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Elevata modularità e flessibilità che permette di utilizzare diverse superfici, e di
rispondere ad esigenze particolari del produttore: dall’integrazione
architettonica degli edifici, all’alimentazione di utenze isolate;
Ridotti interventi di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria;
Elevata vita utile;
Tecnologia relativamente giovane che non ha ancora raggiunto il suo grado di
maturità:
Mercato ancora nella fase di sviluppo, con prezzi che non hanno ancora
beneficiato di economie di scala;
Concessione di incentivi economici automatici e predeterminati, per un
congruo periodo di tempo, che rendono economicamente interessanti gli
investimenti nel settore.
L’esaurimento dei combustibili fossili: il petrolio
Miscela naturale complessa di carbonio e idrogeno, presente in natura in molteplici
forme (liquida, gassosa e solida), il petrolio ha accompagnato l’uomo lungo tutto il
sentiero del progresso economico e sociale.
Pur essendo noto fin dall’antica civiltà degli egizi, che lo usarono soprattutto per
curare reumatismi, disturbi circolatori e nel processo di mummificazione, è solo
dalla seconda metà dell’ottocento che l’oro nero diventa la fonte energetica
fondamentale, per restare tale fino ai nostri giorni (www.eniscuola.net).
Questo combustibile fossile è di fondamentale importanza per l’economia
mondiale, poichè rappresenta il 40% circa dell’energia primaria generata, nonché il
90% dell’energia usata nei trasporti, oltre a fornire molti altri derivati industriali
(www.aspoitalia.net).
Nel corso della storia si possono individuare due avvenimenti che hanno
contribuito a cambiare radicalmente il rapporto dell’uomo con questo prodotto
della natura e cioè: 1) la trivellazione del primo pozzo di petrolio al mondo
avvenuta nell’agosto del 1859 da parte di Edwin L. Drake presso una fuoriuscita
naturale di greggio vicino a Titusville nel nord-est della Pennsylvania con un pozzo
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profondo meno di 22 metri; 2) l’invenzione del primo motore a benzina nel 1861 da
parte del tedesco Nikolaus Otto.
Da quando fu compiuta la prima trivellazione, sono stati scoperti nel mondo
qualcosa come 50.000 giacimenti petroliferi, anche se non tutti importanti dal punto
di vista della produzione (David Goodstein, Out of Gas 2004).
Uno studio elaborato dall’UNITED STATES GEOLOGICAL SURVEY nel periodo
1995-2000 ha evidenziato che, dalla data di inaugurazione del primo pozzo
petrolifero, esistevano sulla terra almeno 2.000 miliardi di barili di petrolio, oltre ad
altri eventuali 700 milioni di barili, considerando il tasso di crescita delle nuove
scoperte di giacimenti (David Goodstein, Out of Gas 2004).
A metà degli anni cinquanta, il mito dell’infinita disponibilità dei combustibili fossili
fu messo in discussione per la prima volta da un geofisico di nome Marion King
Hubbert.
Nel 1956, Hubbert predisse che la quantità di petrolio che poteva essere estratta
dai pozzi dei 48 Stati U.S.A. contigui (Alaska esclusa), avrebbe raggiunto il
massimo nel 1970, per poi calare rapidamente e definitivamente: cosiddetto picco
di Hubbert (David Goodstein, Out of Gas 2004).
Nonostante la scarsa attenzione ricevuta, la teoria del picco di Hubbert si rilevò
esatta: in quell’anno l’estrazione di petrolio americano raggiunse il suo culmine con
nove milioni di barili al giorno, per continuare a diminuire alla cifra odierna di sei
milioni di barili al giorno.
Nella rappresentazione del picco di Hubbert, la produzione di una qualsiasi risorsa
minerale segue una curva a campana “di tipo gaussiana”; il picco di questa curva
rappresenta il punto di massima produzione al di là del quale, quest’ultima inizia
un’inesorabile diminuizione.
