Introduzione
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PREMESSA
L’argomento che verrà trattato è, senza dubbio, di enorme
portata tante sono le implicazioni che suggerisce così come vaste
sono le fonti letterarie e filmografiche sul tema; tuttavia è
possibile, almeno su quest’ultime, operare una sorta di cernita dei
maggiori contributi che il cinema ci ha consegnato al riguardo,
spaziando dal western al cinema di denuncia sociale. Data
l’impossibilità di vagliare direttamente, nella sua interezza, la
produzione letteraria di materia indiana nel corso dei secoli, ci si è
avvalsi dell’apporto di diverse fonti critiche, nel tentativo di
equilibrare le due sezioni, cinema e letteratura, dando una quantità
di informazioni sufficientemente vasta da trarne un’immagine
d’insieme più veritiera possibile.
L’impressione che se ne trae è che mentre sul fronte letterario
si è sempre avuto interesse verso le culture americane fino alla
costituzione di una vera e propria letteratura indiana, il cinema
raramente è andato oltre le rappresentazioni stereotipate del
western classico che tutti noi conosciamo, per cui, attualmente, la
possibilità di un cinema indiano come genere riconosciuto è poco
Introduzione
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più di una speranza per il futuro. Si tratterà, più precisamente, di
analizzare il rapporto tra la civiltà dell’uomo bianco e quella del
nativo americano in tutte le accezioni possibili e in modo
diacronico attraverso uno studio parallelo del linguaggio letterario
e di quello cinematografico; trovare punti di contatto, tracciarne la
storia attraverso i momenti più salienti, mettere in discussione i
risultati conseguiti e le problematiche che quest’ultimi possono
eventualmente sollevare. Anche se l’atteggiamento comune va
lentamente modificandosi vi è di fatto un totale disconoscimento
del valore intrinseco della cultura indiana nel reiterato tentativo, in
parte riuscito, di assimilarla a quella bianca col conseguente
annientamento della sua identità. Le foto introduttive ai capitoli
sono un’ulteriore conferma di come la mistificazione dell’Indiano
sia un processo comune a tutte le arti, non escluse la pittura e la
fotografia. Le foto di autori come Edward S. Curtis (1868-1952),
come gli indiani stessi riconoscono
1
, contribuirono alla definizione
1
”…many of the photographers wanted to photograph Indians to appear to be
traditional. They wanted the perfect Indian, before he vanished…And Edward
Curtis, who is the best-known and the most powerful pictorialist photographer, truly
a great photographer and an artist, but not an ethnographer—his are not
documentary photographs…Well, my point is that these are powerful images”,
Introduzione
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dell’archetipo dell’Indiano secondo l’ideologia occidentale con la
stessa intensità del cinema e di molta letteratura, accostandosi alle
precedenti rappresentazioni pittoriche che i viaggiatori europei
nell’ovest ci hanno tramandato.
La letteratura ha cercato di modificare la tendenza a filtrare la
tradizione indiana attraverso gli schemi occidentali cogliendo
diversi successi in tal senso; al contrario il cinema si è spesso
fermato in superficie continuando una tradizione di luoghi comuni,
di disinformazione e di deformazione della figura dell’indiano.
Si dice che, così facendo, il cinema obbedisca alle leggi del
mercato, alla domanda di un pubblico non eccessivamente
sensibilizzato sulla questione indiana. Sembrerebbe quasi che il
cinema, come risultato del nostro patrimonio culturale, non avesse
e non abbia altra scelta se non quella di mostrare ciò che il
pubblico già conosce ed è in grado di assimilare; ma molto più
spesso il cinema è un forte mezzo di persuasione e un catalizzatore
delle tendenze culturali della società tutta, anche nel senso
deteriore del termine. Non è il caso di argomentare sulla legittimità
intervista a Gerald Vizenor in Laura Coltelli, Winged Words, American Indian
Writers Speak, University of Nebraska Press, Lincoln, 1990, pp. 170-171
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di tale ascendente ma prenderne atto e utilizzarlo al fine di
diffondere un’immagine nuova, il più vicino possibile alla realtà, di
una cultura tanto bistrattata quanto lo è stata quella indiana.
Il processo di recupero ha avuto inizio già nel secolo scorso ma
è evidente che il danno iniziale e gli errori successivi hanno reso
difficile il percorso da intraprendere e solo negli ultimi decenni si è
avuto un costante e diffuso interesse sul tema, ma non in tutti i
campi e non con la stessa incisività. Qui ci si limiterà ai soli campi
letterario e cinematografico che danno un esempio del divario di
interesse e di progressi conseguiti in tale direzione.
