8
Desidero ringraziare alcune persone senza le quali il
completamento di questo lavoro sarebbe stato alquanto difficile,
se non impossibile: il personale del Centro Studi University of
California di Bologna, per la pazienza e l’aiuto per organizzare il
soggiorno negli Stati Uniti; le professoresse Meighan Maguire e
Catherine Saulino, docenti rispettivamente di Film Industry e
Television Industry presso la University of California San Diego,
per l’incoraggiamento, l’interesse e gli spunti di riflessione
fornitimi; Judi Goodwin, vicepresidente publicity della Warner
Bros., per la disponibilità dimostrata, seppur condizionata dai
vincoli del segreto aziendale.
È doveroso menzionare coloro che mi sono stati accanto
durante la creazione e la stesura, sopportandomi nei momenti di
stress e condividendo con me le ore di svago. In ordine sparso:
Alice, Manolo, Marta, Domenico, Serena, Stefano, Michelle,
Alessio, Chiara, Davide, Yuka, Giovanni, Soledad, Stefano,
Marianna, Fabio, Onslo, Marta, Marco, Silvia, Gianluca, Keiko,
Valeria, Francesco e Maurizio.
Nulla di tutto ciò sarebbe infine stato possibile senza la mia
famiglia, che mi ha sempre dato tutte le occasioni che avrei
potuto desiderare, e a volte anche qualcuna in più.
Grazie.
10
1
Hollywood nel terzo millennio
You should have let me in on this. We
could have planned it, prepared it,
presold the movie rights.
Jim Carrey, Batman Forever (1995)
In questo primo capitolo si intende fornire una introduzione
breve ma completa dei tratti essenziali dell’´industria
cinematografica, al fine di dirigere successivamente la trattazione
sulle specificità delle future finestre di distribuzione e del
marketing a esse correlato.
Nel primo paragrafo vengono illustrati i processi di
produzione, distribuzione ed esercizio. È inoltre definita
l’organizzazione industriale di Hollywood e il modello di
sfruttamento economico della produzione cinematografica. Infine
ci si sofferma sull’attuale contrazione dei profitti.
Nel secondo paragrafo si riprende il modello di sfruttamento
economico analizzando l’intera filiera mediatica che dalle sale
cinematografiche scende fino alle trasmissioni televisive
passando per le pay-tv e l’home video. Si discute inoltre dei
contratti tra produttori e distributori e della teoria economica che
soggiace alla politica di windowing.
11
Nel terzo paragrafo ci si sofferma sull’esercizio delle sale
cinematografiche, riprendendo alcuni cenni di storia dal secondo
dopoguerra fino ai giorni nostri. Vengono in seguito analizzati i
contratti che legano i distributori agli esercenti e si osserva il
fenomeno dei complessi multisala.
Il quarto paragrafo contiene una dissertazione sui rapporti
che le majors di Hollywood intrattengono con i mercati esteri, e in
particolare con i mercati cinematografici europei. Dopo aver
analizzato alcuni dati di mercato si cerca di addurre alcune
motivazioni strutturali al predominio mondiale del cinema
statunitense e di fornire alcuni spunti per una nuova politica di
distribuzione dei prodotti europei in Europa.
Nel quinto e sesto paragrafo sono analizzate la fruizione
cinematografica e quella televisiva. Attraverso un confronto tra
queste due modalità di consumo del prodotto cinematografico si
evidenziano le diverse reazioni comportamentali, psicologiche e
sociali-aggregative degli spettatori. Dopo una trattazione del
contributo psicanalitico allo studio della fruizione cinematografica,
si passa nel settimo e ultimo paragrafo a una analisi della
fruizione di quella che viene definita “esperienza-cinema”. Si pone
pertanto l’accento non soltanto su ciò che avviene all’interno della
sala, ma soprattutto su ciò che la circonda, sia esso un centro
commerciale, un parco di divertimenti o una sala giochi.
