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INTRODUZIONE
Obiettivi della Ricerca
L’obiettivo di questo lavoro è l’individuazione e lo studio del
sistema tecnico della produzione litica e la definizione degli elementi
naturali e culturali che ne hanno condizionato l’organizzazione e la
gestione nel sito di superficie del Paleolitico medio di Matteino
(Orentano, PISA).
Per “sistema tecnico” (GENESTE 1991; BOËDA 1994) s'intende
l’insieme di nozioni e di elementi che regolano i processi di produzione e
fabbricazione dei manufatti litici, attraverso l’applicazione di precise
norme di predeterminazione.
Un sistema di produzione è costituito da vari sottosistemi
strettamente interdipendenti fra di loro, i quali possono essere
schematizzati così:
ü acquisizione della materia prima (reperimento, caratteristiche ed
economia);
ü lavorazione del nucleo (inizializzazione, preparazione e gestione);
ü produzione (débitage);
ü trasformazione (ritocco);
ü utilizzazione ed abbandono.
Per giungere a questo obiettivo, si è ricorsi ad un’analisi tecno-
tipologica utilizzando la ricostruzione delle sequenze operative (chaîne
opératoire) come sistema di ricerca utile per riconoscere l’insieme delle
diverse fasi della produzione litica (PÉLEGRIN ET ALII 1988; BOËDA ET ALII
1990; MELLARS 1996; KUHN 1995). L’analisi tipologica è stata effettuata
utilizzando la lista tipo di François Bordes (1961). Dopo aver
sinteticamente delineato la storia degli studi e delle linee di ricerca sul
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Paleolitico medio dalle origini (Le Moustier) ad oggi e dopo aver
tratteggiato le principali fasi culturali del Paleolitico medio dell’area alto-
Tirrenica (Liguria e Toscana), ho sviluppato l’analisi tecno-tipologica
dell’industria litica di Matteino, conservata nel Museo Archeologico di
Orentano (PISA).
Lo studio del materiale è stato integrato da schede Excel con la
descrizione dei vari manufatti (catalogo) e da immagini riguardanti la
posizione geografica del sito ed alcuni dei pezzi più significativi,
soprattutto nuclei e manufatti ritoccati (riferimenti fotografici), posti
come a chiusura del lavoro di tesi.
NUCLEI (179) Descrizione Tecnica e Tipometrica
DÉBRIS (161) sensu Boëda
NON-LEVALLOIS (585)
NON RITOCCATI
LEVALLOIS (37)
NON-LEVALLOIS (14)
RITOCCATI
LEVALLOIS (93)
ANALISI TIPOLOGICA Descrizione Tipologica
sensu Bordes
INDICI TECNICI E TIPOLOGICI
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1. LA STORIA DEGLI STUDI E DELLE LINEE DI
RICERCA SUL PALEOLITICO MEDIO
1.1 Storia degli Studi
“Le Moustérien est une section délimitée par l’esprit humain
pour des raisons de commodité à travers l’évolution continue des
cultures matérielles paléolithiques. Cette section s’incline obliquement
à travers le temps, si bien qu’il est impossible de définir les limites
temporelles et spatiales du Moustérien. Ce qu’il est possible de
définir, c’est un stade moustérien de l’évolution” (BORDES 1992).
Il temine “Musteriano” fu creato da Gabriel De Mortillet (1869,
1872) per designare i resti materiali, ricchi di raschiatoi e punte, di
una cultura ritrovata da Edouard Lartet nel 1864 all’interno del riparo
inferiore di Le Moustier in Dordogna (Francia). Il termine fu esteso a
tutti gl’insiemi che mostravano le stesse caratteristiche generali:
schegge, raschiatoi, punte, in alcuni casi bifacciali e, nello stesso
tempo, quando questi erano presenti, venivano considerati come
acheuleani (BORDES 1992).
Il termine “Levalloisiano” fu creato nel 1931 da Breuil (BORDES
1992) per l’industria che si collocava alla base dei primi due loess
recenti in Francia del Nord, industria chiamata da Commont
“Musteriano”. La principale caratteristica del Levalloisiano è che le sue
schegge, prodotte da nuclei preparati con predeterminazione, sono
poco ritoccate ed “assai raramente trasformate in punte e raschiatoi”.
