3
in quanto non esiste proprietà naturale se non quella che Stirner intende come caratteristica
individuale, che, equiparata all’esistenza singola e irripetibile, non risulta soggetta ad alcun
dominio. L’unione degli egoisti rappresenta proprio questa esigenza individuale.
Non a caso L’Unico e la sua proprietà si presenta come un richiamo al singolo, una
proposta per riconquistare la propria libertà. Non è anarchia quella di Stirner, o meglio è
un’anarchia particolare, un’anarchia della ragione, dal momento che Stirner non intende
creare nessuna ideologia, anzi è proprio l’ideologia che vuole distruggere. Il suo filosofare è
immerso nella storia pre-rivoluzionaria tedesca. Tuttavia, forse tra Marx e Stirner non ci
poteva essere dialogo, ma soltanto incomprensione. Quello che Stirner volle dire attraverso
le sue opere, cercheremo di ripercorrerlo; per quanto riguarda, invece, l’intima essenza del
suo filosofare, ovvero la consapevolezza che l’Unico ha di sé, rimandiamo alle pagine della
sua opera maggiore, che sole riescono a darne il significato ultimo e completo, in quanto
concordiamo con quanto scrisse Mackay nella sua prefazione alla prima edizione degli scritti
minori nel 1897: « Il peso delle sue proprie parole non può essere da parole di estranei
accresciuto, ma tutt’al più attenuato »
2
.
2
J. H. MACKAY, Max Stirner Scritti minori e risposte ai critici de L’Unico raccolti da J. H. Mackay, trad it di A.
Travers, , Milano 1923, p. 6, d’ora in poi per il nostro studio lo citeremo attraverso la sigla: KS.
4
Capitolo Primo
Dall’uomo Johann Caspar Schmidt al filosofo Max Stirner.
5
1. Una vita umana
Lottare contro un potere autoritario estraneo all’individuo, demolendo la santità dei valori -
siano essi morali, religiosi o sociali - che incatenano l’individuo in uno stato di schiavitù
perenne. Ridare senso all’esistenza singola e irripetibile sottolineando la caducità della vita,
che per sua natura non ha niente a che fare con qualsiasi assoluto, qualsiasi fissazione.
Proclamare l’egoismo, che non deve essere inteso come distorta percezione del sé, bensì
come la forza che muove dal dentro il singolo e lo spinge a realizzare le sue potenzialità e i
suoi fini senza che sia limitato da qualsiasi entità che si collochi al di sopra di lui, tentando di
dominarlo.
Tali idee, chiaramente di rottura, si propagano in Germania, ma soltanto in forma limitata,
giacché chi le pensa è considerato un diavolo, un millantatore, un malato di mente, e poiché
esse appaiono tanto assurde quanto spregevoli, e vengono condannate, con la censura del
libro che le custodiva, Der Einzige und sein Eigentum.
L’opera ha una discreta fama in quell’anno, circolando negli ambienti reazionari e tra gli
hegeliani di sinistra. Mackay scrive che già nel Natale del 1844 l’opera sarebbe stata nelle
mani di tutti, soprattutto dei giovani
1
, ma successivamente, insieme al suo autore, cade
nell’oblio. In questi termini G. Penzo ricorda la questione nel suo Invito al pensiero di Stirner: «
La solitudine che aveva accompagnato tutta la sua vita fino alla sua morte, accompagnerà
anche la sua opera. Stirner rimane nel suo tempo quasi del tutto sconosciuto, proprio come
Nietzsche; anzi, più ancora di Nietzsche. [...] Se si fa eccezione per una certa notorietà di cui
egli gode nell’anno in cui appare L’unico e la sua proprietà (1845), la cultura della seconda metà
dell’Ottocento lo dimentica quasi del tutto »
2
. Ricordiamo che Stirner s’inserisce, seppur a
suo modo, in un contesto storico-politico molto complesso quale è quello della fine della
prima metà del secolo XIX.
1
J. H. MACKAY, Max Stirner. Sein Leben und sein Werk, Berilin 1898 p. 134.
2
G. PENZO, Invito al pensiero di Stirner, Milano 1999 p. 13.
6
Il fermento di ribaltare la realtà sussistente che si aggirava in tutto il popolo europeo e che
esplose nelle rivoluzioni del 1848 ha la sua nascita proprio in questi anni
3
.