Introduzione
6
INTRODUZIONE
I primi contatti tra europeo e “nuovo mondo” sono avvenuti
sotto l’insegna dell’errore. La scoperta dell’America fu la più
grande tra tutte le scoperte dell’europeo, il quale aveva
completamente ignorato la possibilità dell’esistenza di un altro
continente nel mezzo dell’oceano Atlantico mentre aveva avvertito,
da sempre, la presenza delle lontane terre d’India e Cina e Africa.
Ma all’errore iniziale e temporaneo inerente alla convinzione di
trovarsi ai margini orientali del continente asiatico si aggiunse
quello di assoggettare, per poi annullare, le grandi civiltà
dell’America latina e il sottovalutare l’identità delle culture indiane
del Nordamerica e fu ancora errato il modo in cui si cercò, in
seguito, di assimilarle e rivalutarle.
Quando, nell’ottobre del 1492, Cristoforo Colombo con le sue
navi sbarcò nelle isole dei Caraibi, il primo atto che compì gettava
luce su ciò che sarebbe avvenuto in seguito: egli annesse
formalmente tutte le terre da lui scoperte al regno di Spagna non
curandosi di spiegare la cosa agli indigeni. Era il senso di
superiorità dell’uomo europeo che generava un atteggiamento di
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tipo protettivo: con Colombo si inaugurava il mito del “buon
selvaggio”, col suo decantarne la generosità e l’indole pacifica
anche se avrebbe in seguito ritrattato. Come si vedrà tale attitudine
costituirà un filone prolifico, tanto in letteratura quanto nel cinema,
e un pregiudizio difficile da superare. A livello di pregiudizio si
potevano distinguere due posizioni comportamentali protratte nei
secoli: l’assimilazione della cultura indiana a quella europea con la
proiezione dei valori di quest’ultima sulla prima, oppure
l’asserzione della superiorità dell’europeo dando per certa la
differenza biologica.
Con lo sbarco in forze dei religiosi spagnoli si ebbe ampia
diffusione del secondo comportamento, visto che il Cristianesimo
aveva in sé tale predisposizione e fu un’arma efficace dalla parte
dei colonizzatori. Che gli indigeni dovessero essere convertiti al
cattolicesimo era cosa indubbia e senza bisogno di giustificazioni.
La religione veniva elargita in cambio delle ricchezze del
continente ed ai più lo scambio sembrava del tutto equo e
legittimo. Dunque le due ideologie di assimilazionismo e
schiavismo potevano benissimo coesistere per cui l’opera di
distruzione fu vasta e la ricostruzione degli avvenimenti così come
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del patrimonio letterario e mitologico indigeno è difficile e resa più
complessa dal fatto che non esisteva una vera lingua scritta ma il
linguaggio utilizzato era il disegno. Tale caratteristica del
linguaggio poneva il problema sul diverso modo di utilizzare e
valutare la comunicazione degli indiani rispetto agli europei. Essi
non credevano molto nel rapporto uomo-uomo ma, al contario,
prediligevano quelo uomo-natura. Il loro universo era popolato di
segni rivelatori, presagi di eventi già preordinati in libri dove storia
e leggenda si mescolavano indifferentemente in una visione ciclica
e mistica della vita , vita nella quale l’individuo non aveva
importanza di per sé ma come parte del tutto, in armonia con la
natura.
Ma se la civiltà dell’America latina risultò come l’ibridazione
tra due culture, quella indiana e quella iberica, che si sovrapposero
e si amalgamarono fondendosi assieme, dove il nuovo era
preponderante ma portava tracce della spiritualità antica, diversa fu
la penetrazione nel continente nordamericano: più lenta ed
articolata, di cui furono protagonisti più popoli dell’Europa.
In riferimento alla civiltà messicana a quelle andine, è strano
che tutto un arco di storia così interessante e nuovo, denso di
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avvenimenti tutt’altro che trascurabili, non sia stato
sufficientemente analizzato e documentato dal cinema come lo è
stato in letteratura. Al riguardo, opere cinematografiche degne di
nota non esistono, eppure l’argomento offriva occasioni di
drammaticità e spettacolarità uniche che certo cinema prediligeva e
ancor oggi tiene in alta considerazione, senza contare le
implicazioni sociologiche e culturali, la retorica della purezza e
della libertà perdute o la romanticità ed il mistero del far rivivere
civiltà splendide ora ridotte a ricordo.
Capitolo 1
L’Indiano
in Letteratura
Capitolo 1: L’Indiano in Letteratura
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GLI INDIANI IN LETTERATURA
Nella grande notte il mio cuore andrà via;
Verso di me l’oscurità viene frusciando.
Nella grande notte il mio cuore andrà via
2
.
Come si vedrà più avanti, l’immagine dell’indiano in cento anni
di storia del cinema non si è modificata di molto. Infatti si assiste
ad uno ‘scarto’ sensibile tra l’immagine letteraria dell’indiano e
quella che il cinema propone dimostrando un netto ritardo di
quest’ultimo. Il momento decisivo in questo processo si è avuto
quando la letteratura ha dato voce alla popolazione indiana in
prima persona, quando il nativo americano ha sentito la necessità
di comunicare la sua ritrovata identità culturale anche agli altri, ai
non indiani.
