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1. GENESI DELL’ISTITUTO. LA LEGGE DELEGA
DEL 1974. IL PROGETTO PRELIMINARE DEL
1978. LA LEGGE DELEGA n° 81/1987.
L’atto di nascita dell’incidente probatorio può essere
individuato nella direttiva n° 38 (1) del progetto di delega
del governo, per l’emanazione del codice di procedura
penale approvato dalla commissione giustizia della
Camera dei Deputati nella seduta del 15/7/1982, anche se
sotto il nome di “incidente istruttorio”.
Le prime indicazioni sull’istituto vanno ricercate nel
disegno di legge presentato dal Guardasigilli alla Camera
il 31/10/79 n° 845, volto sostanzialmente a propiziare la
revisione della L.108/74.
1) La direttiva aveva il seguente tenore: “ potere del pubblico ministero
e del difensore, nel corso delle indagini preliminari e quando si tratta di
testimonianze a futura memoria o comunque non rinviabili al dibattimento
ovvero di atti non rinviabili al dibattimento, di chiedere al giudice, nelle
forme dell’incidente istruttorio, di procedere all’esame dell’indiziato o
dell’imputato, ad atti di confronto, a ricognizioni, a esperimenti giudiziali,
a perizie e di assumere testimonianze; previsione della partecipazione
all’incidente istruttorio del pubblico ministero e del difensore; potere
dovere del giudice di dichiarare inamissibili le richieste di atti irrilevanti,
dilatori o comunque rinviabili al dibattimento; concetrazione in capo allo
stesso giudice di tutti gli incidenti istruttori e più in generale di tutti i
provvedimenti relativi allo stesso procedimento”.
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In esso si prospettava l’eventualità che durante le
indagini potesse sorgere l’esigenza di assumere prove
destinate, per la loro urgenza, perché non ripetibili o
perché soggette a pericolo di inquinamento, ad essere
utilizzate nelle ulteriori fasi del giudizio e prevedeva la
loro assunzione mediante incidente istruttorio, con tutte le
garanzie del contraddittorio e quindi con l’intervento della
difesa.
L’incidente probatorio non compariva nella legge
delega del1974(2),la cui direttiva 37 stabiliva che il p.m.
dovesse conclu dere le indagini preliminari nel termine
perentorio di trenta giorni dalla notizia di reato,chiedendo
al giudice istruttore l’archiviazio ne, il giudizio immediato
o l’istruzione. A sua volta la direttiva 42 prevedeva il
compimento da parte del giudice istruttore, al fine di
accertare se fosse possibile prosciogliere l’imputato
ovvero se fosse necessario il dibattimento di atti di
istruzione,sia pur limitati agli accertamenti generici, agli
atti non rinviabili al dibattimento ed all’assunzione delle
prove il cui esito potesse condurre all’immediato
proscioglimento dell’imputato. Alle indagini preliminari
poteva, dunque, seguire una fase di atti di istruzione, con
durata massima di tredici mesi (dir. 48): del tutto realistico
il timore da più parti espresso di una proliferazione di tali
atti, con la conseguenza di riprodurre l’istruzione formale
e svalutare il dibattimento come luogo deputato alla
formazione della prova.
Nel progetto preliminare del 1978 la Commissione
redigente si sforzò di interpretare le indicazioni della
2) Vedi M.Bargis, L’incidente probatorio, cit. p.347.
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delega, senza tradirne la fondamentale ispirazione
accusatoria; si trattava, innanzitutto, di realizzare un
processo focalizzato sul dibattimento.
L’opera dei compilatori del progetto preliminare si
appuntò su due obiettivi: da un lato, evitando la
dilatazione dell’istruttoria favorita dal sistema del codice
Rocco, circoscrivere l’area degli atti istruttori nei limiti di
un’attività volta alla raccolta di elementi necessari per la
decisione del giudice, e dall’altro predisporre una attenta
disciplina delle letture dibattimentali che fungesse da
effettivo filtro dei risultati probatori in precedenza emersi,
onde salvaguardare, ammettendo solo le deroghe
indispensabili,l’oralità del giudizio e il rapporto di
immediatezza tra giudice e prova.
