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in cerca di occupazione nel contesto di servizi pubblici di nuova
concezione (Informagiovani, Centro Lavoro, Agenzie per il lavoro).
In questo tipo di servizi il contatto con gli utenti è di tipo
informale e molto “aperto”.
Capita perciò di frequente di raccogliere le opinioni “fuori dai
denti” dei disoccupati e degli inoccupati sul funzionamento del
mercato del lavoro in generale o su una determinata procedura di
ricerca o selezione del personale e spesso ci si ritrova ad avere a che
fare con la fatidica frase/sfogo/denuncia: “Non è giusto!”
Per quanto riguarda gli obiettivi specifici di questo lavoro è
nostra intenzione cercare di portare un piccolo contributo alla
discussione in materia attraverso la connessione di due questioni, la
tipica funzione del collocamento collegata alla sua evoluzione e la
regolazione del mercato del lavoro incontro domanda e offerta
attraverso i sistemi odierni.
L’economia di questo lavoro non consente di affrontare
esaurientemente argomenti tanto vasti.
Si tratterà allora di mettere in rilievo alcuni aspetti particolari
delle due questioni.
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Nella prima questione ci occuperemo del percorso storico in
Italia del collocamento mentre nella seconda questione della
regolazione del mercato del lavoro ci concentreremo sui servizi per
l’impiego ed in particolare sulla interazioni tra servizi pubblici per
impiego e operatori privati arrivando all’analisi delle agenzie del
lavoro.
Nel primo capitolo cercheremo di delineare la prima questione
partendo da una breve descrizione del sistema delineato dalla legge n.
264 del 1949, per poi raccontare la fase demolitoria successiva e
quindi parlare delle riforme vere e proprie, arrivando alla riforma
Biagi , concludendo il capitolo con delle considerazioni sulla efficacia
delle riforma.
La seconda questione sarà discussa nei successivi due capitoli.
Nel secondo capitolo sarà trattata la questione sui centri per
impiego, la sua evoluzione normativa, le linee guida per
l’organizzazione dei Servizi pubblici per l’ impiego, stabiliti gli
indicatori di performance arrivando a concludere su giudizi sulle
interazioni tra servizi pubblici e operatori privati.
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Nel terzo capitolo sarà trattato il mercato privato del lavoro
ovvero le agenzie del lavoro la loro nascita e costituzione, l’oggetto
sociale, e l’ attività di somministrazione.
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INTRODUZIONE
Lo Stato è per lungo tempo intervenuto nel mercato del lavoro
attraverso il collocamento pubblico al fine di mediare l’ incontro tra
domanda e offerta di manodopera.
Tale istituto ha da sempre inteso svolgere una funzione pubblica
di promozione di un’ equa ripartizione delle opportunità di lavoro, in
applicazione di un’ equa ripartizione delle opportunità di lavoro, in
applicazione del principio di uguaglianza (articolo 4 Costituzione) e di
tutela del lavoro (articolo 35 Costituzione) anche allo scopo di
proteggere il lavoratore da eventuali discriminazioni nelle assunzioni
o da speculazioni di intermediatori privati
2
.
La regolamentazione del nostro collocamento ordinario è
andata evolvendosi a partire dalla legge n. 264/1949, la quale
qualificava come “funzione pubblica” il principio stesso del
collocamento, sancendo il monopolio statale, con il conseguente
divieto di qualsiasi mediazione privata, anche gratuita, e prevedendo,
in caso di trasgressione, una sanzione penale.
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La Convenzione OIL n. 2 del 1919, ratificata dal regio decreto-legge n. 1021/1923, sanciva
l’obbligo in capo agli Stati di istituire un sistema di uffici pubblici di collocamento gratuito
soggetto alla vigilanza di una autorità centrale.
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Tale impostazione derivava dal collocamento rigorosamente pubblicistico vigente
nell’ordinamento corporativo ( articolo 2098 c.c. ) affidato ai sindacati.