12
1.1 Da Majors a Corporates
L’organizzazione dell’industria cinematografica ha la forma di
un oligopolio, il cui centro si può situare a Hollywood, California.
1
Le sette maggiori compagnie rappresentano più dell’80% del
mercato mondiale, incassando al botteghino circa nove miliardi di
dollari nel 2002.
2
Questa posizione di vantaggio è dovuta
principalmente al fenomeno chiamato integrazione orizzontale,
che consente a queste compagnie (majors, appunto) di poter
vendere i propri prodotti su diverse finestre (cfr. 1.2.1); e al
fenomeno chiamato integrazione verticale, ovvero il controllo
che le majors hanno sulla catena di produzione, distribuzione, ed
esercizio.
Per produzione si intende il processo artistico, organizzativo
ed economico di creazione del film. Dopo i primi sviluppi sulla
costa orientale degli Stati Uniti, nei primi anni Dieci del Novecento
la produzione si spostò quasi interamente negli studios di Los
Angeles. Recentemente i crescenti costi da sostenere hanno
convinto diversi produttori a non girare più sul suolo americano e
a spostare le produzioni (definite runaway productions) in paesi
confinanti con manodopera specializzata a buon prezzo (Canada
e Messico) o in paesi in cui i costi per la locazione degli studios
sono minori (Australia, Nuova Zelanda, Italia).
La distribuzione è universalmente riconosciuta come la
chiave del potere di mercato di Hollywood.
1
In realtà la vera e propria città di Hollywood copre solo una parte di quella che
viene chiamata “Hollywood”. Ne fanno parte anche le zone limitrofe di Burbank,
Culver City, Santa Monica, Universal City e West Hollywood, tutte città
all´interno dell´area metropolitana di Los Angeles.
2
Fonte: www.boxofficemojo.com.
13
I film prodotti necessitano di un mercato su cui possano
essere acquistati dai proprietari delle sale cinematografiche e per
questo motivo la distribuzione è il punto focale che unisce le
majors con il resto del mondo, il terreno su cui avviene il primo
incontro tra domanda e offerta (al di fuori di quello della forza
lavoro necessaria per la produzione).
L’esercizio, infine, riguarda la proiezione del film. Negli ultimi
anni, a causa dell’enorme diffusione dell’home video, all’interno di
questa categoria rientrano anche le trasmissioni televisive e i
noleggi/acquisti di VHS e DVD. Si può pertanto pensare di
rinominare l’intera categoria come “presentazione al pubblico”,
slegata dal concetto in senso stretto di proiezione cinematografica
(Gomery 1998a: 246).
Ciascuna major è controllata da una multinazionale della
comunicazione: la Columbia Pictures dalla Sony, la Walt Disney
Pictures e la Touchstone Pictures dalla Disney Corp., la 20th
Century Fox da News Corp., la Warner Bros. e la New Line
Cinema da America On Line Time Warner, la Universal dalla
francese Vivendi e la Paramount da Viacom. A causa dell’alta
visibilità dei suoi prodotti, l’industria cinematografica viene spesso
ritenuta di dimensioni molto maggiori di quelle reali. Si vuole
chiarire perciò che, sebbene notevoli, le cifre dei bilanci delle
majors impallidiscono di fronte a quelle di aziende come General
Motors, Exxon o IBM. Come conclude Gomery (1998a: 253),
Hollywood può essere ritenuta, in ultima analisi, un’industria di
media grandezza con alti profitti, alta influenza politica e alta
visibilità.
Curiosamente, la differenziazione di marchio e la fedeltà ad
esso non è per nulla sviluppata a Hollywood, poiché queste sono
sentite dai consumatori al livello dei singoli film e degli attori e
registi più famosi (conseguenza del noto star system nato negli
anni Trenta).