Poiché queste schegge particolari provenivano dalle ghiaie di Levallois
(Seine), vennero per questo chiamate “levalloisiane”.
Il De Mortillet aveva introdotto una suddivisione del Paleolitico
fondata su criteri archeologici, tenendo conto dell’evoluzione delle
industrie litiche, così il Paleolitico veniva ad articolarsi in quattro
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epoche: Le Moustier (strumenti su scheggia), Solutré (strumenti
foliati), Aurignac (strumenti laminari) e La Madeleine (strumenti su
osso). Questa suddivisione ebbe molto successo e sembrava
applicabile a tutte le regioni. Il progresso delle conoscenze metteva in
evidenza che industrie differenti potevano esistere
contemporaneamente in aree geografiche limitate: nozione espressa
per la prima volta dall’abate Henri Breuil. Egli adottò lo schema
evolutivo di De Mortillet completandolo e precisandolo soprattutto per
il Paleolitico superiore; però formulò anche un’ipotesi differente
relativa al Paleolitico inferiore e medio, osservando nell’Europa
occidentale l’evoluzione parallela dei complessi di industrie su
scheggia e dei complessi di industrie su bifacciali. Propose uno
schema di evoluzione nel quale industrie a bifacciali (Acheuleano e
Micocchiano), industrie su schegge a tallone liscio (Clactoniano e
Tayaziano) ed industrie su schegge a tallone preparato (Levalloisiano)
seguivano proprie linee evolutive indipendenti le une dalle altre. Le
industrie si sarebbero evolute per phyla paralleli, differenziandosi
ancora maggiormente nelle fasi più recenti del Paleolitico Medio
(BROGLIO 1986; BROGLIO ET AL. 1986).
Un nuovo modello di evoluzione “a cespuglio” fu proposto da
François Bordes attorno al 1950 seguendo i phyla individuati da
Breuil: i complessi del Paleolitico inferiore e medio si sarebbero
differenziati progressivamente dando luogo a distinte tradizioni
culturali, coesistite senza influenzarsi. A Bordes si deve l’introduzione
del metodo sperimentale nello studio dei procedimenti di lavorazione
dei materiali litici, la formulazione delle prime liste tipologiche e
l’utilizzo di criteri statistici elementari nello studio degl’insiemi di
manufatti (BORDES 1950, 1953).
Nel 1950 François Bordes elabora una classificazione delle
industrie del Paleolitico medio per la Francia Sud/Ovest basata sul
confronto tra indici di frequenza relativi a caratteri tecnici e tipologici.
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Dimostra che il Levalloisiano non è una facies culturale ma una
tecnica di scheggiatura che può essere presente od assente in
industrie che appartengono alla stessa entità tassonomica. La
classificazione proposta si basa sull’analisi dei ritrovamenti fatti nel
Sud/Ovest e nel Nord della Francia. Si basa sulla tecnica di
scheggiatura (Levallois o non-Levallois) e sulla tipologia espressa da
un insieme di indici. Nel Musteriano sono stati distinti così quattro
principali complessi, tutti suddivisi in una facies di tecnica Levallois e
tecnica non-Levallois (BORDES 1950, 1953):
▪ Musteriano di tradizione acheuleana, caratterizzato da
bifacciali triangolari e cordiformi e nella fase recente
anche da coltelli a dorso;
▪ Musteriano tipico, caratterizzato da punte musteriane e
raschiatoi piatti;
▪ Musteriano Charentiano, caratterizzato da elevati indici
dei raschiatoi ma suddiviso nettamente in un complesso
Quina di tecnica non-Levallois con raschiatoi spessi
elaborati mediante ritocco scalariforme, punte carenoidi
doppie (limace), raschiatoi a ritocco bifacciale, trancianti
ed in un complesso Ferrassie di tecnica Levallois con
strumenti piatti;
▪ Musteriano denticolato, caratterizzato dalla frequenza di
incavi e denticolati.
