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L’argomento del presente lavoro sarà trattato in maniera unitaria
considerando l’impresa donna come un qualcosa da valorizzare per la
crescita del sistema produttivo ed economico non dimenticando i temi
legati all’appartenenza di genere, alle politiche istituzionali ed al contesto
storico in cui tutto questo ha avuto luogo. Questi fattori sono stati
determinanti nella vita delle donne, tanto da condizionarne il loro percorso
professionale e di impresa.
Nel primo capitolo ho esaminato la partecipazione della donna al
mondo del lavoro, con un occhio particolare rivolto alla sua figura di
imprenditrice, attraverso varie interpretazioni.
Parto da un punto di vista storico, descrivendo il cammino che le
donne hanno dovuto percorrere nel mercato del lavoro, mostrando come la
partecipazione femminile all’attività produttiva non rappresenta più una
circostanza eccezionale, ma la normalità.
Questa introduzione storica di carattere generale sulla donna nel
mondo del lavoro, è indispensabile per spiegare quali sono stati gli
elementi che hanno permesso il cambiamento della condizione della donna
nella sfera dell’attività lavorativa, rispetto a quello che avveniva prima
della terziarizzazione e dei movimenti femministi.
Antecedentemente agli anni ’70, infatti, la donna viveva in famiglie
patriarcali con più di sei componenti, lavorava soprattutto in agricoltura e
solitamente aveva un basso livello di istruzione e la sua principale
occupazione era rivolta alla cura della famiglia.
Negli anni successivi, alcuni dei simboli classici di subalternità
femminile, la donna discriminata, sottoposta all’autorità del padre o del
marito-padrone, sono venuti meno.
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Il miracolo economico, è stato una delle cause scatenanti, attraverso
il quale la casalinga della società dei consumi, tutta dedita al marito e ai
figli, può ora affermarsi nel mondo del lavoro essendosi dissolti molti di
quei fattori negativi che ne relegavano il suo impiego a figura di secondo
piano, anche se spesso non meno importanti.
Successivamente, tra le innumerevoli figure femminili professionali
ho analizzato quella della donna imprenditrice; partendo da una
introduzione storica di carattere generale, per contestualizzarla in modo
più settoriale nell’ambito sia socio-culturale che storico.
Mentre il primo dei due contesti sarà ripreso e approfondito meglio
nel terzo capitolo, in questa prima parte della tesi viene esaminato
piuttosto il cammino storico. Infatti, ho descritto il percorso e la
condizione di sviluppo in questo settore, sia prima, che dopo il momento
cruciale di cambiamento, avvenuto per tutta una serie di circostanze, a
partire dagli anni dagli anni Ottanta, fino ad arrivare ad oggi, in cui le
imprese in rosa rappresentano il 23,8% del totale.
Per affrontare tale trattazione mi sono avvalsa in particolare, degli
studi scientifici riguardanti l’imprenditoria femminile, mettendo in
evidenza l’evoluzione che tale argomento ha maturato nel tempo sia nella
realtà del mondo accademico, sia in quella delle politiche sociali.
Nel secondo capitolo, quest’ultimo aspetto viene ripreso ed
esaminato con maggiore attenzione, approfondendo l’aspetto relativo
all’ambiente politico istituzionale, descrivendone le politiche, sia a livello
comunitario che nazionale, che hanno permesso di incentivare e di
sostenere lo sviluppo dell’imprenditorialità e di garantirne le pari
opportunità.
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Infatti, tali importanti interventi sono stati creati con l’intento di
realizzare politiche appropriate di programmazione economica ma
soprattutto mirate, efficaci, trasversali e non solo specifiche di promozione
e di sostegno allo sviluppo dell’imprenditoria femminile, all’interno del
relativo contesto sociale e produttivo, inteso nelle sue diverse
articolazioni.
In sintesi, ho cercato di mettere in evidenza, attraverso una breve
rassegna degli interventi legislativi e politici, l’ottica istituzionale
predominante in materia, fondata su un’analisi della realtà che sottolinea i
vincoli a cui sono sottoposte le donne che decidono di diventare
imprenditrici e che le qualifica come utenza debole da sostenere.