14
I film entrano perciò nei ricordi personali dei consumatori non
tanto come, ad esempio, il nuovo film della Paramount o della
Warner Bros., ma come il nuovo film di Robert De Niro o come il
sequel di Star Wars.
Ciò, ovviamente, non significa che non ci sia competizione tra
le majors. Sebbene negli ultimi anni le politiche di distribuzione
abbiano posto maggiore enfasi sull’importanza di ottenere incassi
elevati nel primo weekend di programmazione, i ricavi al
botteghino sono stati ampiamente sorpassati da quelli derivanti
dalla vendita dei supporti home video e dai diritti televisivi. Come
sarà ripreso nella trattazione, la necessità di differenziare le fonti
di reddito ha condotto a una visione del film come “evento”,
commercializzabile anche attraverso giocattoli, colonne sonore,
videogiochi, merchandising e altri accordi commerciali con
aziende che non hanno nessun legame con l’industria
cinematografica. La già ricordata integrazione verticale permette
perciò a Disney Corp. di produrre e distribuire un film come
Pirates of the Caribbean: The Curse of The Black Pearl (“La
maledizione della prima luna”, Disney/Touchstone, 2003),
direttamente ispirato a una giostra di Disneyland, e permette ad
altre majors di lanciare sul mercato film ispirati da videogiochi di
successo come Final Fantasy: The Spirits Within (Columbia,
2001) o Tomb Raider (Paramount, 2001).
Attraverso le fasi dello star system degli anni Trenta, della crisi
degli anni Cinquanta e dell’avvento della “New Hollywood” alla
fine degli anni Settanta, l’industria cinematografica californiana ha
modificato nel tempo diverse sue caratteristiche per inseguire un
mondo che cambiava a una velocità “post-moderna”.
15
Già nel 1978, tre anni dopo che Jaws (“Lo squalo”, Universal,
1975) aveva inaugurato la nuova stagione di Hollywood, Casetti
(1978: 128) scriveva di una de-istituzionalizzazione del cinema,
evidenziata da alcune modifiche strutturali subite dall’industria
cinematografica:
- la fine di un sistema di produzione strutturato sul
prodotto medio, ma articolato su più livelli (film di serie
A e B, film d’autore ecc.);
- la disarticolazione e la disgregazione della produzione,
per cui i singoli film hanno una loro identità;
- caduta la capacità del cinema di aggregare il pubblico
più vasto ed eterogeneo, Casetti vedeva svilupparsi una
forma di fruizione frantumata e dispersa: quella
variamente specializzata e quella disattenta.
Seguendo poi uno studio di Degand, Casetti analizzava la
politica delle majors a partire dalla seconda metà degli anni
Settanta, sottolineando la “riduzione del volume di produzione;
una conduzione molto rigorosa della politica produttiva attraverso
un controllo di tutta la catena che va dalla scelta del soggetto alla
pubblicità e al marketing; una presenza sempre più affermata nel
settore televisivo e negli altri media, secondo un modello di
integrazione tra media paralleli e tra le varie tecnologie” (Casetti
1978: 132).
Ciò che Casetti a ragione non rileva come cambiamento è la
politica dei prezzi delle majors. Il prezzo del biglietto per il
consumatore è lo stesso per qualsiasi film decida di vedere, e
minime differenze si possono notare tra un multisala e un altro (e
comunque mai oltre l’ordine dei 25 centesimi di dollaro).
16
Come notano anche Miller et al. (2001: 47), pagare la stessa
somma per vedere ogni film è contro ogni assunto standard della
dottrina economica neoclassica riguardo al ruolo del prezzo nel
bilanciare la domanda e l’offerta. Nondimeno, il mantenimento di
un prezzo standard per l’ingresso in una sala cinematografica
aiuta gli attori dell’oligopolio a conservare alte barriere di ingresso
per eventuali concorrenti che volessero entrare nel mercato.