Applicando il procedimento di Hubbert, il geologo francese Jean Laherrere ha
stimato che il raggiungimento del picco di tutta la produzione mondiale di petrolio,
convenzionale e non, è prevista per l’anno 2010; esistono tuttavia altre
interpretazioni che, partendo da dati geologici più ottimistici, arrivano a stimare il
raggiungimento del picco intorno all’anno 2030, o anche oltre (www.aspoitalia.net).
Il modello di calcolo di Hubbert non è tuttavia il solo per indicare la data presunta
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della fine del petrolio: l’industria petrolifera ad esempio usa il
RESERVES/PRODUCTION RATIOS ( R/P).
L’indice R/P indica il numero di anni di durata residua delle riserve accertate di
petrolio e gas naturale, rispetto alla produzione registrata nello stesso periodo:
Area 2006 - R/P petrolio 2005 - R/P gas naturale
EUROPA 14 58
ASIA CENTRALE 21 55
MEDIO ORIENTE 79 249
AFRICA 27 77
ASIA e PACIFICO 12 37
AMERICHE 20 17
( ENI, WORLD OIL & GAS REVIEW 2007)
La situazione stimata delle riserve mondiali di petrolio e gas naturale, risulta essere
la seguente:
Area petrolio/milioni di barili gas naturale/miliardi di m3
EUROPA 76.355 54.938
ASIA CENTRALE 38.281 8.266
MEDIO ORIENTE 736.705 73.068
AFRICA 112.575 14.416
ASIA e PACIFICO 33.367 16.040
AMERICHE 150.224 14.803
WORLD 1.147.507 181.531
( ENI, WORLD OIL & GAS REVIEW 2007)
Il consumo mondiale di petrolio e gas naturale è attualmente di circa 85 milioni di
barili al giorno:
Area petrolio/migliaia di barili al giorno gas naturale/miliardi di m3 anno
EUROPA 19.515 1.091,03
ASIA CENTRALE 656 101,02
MEDIO ORIENTE 6.451 251,26
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AFRICA 2.944 83,62
ASIA e PACIFICO 24.450 418,27
AMERICHE 30.474 870,11
WORLD 84.490 2.815,31
( ENI, WORLD OIL & GAS REVIEW 2007)
L’analisi dell’andamento delle quotazioni del petrolio, a partire dalla prima crisi
petrolifera del 1973, evidenzia come dopo la breve pausa degli anni novanta, i
prezzi del settore continuano a salire, in un modo apparentemente inarrestabile e
con previsioni che non indicano alcuna inversione di tendenza:
( I.E.A, WORLD ENERGY OUTLOOK 2006)
La domanda di petrolio è diventata invece meno reattiva ai cambiamenti di prezzo,
a causa della crescita della quota relativa della domanda del settore trasporti:
infatti, un quinto dell’aumento della domanda di energia primaria, stimata al 50%
tra il 2005 ed il 2030, sarà assorbita proprio da tale comparto, quasi interamente
sotto forma di combustibili derivanti dal petrolio (I.E.A, WORLD ENERGY
OUTLOOK 2006).
Gli scenari previsti dall’INTERNATIONAL ENERGY AGENCY (World Energy
Outlook 2007) per il periodo 2005-2030, considerano probabile un aumento del
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55% del fabbisogno mondiale di energia primaria, soddisfatto in misura dell’84%
grazie all’utilizzo dei combustibili fossili: il petrolio resterà il combustibile più
importante, con un peso pari al 32% della domanda mondiale di energia, ed un
consumo giornaliero stimato al 2030 in 116 milioni di barili al giorno.
Nel medesimo arco di tempo, cresceranno sia la domanda di carbone, stimata tra il
25-28% della domanda mondiale, che quella di gas naturale, quest’ultima stimata
tra il 21-22%.