3
Il popolo tedesco aveva vissuto sin dagli inizi del secolo col desiderio che le cose cambiassero e la tirannia
aristocratica giungesse al termine. La speranza nata dalla figura di Napoleone fu soltanto un’illusione, giacché dietro
la maschera di liberatore, che divulgava le idee rivoluzionarie francesi, si celava il tiranno che voleva conquistare e
dominare il mondo. Dopo poco tempo vi fu la Restaurazione e la repressione dei ribelli, di cui un esempio eclatante
è il dispotismo dello Stato di polizia di Federico Guglielmo III. Si tratta dunque di un periodo estremamente
tumultuoso e complicato, che si presenta come la diretta conseguenza di quella che è stata una delle più grandi
vittorie contro l’aristocrazia: la rivoluzione francese e la coscienza illuminista. In pochi anni rivoluzioni, ribellioni e
rivolte sociali spuntarono in tutta Europa, motivate da una volontà di cambiamento nata da una molteplicità di fattori
che, intersecati fra di loro, spingevano l’uomo a riappropriarsi della sua esistenza. La dissoluzione del pensiero
hegeliano, la nascita e solidificazione d’ideologie di massa, i profondi mutamenti economici nonché tecnici, possono
essere considerati come un superamento rispetto alla “precedente realtà”, ovvero come il risultato di un processo che
è storico, in quanto è storia, storia che si realizza nella coscienza sia di un individuo sia di un popolo, come volevano
le meditazioni hegeliane sulla storia. Ma Hegel, riteneva che la storia avesse un fine, uno scopo, e che l’idea di
libertà si fosse realizzata completamente proprio nel suo tempo. “Tutto ciò che è reale è razione è tutto ciò che è
razionale è reale”, diceva Hegel, facendo dello stato prussiano la razionalità pura, sintesi dello spirito oggettivo, Dio
in terra. Inutile ricordare che Hegel è l’ultimo dei grandi maestri, che hanno influenzato generazioni e generazioni di
pensatori. Anche Marx, che è stato forse il critico più mordace del pensiero hegeliano, resta (seppur soltanto
teoreticamente) un hegeliano, La scienza della logica e la Fenomenologia dello spirito vengono letti da Marx e
contribuiscono affinché si formi il suo pensiero. Ricordiamo che la figura Signoria, servitù è per Marx
importantissima, soltanto che a differenza di Hegel, viene interpretata dal padre del socialismo in chiave non ideale
ma reale. Ma ormai, di fatto, l’assolutismo monarchico era al termine insieme al suo organo di censura. Ciò che si
metteva in discussione era, usando una terminologia espressamente hegeliana, la razionalità della realtà; la
lacerazione tra reale e razionale poteva essere rimarginata o cambiando la realtà delle cose, attraverso una critica
radicale della realtà esistente, come volevano gli hegeliani di sinistra, oppure ribaltando la realtà delle cose con una
rivoluzione come invece suggerivano Marx ed Engels. In questo periodo ci fu la promulgazione delle idee liberali,
grazie soprattutto alla pressione delle classi più agiate. A partire dal 1840 l'industrializzazione crebbe rapidamente e
con essa si formarono due nuove classi: la borghesia capitalistica e il proletariato. La borghesia sentiva con urgenza
l'esigenza di una maggiore libertà d'iniziativa, e in questo credeva d'essere favorita dall'ascesa al trono prussiano di
Federico Guglielmo IV, che in un primo tempo sembrava non del tutto alieno al programma liberale. Il modello
della borghesia tedesca in ascesa si ispirava al modello di quella francese degli anni '30, anch’essa ostile alla
restaurazione; quella tedesca tuttavia, appariva più disposta ai compromessi con monarchia, aristocrazia e clero, pur
di poter controllare le rivendicazioni popolari delle classi meno abbienti. In Germania le richieste della borghesia
erano avanzate con gli strumenti della mera critica, della filosofia e della letteratura; é così, infatti, che si
cominciano a configurare le strutture tipiche dello Stato liberale: la libertà di commercio, la libertà di stampa e
d’espressione, di coscienza e di religione. Esse, infatti, dichiarando “la Libertà degli uomini” sia in campo
economico-politico quanto in quello sociale, teorizzarono una nuova tipologia statale dove furono cautelati tutti i
diritti del cittadino e la sua libertà d’investimento e produzione, liberandolo dalla censura delle sue idee e dalla
sudditanza del passato. Queste libertà, secondo le idee socialiste di Marx ed Engels, si reggevano su un equivoco
enorme, poiché portavano sì con loro un’emancipazione politica, ma non un’emancipazione umana, in quanto esse
determinavano un nuovo asservimento delle classi inferiori, questa volta non rispetto all’aristocrazia ma alla
borghesia chiamata da Marx capitalista; quelle libertà, infatti, fungono principalmente da beneficio per classi
privilegiate. Secondo le idee marxiste, tali libertà (non estese alla totalità degli uomini) hanno il loro fondamento
nella disuguaglianza reale degli uomini, nata da una forma di potere che si regge sullo sfruttamento del lavoro e
sulla proprietà privata, costringendo il lavoratore (proletario) a vivere in uno stato di miseria perenne sia economica
sia morale. Quindi, per Marx ed Engels, è questo il periodo di formazione della loro intuizione materialistica della