Al riguardo l’art.413 del progetto preliminare del
1978 consentiva al giudice istruttore soltanto di compiere
gli accertamenti generici necessari per precisare
l’imputazione e di assumere le prove per la loro
complessità o urgenza non rinviabili al dibattimento e, su
richiesta dell’imputato, quelle il cui esito positivo potesse
condurre all’immediato proscioglimento.
Per quanto riguarda le letture dibattimentali,mutava
all’apparenza lo stesso principio di fondo: se nel codice
Rocco valeva la regola per la quale ogni lettura non vietata
doveva considerarsi lecita, nel progetto preliminare, l’art.
486 sanciva in via generale il divieto della lettura di
verbali diversi da quelli esplicitamente indicati.
Tuttavia, ciò che preme rilevare è che le più
autentiche radici dell’istituto si collocano nel mutamento
di prospettiva, non solo processuale, ma ancor prima
culturale, con il quale fu rivisitata la disciplina della fase
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anteriore al dibattimento così come era stata disegnata
dalla legge delega del 1974.
Si voleva ridisegnare la fase preparatoria del giudizio
in modo tale da evitare l’errore di modellarla in sintonia
con l’istruzione sommaria del P.M. o nei termini di una
istruttoria formale del giudice. Occorreva caratterizzarla in
senso decisamente investigativo, prevedendo un istituto
che consentisse la formazione anticipata della prova, per i
casi in cui fosse necessario evitarne la dispersione, attesa
la non rinviabilità dell’atto da assumere. Da queste
esigenze trae origine l’incidente probatorio, previsto dalla
direttiva n°40 dell’art.2 L.81/87 (2).
3)“Potere del pubblico ministero e dell’imputato,nel corso delle indagini
preliminari e quando si tratta di testimonianze a futura memoria o
comunque non rinviabili al dibattimento, di chiedere al giudice, con
incidente probatorio, che si proceda all’esame dell’imputato, ad atti di
confronto, a ricognizioni, a esperimenti giudiziali, a perizie e
all’assunzione di testimonianze; obbligo di garantire la partecipazione al
contraddittorio del pubblico ministero e dei difensori delle parti
direttamente interessate; divieto di verbalizzare e di utilizzare le
dichiarazioni concernenti persone diverse da quelle chiamate a
partecipare; potere dovere del giudice di dichiarare inammissibili le
richieste di atti irrilevanti, dilatori, o comunque rinviabili al dibattimento;
previsione che il giudice, su richiesta motivata del pubblico ministero,
possa dilazionare l’assunzione dell’incidente probatorio chiesto
dall’imputato, quando esso arrecherebbe pregiudizio al compimento di
determinate indagini preliminari e per il tempo strettamente necessario
alla conclusione di tali indagini e sempre che il ritardo non pregiudichi la
formazione della prova chiesta dall’imputato; deposito della richiesta
motivata del pubblico ministero alla udienza di assunzione dell’incidente
probatorio; concetrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice di tutti
gli incidenti probatori e di tutti i provvedimenti relativi allo stesso
procedimento;”.
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La legge delega del 1987, soppressa la fase degli atti
di istruzione, ha riservato le indagini preliminari
all’attività investigativa del pubblico ministero (direttiva
37), da compiersi in un arco temporale ben più ampio
(direttiva 48).Nel contempo ha cercato di risolvere proprio
attraverso il meccanismo dell’incidente probatorio
(direttiva 40), il problema della dispersione di prove non
rinviabili al dibattimento.
Soppressa, quindi, dalla nuova legge delega, la spuria
fase degli atti di istruzione; eliminata la figura stessa del
giudice istruttore e ridisegnati i termini delle indagini
rimesse integralmente al pubblico ministero, è scaturita
come fisiologica conseguenza del nuovo schema
processuale la necessità di introdurre uno strumento che
permettesse, all’interno della fase delle indagini
preliminari, di anticipare la formazione di prove non
rinviabili al dibattimento e come tali esposte al rischio di
dispersione, specie nei procedimenti di più vasto respiro
per i quali l’indagine del p.m. può occupare uno spazio
temporale tutt’altro che trascurabile.