La domanda di energia elettrica costituirà nel 2030 il 17-22% del consumo finale
mondiale di energia prodotta, con impegni finanziari previsti per soddisfare tale
scenario di riferimento, pari a 22.000 miliardi di dollari da investire nelle
infrastrutture per l’approvvigionamento energetico (I.E.A., World Energy Outlook
2007)
Il 45% dell’aumento della domanda energetica nel periodo 2005-2030 sarà
ascrivibile, agli effetti della crescita economica di India e Cina, contro il 20% dei
paesi O.C.S.E. ed il 6% delle economie in transizione.
Oltre ai prezzi, bisogna anche tener conto della particolare struttura dei sistemi
energetici che espongono i paesi industrializzati a rischi di approvvigionamento:
nell’Europa a 27 i fossili rappresentano la fonte energetica prevalente con quasi
l’80%, con una punta del 90% in Italia, con oltre il 50% di prodotti petroliferi
importati in Europa e dell’84,5% per la sola Italia (ENEA, Rapporto e Ambiente
2006).
Le ricadute economiche dell’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, potrebbero
avere effetti importanti in termini di rallentamento della crescita economica
mondale, con conseguente aumento della disoccupazione nei paesi
industrializzati, spesso accompagnando anche il sorgere di forti tensioni geo-
politiche.
Abbandonare la produzione industriale fondata sul petrolio potrebbe quindi
significare per l’intera umanità, l’avvio di una nuova epoca di sviluppo economico,
tecnologico e di benessere ambientale, capace di coinvolgere dal basso quelle
regioni del pianeta che sono rimaste finora escluse dal circuito virtuoso dello
sviluppo sociale e della ricchezza materiale, in questa prima fase dell’economia
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globalizzata.
La sostenibilità dello sviluppo
L’atmosfera che circonda il nostro pianeta, composta da una miscela di metano -
anidride carbonica - protossido di azoto – idrofluorocarburi – perfluorocarburi -
esafluoruro, ha permesso l’origine e lo sviluppo delle varie forme di vita.
La Terra assorbe i raggi del sole e li rimette verso l’alto sotto forma di energia
termica; una parte di questa energia, viene assorbita dalle molecole di vapore
acqueo e anidride carbonica, che intrappolano il calore proveniente dal sole,
permettendo così il necessario equilibrio termico dell’intero pianeta; questo
fenomeno viene comunemente descritto come effetto serra.
L’anidride carbonica (CO
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), oltre ad intervenire nei processi biologici della sintesi
clorofilliana, contribuisce anche a regolare il naturale effetto serra della Terra.
L’aumento della presenza di anidride carbonica nell’atmosfera, provocando come
conseguenza diretta un graduale innalzamento della temperatura del pianeta, è
alla base di estesi mutamenti climatici quali: la desertificazione, lo scioglimento dei
ghiacciai e l’aumento del livello del mare, nonché la frequenza degli eventi
meteorologici estremi, con modalità diverse nelle differenti regioni del mondo.
L’area mediterranea è una delle regioni più sensibili ai previsti cambiamenti
climatici: in Italia, gli effetti negativi di tali mutazioni potrebbero comportare in
particolare un’acidificazione delle regioni centro-meridionali, l’infiltrazione salina di
alcune falde e riduzione delle spiagge, un aumento delle precipitazioni nelle regioni
centro-settentrionali con crescita della portata dei fiumi e possibilità di eventi
alluvionali ( ENEA, Noi per lo sviluppo sostenibile).
L’intera comunità scientifica internazionale, riconosce ormai nell’attività umana una
delle cause principali dell’innalzamento della temperatura terrestre, salita di circa
0,6-0,7 °C negli ultimi 150 anni, a causa proprio dell’aumento della concentrazione
di anidride carbonica nell’atmosfera: fenomeno iniziato con l’avvio dell’era
industriale, che ha comportato l’aumento della popolazione mondiale, passata da
un miliardo di individui del 1850, a circa sei miliardi di persone del 2000.