5
settore primario ha quasi dimezzato il suo contributo al valore
aggiunto nazionale (dal 5,5% del 1970 al 3,0% del 2004); dall’altra la
specifica contrazione delle catture ittiche, per effetto del progressivo
impoverimento degli stock e delle conseguenti politiche comunitarie
volte a contenere il fenomeno
2
.
Le statistiche mondiali sulla produzione ittica (FAO 2003)
confermano che: nel 1970 l’Italia occupava il 24° posto della
classifica dei principali paesi produttori, con una produzione pari allo
0,6% del totale mondiale; nel 2003 il Paese compare al 38° posto, con
una produzione che contribuisce al totale mondiale nella misura dello
0,4%.
La produzione ittica italiana complessiva, nel 2005, ammonta a
384 mila tonnellate, i contributi principali a tale produzione sono dati
dalla pesca nel Mediterraneo (63%) e dell’acquacoltura (31%).
La pesca marittima e lagunare viene praticata in 15 regioni, 10
litorali marittimi e 50 compartimenti marittimi, dislocati lungo circa
8.000 km di costa. La flotta operante nel mediterraneo nel 2005,
iscritta all’Archivio Licenze di Pesca (ALP) del Ministero delle
Politiche Agricole e Forestali, è costituita da 14.304 imbarcazioni, cui
corrisponde un tonnellaggio complessivo di 168.700 tsl (tonnellate di
2
Ctr. Istat, Principali risultati sull’attività di pesca 2004, 11 gennaio 2006.
6
stazza lorda) ed una potenza motore di 1.184.130 kw. A queste si
aggiungono 23 battelli operanti nella pesca oceanica
3
.
La piccola pesca è il sistema più diffuso (60% di unità), mentre
la pesca a strascico è la più importante per tonnellaggio e potenza
motore.
Le regioni che maggiormente contribuiscono alla produzione
nazionale sono la Sicilia, la Puglia , il Veneto e l’Emilia Romagna che
nel 2005 hanno prodotto il 59,5% del pescato totale. La composizione
del pescato per gruppi di specie vede il 69,5% della produzione
rappresentato da pesci, il 20% da molluschi e il rimanente 10,5% da
crostacei
4
.
Riveste un ruolo di primo piano, nell’ambito dell’intera flotta
nazionale, la struttura produttiva siciliana, composta da 3.412 battelli e
rappresenta il 23,8% di tutti i battelli operanti a livello nazionale.
Per la Sicilia la dimensione media di un singolo battello è di 16
tonnellate contro una media nazionale di 12 tonnellate. Su tale valore
medio incide pesantemente l’elevato tonnellaggio dei battelli a
strascico (57 t.) di molto superiore al tonnellaggio medio dello stesso
segmento considerato a livello nazionale (34 t.). La flotta a strascico
3
Ctr. Irepa, Istituto Ricerche economiche per la pesca e l’Acquacoltura, AREA SISTAN,
Statistiche Italiane per la pesca.
4
Ibidem.
7
più importante è quella di Mazara del Vallo dove i battelli presentano
una dimensione molto elevata (fino a 140 tonnellate).
La Sicilia dispone di un numero elevato di porti (circa 120) che
evidenziano una situazione di eccessiva frammentarietà della pesca
marittima che ha determinato nel tempo un basso livello degli
investimenti in strutture di supporto ed ausiliare alle attività,
influenzando negativamente l’efficienza dell’intero sistema
economico della pesca e condizionando la capacità di attrazione di
capitali sussidiari destinati alle infrastrutture portuali e di servizi,
anche commerciali, necessari alla normale efficienza del capitale
investito nell’attività produttiva.
Il settore “Acquacoltura” siciliano rappresenta, nel panorama
nazionale un importante polo produttivo inserendosi tra i primi a
livello nazionale, per volumi produttivi legati soprattutto alla
piscicoltura marina e salmastra ed a caratterizzarsi come la più
significativa realtà produttiva italiana.
Per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti ittici
siciliani, va evidenziata l’elevata presenza di intermediari e grossisti
nel processo distributivo e la capillare presenza, delle unità dedite alla
vendita al dettaglio, su tutto il territorio regionale in particolare sulle
aree costiere in prossimità dei punti di produzione. L’attuale realtà dei
8
mercati ittici siciliani è caratterizzata da una situazione di parziale
abbandono delle strutture pubbliche adibite alla commercializzazione
del pescato comune al resto del paese e la struttura dell’industria di
trasformazione dei prodotti della pesca mostra una riduzione di
competitività e di redditività
5
.
