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INTRODUZIONE
Il tema dell’imprenditorialità ha visto una crescente attenzione da parte della
letteratura economica, dovuta alla maggior concentrazione di programmi e delle
politiche di sostegno all'attività imprenditoriale, che hanno coinvolto le istituzioni
pubbliche a tutti livelli. Il conseguimento della pace sociale attraverso le politiche per la
crescita economica ed occupazionale è l'obiettivo che ormai ogni governo nazionale si
prefigge. Nel XX secolo la celere evoluzione, determinata da cambiamenti sociali,
storici, politici e scientifici, ha reso la discussione sempre piø animata sia nel mondo
politico che accademico. Alla luce della prominente importanza che la società
imprenditoriale ha ricoperto nello sviluppo economico dei sistemi occidentali a partire
approssimativamente dagli anni 70, si è evidenziato come la crescita economica sia un
obiettivo che deve necessariamente passare per le politiche economiche a sostegno
dell’imprenditorialità.
In tale periodo si è verificato un cambiamento di paradigma economico radicale, da
società centralizzate, dove le grandi compagnie erano le protagoniste della prosperità
economica, ad una società imprenditoriale, dove, grazie ruolo svolto dalle ICTs e dal
progresso tecnologico, le dinamiche di creazione del valore hanno visto una
frammentazione nelle piccole realtà imprenditoriali. Si è venuto perciò a creare la
compresenza nel mercato fra i grandi gruppi, che svolgono attività produttive su scala
globale, e le PMI, che grazie all’accelerazione degli scambi mondiali hanno saputo
ritagliarsi uno spazio crescente, soprattutto attraverso l’offerta di prodotti e servizi
fortemente innovativi. L’attività di promozione per la creazione di imprese con questo
profilo, le uniche in grado di sostenere la sfida posta dalla Knowledge Economy, ha visto la
partecipazione delle istituzioni pubbliche su vari livelli, per lo sviluppo di programmi di
sostegno volti da una parte a implementare le risorse a disposizione degli istituti di ricerca
privata e pubblica, e dall’altro a favorire la nascita di nuove imprese con l’obiettivo dello
sviluppo territoriale e la capitalizzazione degli investimenti nella ricerca.
4
In Europa lo sviluppo delle iniziative di promozione dell'attività imprenditoriale è
stato gestito secondo il principio sussidiarietà, con l’intenzione di permettere ad ogni
stato e ad ogni amministrazione locale intra-stato di organizzare la propria attività,
ottenendo la guida e il supporto di tutte le istituzioni del livello superiore.
In Italia, la promozione del tessuto imprenditoriale è passata attraverso
l’attuazione di norme a livello nazionale e l’attribuzione di strumenti economici sia alle
regioni che alle autonomie locali.
In Veneto si sono registrate iniziative su varia scala con gradi di diversità e
complementarietà variabili, con la finalità di creare una base imprenditoriale consistente
e in seguito di rafforzarne la posizione a livello nazionale e mondiale. In ambito locale,
come ad esempio nella provincia padovana, un ruolo fondamentale è stato svolto dalla
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, che ha visto proprio nel
2011 il suo duecentesimo anniversario di attività. La CCIAA si è da sempre posta
l'obiettivo dello sviluppo economico territoriale, prevedono progetti di collaborazioni
con tutte le istituzioni, associazioni industriali e di categoria.
Durante il periodo di stage presso la CCIAA di Padova, ho assistito
personalmente all’attività dell’Ufficio Progetti Speciali che ha come principali finalità il
supporto delle iniziative volte alla costituzione di nuove imprese.
In questo elaborato si cerca di fare il punto sulla situazione attuale del sistema di
sostegno all’imprenditorialità. Nel primo capitolo affronteremo l’approccio della teoria
economica al ruolo dell’imprenditore. Partiremo dalla teoria classica per concludere con
le piø recenti teorie sul processo imprenditoriale, teorie che vedono l’apporto delle
scienze cognitive, utili a delineare il processo di creazione d’impresa ed a definire il
profilo dell’imprenditore dei nostri giorni.
Nel secondo capitolo, attraverso la letteratura economica contemporanea, si
definisce l’ambiente economico nel quale l’imprenditore opera, considerando da un lato
la rivoluzione avvenuta con la Knowledge Economy e dall’altro la recente crisi
finanziaria. Tale ricostruzione prenderà in esame l’esperienza di sostegno
all’imprenditorialità negli Stati Uniti, con la nascita degli incubatori d’impresa, e quella
5
europea, che ne segue la traccia, seppur con le caratteristiche peculiari del complesso
sistema politico dell’Unione Europea.