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2. LA LEGGE 7 AGOSTO 1997 N° 267
Nel disegno originario del codice di procedura penale
del 1988 la previsione di un meccanismo di formazione
anticipata delle prove soggette a rischio di dispersione o di
inquinamento era apparsa necessaria per salvaguardare la
centralità del dibattimento e per impedire ogni esorbitante
rilievo degli atti delle indagini preliminari. Alla dottrina
più attenta, infatti, non era sfuggito che la tenuta del nuovo
sistema processuale sarebbe dipesa in larga misura proprio
dalla funzionalità e dal corretto uso dell’ incidente
probatorio. Ad una troppo rigida delimitazione dell’
ambito applicativo dell’istituto, infatti, avrebbe
finitonecessariamente per corrispondere, quanto meno
nella prassi giudiziaria, la tendenza ad allargare i varchi
dell’utilizzabilità dibattimentale degli atti di indagine
preliminare, con l’ovvio rischio di una restaurazione del
modello dell’ istruzione sommaria per di più senza alcuna
adeguata previsione di garanzie difensive.
Ciò nonostante l’introduzione dell’incidente
probatorio è stata accompagnata da timori e riserve (3b),
che hanno indotto il legislatore delegato ad accentuare il
carattere eccezionale dell’istituto.
3b) Si avvertivano essenzialmente tre pericoli: quello di riprodurre lo
schema e gli inconvenienti dell’istruzione formale; quello di un impiego
eccessivamente dilatato da parte del p.m. e quello di un uso distorto e
strumentale dell’istituto da parte dei difensori.
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L’incidente probatorio è stato così circondato di limiti
e cautele per impedirne un uso malizioso e per evitare che
il giudice per le indagini preliminari si trasformasse in
giudice istruttore. I limiti soggettivi ed i vincoli
procedimentali hanno però reso l’istituto inidoneo alla
funzione di profilassi della prova cui era destinato.
Le modifiche apportate al codice nel 1992 dalla Corte
costituzionale (4) e dal legislatore (5) hanno sensibilmente
accentuato l’influenza delle indagini preliminari sul
dibattimento, aumentando le eccezioni al valore
meramente critico delle contestazioni e di conseguenza le
possibilità di utilizzare in dibattimento, con valore
probatorio diretto, atti di indagine non garantiti. Tali
interventi correttivi hanno alterato gli originari equlibri del
sistema processuale del 1988 e, al tempo stesso, posto in
essere le condizioni per il declino dell’incidente
probatorio. Attribuire valore probatorio diretto a
dichiarazioni raccolte unilateralmente dal p.m. o dalla
polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari
comporta infatti inevitabili riflessi negativi sul ricorso a
tale istituto, giacchè ne rende l’instaurazione pressochè
priva di interesse per il titolare dell’accusa.
Con la novella 7 agosto 1997 n. 267, il legislatore è
intervenuto per ridare fiato al principio del contraddittorio
nella formazione della prova dibattimentale, con il
4) V. Corte cost., sent. 31 gennaio 1992 n.24 in Giur. Cost. 1992, pag.114
Corte cost., sent. 3 giugno 1992 n.254 in Giur. Cost. 1992, pag.1932;
Corte cost., sent. 3 giugno 1992 n.255 in Giur. Cost. 1992, pag.1961, con
nota di G. Illuminati.
5) Si fa riferimento al d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modifica
zioni nella l. 7 agosto 1992 n. 356.
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dichiarato intento di correggere gli effetti, fortemente
lesivi dei diritti della difesa, conseguenti alla sentenza
Corte costituzionale n. 254 del 1992 (6) in riferimento
all’assunzione delle dichiarazioni rese dai soggetti indicati
nell’art. 210 c.p.p.
La legge 7 agosto 1997 n° 267 costituisce un primo
significativo (ancorchè settoriale) intervento volto alla
rivalutazione dell’incidente probatorio, auspicata da larga
parte della dottrina.