storia, che di lì a poco rivoluzionerà sia il mondo filosofico che politico. Da una parte il socialismo e dall’altra il
liberalismo diventarono le voci principali e amalgamanti di questa nuova esigenza, di questo nuovo cambiamento,
che ruppe, seppur non totalmente, con il passato. La nascita di queste rivoluzioni ha un significato particolare nella
mente degli uomini dell'Europa del XIX° secolo; esse, infatti, mostrano un cambiamento, anzi un'evoluzione rispetto
ad altre rivoluzioni precedenti; non si tratta soltanto di una rivoluzione, bensì di una rivoluzione nel modo di
pensare, che voleva travolgere l'ordine esistente delle cose. La rivoluzione possedeva in sé una matrice "filosofica" e
quindi un fine ben più ambizioso: la Libertà. Tuttavia la parola libertà è un termine caro ad Hegel e ai suoi "scolari",
ed è proprio qui che possiamo trovare il "germe" di questo nuovo modo di "vedere" la realtà. Scrive Hegel: La
7
Difficile è comprendere il contributo che Stirner diede a quest’epoca: come figlio del
suo tempo egli seppe imprimere nelle sue parole una volontà di rinnovamento, il cui modo,
sebbene non accettato dalla maggior parte del popolo tedesco, rappresenta per noi oggi un
simbolo di libertà umana. Il suo filosofare può essere paragonato ad una voce “solitaria” che
grida con toni pieni di odio e annientamento contro la società del tempo, o meglio contro
tutte le istituzioni, siano esse antiche o moderne, aristocratiche, liberali, ecclesiastiche o
socialiste, senza che alcuna forma statale scappi a questa critica. Riferendosi all’Unico e la sua
proprietà, Penzo scrive: « Quest’opera, che esce nel 1844, anche se porta la data del 1845,
suscita subito stupore e panico tra gli intellettuali borghesi, e in particolare tra le autorità
civili ed ecclesiastiche. Ciò è comprensibile se si pensa a quelle espressioni quanto mai
radicali nei confronti delle principali organizzazioni della società, quali Stato, Chiesa e
famiglia »
4
.
Ciò che è messo in questione è la legittimità del potere esercitato sugli individui,
facendo notare, d’altro canto, come lo stato non stimi l’individuo libero e autosufficiente, dal
momento che esso considera soltanto il cittadino, che non si sente né libero né
autosufficiente e che preferisce sottostare alle sue leggi, invece di diventare padrone della
propria esistenza. Ciò che Stirner critica è quindi la “realtà sociale” prodotta dalle istituzioni,
la cui esistenza determina uno stato alienante per l’individuo che lo costringe a dissolvere la
sua singolarità in funzione dell’universalità di forme istituzionali a lui estranee, così come si
riscontra nelle meditazioni hegeliane e nello stato Prussiano
5
.
ragione è lo spirito, dacché la certezza di essere ogni realtà è elevata a verità, ed essa è consapevole a se stessa di
sé come del suo mondo, e del mondo come di se stessa.( G.W.F. HEGEL, Fenomenologia dello Spirito, trad. it. E. De
Negri, Firenze 1998 p. 273.).
Ad ogni modo, con la morte di Hegel, il mondo intellettuale e soprattutto filosofico della Germania di allora ebbe la
netta impressione che il filo rosso della storia del pensiero che andava dal razionalismo iniziato da Cartesio e passato
per il criticismo kantiano si era concluso con l'Idealismo di Hegel senza soluzioni di continuità. D'altro canto la
presentazione dell'ultima filosofia di Schelling era parsa alla maggior parte dei filosofi assai inconsistente. Hegel
morì nel 1831, ma il periodo che va dal 1815 al 1840 va considerato come sottoposto all'egemonia assoluta del
pensiero hegeliano. Infatti, dopo la morte di Hegel, i vecchi hegeliani ebbero numerosissime cattedre in tutta
Europa, e lo stesso re Federico Guglielmo III aveva praticamente accettato che tutte le università fossero sotto il
dominio degli hegeliani. A ciò contribuì senza dubbio la restaurazione vittoriosa, che aveva riportato la Germania
alle condizioni di vita tradizionali, sebbene non fossero soffocate del tutto le istanze e i fermenti liberali.
4
Ibidem, p. 20.
5
Si veda: M. RIEDEL, Hegel fra tradizione e rivoluzione, trad. it. E. Tota, Bari 1975.
8
Stirner approda a conclusioni sconcertanti per l’epoca, in cui il nichilismo di pensatori
“forti” (e pensiamo sostanzialmente a Niezsche) può essere considerato come un venticello
di campagna rispetto alla bufera nata dal pensiero stirneriano.
In evidente contrasto sia col socialismo di Marx ed Engels, sia con il liberalismo di
Ricardo, Der Einzige und sein Eigentum di Johann Caspar Schmidt, non ebbe vita facile, già agli
esordi della sua uscita in commercio. Infatti, il testo fu stampato in una tiratura di mille copie
che furono distribuite velocemente nelle librerie per evitare la censura, ed il libro fu datato
nel 1845.
Passato successivamente dal sequestro al dissequestro e viceversa, il libro, o meglio
quasi tutto ciò che scrisse, fu firmato con uno pseudonimo, Max Stirner, soprannome che
aveva ricevuto forse negli anni di studio universitario, o forse in uno dei tanti incontri al
“circolo dei Liberi”. Forse la scelta dell'anonimato fu presa per non esporsi personalmente,
giacché temeva che il suo sagace sarcasmo potesse provocargli problemi nella sua
quotidianità.