Nel terzo capitolo si concentra l’attenzione sul sistema economico regionale e
provinciale. Si esamina il ruolo della Camera di Commercio nella promozione
dell’imprenditorialità attraverso numerose iniziative e servizi dedicati. Uno di questi, il
Corso per Futuri Imprenditori, sarà oggetto di studio, con lo scopo di determinarne
possibili sviluppi futuri attraverso l’analisi di efficacia.
Nel quarto capitolo infine si presentano i risultati di una ricerca svolta nel periodo
di tirocinio presso l’Ufficio Progetti Speciali della CCIAA volta a determinare le
caratteristiche degli imprenditori locali. Attraverso un case study si analizzerà in fine il
processo imprenditoriale alla luce delle teorie esposte nel primo capitolo.
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CAPITOLO 1
LA FIGURA DELL'IMPRENDITORE
NELLA LETTERATURA ECONOMICA
In questo primo capitolo si riassume parte della teoria economica classica che ruota
attorno al tema dell'imprenditore e dell'imprenditorialità. La figura dell'imprenditore è stata
oggetto di interesse crescente da parte degli studiosi di economia, e trova forse la sua
affermazione nelle teorie di Schumpeter, momento in cui vengono a configurarsi due attori
distinti nella struttura economica1. L'imprenditorialità è invece un tema che ha trovato
meno spazio nella letteratura classica e contemporanea, ciò dovuto anche al fatto che nella
descrizione di un attributo come l'imprenditorialità è difficile studiare l'interazione con i
fenomeni che la riguardano: il soggetto portatore (l'imprenditore) e l'ambiente in cui essa si
sviluppa (geografico, economico, istituzionale).
Una felice definizione della visione dell'imprenditorialità nella teoria economica è
contenuta negli studi di Baumol (1995, p 17) "a spectre, wich haunts economic
models".
2
Sarà proprio Baumol, insignito con l’International award for entrepreneurship
and Small Business Research nel 2003, a cercare con insistenza di inserire questo
concetto all’interno del framework dell’analisi neoclassica come vedremo a breve.
Se dunque storicamente il paradigma economico generale non è stato in grado di
definire in modo soddisfacente il ruolo dell'imprenditorialità nel contesto economico, la
recente evoluzione della psicologia e delle scienze cognitive, ha dotato gli studiosi
contemporanei di nuovi strumenti di indagine, che se pur primitivi, hanno permesso di
indagare alcuni dei diversi aspetti del tema e di porre le basi per future ricerche combinate.
1
Schumpeter, Joseph A, Teoria dello Sviluppo Economico (1912) ETAS 2002.
2
Ibrahim, G. and S. Vyakarnam. 2003. “Defining the Role of the Entrepreneur in Economic Thought:
Limitations of Mainstream Economics,” Working Paper, Nottingham Business School.
8
1.1. Il ruolo dell’imprenditore nella teoria economica classica
Storicamente un primo importante contributo nella definizione di imprenditore è
da far risalire a Richard Cantillon (1680-1734), banchiere e mercante, che nel 1755
pubblicando l’Essai Sur la Nature du Commerc en GØnØral delinea la figura
dell'imprenditore come uno dei tre agenti che convivono nel sistema economico assieme
ai lavoratori salariati ed ai capitalisti.
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Il ruolo dell'imprenditore è, nella visione di
Cantillon, quello di arbitraggista, che opera in regime di incertezza a differenza dei
proprietari terrieri e dei lavoratori salariati. La classe imprenditoriale non ha quindi
nessun ruolo in termini di innovazione, ma si pone come soggetto responsabile degli
scambi che caratterizzano l'economia. Alla legge della Domanda/Offerta viene affidato
il ruolo di determinare il numero di imprenditori che possono resistere in un determinato
mercato, mentre come requisito fondamentale a giustificarne la presenza c'è l'incertezza
che governa gli scambi commerciali. L'imprenditore si configura quindi come mero
arbitraggista, capace di farsi carico dell'incertezza sui prezzi per il conseguimento del
profitto.
Il superamento di questa visione che limita il ruolo dell'imprenditore a semplice
arbitraggista viene di Jean-baptiste Say (1767-1832), uomo d’affari ed economista con
forte promulga il liberismo economico in regime di concorrenza. Nel suo lavoro,
intitolato A Teatrise on political Economy or the Production, Distribution and
Consuption of Wealth (1803, 1971) all'imprenditore viene affidato il ruolo di coordinare
sia la produzione che la distribuzione.
4
Se da un lato egli ripropone il tema dello sviluppo economico nei fondamenti
basilari teorizzato da Adam Smith (1723-1790) nel suo An Inquiry into the Nature and
Causes of the Wealth of Nations del 1776, dall'altro affianca audacemente l'imprenditore
come quarto fattore ai tre già identificati dagli studi dall’autore scozzese: capitale,
lavoro e terra.