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Tale sistema di regolamentazione si inseriva in un contesto
socio-economico caratterizzato da un’ economia agricola e industriale
che richiedeva soprattutto manodopera omogenea e poco
specializzata.
In un mercato del lavoro siffatto, la previsione legislativa
dell’ avviamento al lavoro, salvo per alcune categorie, in relazione alla
categoria e qualifica funzionale secondo il meccanismo della richiesta
numerica, statuiva la impersonalità delle scelta della manodopera e
sanciva un sistema di incontro tra domanda e offerta di forza lavoro
secondo procedure automatiche e standardizzate
4
.
Solo in questa prospettiva si può comprendere perché le parti
del contratto di lavoro accettassero tale compressione dell’ autonomia
privata e del potere negoziale che vietava loro la libertà di scelta in
favore dell’ interesse pubblico all’ occupazione.
Invece nel periodo precedente vi era la compresenza di agenzie di collocamento private, con
finalità lucrative, di strutture pubbliche e organizzazione sindacali.
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Il sistema di collocamento pubblico prevedeva, per coloro che erano in cerca di una occupazione,
l’ obbligo di iscrizione ad apposite liste presso gli uffici periferici del Ministero del Lavoro. Il
datore di lavoro, da parte sua, qualora avesse voluto procedere a nuove assunzioni, doveva
presentare una richiesta all’ ufficio pubblico indicando il numero di lavoratori da assumere e la
qualifica. La richiesta poteva essere nominativa solo per categorie di elevata professionalità,
mentre la facoltà di assunzione diretta di lavoratori era possibile soli per casi speciali (coniuge,
parenti ed affini non oltre il terzo grado e particolari categorie di lavoro).
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CAPITOLO I
IL SISTEMA DI COLLOCAMENTO PUBBLICO
In Italia per sistema di collocamento pubblico si intende lo
strumento con il quale lo Stato tende a fornire ai cittadini disoccupati
o in cerca di nuovo lavoro, pari opportunità di trovare lavoro,
attraverso pubblici uffici, i Centri per l'Impiego, successori dei c.d.
Uffici di Collocamento, ovvero le Sezioni Circoscrizionali per
l'Impiego ed il Collocamento in Agricoltura - SCICA.
EVOLUZIONE STORICA
1.1 Nascita e periodo Post Fascista.
Il collocamento pubblico moderno nasce nel periodo Post-
Fascista, dopo la caduta del regime e dell'ordinamento sindacale
corporativo, quando ragioni di natura prettamente politica indussero il
legislatore di allora a non restituire tale funzione ai sindacati, che
l'avevano mantenuta già soltanto formalmente durante il ventennio.
Infatti, con la legge n. 264 del 29 aprile 1949, recante provvedimenti
in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori
involontariamente disoccupati, si era disciplinata la materia della
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mediazione nel mercato del lavoro, sottoponendo il tutto a monopolio
esclusivo degli organi dello Stato, essendo prevista la sanzione penale
per gli intermediatori privati.
In realtà la norma ricalcava perfettamente il sistema già vigente
sotto il regime fascista in materia di mediazione del lavoro.
Si vedano gli art. 2067 c.c. relativi alla vigenza dei contratti
collettivi corporativi, ma soprattutto l'art. 2098 c.c. relativo alle
Violazioni delle norme sul collocamento dei prestatori di lavoro,
penalmente sanzionato.
La gestione pubblica implicava l'iscrizione in apposite liste
tenute dallo SCICA o Ufficio di Collocamento; gli uffici periferici del
Ministero del Lavoro a chi fosse interessato, privo di occupazione o in
cerca di una nuova.
Il datore di lavoro che intendeva assumere del personale,
doveva presentare una "richiesta di avviamento al lavoro", nella quale
andavano inseriti soltanto dati relativi al numero dei lavoratori
richiesti e la qualifica che dovevano possedere. Era la c.d. chiamata
numerica.
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L'Ufficio di Collocamento disponeva l'avviamento del
lavoratore. La nominatività era richiesta solo in caso di elevata
professionalità per i familiari del datore di lavoro.