Importanti proposte innovative, già poste in essere da diverse
imprese, sono rappresentate da attività turistico-ricreative
(pescaturismo e ittiturismo), attraverso le quali gli operatori del settore
cercano di valorizzare e diffondere la cultura della pesca e integrare i
propri ricavi.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un forte
depauperamento delle risorse ittiche che ha indotto Organizzazioni
Internazionali, Stati ed Enti Locali a porre in essere una considerevole
attività per la gestione delle risorse ittiche, nell’ottica di assicurare la
disponibilità per le future generazioni così da garantire uno sviluppo
sostenibile per il settore pesca. A questa copiosa attività, però, non ha
fatto riscontro, a parte rare eccezioni, alcun significativo
miglioramento in termini di recupero degli stock ittici.
5
Ctr. Programma Operativo Regionale Sicilia 2000-2006, Allegato 1, Analisi del settore della
pesca e dell’acquacoltura.
9
Capitolo I
GESTIONE DELLE RISORSE ITTICHE
1. La Politica Comune della Pesca (PCP)
La Politica Comune della Pesca, che ha visto la luce nel 1983
dopo anni di laboriosa gestazione, è lo strumento che l’Unione
Europea adopera per gestire il settore della pesca e dell’acquacoltura,
cioè un complesso di normative definito a livello comunitario e attuato
in tutti gli Stati membri.
La PCP è stata creata per conservare le risorse ittiche,
salvaguardare l’ambiente marino, assicurare la redditività economica
delle flotte europee e fornire cibo di buona qualità ai consumatori.
Nel corso degli anni, però, questa politica si manifestò
inadeguata per conseguire a pieno lo scopo per il quale era stata
creata. Nel maggio del 2002, la Commissione ha formulato una prima
serie di proposte per riformare la PCP e il 1° gennaio 2003 si
concretizza la riforma della Politica Comune della Pesca.
Il campo di azione della PCP riguarda sostanzialmente quattro
settori e cioè la conservazione e la limitazione dell’impatto della
pesca sull’ambiente, le strutture e la gestione della flotta, i mercati e
le relazioni con i Paesi terzi.
10
Nell’ambito del settore della conservazione e della limitazione
dell’impatto della pesca sull’ambiente
6
la PCP è diretta a proteggere
le risorse ittiche, regolamentando le quantità di pesce catturato in mare
e garantendo la riproduzione del novellame nonché il rispetto delle
norme. La PCP fissa i quantitativi massimi di pesci che possono essere
catturati annualmente per consentire il ripopolamento degli stock.
Sulla base degli studi scientifici relativi ai principali stock, il
Consiglio dei Ministri decide quante tonnellate di pesce saranno
complessivamente autorizzati a catturare i pescatori dell’Unione
Europea nell’anno successivo. Queste quantità massime, denominate
“totale ammissibile di catture” (TAC), vengono poi ripartite tra gli
Stati membri. La parte che spetta a ciascuno Stato membro è chiamata
“quota nazionale”.
Per limitare la cattura dei pesci giovani, affinché possano
crescere e riprodursi, è stata adottata una serie di norme tecniche, tra
cui la fissazione di dimensioni minime delle maglie delle reti, la
creazione di apposite riserve per la protezione degli stock, il divieto di
utilizzare certi attrezzi da pesca e l’obbligo di impiegare tecniche più
selettive, che lascino in libertà il novellame e limitino la cattura di
6
Ctr. Regolamento CE n.2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla
conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della Politica
Comune della Pesca.
11
altre specie. Vengono stabilite taglie minime dei pesci, al di sotto delle
quali gli sbarchi sono illegali. Catture e sbarchi devono essere
registrati in appositi giornali di bordo.
La riforma della PCP del 2002 ha individuato nella limitazione
dello sforzo di pesca insieme alle limitazioni delle catture (TAC) e
alle misure tecniche i principali interventi cui ricorrere ai fini della
gestione della pesca. La riforma, inoltre, ha favorito l’adozione di un
approccio a lungo termine per la gestione della pesca, che comprende
l’elaborazione di piani di ricostruzione pluriennali per gli stock
depauperati e di piani di gestione pluriennali per gli altri stock.
Le catture accidentali e i rigetti incidono negativamente
sull’ecosistema marino. Per affrontare questi problemi la
Commissione ha adottato misure intese a promuovere la protezione
delle specie vulnerabili. Sono state proposte misure volte a garantire la
salvaguardia degli squali, fra cui il divieto di “finning”, che comporta
il taglio delle pinne e il rigetto delle carcasse degli squali in acque
comunitarie, e a ridurre le catture accidentali.
Nell’ambito del settore delle strutture e della gestione della
flotta
7
la PCP e diretta ad aiutare i settori della pesca e
dell’acquacoltura ad adeguare le infrastrutture e le loro organizzazioni
7
Ctr. Regolamento Ce n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo Europeo
per la Pesca.