3
Ibrahim, G. and S. Vyakarnam. 2003. “Defining the Role of the Entrepreneur in Economic Thought:
Limitations of Mainstream Economics,” Working Paper, Nottingham Business School.
4
Praag, C.M. van (1999) “Some classic views on entrepreneurship”, De Economist 147(3), 311-335B
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Say vede nel ruolo dell’imprenditore una funzione prominente rispetto ai fattori
sopraelencati, considerando l’operato dello stesso un lavoro di "natura superiore" e
oltrepassando la definizione di Cantillon di imprenditore-arbitraggista.
L'imprenditore è infatti attivo nei due principali settori dell’economia (industria e
distribuzione), non sempre contestualmente ma anche separatamente, ed il suo lavoro è
la base della dinamica industriale che porta prosperità all’interno del Paese. La
remunerazione del proprio lavoro è il margine che egli riesce a "creare" alla fine di ogni
periodo in proporzione alle sue capacità. Il soggetto in questione è in possesso di qualità
personali quali: intuito, conoscenza dell’ambiente, perseveranza, saggezza, capacità di
amministrare e coordinare il lavoro.
L’offerta di imprenditori con tali capacità risulta scarsa ed il giusto compenso per
le loro prestazioni è determinato dall’incontro tra domanda e offerta, come per gli altri
prezzi, secondo l’approccio tipico dell’economia classica. In tale contesto il soggetto
portatore delle capacità imprenditoriali non coincide con il detentore dei capitali, ma
può chiederli a prestito proprio sulla base della sue "skills" attraverso le quali crea la
giusta remunerazione del capitale investito dal creditore. A livello microeconomico, se
l’impresa crea un reddito residuo al netto dei costi di produzione e del lavoro, tale
compenso sarà di competenza dell’imprenditore come “premio per il rischio”, viceversa
se i profitti sono negativi l’impresa fallirà con conseguente ricalibrazione dei prezzi di
mercato, ed in fine nuovamente in situazione di equilibrio.
5
Quindi, l’imprenditore è attore fondamentale nella produzione, distribuzione e
consumo, tre assi principali attorno cui si snoda la visione di Say. Egli coordina la
distribuzione nel mercato e la produzione all’interno dell’impresa e a tale scopo sono
richiesti livelli di professionalità e capacità tali da rendere l’offerta di soggetti adatti
molto scarsa. In un sistema di equilibri dei prezzi, se il margine residuo dell’impresa è
alto anche il profitto dell’imprenditore sarà adeguato.
6
5
Koolman G. (Aug., 1971), Say's Conception of the Role of the Entrepreneur, The London School of
economics and Political, New Series, Vol. 38, No. 151 pp. 269-286,Blackwell Publishing.
6
Praag, C.M. van (1999) “Some classic views on entrepreneurship”, De Economist 147(3), 311-335B
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La teorizzazione del modello di equilibrio proposta dagli autori classici non
lascerebbe posto alla figura dell’imprenditore così come voluto da Say.
In un’economia in equilibrio dei prezzi, dove gli agenti individuali sono in
possesso di informazione completa e obiettivi chiari, le imprese ottimizzano la propria
produzione e i consumatori massimizzano la loro utilità attraverso le scelte di acquisto.
Tale equilibrio permane fintantochØ non intervengano shock esogeni all’ambiente
economico. Di conseguenza il mercato si aggiusta su nuovi valori di un equilibrio che
permane fino alla venuta dello shock successivo.
In tale visione non è data nessuna preminenza alla dinamica che porta
all’aggiustamento dei prezzi e al conseguente equilibrio, senza quindi creare nessuno
spazio per l’iniziativa imprenditoriale e per la valutazione del ruolo che l’imprenditore
gioca nel momento cruciale della creazione di valore.
Altro apporto alla definizione di imprenditore viene, in epoca piø recente, da
Alfred Marshall (1842-1924), autorevole economista britannico, professore presso le
Università di Oxford e Cambridge dove avrà come allievi tra gli altri John Maynard
Keynes e Arthur Cecil Pigou. I suoi studi sullo sviluppo economico contribuisce in
maniera sostanziale alla teorizzazione del utilità marginale e del distretto industriale,
oltre che alla definizione di imprenditore. Superando la visione per cui l’imprenditore è
il soggetto che genera l'offerta dei beni e che si occupa della loro distribuzione,
Marshall descriverà, da un punto di vista interno all’impresa, come l’imprenditore dirige
la produzione, si fa carico dei rischi collegati al “business”, coordina capitale e lavoro,
si incarica dei ruoli di Manager e di datore di lavoro. Diviene così colui che provvede a
innovare e far progredire la produzione.