Egli nacque il 25 ottobre 1806 a Bayreuth, una cittadina, situata in Baviera, dove R.
Wagner comporrà le sue musiche, da una famiglia protestante piccolo-borghese. Figlio di
Albert Cristian Heinrich Schmidt, un intagliatore di flauti, e di Sophia Eleonora. Nel 1809,
anno successivo alla morte del padre, sua madre si risposò con un farmacista di nome
Ballerstedt, con cui si trasferì a Kulm nella Prussia occidentale.
Nel 1819 Stirner ritornò a Bayreuth per frequentare il prestigioso liceo
Joachimthal'schen ed è proprio qui che probabilmente i suoi amici del ginnasio gli
attribuiscono il soprannome di Max Stirner, che, stando ad una traduzione letterale significa
fronte (Stirn) smisurata (max-ima).
Nel 1826 si iscrisse all'università di Berlino per studiare filosofia, visto che in quella
stessa università risiedevano i massimi esponenti del pensiero contemporaneo dell'epoca.
Stirner ebbe quindi maestri straordinari quali Schleiermacher, che teneva corsi di teologia,
Ritter, con i suoi corsi di logica ed Hegel, con le sue lezioni di filosofia della religione.
9
Per problemi economici fu però costretto a continuare i suoi studi all'università di
Erlangen per circa un semestre intorno al 1829, per spostarsi successivamente, nel 1829,
all'università di Königsberg, dove però dovette interrompere gli studi, pur iniziati con molto
entusiasmo, per aiutare la madre malata. In condizioni tutt'altro che facili nel 1832 riprese gli
studi all'università di Berlino, vivendo presso la signora Butz.
Non riuscì a completare i suoi studi e la data del 1834 è quella in cui sostiene il suo
ultimo esame universitario. Nel mese di gennaio del 1835 la malattia della madre si aggravò e
nel 1837 fu costretta a vivere nell'ospedale "La Carità", presso Berlino, per gravi problemi di
mente. Intanto, nell'aprile dello stesso anno, Stirner riceveva la venia docendi solo in forma
limitata, essendo riuscito a sostenere soltanto gli esami orali e abbandonando quelli scritti,
dal momento che le cure arrecate alla madre, gli impedivano di studiare. Successivamente, la
Commissione Reale di Brandenburg per le scuole rifiutò la sua domanda di Gymnasiallehrer,
ma non gli negò la possibilità di insegnare.
L'anno seguente, infatti, insegnò latino presso la scuola statale di Berlino senza però
essere retribuito e nel 1837 chiese senza successo un impiego presso un collegio statale.
Nello stesso anno morì il suo padrino. Trovatosi completamente solo, Stirner sposa la figlia
illegittima della sua padrona di casa, Agnes Klara Kunigunde Butz, ma muore anch'essa
pochi mesi dopo il matrimonio, mentre dava alla luce un bambino già morto. E' soltanto nel
1839 che Stirner riceve un posto "stabile" come insegnante: fino al 1844, infatti, sarà
insegnante a Berlino in una scuola privata per fanciulle di famiglie agiate, il "Lehr und
Erzihungs Anstalt fur hohere Totcher" di Madame Gropius, diventando un insegnate
stimato e molto attento all’insegnamento giovanile.
Il 1841 è un periodo importantissimo per Stirner, in quanto si avvicinò ed entrò a far
parte della "cerchia interna" dei frequentatori di Hippel, una birreria sita in Frederichstrasse a
Berlino, Die Freien (I liberi), ossia un gruppo di insegnanti, studenti, ufficiali, e giornalisti di
intensa attività intellettuale e soprattutto politica.
10
Tra gli spiriti liberi troviamo l’ex professore di teologia Bruno Bauer che era stato
congedato recentemente dall'Università di Bonn
6
e suo fratello Edgar. Stirner non conobbe
Marx, dato che quest’ultimo proprio nel 1841 aveva abbandonato tale circolo per l'insorgere
di una profonda incompatibilità politica e filosofica. È in questo gruppo che era avvenuto il
contatto con Marie Dähnhardt, la sua seconda moglie.
Nel 1842 Stirner collaborò, al “Telegraph für Deutschland”, dove pubblicò la famosa
recensione A proposito della tromba del giudizio universale di Bruno Bauer, e l’articolo Risposta di un
membro della comuntià berlinese allo scritto dei 57 ecclesiastici, intitolato: « La celebrazione cristiana della
dimenica », una parola d’amore ai nostri parrocchiani. Collaborò anche per la “Leipziger allgemeine
Zeitung” e la “Rheinische Zeitung”, scrivendo in quest’ultima due dissertazioni: Il falso
principio della nostra educazione ovvero l’umanesimo e il realismo, pubblicata il 19 aprile, e Arte e
religione pubblicata il 14 giugno. Nel 1843 sposò Marie Dähnhardt, dedicataria della sua opera
maggiore pubblicata alla fine del 1844, L’Unico e la sua proprietà, primo libro di Schmidt
pubblicato dall'editore Otto Wigand di Lipsia. Stirner lasciò il suo lavoro d'insegnante nel
1844, prima della pubblicazione del libro; provò quindi ad investire la fortuna che aveva
ereditato Marie Dähnhardt in un'impresa commerciale; tuttavia, tale investimento non fu
fortunato, in quanto l'attività economica fallì ed egli cadde bruscamente in una difficile
situazione finanziaria.
