunque nell’essere una materia prima dai due volti:
capace di creare enormi ricchezze come di creare grandi miserie, o se si preferisce
capace di sostenere lo sviluppo economico e migliorare la nostra qualità della vita,
così come di creare disastri economici ed ecologici, oppure ancora capace di
favorire lo sviluppo d’invenzioni meravigliose (macchine, aerei ecc.) così come di
generare rovinose guerre.