Il lavoratore mensilmente provvedeva ad annotare su apposito
tessera, il C1, conosciuto anche come Tesserino Rosa, lo stato di
disoccupazione, al fine di non perdere il posto nelle graduatoria.
In caso di lavoro, egli veniva cancellato dalla graduatoria per
riscriversi , su sua richiesta alla fine della prestazione lavorativa.
Il rapporto di lavoro era poi trascritto sul Libretto di Lavoro
previsto dalla legge del 1935, che attestava allo SCICA l'avvenuto
effettuazione del lavoro.
Questo sistema - adatto per un mondo del lavoro statico, in cui
le competenze dei lavoratori fossero intercambiabili ( come gli operai
nel sistema della catena di montaggio) alla lunga si rivelò inefficiente,
fallimentare e, soprattutto, troppo burocratico per soddisfare le
esigenze di entrambe le parti.
L'aspettativa del legislatore del 1949 di garantire eque
possibilità per ciascuno rendeva il tutto troppo statico e
insoddisfacente.
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1.2 Il periodo delle riforme fino allo stato attuale.
Tranne poche modifiche, il sistema iniziale rimase inalterato dal
'49 fino agli anni '70.
Infatti, in tale anno con la legge 11 maggio 1970, n. 83 si
regolamentò il collocamento speciale in agricoltura e con la legge n.
300/1970, il c.d. Statuto dei lavoratori, art. 33 e 34, che attribuivano
maggiori poteri di gestione e controllo alle organizzazioni sindacali,
contribuirono ad irrigidire tale sistema, restringendo ulteriormente i
casi di deroga alla richiesta numerica e richiedendo un controllo
preventivo dell’ ufficio di collocamento in caso di assunzioni dirette.
Con l’ avvento della crisi e il dilagare della disoccupazione,
soprattutto giovanile
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la legge n. 863/1984 (che convertiva con
modifiche il decreto legge n. 726/1984), sulla scia dell’accordo
tripartito del 1983 (c.d. accordo Scotti), estese l’ area dei soggetti da
assumere attraverso la richiesta nominale in caso di stipulazione di un
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In questa direzione si mossero sia la legge n. 285/1977, che introduceva una forma di contratto di
formazione (corretto successivamente dal decreto legge n. 351/1978 e convertito in legge n.
479/1978), sia la legge n. 675/1977, che introduceva una forma di mobilità per i lavoratori in
eccedenza (modificato successivamente dal decreto legge n. 795/1978, convertito in legge n.
361/1979)
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contratto di formazione e lavoro e dando facoltà ai datori di assumere
nominativamente il 50% dei lavoratori
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.
La successiva legge n. 56/1987 allargò ulteriormente tali casi
aggiungendovi sia i giovani avviati con contratto di apprendistato, sia
i lavoratori assunti dalle imprese a seguito di convenzioni con la
commissione regionale o circoscrizionale per l’ impiego.
E’ opinione diffusa quella secondo cui la legge n. 56/1987,
benché introducesse una maggiore libertà nella disciplina del
regolamento, in realtà non mettesse in crisi la validità del regime di
incontro tra domanda e offerta di lavoro sulla base della richiesta
numerica, ma si limitasse invece ad una revisione dell’ apparato
organizzativo tra le funzioni dello Stato e quelle delle regioni e, dalla
altra, tra l’ apparato amministrativo-burocratico e le parti sociali, alle
quali si affidava il compito di flessibilizzare la normativa.
Alla luce del fallimento del sistema basato sul monopolio statale
e la richiesta numerica, peraltro oggetto di ampie pratiche elusive ed
aggiramenti attraverso il contratto di formazione e lavoro, nonché
della necessità di trovare nuove soluzioni capaci di incentivare la
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Con questi provvedimenti legislativi iniziò secondo Liso, la fase dell’ erosione della disciplina
del mercato del lavoro basato sul monopolio pubblico del collocamento: Cfr. F.LISO, Appunti
sulla trasformazione del collocamento da funzione pubblica a servizio.