6
Il congedo immediato fu il risultato della sua critica ai vangeli dove dichiarava che gran parte delle narrazioni
erano state inventate dagli stessi autori dei vangeli, per cui questi erano soprattutto leggenda, senza alcun
fondamento storico. Curiosamente, Bauer, partito da posizioni proprie della Destra, si "converte" alla Sinistra ed
espone la sua concezione della religione nell’opera: “La tromba del giudizio universale contro Hegel ateo e
anticristo” (1841). Con essa, pubblicata anonimamente, egli attua una finzione letteraria, presentandosi come
pensatore iper-conservatore e religioso e polemizzando aspramente con Hegel, accusato di essere ateo e anticristo.
Con questo gioco intellettuale, Bauer vuole mettere in luce le tesi della Sinistra, facendo notare come se si vuole
essere hegeliani non si può essere religiosi, poichè ciò che dice Hegel è inaccettabile per la religione: è dunque
impossibile essere al contempo hegeliani e religiosi, come invece fanno gli uomini della Destra, ed è per questo che
Bauer si dichiara apertamente ateo. D’altro canto, Bauer era convinto che ogni forma di progresso derivasse
dall'autocoscienza (analoga all'io fichtiano), cioè dall'attività spirituale, di fronte alla quale la "sostanza", cioè il
mondo esterno, aveva una funzione negativa che andava superata. Tutto insomma, incluso il progresso storico-
sociale, veniva da lui ricondotto al pensiero soggettivo. Strumento di tale progresso era la critica delle istituzioni
esistenti, la quale avrebbe permesso di modificare la realtà. Bauer fu quello che più di ogni altro nella Sinistra
hegeliana cercò di collegare, seppure in maniera ancora molto approssimata, la critica della religione (e della
filosofia hegeliana) con la critica del sistema politico tedesco. Assai importante, in tal senso, è la sua polemica con
Marx sulla questione ebraica, all'interno della quale questi fece capire a quello sia che da una semplice
emancipazione ateistica non si poteva arrivare, in modo automatico, a un'emancipazione di tipo politico, sia che con
l'emancipazione politica e con l'emancipazione dalla religione gli ebrei non avrebbero ancora raggiunto
l'emancipazione umana, che è possibile solo quando i rapporti sociali ed economici si modificano in senso
antiborghese.
11
Nel 1845 uscirono due nuove recensioni, non di particolare rilievo per capire la sua
filosofia, probabilmente anch’esse scritte nel 1844 ma pubblicate soltanto un anno più tardi,
visto che la rivista berlinese insieme al suo editore Ludwig Bhul dovette trasferirsi in Prussia,
sotto i duri colpi della critica: Alcune cose provvisorie sullo stato fondato sull’amore, e I misteri di
Parigi. Di Eugène Sue, pubblicati entrambi nella “Berliner Monatschrift”.
Quasi un anno dopo, Marie Dähnhardt lo lasciò e l’autore fece ritorno ad una vita
solitaria. Molti anni più tardi, la donna fu rintracciata dal Mackay, fedele biografo di Stirner,
in una comunità cattolica dell’Inghilterra. Essendosi però rifiutata di incontrare Mackay di
persona, gli scrisse, descrivendo Stirner come un uomo molto astuto da lei mai rispettato né
amato, e affermando che la loro relazione era stata, tutto sommato, una coabitazione
piuttosto che un matrimonio
7
. Dopo la pubblicazione dell’Unico comparvero principalmente
tre critiche alla sua opera, alle quali l’autore diede subito una prima risposta, mentre per la
seconda impiegò quasi due anni. Come racconta il Mackay, le prime risposte furono
pubblicate nei medesimi fogli, I Recensori di Stirner, una risposta a L. Feuerbach, Szeliga,
(pseudonimo di Franz Zychlinski che più tardi diventerà un ufficiale dell’esercito prussiano)
e M. Hess, in Vierteljahrschrift der Wigands (Rivista trimestrale di Wigand) nel 1845. La
seconda risposta di Stirner lascia qualche perplessità sulla sua autenticità, giacché è firmata G.
Edward; il Mackay ribadisce, ad ogni modo, la sua autenticità, considerando il fatto che K.
Fischer prende G. Edward per Stirner e non viene mai contraddetto, e che quindi vi è una
sorta di silenzio assenso. La critica di Fischer, Die Moderne Sophisten (I Sofisti moderni), fu
pubblicata per la prima volta nella “Leipziger Revue”
8
, mentre la risposta di Stirner, Die
Philosophischen Reaktionäre, Die modernen Sophisten von Kuno Fischer (I reazionari filosofici. I
sofisti moderni di Kuno Fischer) comparve nel quarto volume della “Wigands Epigonen”
nel 1847.