Seppure con riferimento alle sole dichiarazioni dei
coimputati e delle persone di cui all’art. 210 c.p.p., la
novella stabilisce,infatti, che di regola esse sono
utilizzabili nei confronti di persone diverse dal dichiarante
solamente se assunte in contraddittorio, e più precisamente
in incidente probatorio o nell’udienza preliminare con la
tecnica dell’esame incrociato.
Si tratta di un importante inversione di tendenza.
Inibendo l’impiego di elementi raccolti unilateralmente
dall’accusa, il legislatore ha rifiutato la logica della
segretezza e dell’assoluta prevalenza delle esigenze
dell’accertamento penale sui diritti difensivi dell’imputato.
La scelta è stata invece quella di stimolare l’impiego
dell’incidente probatorio, ribadendone la funzione di
veicolo di formazione anticipata della prova.
6) Si tratta della nota sentenza, pubblicata in Foro it. 1992,I,c.2013 ss.con
nota di G. Di Chiara e di G. Fiandaca, che ha dichiarato incostituzionale il
comma 2 dell’art.513 c.p.p. “nella parte in cui non prevede che il giudice,
sentite le parti, dispone la lettura dei verbali delle dichiarazioni di cui al
comma primo del medesimo art. rese dalle persone indicate dall’art.210
c.p.p., qualora queste si avvalgono della facoltà di non parlare”.
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3. ECCEZIONALITA’ DELL’ISTITUTO. INCIDENTE
PROBATORIO COME TIPICO ISTITUTO DELLA
NUOVA STRUTTURA PROCEDIMENTALE.
RAGIONI ED ESSENZA DELL’ISTITUTO.
CENTRALITA’ DEL DIBATTIMENTO.
L’incidente probatorio è configurato come uno spazio
processuale che si apre innanzi al giudice delle indagini
preliminari nel corso di queste ed è destinato alla
formazione anticipata della prova rispetto al dibattimento.
E’ un istituto caratterizzato in termini di eccezionalita’, al
quale è possibile far ricorso entro limiti tassativamente
stabiliti e quando sussiste la comprovata necessità di
assicurare in via anticipata la formazione della prova.
Proprio in conseguenza del nuovo assetto
procedimentale, è stato assegnato all’incidente probatorio
un compito davvero cruciale: quello di rendere praticabili,
fin dall’inizio del procedimento penale, in una fase perciò
ancora non “processualizzata”, strumenti di formazione
della prova non dilazionabili al dibattimento per il rischio
della loro dispersione.
L’istituto, tuttavia, non deve rappresentare una
riproduzione dell’istruttoria, ma deve costituire una
eccezionalità rispetto al sistema, limitata effettivamente a
ciò che è necessario anticipare dal punto di vista
dell’accertamento, salvo poi ovviamente la verifica in
contraddittorio nel dibattimento, nell’interesse della
verità.Tale concetto risulta evidenziato con chiarezza nella
Relazione al d.d.l. n° 691 del 1983, laddove venne
sottolineato come fosse opportuno utilizzare il nuovo
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istituto solo per consentire l’assunzione indilazionabile di
elementi di prova, altrimenti impossibili da raccogliere o
soggetti a rischi rilevanti di dispersione ed inquinamento.
Da ciò le caratteristiche dell’incidente probatorio, per
cui la nozione di “incidente” esprime il suo valore
accidentale rispetto al normale svolgimento delle indagini
preliminari, mentre l’attributo “probatorio” ne sottolinea la
funzione.
La ratio dell’incidente è riposta, pertanto, nel
contemperamento di due opposte esigenze: la rimozione di
una reintroduzione sotto spoglie surretizie della abolita
“istruzione formale” e la necessità di predisporre un
meccanismo processuale atto ad evitare, durante le
indagini preliminari, il rischio di dispersione di prove non
rinviabili al dibattimento.