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Come per Say, le enormi capacità richieste per svolgere il ruolo imprenditoriale
creano un'offerta di soggetti molto scarsa e di conseguenza un reddito molto alto per gli
stessi. Riguardo al tema del finanziamento dell’impresa egli ritiene non sia
indispensabile che l’imprenditore auto finanzi la sua impresa, può infatti rivolgersi alle
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Praag, C.M. van (1999) “Some classic views on entrepreneurship”, De Economist 147(3), 311-335B
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banche ed ai detentori dei capitali. Tuttavia l'autore sottolinea come eventuali difficoltà
che dovessero presentarsi all'imprenditore-debitore potrebbero allarmare il creditore che
ne richiederebbe la restituzione, segnando così la fine prematura dell’attività
imprenditoriale. In tale ottica l’imprenditore non capitalista si trova nella difficile
situazione di creare ricchezza da subito, altrimenti, per usare le parole di Marshall: “one
misfortune lead to the other”
8
.
Un ulteriore, fondamentale, contributo alla definizione del ruolo dell’imprenditore
lo dobbiamo a Joseph Alois Schumpeter (1883-1950), economista eterodosso,
controverso per alcuni aspetti, ma anche ultimo grande eclettico tra gli economisti. Già
a partire dalla sua prima opera, Teoria dello sviluppo economico pubblicata nel 1912,
Schumpeter identificherà nell’imprenditore il soggetto primario che stimola il progresso
economico attraverso la sua opera di innovatore. Egli è protagonista e forza endogena
primaria, che con la sua opera di “creazione distruttrice” pone il presupposto alla
crescita economica.
La figura che l’autore delinea all’interno dei suoi lavori si discosta da quella fino
ad allora accettata di semplice fornitore di capitale e speculatore, ruolo questo che viene
svolto nella teoria schumpeteriana dal banchiere/capitalista. L’imprenditore è così
proiettato in una nuova figura, soggetto che si distingue per le sue abilità e per la
capacità di portare innovazione all’interno del sistema economico. Alla base di tale
condotta non vi è solo la ricerca del profitto, ma fattori motivanti diversi e “superiori”:
- raggiungere il sogno della creazione di un proprio regno con la conseguente
“reputazione sociale”;
- di conquistare, combattere e lottare al fine i dimostrare a sØ e agli altri di essere
un soggetto superiore, per raggiungere il successo e non per il frutto dello stesso;
- la gioia della creazione, l’esercizio della creatività e il gusto del cambiamento.
8
Praag, C.M. van (1999) “Some classic views on entrepreneurship”, De Economist 147(3), 311-335B
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Schumpeter segna così una piccola rivoluzione per quanto fino a qui visto.
L’innovazione è il fulcro della crescita economica, e l’imprenditore, attore avvolto da
aura quasi epica, è l’innovatore, il leader, vero e proprio motore dello sviluppo. Una
condizione temporanea (se non continua ad innovare) e latente in ogni individuo, senza
definizione di classe, ma in pieno coinvolgimento di tutti i soggetti nella vita economica
e sociale.
Il concetto da sottolineare in questo per il proseguio del discorso, è che nella
visione schumpeteriana le innovazioni che nascono dall’operosità dell’imprenditore
hanno natura diversa da quei
mutamenti spontanei e discontinui nelle tendenze del gusto dei consumatori che
mutano i dati
di cui l’uomo d’affari deve tener conto in quanto sorge per lui un motivo e
un’occasione per procedere possibilmente a produrre qualcosa di diverso.
Tuttavia le innovazioni nel sistema economico non avvengono di regola in
maniera tale che prima sorgono spontaneamente nei consumatori nuovi bisogni e poi,
sotto la loro pressione, l’apparato produttivo riceve un nuovo orientamento…è il
produttore che di regola inizia il cambiamento economico ed i consumatori, se
necessario, vengono da lui educati”
9
.
In questo passaggio si evince la natura e il ruolo che l’imprenditore ha nella
società, egli è colui che produce attraverso nuove combinazioni di fattori, sottraendoli
se necessario a talune vecchie combinazioni precostituite: creazione e distruzione.
Contemporaneamente al lavoro di Schumpeter un autore americano, Frank Knight
(1885-1972), esponente della Chicago School, contribuisce alla teoria sulle politiche
monetarie e sull’efficienza dei mercati, nonchØ alla definizione del ruolo
dell'imprenditore. Sarà docente di Milton Friedman, premio nobel per l’economia e suo
successore alla cattedra presso la University of Chicago. Nella sua principale opera
9
Schumpeter, Joseph A, Teoria dello Sviluppo Economico (1912) ETAS 2002.