Allo stato attuale delle cose, Hollywood soffre una crisi che ai
più sembra passeggera e che ha a che fare con la fase
discendente del ciclo dell’economia statunitense e mondiale,
entrambe in calo in seguito agli attacchi terroristici dell’11
settembre 2001. La contrazione dei profitti dell’ultimo trimestre del
2001 e di tutto il 2002, nonostante successi al botteghino come
Spider-Man (Columbia, 2002), ha intensificato il processo già
accennato di runaway production (si pensi alla trilogia di Lord of
the Rings (“Il signore degli anelli”, New Line, 2001-2003) e a
quella di Matrix (Warner Bros., 1999-2003), quasi interamente
girate rispettivamente in Nuova Zelanda e in Australia) e ha
ulteriormente accelerato la ricerca di un pareggio dei costi di
produzione e marketing già dopo pochi giorni di proiezione nelle
sale.
Il settimanale londinese The Economist in un articolo del 18
gennaio 2003 rileva due dati paradossali tratti dai bilanci delle
majors. Il primo riguarda gli incassi al botteghino, al massimo
storico nel 2002 con 9,4 miliardi di dollari, con un incremento del
12% rispetto a un ottimo 2001, e le vendite di DVD, aumentate
del 61% in soli dodici mesi. Il secondo dato si riferisce al
vertiginoso calo di profitti subito dalle majors. The Economist
fornisce tre spiegazioni strutturali che possono a nostro parere
spiegare, insieme alla recessione statunitense, questa
discrepanza tra aumento della domanda e collasso dei profitti.
17
Il primo argomento sostiene che la battaglia tra le
multinazionali della comunicazione per i dollari che i consumatori
americani destinano ai divertimenti mediatici si è fatta più cruenta,
facendo aumentare i costi di immagine e di marketing. La
seconda spiegazione è racchiusa nelle parole “pirateria
informatica”, un argomento sul quale ci si soffermerà a lungo nel
terzo capitolo.
Infine, una terza spiegazione per la contrazione del profitti
risiede nelle scelte dei manager di Hollywood. The Economist
sostiene che chi dovrebbe essere concentrato sulla produzione di
qualcosa per cui i consumatori dovrebbero essere invogliati a
pagare è stato invece fuorviato dal suo lavoro principale per
rincorrere nuove e più redditizie forme di distribuzione. Si sarebbe
perciò persa una visione di insieme del processo produttivo e
un’attenzione particolare sulla componente creativa per porre
l’accento sulla consegna del prodotto. Si procede, pertanto,
all’esposizione della struttura distributiva di Hollywood,
analizzando le finestre di esposizione.
7
INTRODUCTION
versione inglese
We can say several
things about cinema: that
it is technique, industry,
art, show, entertainment,
and culture. This
depends on the point of
view from which we see
it: and each one is
equally motivated and
cannot be renounced.
(Costa 2000: 13)
The subject of this graduation thesis is the current situation of
the United States film industry in the light of the recent
technological development in film promotion and distribution, as
well as in the new usage trends. We then consider a case study
regarding the release by Warner Bros. of The Matrix Reloaded
and its promotional campaign, following and analyzing the
marketing strategies and the integration between traditional and
new media in building the advertising message. The thesis is
ended by a review of trends and experiments as well as by some
observations about the future of distribution and presentation
technologies applied to the film industry
We must admit a certain interest, personal and academic, in
the contemporary mainstream cinema (that is by now
synonymous of Hollywood almost worldwide) and for the
processes that concern the so-called backstage, from distribution
contracts to marketing strategies, from release date choosing to
merchandising and licensing agreements.
8
The choice of a thesis “about Hollywood” reflects the will to
validate this subject through a serious critical investigation and a
reaction against an unjustified suspicious avanguard still present
in some fields of film studies. Anyhow, we attempted to censor
this second motivation in order not to lead to an acritic celebration
of the Hollywood practices, but to a better comprehension and
evaluation of this field of study. This required, as it could be well
thought, a rigorous analysis of industrial, cultural, and political
procedures and relations not always clearly distinct, and on the
contrary often overlapping.