L’incidente probatorio rappresenta l’ineludibile
corollario del principio di “centralità del dibattimento”,
ravvisandosi nel dibattimento la sede ove la prova deve
formarsi ai fini della sua valutazione conclusiva. Malgrado
tale fase possa in concreto mancare, il sistema appare
conformato in modo tale che l’attività dei soggetti
processuali sia tesa comunque, nel corso della indagini, a
predisporre un programma avente di mira l’acquisizione
della prova per il dibattimento, con la conseguenza che, se
la prova non potrà essere utilmente assunta in quella sede,
dovrà esserne anticipata la formazione. Che il dibattimento
costituisca l’esclusivo termine di raffronto in base al quale
valutare la presenza delle condizioni legittimanti
l’adozione dell’ incidente probatorio, pare chiaramente
emergere anche dall’art. 392, lett.a.
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Tale disposizione, costituente un po’ lo specimen per
determinare le valenze precettive di tutte le regole dettate
per le ulteriori ipotesi di ricorso al regime dell’ incidente,
non si riferisce, infatti, alla mera impossibilità di assumere
la prova dopo la conclusione delle indagini preliminari,
ma richiama il solo dibattimento, rispetto al quale, proprio
in base alla prescrizione ora ricordata, l’esercizio del
diritto alla prova deve dirsi orientato.
La necessità di acquisire la prova nella fase
dibattimentale fa, allora, dell’ incidente probatorio un
istituto del tutto eccezionale, il cui schema risulta
condizionato, oltre che dalla presenza di rigidi
presupposti, tutti comunque convergenti nell’attributo
della non rinviabilità, dall’osservanza delle altrettanto
rigide cadenze temporali che contraddistinguono, entro
spazi cronologici sufficientemente definiti il compimento
delle indagini preliminari.
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4. APPARENTI PERPLESSITA’.
L’inserimento di questa parentesi giurisdizionale in
una sequenza che, di massima, è rivolta a stabilire se alla
sua conclusione sussistano le condizioni per far acquistare
ad una persona la qualità di imputato, è certo tale da
destare almeno in apparenza qualche perplessità.
Vi era, infatti, anzitutto il timore che l’incidente
probatorio potesse aprire la via ad una riedizione, seppur
in misura ridotta, dell’istruzione formale, con l’assunzione
da parte del giudice per le indagini preliminari, di un ruolo
direttivo delle indagini stesse che ne avrebbe
irrimediabilmente compromessa la “terzietà”, proprio ai
fini del successivo giudizio che egli è chiamato ad
esprimere sulle richieste del P.M. all’esito delle indagini.
A tale obiezione sembra agevole contrapporre che
l’assunzione della prova non è compiuta ad iniziativa del
giudice e che comunque la conoscenza diretta (non
meramente cartolare) dell’atto acquisito non pare in grado
di incidere sul ruolo di assoluta neutralità del giudice.
Altro tema di discussione deriva dalla forza
probatoria riconosciuta all’incidente, una forza da
identificare in quella caratteristica della prova assunta in
dibattimento, che richiede l’apprestamento delle stesse
garanzie proprie dell’assunzione della prova nella fase
dibattimentale, comportando l’eventualità che attraverso
l’anticipata conoscenza da parte della persona sottoposta
alle indagini del materiale raccolto, l’esito del
dibattimento possa restare pregiudicato.
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Inoltre sussiste il timore che il P.M. possa tendere,
attraverso reiterate richieste di incidenti, a consolidare al
massimo, nella fase delle indagini preliminari, i loro
risultati in termini di prova, vanificando così la funzione
tipica del dibattimento ed impedendo che il giudice risulti
veramente impregiudicato.
Su un opposto versante si temeva poi che le richieste
di incidente probatorio potessero essere sfruttate dalla
difesa per tattiche dilatorie volte ad incidere sui termini
previsti per la chiusura delle indagini preliminari o per
costringere allo scoperto il P.M., l’efficacia della cui
attività è propiziata, nel nuovo sistema, anche da una
spiccata segretezza interna.
Su tutto aleggiava poi la preoccupazione circa l’
incongruità dell’ istituto rispetto ai procedimenti in tema
di criminalità organizzata, in ragione dei timori per
l’incolumità dei testimoni e dei “dichiaranti”, che assunti o
esaminati dalle parti in contraddittorio non avrebbero più
fruito neppure del formale schermo del segreto.
Vedremo nell’esame successivo le risposte del codice
a tali interrogativi.