Nel terzo capitolo, ho analizzato la tematica del fare impresa al
femminile, attraverso la descrizione, sia delle difficoltà circostanziali, sia
delle motivazioni di natura socio-culturale e personali che spingono le
donne ad intraprendere la carriera imprenditoriale.
Inoltre, viene fatta una breve descrizione dei cambiamenti avvenuti
nel mercato dei beni e dei servizi, per spiegare anche il contesto
economico in cui l’imprenditrice si è venuta ad inserire.
Tutte queste tematiche sono state affrontate mettendole in relazione
con l’identità femminile condizionata da sempre da problematiche
connesse al concetto di appartenenza di genere.
Ho cercato di chiarire il concetto di appartenenza di genere, le
implicazioni dirette ed indirette che tale rappresentazione mentale
comporta nel mondo del lavoro e dell’occupazione delle donne.
Spero, possa essere visibile come questo sistema di riferimento
possieda vari significati spiegabili attraverso i concetti di doppia presenza,
di segregazione occupazionale e di soffitto di vetro.
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Infine, ho dedicato un paragrafo alle motivazioni personali del fare
impresa al femminile, rilevando che le imprenditrici non presentano
un’identità unitaria nell’ambito lavorativo, poiché il desiderio di aprire
un’attività in proprio è dettato da vissuti personali e lavorativi, da
atteggiamenti, da risorse impiegate nel dare vita ad un’impresa, da
percorsi lavorativi discontinui differenti.
Tali percorsi si raccordano in modo diverso a seconda del settore,
della posizione lavorativa, della professionalità posseduta, dell’età e delle
caratteristiche personali.
In sostanza, nonostante i pregiudizi sui ruoli ricoperti dalle donne e
le difficoltà derivanti dal conciliare il lavoro d’azienda con quello della
famiglia, l’attività imprenditoriale femminile è ormai diventata una
componente sensibile del tessuto socio-economico.
Le donne non si affacciano più al mondo dell’imprenditoria solo per
rivestire un ruolo marginale o tutto al più di secondo piano rispetto al
partner maschile ma, soprattutto, per raggiungere, competere e, perché no,
superare il gap che da sempre l’ha relegata al solo ruolo di persona dedita
alla cura della famiglia.
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CAPITOLO 1
L’IMPRENDITORIA FEMMINILE: UN EXCURSUS STORICO
1.1 Introduzione
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, per le donne
italiane è iniziato un periodo ricco di grandi cambiamenti. Infatti, esse
hanno avuto un processo di emancipazione molto più breve rispetto a
quello degli Stati Uniti e dei Paesi dell’Europa del Nord.
Quanto detto è evidente se si pensa che, negli anni ’50, oltre un
terzo delle donne ancora viveva in famiglie patriarcali con più di sei
componenti. Lavoravano soprattutto in agricoltura, avevano un basso
livello di istruzione e soltanto dal primo febbraio del 1945 avevano
ottenuto i pieni diritti politici.
Inoltre per comprendere a fondo questo grande passaggio storico,
sociale e culturale bisogna guardare al sesso dei lavori, spiegandone, come
afferma Aris Accorro, i tratti principali: “Non più famiglie montate sul
capofamiglia, il bread-winner maschio. Non più due cicli di vita attiva
distinti e sessuati, quello dei lavori da maschi e quello da femmine,
lavoratrici o no, modellati sul lavoro extra domestico di produzione e sul
lavoro domestico e di riproduzione. Dal passaggio in corso si affacciano
altri modelli di vita plasmati dal lavoro, ma anche altri modelli di lavoro
plasmati dai cicli di vita.” (Accornero, 2000: 51)
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Sono venuti meno col passare del tempo, quindi, alcuni dei simboli
classici di subalternità femminile, sia quelli relativi alla società contadina
tradizionale (la donna discriminata, sottoposta all’autorità del padre o del
marito-padrone), sia quelli relativi al miracolo economico (la casalinga
della società dei consumi, tutta dedita al marito e ai figli, vittima designata
della pubblicità dei prodotti di consumo e degli elettrodomestici).