Stirner fu il primo a tradurre The Wealth of Nations di Adam Smiths in tedesco. Tale
traduzione è stata pubblicata nel 1847. L'ultimo libro dello Stirner fu La storia della reazione
(Die Geschichte der Reaction), pubblicato nel 1852 e proibito in Austria subito dopo il suo
apparire.
7
J. H. MACKAY, Max Stirner, cit, p. 102.
8
Una seconda pubblicazione succedette alla prima, presso la stessa rivista dove era comparsa la risposta di Stirner,
Wigands Epigonen nel quinto volume del 1848.
12
È stato affermato che Stirner visse nella povertà nell’ultimo periodo della sua vita,
scappando costantemente dai suoi creditori. Fu condannato e imprigionato per ben due
volte a causa dei debiti, precisamente a Berlino tra il 5 e il 26 marzo 1853 e dal 1° gennaio al
4 febbraio del 1854. Si dice, tuttavia, che sia riuscito a gestire piuttosto bene il patrimonio
ereditato dalla madre negli ultimi anni della sua vita, permettendosi così un tenore di vita
discreto. La sua vita sociale incluse visite al salone della baronessa von der Golz, dove si
diceva che egli avesse diffuso le sue idee di rottura.
Nel maggio del 1856 contrasse una febbre in seguito alla puntura di una mosca
velenosa, tuttavia il suo medicò non riuscì a capire il suo male e a trovare una cura. Perciò il
25 giugno 1856 Stirner morì. Accompagnato alla tomba da pochi amici molto intimi, quali B.
Bauer e forse da Buhl, anch’egli pensatore di sinistra, ed altri amici anch’essi “liberi”, il suo
feretro fu dimenticato. Nel 1889 esce sul giornale “Das Magazin für die Literatur des In-und
Auslandes”
9
un articolo intitolato “Aufruf!” rivolto a tutti coloro che per caso potevano avere
una qualsiasi notizia su Stirner. A questo appello che non aveva avuto un buon risultato, ne
successe un secondo, dove questa volta Mackay chiedeva anche del denaro, per costruire una
lapide-ricordo sulla casa natale di Stirner e sulla sua tomba. Dopo circa 36 anni dalla morte di
Stirner, quindi nel 1892, Mackay trova quasi per caso la sua tomba, coperta dall’erba, e con
grande stupore legge sulla lapide il nome d’arte e non quello di battesimo. Mackay non è
soltanto colui che ha trovato la tomba di Stirner, ma è anche colui che ha scritto la sua
biografia, Max Stirner. Sein Leben und sein Werk, pubblicata a Berlino nel 1898
10
, l’unica che
esiste attualmente ed anche se alcune notizie vengono contestate da qualche critico più
recente, come H.G. Helms
11
, non bisogna dimenticare con quanto zelo e fatica il poeta
anarchico rintraccia gli eventi della sua vita, mosso soprattutto dalla sua ammirazione
12
,
considerandolo un “nobile maestro dell’anarchismo”.
9
J. H. MACKAY, “Aufruf!” in Das Magazin für die Literatur des In-und Auslandes Berlin 1889 N°16, p. 252.
10
ID., Max Stirner. Sein Leben und sein Werk, Berilin 1898. Nella sua prima edizione il libro esce con tre
illustrazioni, con molti facsimili e con un’appendice. La seconda edizione esce arricchita tra l’altro di una breve
appendice, dove sono riportati alcuni studi su Stirner dal 1898 al 1909. Max Stirner, seconda ediz. rivedute e con
un’appendice « Die Stirner-Forschung der Jahre 1898-1909 », Treptow presso Berlin 1910. La terza ed. esce a
Berlino nel 1914.
11
Il sociologo G. Helms evidenzia come la biografia del Mackay sia scarsa di notizie. Anzi avrebbe tralasciato o
addirittura falsificato alcuni momenti della vita del filosofo, che non rientravano nel suo schema interpretativo.
12
Si veda: G. PENZO, Max Stirner. La rivolta esistenziale, Genova 1992 p. 66.
13
Non di meno è da considerare il suo lavoro di recupero di tutto ciò che Stirner
scrisse. Infatti, tutti i suoi lavori (minori) e i suoi articoli presso giornali e riviste, sono stati
curati proprio dal Mackay che nel 1898 pubblica a Berlino il libro: Max Stirner’s Kleinere
Schriften und seine Entgegnungen auf die Kritik seines Werkes « Der Einzige und sien Eigentum ». Aus
den Jahren 1842-1847, a cui susseguì una seconda edizione ampliata e riveduta, che porta la
data del 1914. Escludendo il lavoro del Mackay, Stirner rimane nella sfera della dimenticanza,
prodotto inequivocabile del giudizio che i suoi contemporanei ebbero di lui.
Egli, infatti, fu ridicolizzato e disprezzato da socialisti, liberali, aristocratici e preti,
suoi contemporanei e le sue idee trovarono poco spazio in quella realtà storica, in cui
l’egoismo era visto come sinonimo di male, e veniva quindi rifiutato e non compreso, e in un
contesto in cui il concetto di umanità - direbbe Stirner - governava sia il corpo sia la mente
degli individui. Il giudizio che i padri del socialismo ebbero del suo pensiero pesò
gravemente sulle valutazioni passate e future che si fecero del filosofo.