Ad un esame più attento si nota come tutta la produzione
hollywoodiana dalla nascita del cinema agli anni cinquanta, salvo
rare eccezioni, utilizzava lo stereotipo classico che la letteratura
aveva introdotto da subito una volta che l’uomo bianco era venuto
2
Nella grande notte, Papago
Capitolo 1: L’Indiano in Letteratura
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a contatto con l’elemento indigeno. Il “Buon selvaggio” di
Cristoforo Colombo
3
si era perpetuato nell’immaginario
dell’europeo ininterrottamente per quasi quattro secoli.
Strenua fautrice di tale tipizzazione era l’idea del progresso che
strideva contro l’immagine ‘naturale’ dell’indiano legato invece ai
ritmi della natura senza la nozione dell’evolversi dei tempi secondo
una curva ascendente ma piuttosto all’interno di una concezione
ciclica della storia fortemente condizionata dall’arcano e dal
soprannaturale
4
.
All’ideologia dei puritani, che del progresso si facevano
legittimi portavoce, va imputata una duplice responsabilità storica:
primo, l’eccidio perpetrato a favore del conclamato progresso che
non può coesistere con chi ne sia estraneo, secondo, l’aver
perpetuato un’immagine distorta, contraddittoria e comunque
superficiale di quelle culture che stavano sistematicamente
distruggendo.
3
Cfr. Tzvetan Todorov, La conquista dell’America, Einaudi, Torino, 1992, p. 47
4
Ivi, p. 103 e Wilcomb E. Washburn,Gli Indiani d’America, Editori Riuniti, Roma,
1981, pp. 76-77
Capitolo 1: L’Indiano in Letteratura
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“L’idea del progresso ha giustificato, promosso (e rimosso
dalla coscienza) l’eccidio, che fu ora fisico ora spirituale, a seconda
dell’occasione. Ha anche riatteggiato come le conveniva
l’immagine dell’indiano, quando non ne ha inibito la visione”
5
.
L’idea di riforma muove dunque il puritano nel nuovo continente,
ma la riforma era il risultato di due opposte visioni della vita
confluite nello stesso impianto sociale: quella progressista e quella
regressista. “Il progressista deve progredire, ma anche chi vagheggi
l’età dell’oro trascorsa invece di lodare la civiltà in cui vive,
sottintende che questa si debba riformare”
6
. Sono due ottiche
opposte e complementari che influenzano, anzi determinano il
giudizio espresso sull’indiano visto indifferentemente sia come
nobile figura arcadica sia come feroce selvaggio.
5
Elémire Zolla, I letterati e lo sciamano, Marsilio Editori, Venezia, 1989, p. 7
6
Ivi, p. 12
Capitolo 1: L’Indiano in Letteratura
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DALLE ORIGINI AL ROMANTICISMO
Oh,
essere un uomo
7
!
La prima descrizione degli indiani poco lusinghiera e priva di
fondatezza documentaristica era del 1511, opera di anonimo.
Il pregiudizio era già ampiamente espresso: l’indiano è un
selvaggio, cannibale e assolutamente privo di raziocinio
8
. In
seguito quando si volle argomentare sulla sua spiritualità lo si
definì adoratore del demonio. l motivo di questa erronea
attribuzione era dovuto sia all’incapacità dell’europeo di penetrare
il significato della ritualità indigena sia alla volontà di far apparire
l’indiano assolutamente indegno di considerazione come essere
umano e giustificarne quindi l’eccidio a favore della crescente
colonizzazione.
Una descrizione più serena dei nativi era quella fornita da John
Smith (1580-1631) in “A True Relation of Virginia” del 1608 che
7
Serenata, Mandan e Hidatsa
8
I letterati e lo sciamano, op. cit., p. 18
Capitolo 1: L’Indiano in Letteratura
15
accoglieva però la teoria comune del culto indiano dedicato al
demonio. Tra le descrizioni riportate da Smith trovava spazio la
storia della principessa Pocahontas, figlia del capo Powathan, che
sposò il colono John Rolfe. Il matrimonio aveva un significato
prevalentemente politico e non comportò sostanziali mutamenti sul
piano delle relazioni interrazziali. Ma era pur vero che molti
coloni contrassero matrimoni con le indigene e ci furono anche casi
di donne bianche sposate con indiani e numerose adozioni tra le
tribù
9
. Tutto ciò dava fondamento di verità storica alle molte
pellicole di genere western su tale argomento, da “L’amante
indiana ” a “Il grande cielo” a“Un uomo chiamato cavallo” a
“Manto Nero” .