Il processo di femminilizzazione e di affermazione della donna nel
mondo del lavoro ha aperto loro strade del tutto inattese. Il percorso svolto
ha permesso loro di cogliere opportunità in diversi settori dell’economia
tali da competere con gli uomini in posizioni tutt’altro che subalterne.
Tuttavia rimangono ancora oggi alcune questioni che ancora
penalizzano la loro partecipazione piena al mondo del lavoro. Infatti, per
quanto riguarda, ad esempio, l’ambito lavorativo, le problematiche sono
relative alle discriminazioni retributive ed alle diseguali opportunità di
carriera, mentre per quanto riguarda quelle relative al contesto più
propriamente sociale troviamo la tematica della doppia presenza (Fontana,
2002).
Nel presente capitolo viene esaminata la partecipazione della donna
al mondo del lavoro, con particolare riguardo alla figura della donna
imprenditrice, attraverso varie argomentazioni.
La prima affronta l’argomento da un punto di vista storico,
descrivendo il percorso delle donne nel mercato del lavoro, facendo
vedere come la partecipazione femminile al lavoro non rappresenta più
una circostanza eccezionale, ma la normalità.
Successivamente si passa all’analisi di una specifica figura
professionale: l’imprenditrice. Viene fatta una breve introduzione di
questa figura per contestualizzarla in modo sia socio-culturale, sia storico.
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Il primo dei due contesti sarà comunque approfondito nel terzo
capitolo, mentre in questa sede esamineremo specificatamente il cammino
storico, che l’imprenditrice ha dovuto percorrere fino ad oggi per mostrare
la condizione di sviluppo odierno che ha avuto in questo settore. Per
affrontare tale trattazione ci si è avvalsi degli studi scientifici svolti
sull’imprenditoria femminile, mettendo in evidenza l’evoluzione che tale
argomento ha maturato nel tempo sia nel mondo accademico, sia in quello
delle politiche sociali. Quest’ultimo aspetto sarà affrontato in modo più
dettagliato nel secondo capitolo.
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1.2 La presenza delle donne nel mercato del lavoro
Non c’è ormai dubbio che nell’ultimo decennio si siano riscontrati
cambiamenti di tale portata nelle dinamiche del lavoro femminile da farne
uno dei fenomeni sociali di maggiore interesse degli anni ’80. In tutti i
paesi economicamente sviluppati, compreso il nostro, la presenza delle
donne nel lavoro retribuito ha mutato in maniera profonda le sue
caratteristiche, sul piano sia qualitativo, sia quantitativo; tanto che oggi
sembra definitivamente caduta la riluttanza, segnata forse dall’incredulità
verso la portata del cambiamento, da parte degli esperti e degli studiosi del
mercato del lavoro, che riconoscono in questo nuovo contesto il segno di
trasformazioni strutturali e culturali profonde.
Molteplici sono, infatti, i fattori di conoscenza a tale proposito che,
riferendosi ad un periodo temporale ormai lungo, vengono a
contrassegnare una nuova fase storica. Le donne, in questa fase, hanno
visto aumentata la loro presenza sul mercato del lavoro retribuito, fino al
manifestarsi della tendenza, specie in alcuni paesi, ad un cambiamento
radicale nella composizione per sesso della forza complessiva. Nonostante
abbiano riscontrato anche notevoli difficoltà a trovare lavoro, hanno
mostrato di essere molto meno scoraggiabili rispetto al passato, detenendo
un tasso di partecipazione essenzialmente sganciato dall’andamento
dell’economia.
In Italia in particolare, questo maggiore incremento rispetto agli
uomini, di donne nel lavoro retribuito, ha riguardato tutti i settori di
attività e le diverse posizioni professionali.
Inoltre sono state soprattutto le detentrici di alti livelli di istruzione
ad aumentare la loro presenza in tale ambito.