Nel passato “politico”, il suo pensiero fu considerato come allucinato, e fu messa in
luce, in esso, una forma egoistica superegocentrica. In particolar modo l’accusa di Marx ed
Engels, i suoi “inquisitori”, che erano essenzialmente uomini che rifiutavano un mondo
senza istituzioni (poiché anche il socialismo o il comunismo si fondano su di una premessa,
che è quella dello stato, uno stato beninteso non capitalista ma ugualitario, dove non esiste
più la proprietà privata ma c’è il bene comune), si fonda sulla loro interpretazione del
pensiero stirneriano. Marx specialmente in Die deutsche Ideologie sottolinea che Stirner, come
gli altri esponenti della sinistra hegeliana, concepisce il divenire storico soltanto in via
teoretica, utopica, non reale, legato ancora ad un tipo di trascendenza che è l’ultimo sospiro
dello spirito assoluto del pensiero hegeliano. Infatti, nella prefazione dell’Ideologia tedesca che
risale all’estate del 1846, Marx scrive: « Finora gli uomini si sono sempre fatti idee false
introno a se stessi, intorno a ciò che essi sono o devono essere. In base alle loro idee di Dio,
dell’uomo normale, ecc. essi hanno regolato i loro rapporti. I parti della loro testa sono
diventati più forti di loro. Essi, i creatori, si sono inchinati di fronte alle loro creature.
Liberiamoli dalle chimere, dalle idee, dai dogmi, dagli esseri prodotti dall’immaginazione,
sotto il cui giogo essi languiscono. Ribelliamoci contro questa dominazione dei pensieri. [...]
14
Queste fantasie innocenti e puerili formano il nucleo della moderna filosofia giovane-
hegeliano, che in Germania non soltanto è accolta dal pubblico con orrore e reverenza, ma è
anche messa in circolazione degli stessi eroi filosofici con la maestosa coscienza della sua
criminosa spregiudicatezza »
13
.
Ricordiamo che l’Ideologia Tedesca di Marx ed Engels sarà pubblicata integralmente,
salvo alcune pagine andate perdute, per la prima volta nel 1932; ad essa segue l’edizione
parziale di E. Bernstein nel 1903-1904, intitolata Der “Heilige Max”. Ma la posizione di Marx
è espressa molto chiaramente in un suo famoso schizzo di autobiografia politico-intellettuale
che è, fra l’altro, la Prefazione a Per la critica dell’economia politica del 1859: « Decidemmo di
mettere in chiaro, in un lavoro comune il contrasto fra il nostro modo di vedere la
concezione ideologica della filosofia tedesca, di fare i conti in realtà, con la nostra anteriore
coscienza filosofica. Il disegno venne realizzato nella forma di una critica alla filosofia
posteriore a Hegel. Il manoscritto, due grossi fascicoli in ottavo, era da tempo arrivato nel
luogo dove doveva pubblicarsi, in Vestfalia, quando ricevemmo la notizia che il mutamento
di circostanze non ne permetteva la stampa. Abbandonammo tanto più volentieri il
manoscritto alla roditrice critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo
principale che era di veder chiaro in noi stessi »
14
. Anche Engels, nello scritto Ludwig
Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca del 1886, ripensando a quel lontano
manoscritto lo giudica troppo frammentario per essere pubblicato. Il Luporini fa rilevare che
in questi due giudizi, cioè in quello di Marx e in quello di Engels, non si trova un “senso di
rimpianto” per la non avvenuta pubblicazione. Quella comune fatica venne abbassata,
secondo quanto dice Marx, a poco più di una circostanza privata, a una tappa dell’evoluzione
intellettuale sua e di Engels. Tali valutazioni da parte di Marx ed Engels, scrive ancora il
Luporini, « operano a lungo ed in profondità »
15
. L’accusa va quindi ad inserirsi in un’ampia
cornice sia storica che filosofica: per Marx ed Engels Stirner diventa l’emblema della filosofia
borghese che non riesce a divenire prassi rivoluzionaria. Ed è questa l’interpretazione che i
suoi contemporanei ebbero di lui e del suo pensiero.
13
K. MARX- F. ENGELS, L’ideologia tedesca, trad. it. di F. Codino, introd. di C. Luporini, Roma 1967.cit, p. 3.
14
ID., Per la critica dell'economia politica, 1859, trad. it. E. Cantimori Mezzomonti, con un’introduzione di M.
Dobb, Roma 1973.
15
Si veda: K. MARX- F. ENGELS, L’ideologia tedesca, cit, (introduzione), pp. IX-VX.
15
Oppositori politici prima che filosofici, seppero influenzare con la mole della loro
fama il giudizio delle generazioni contemporanee e successive. E’ soltanto nella seconda
metà del XX° sec. che la critica filosofica riuscirà a mostrare sia la profondità dei suoi
pensieri sia la portata teoretica di essi, considerando Stirner un “vero” filosofo.