The will to write this kind of graduation thesis urged us to
spend an entire academic year at the University of California San
Diego, an experience that deeply contributed to become aware of
the complexity of this subject and to access a bibliography
otherwise hardly reachable. The research work made in the
United States carried without doubt a large contribution to the
writing of this book thanks to collected opinions and suggestions,
to some first-hand material about The Matrix Reloaded U.S.
theatrical release, and to a perception sur-le-champ of the Warner
Bros.’ promotional efforts.
The graduation thesis is divided in three parts, each of them
developing an own internal coherence among the chapters. The
first part aims to take a photograph of the current United States
film industry’s situation, considering distorsions, risks, and
opportunities. The second part deals with the release of The
Matrix Reloaded by Warner Bros. and the related marketing
strategies. The third part, finally, takes chapters one to four as a
starting point and reports the experiences of several experiments,
formulating some hypothesis for the future of the seventh art.
9
The first charter takes in exam the industrial organization of
the U.S. film industry, dwelling on the relative aspects of
production, distribution, and exhibition, as well as considering the
relations with international markets and the mode of usage of the
film showing.
Marketing strategies are the subject of the second chapter.
We define several notions concerning movie promotion and we
specify particularly the increasing use of the Internet as a further
available media for advertising purpose. The management of
demand and the segmentation of the movie-commodity are
explained in two distinct paragraphs, although they are strictly
linked since the close relation between film genres and market
niches: we tried to build two stand-alone issues without losing the
liaison that bounds the two subjects. An analysis of the most
modern merchandising and licensing agreements ends the
exposition of the Hollywood marketing strategies.
The third chapter is dedicated to the rising conflict between
streaming and retailing, that is between a notion where the
exchange of information is restricted to bits and a notion where
these bits are fixed on some atoms and then transported and
exchanged. An observation of the broad-band Internet connection
technologies inagurates the chapter, followed by a brief
presentation of the main video compression standards. We
conclude dealing with informatics piracy, a particularly crucial
issue for Hollywood, and with digital preservation, an issue dear
to many users. A final glance is reserved to the newborn UMTS
standard and its capabilities.
In the fourth chapter we develop the theme of copyrighted
audiovisuals, with an eye on the first systemic law regarding the
new digital technologies, the Digital Millennium Copyright Act,
approved by the U.S. Congress in 1998.
10
We trace the profile of the similar European Union and Italian
laws, as well as the first traits of a possible future international law
concerning the Internet. The chapter is ended by a description of
the U.S. debate over copyright.
The fifth chapter, which marks the beginning of the second
part of this thesis, presents a marketing plan concerning the
release of The Matrix Reloaded, written five months prior the first
public showing of the movie and corroborated by industry analysis
and sales analysis, as well as by several observations regarding
the correct market positioning strategy. Some considerations
about the movie distribution chain close the chapter.
The actual promotional campaign by Warner Bros. is the
subject of the sixth chapter. Within it, it can be found a detailed
analysis of the electronic and non-electronic media usage by the
major and a review of all merchandising and licensing
agreements signed by Warner Bros. for the U.S. soil. The chapter
is concluded by the exposition of the strategy concerning product
placement contracts.
The seventh chapter is completely devoted to the box-office
results of The Matrix Reloaded, both domestic and international.
With the aid of some charts and tables we break up the gross
data and we present some features that make this movie a
paradigmatic example of an Hollywood blockbuster.
The eighth and the ninth chapters, strictly interrelated
between them, cast a light over the tension between the
improvement of cinema and an eventual substitution of it with a
new technology of audiovisual presentation, as well as the
change’s influence over film usage. After a quick exposition of the
experiments under way, our work is ended by a look to the future
of the film industry and of cinema considered as a social
institution.