12
ai vincoli imposti dalla scarsità delle risorse e dal mercato, sono
previste inoltre misure intese al raggiungimento dell’equilibrio dello
sforzo della pesca e le risorse ittiche disponibili. Lo sforzo di pesca
esprime, sinteticamente, l’impiego dei fattori produttivi, quantitativi e
qualitativi, utilizzati nella cattura di specie marine. Sulla base delle
indicazioni comunitarie (Reg. CE 2091/1998) lo sforzo è calcolato
moltiplicando il tonnellaggio per i giorni medi di pesca (tsl*giorni
medi di pesca).
La politica strutturale dell’Unione Europea, dunque, aiuta il
settore alieutico ad adeguarsi alle necessità attuali. Vengono erogati
finanziamenti a titolo del Fondo Europeo per la pesca (FEP) per
progetti in tutti i rami della pesca e dell’acquacoltura, nonché per
misure atte a promuovere nuovi sbocchi di mercato.
In particolare le principali misure cofinanziate a titolo FEP
riguardano: l’adeguamento dello sforzo di pesca e fermo temporaneo
delle attività di pesca; l’ammodernamento della flotta; la piccola pesca
costiera; le misure socio-economiche; il sostegno all’acquacoltura, alla
trasformazione alla commercializzazione e alle attrezzature portuali e
le misure collettive adottate dal comparto pesca.
13
Il FEP coprirà il periodo 2007-2013 in sostituzione dello
Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca che riguardava il
periodo 2000-2006.
Per quanto riguarda la gestione della flotta, la riforma della PCP
del 2002 ha introdotto un sistema atto a limitare la capacità di pesca
della flotta comunitaria per raggiungere un migliore equilibrio con le
risorse disponibili. Esso sostituisce il vecchio sistema dei Programmi
di Orientamento Pluriennali (POP) che si è rilevato inefficace ai fini
della gestione della sovraccapacità della flotta comunitaria. I livelli di
riferimento sono basati sui livelli POP stabiliti al 31 dicembre 2002.
Verranno introdotti automaticamente e in via definitiva ogniqualvolta
la capacità sia ritirata grazie agli aiuti pubblici (se un peschereccio
viene ritirato grazie agli aiuti pubblici i livelli di riferimento verranno
ridotti di una capacità equivalente). Inoltre, ogni introduzione di nuovi
pescherecci nella flotta sarà controbilanciata dal ritiro di una capacità
almeno equivalente.
Per quanto riguarda i mercati
8
l’intendo della PCP era quello di
creare un mercato comune dei prodotti della pesca e di adeguare la
produzione alla domanda, nell’interesse sia dei produttori che dei
consumatori. A questi obiettivi originari si sono poi aggiunte la
8
Ctr. Regolamento CE n. 104/2000 del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativo
all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura.
14
creazione del mercato unico europeo e la graduale apertura al
commercio mondiale.
L’organizzazione comune del mercato comprende quattro
elementi: le norme comuni di commercializzazione dei prodotti
alieutici freschi per quanto riguarda la quantità, l’imballaggio e
l’etichettatura dei prodotti ittici sia comunitari che importati; le
organizzazioni di produttori (OP), che sono associazioni di pescatori
costituite su base volontaria per contribuire alla stabilità dei mercati;
un sistema di sostegno dei prezzi che fissa i prezzi minimi per la
vendita dei prodotti ittici e le regole per gli scambi con i paesi terzi.
Nell’ambito delle relazioni con i paesi terzi la PCP è diretta a
concludere accordi di partenariato per la pesca e condurre negoziati a
livello internazionale, tra le organizzazioni regionali e internazionali,
al fine di stabilire misure comuni di conservazione per l’attività in alto
mare.
Gli accordi di partenariato prevedono la corresponsione di una
contropartita finanziaria per l’accesso alle risorse ittiche conferito ai
pescherecci comunitari nelle acque che si trovano nella giurisdizione
di un paese terzo costiero. Il contributo finanziario comunitario
riguarda principalmente le spese inerenti alla gestione, alla
valutazione scientifica degli stock di pesce, al controllo e alla
15
sorveglianza delle attività di pesca, nonché le spese relative al
monitoraggio e alla valutazione dell’accordo.
I regolamenti per il settore della pesca sono necessari per
proteggere gli stock di pesce e garantire il futuro comparto. Il mancato
rispetto delle misure di regolamentazione provocherebbe sfruttamento
e danni agli stock commerciali e andrebbe a detrimento dell’intero
settore.
Compete alle autorità degli stati membri garantire il rispetto
delle disposizioni della PCP. L’Unione Europea dispone di un
ispettorato composto da 30 ispettori, la cui funzione è quella di
verificare che le autorità di controllo nazionali operino in modo
imparziale.
Nel quadro della riforma della PCP del 2002 si è deciso di
rafforzare il controllo mediante la creazione di un’Agenzia
comunitaria di controllo della pesca che migliorerà l’uniformità e
l’efficienza delle misure di attuazione raggruppando gli strumenti
comunitari e nazionali di controllo della pesca, monitorando le risorse
e coordinando le attività di attuazione.