16
16
Per una genealogia della critica stirneriana ed il suo risveglio negli anni 1893-1933, 1936 e successivi si veda, G.
PENZO, Max Stirner. La rivolta esistenziale, cit, pp. 69-127.
16
2. I Liberi e i primi scritti.
I “Liberi” possono essere considerati come la parte più attiva degli intellettuali del tempo. In
linee generali, è possibile riassumere le problematiche che i “Liberi” si ritrovano ad
affrontare in due punti fondamentali: da una parte, essi contestano le condizioni politiche e
sociali del loro tempo, perché dominate da un’autorità che è degenerata in autoritarismo;
dall’altra, essi contestano in modo particolare l’unione tra potere politico e potere
ecclesiastico, caratteristica tipica della società borghese di quel tempo. Essi si professano
liberi e atei appunto perché vogliono liberarsi dalla maschera ipocrita di quel mondo
borghese in cui sono costretti a vivere. In realtà, le tematiche del circolo dei Liberi si
muovono parallelamente rispetto ad un ben più ampio lavoro di critica radicale e
dissoluzione filosofica, volta ad attuare un cambiamento reale della realtà nata dopo il 1831,
data della morte di Hegel
17
.
17
Come abbiamo accennato poc'anzi, la Destra e la Sinistra hegeliane nascono all'indomani della scomparsa del
filosofo: un esponente dell'hegelismo, Strauss, definirà le due correnti opposte nate nell'ambito dell'hegelismo come
"Destra" e "Sinistra" richiamandosi esplicitamente al parlamento francese. La Destra hegeliana, detta anche dei
"vecchi" per il carattere marcatamente conservatore che la contraddistinse, si opponeva alla "Sinistra", detta anche
dei "giovani" hegeliani, in virtù del fatto che a comporla erano per lo più giovani progressisti: il primo motivo che
portò le due "fazioni" a scontrarsi fu di materia religiosa. Hegel aveva infatti sostenuto che la filosofia e la religione
esprimessero gli stessi concetti, ma aveva anche aggiunto che la filosofia li esprime in maniera decisamente
migliore. Dall'ambiguità del discorso hegeliano nasce la spaccatura tra Destra e Sinistra: la prima, tende a
sottolineare l'identità di contenuti della filosofia e della religione, avvalorando in questo modo la religione; la
Sinistra, dal canto suo, sottolinea come la filosofia sia per natura superiore alla religione, poiché quest'ultima, come
aveva detto Hegel, può solo esprimersi attraverso narrazioni mitologiche. In altri termini, la Destra approva la
religione poiché ne sottolinea l'identità di contenuti con la filosofia; la Sinistra, invece, è contraria alla religione
poiché ne sottolinea l'inferiorità della forma rispetto alla filosofia. Ne consegue inevitabilmente che i seguaci della
Sinistra si dedicheranno assiduamente all'indagine filosofica, mentre invece gli esponenti della Destra arriveranno
ad anteporre la religione alla filosofia, cosicché i loro contributi alla storia del pensiero sono pressoché modesti. Ma
la questione religiosa non è la sola a creare disaccordi tra gli hegeliani: se in Hegel convivevano ambiguamente la
superiorità della filosofia rispetto alla religione in ambito formale e l'uguaglianza tra le due in ambito contenutistico,
è anche vero che nel filosofo trovavano il loro spazio anche due concezioni della realtà contrapposte; da una parte,
infatti, egli diceva che tutto ciò che è giusto perchè razionale deve essere realizzato, dando così una veste
progressista al suo pensiero; dall'altra parte, invece, sosteneva che la realtà, così come è, è razionale e, in ultima
istanza, giusta, dando così una colorazione conservatrice alla sua filosofia. Ora, come per quel che riguarda la
religione, anche qui si crea una spaccatura: la Destra sostiene che tutto ciò che esiste è razionale e, pertanto, non
deve essere cambiato; la Sinistra, invece, è del parere che tutto ciò che è razionale debba essere fatto diventare anche
reale, in una prospettiva progressista e, talvolta, rivoluzionaria. Ricapitolando, i due punti di "disaccordo" tra Destra
e Sinistra sono: il rapporto religione-filosofia e il rapporto tra razionale e reale.
Del problema politico si occupano soprattutto Ruge e Heine, i quali sottolineano (riprendendo concezioni
illuministiche) come la Sinistra privilegi l'idea di una razionalità che deve a tutti i costi diventare reale: in
quest'ottica, viene anche recuperato Fichte (molto più rivoluzionario di Hegel) e la sua concezione dinamica della
realtà come tensione costante. Il succo del discorso di Ruge e di Heine è che se la Germania ha già fatto una
rivoluzione sul piano intellettuale con il percorso che da Kant giunge fino ad Hegel, ora non resta che fare la
rivoluzione sul piano politico ed è per questo che i pensatori della Sinistra guardano con particolare simpatia al
liberalismo e alla democrazia. Ed è curioso ricordare che, quasi sempre, gli esponenti della Sinistra furono