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La scolarizzazione, in effetti, sembra costituire l’elemento che
maggiormente differenzia, dalle precedenti, la leva di donne presentatasi
sul mercato del lavoro negli anni ‘80. Si è assistito negli ultimi tempi ad
una vera e propria esplosione della formazione superiore ed universitaria
della popolazione femminile, che ha avuto anche sviluppi importanti sul
piano della qualità dei percorsi formativi e delle scelte professionali
conseguenti, contribuendo a trasformare il modello di presenza delle
donne nell’occupazione (Sullerot, 1969).
Un altro aspetto, che qualifica ulteriormente questa nuova presenza
femminile sul mercato del lavoro, è la considerazione che il lavoro oggi
non è più visto come un’esperienza transitoria. Questo significa che il
lavoro non è più limitato alle fasce più giovani della popolazione
femminile, che non viene interrotto al momento del matrimonio o della
nascita dei figli ma riguarda in maniera crescente donne che entrano nel
lavoro in età più avanzata, con un livello di istruzione più elevato e con
l’intenzione di non abbandonarlo. Come è stato affermato da Patrizia
David e Giovanna Vicarelli: “Siamo di fronte a modelli di comportamento
e di corso di vita che scompigliano sia gli stereotipi sia le identità sociali
di genere femminile” (David e Vicarelli, 1994: 16).
I termini del dibattito, inizialmente centrati, almeno in Italia, intorno
alla questione, se tali cambiamenti fossero stati prodotti da una richiesta di
lavoro particolarmente favorevole per le donne, quale quella proveniente
dal settore terziario, oppure da una trasformazione culturale, prima ancora
che strutturale, che avrebbe portato a presentarsi sul mercato una leva di
donne differenti dalle generazioni precedenti, oggi sembrano meno
polarizzati.
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Accettato è ormai il fatto che dietro al cambiamento del modello di
partecipazione al lavoro delle donne ci sia non tanto o non solo, un
mutamento della domanda, ma un fenomeno culturale di vasta portata, a
sua volta sorretto dalla crescita considerevole del livello di istruzione
femminile anche se non è completamente riconducibile a questa.
Negli ultimi anni, infatti, si sono avuti altri due importanti
cambiamenti, l’uno di tipo politico culturale, l’altro demografico. Questi
hanno contribuito a modificare, insieme alle trasformazioni verificatesi nel
mercato del lavoro, largamente i modelli di riferimento della popolazione
femminile nel nostro paese. La carica innovativa ed emancipatoria del
movimento femminista
1
, da un lato, ha determinato cruciali mutamenti di
tipo legislativo-istituzionale, unitamente ai profondi cambiamenti
intervenuti nei comportamenti riproduttivi, dall’altro, ha contribuito a
rendere percorribili, per le donne, quegli spazi di scelta e di progettazione
della propria vita dai quali in precedenza erano escluse.
Questo il quadro economico, politico e culturale nel quale si
inserisce il fenomeno del crescente ingresso delle donne in settori
professionali di prestigio, tra cui l’imprenditoria, che in passato hanno
visto la quasi esclusiva presenza maschile, fenomeno comune alla maggior
parte dei paesi industrializzati (David, 1994).
1
Il movimento femminista, con questo nome, è venuto alla ribalta internazionale negli anni '60, con
l'intento di modificare radicalmente la divisione sessuale dei ruoli maschili e femminili e quindi di
rimettere in discussione, in tutti gli aspetti del vivere associato, una gerarchizzazione umana che assegna
un meno o un più ai diversi individui in base a meri rapporti di potere che trovano fondamento proprio
nella sessualità maschile e nelle sue proiezioni sociali e politiche. Il femminismo ha pertanto rimesso in
discussione, con un'analisi politica "a partire da sé" (autocoscienza), tutti i settori della società, della
quale contestava l'aspetto ed il carattere fortemente maschilista, ed il fatto di essere retta su
discriminazioni di sesso individuando i nessi esistenti tutt'oggi tra la sessualità e i poteri (Duby e Perrot,
1990).