Attorno al 1960 l’interesse dei ricercatori si spostò dal modello
evolutivo al significato della differenziazione delle industrie litiche,
affrontando lo studio da un nuovo punto di vista e dando avvio alla
scuola della New Archaeology. Secondo questa scuola, rappresentata
da Lewis Binford (suo maggior esponente), un’industria rappresenta
un’attività determinata di un gruppo umano ed industrie
contemporanee differenti vengono così interpretate come espressioni
di attività differenti esplicate dallo stesso gruppo. Binford si chiese,
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anzitutto, il significato delle evidenze archeologiche quali i siti, le
strutture, i manufatti, le ossa ecc. e cercò di interpretarle secondo
modelli ricavati dallo studio di popolazioni primitive attuali
(etnoarcheologia) e ricorrendo a simulazioni dei processi di
formazione dei depositi antropici (archeologia sperimentale). I coniugi
Binford accolsero la suddivisione in più gruppi proposta da Bordes
(BORDES 1950) ma interpretarono ciascun gruppo come espressione di
un insieme di attività e non di una tradizione culturale. La
differenziazione degl’insiemi andrebbe dunque vista secondo una
prospettiva funzionale (BINFORD ET AL. 1968):
▪ il Musteriano tipico corrisponderebbe ad un’attività di
sussistenza e di lavorazione dei manufatti;
▪ il Musteriano di tradizione acheuleana ad attività di
sussistenza, taglio ed incisione;
▪ il Musteriano Charentiano ad attività estrattive, di caccia e
macellazione;
▪ il Musteriano denticolato ad attività estrattive, di
spezzettamento e taglio.
La prima obiezione all’interpretazione dei coniugi Binford è di
carattere metodologico: hanno attribuito ai manufatti funzioni che
non sono state provate sperimentalmente attraverso l’analisi delle
tracce d’uso ma dedotte dai nomi tradizionalmente assegnati agli
strumenti dal punto di vista morfologico. Una seconda obiezione
riguarda la distribuzione geografica dei complessi: l’interpretazione
funzionale porterebbe a ritenere che in certe regioni alcune attività
non siano mai state svolte. Una terza obiezione concerne la
differenziazione delle industrie musteriane: non sono stati presi in
considerazione, come modelli archeologici, gli insiemi litici dei rari siti
o delle differenti aree di un sito, nei quali è effettivamente possibile
riconoscere un’attività specializzata come la macellazione degli
animali o la produzione di supporti litici. Anche l’interpretazione,
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sempre di tipo funzionale, che vedrebbe nella differenziazione degli
insiemi litici il riflesso di attività diverse (svolte nelle varie regioni),
trova ostacoli nelle evidenze archeologiche.
Negli anni ‘80, una nuova generazione di ricercatori, tra i quali
viene qui citato solo Èric Boëda, introduce il concetto di “catena
operativa” (chaîne opératoire in francese e lithic reduction in inglese)
(PÉLEGRIN ET AL. 1988; BOËDA ET AL. 1990; MELLARS 1996). La “capacità
di predeterminare” dell’uomo preistorico del Paleolitico viene ora
affrontata direttamente individuandola nella sequenza di gesti e di
operazioni tecniche che hanno permesso la realizzazione dell’industria
litica, presa in esame nella sua totalità. Attraverso l’identificazione
della catena operativa, dal blocco grezzo di materia prima fino
all’ottenimento del prodotto finito, vengono ad essere materializzate
le intenzionalità del gruppo umano preistorico e le scelte tecniche
adottate per la loro realizzazione.
Il problema di definire la “capacità di predeterminazione” viene
affrontato principalmente da Boëda: questi elabora una metodologia,
finalizzata alla ricostruzione delle catene operative, che permette di
realizzare un’analisi delle industrie litiche su basi puramente
tecnologiche avvalorate da una consistente quantità di osservazioni
sperimentali (BOËDA 1994).
Boëda, quindi, riconsidera criticamente il termine Levallois e il
concetto di predeterminazione sottolineando la consequenzialità ma,
al tempo stesso, la specificità del primo nei confronti del secondo. Il
concetto di predeterminazione, infatti, identifica unicamente il fatto
che “l’homme préhistorique a su, pou la première fois, mettre en
place à partir d’un bloc de matière première des critères techniques
conditionnant le développement de l’onde de fracture d’un éclat (sens
général)” (BOËDA 1986). Attraverso questa considerazione, Boëda
supera la tradizionale distinzione tra industria predeterminata e non-