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INTRODUZIONE
La comunicazione, attualmente, da strumento marginale per
veicolare l’immagine aziendale, è diventata l’elemento centrale per
il governo dell’impresa e parte integrante dell’organizzazione,
fornendo un valido supporto al raggiungimento di diverse finalità
ed obiettivi.
Le organizzazioni più evolute necessitano, infatti, di supporti
comunicazionali diversi e integrati tra loro. Tale esigenza deriva sia
dalla maggiore complessità della struttura organizzativa che dal
conseguente cambiamento dei bisogni di comunicazione.
Nel corso del presente lavoro, si cercherà di dimostrare, partendo
dall’analisi dell’evoluzione che ha avuto la comunicazione negli
anni e dei cambiamenti avvenuti, come nella realtà di oggi le
aziende abbiano necessità di una strategia di comunicazione
integrata basata su una forte sinergia tra valori guida,
comunicazione interna e comunicazione esterna.
Nella prima parte del lavoro si analizzerà l’evoluzione del concetto
di comunicazione, successivamente si concentrerà l’attenzione sul
passaggio dalla comunicazione tradizionale a quella integrata: ecco
che verranno analizzati, singolarmente, gli “ingredienti” necessari
per una corretta e attenta comunicazione integrata.
Dopo aver approfondito il concetto di comunicazione organizzativa,
saranno esaminati i flussi comunicativi dell’organizzazione, in
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modo particolare sarà analizzata la comunicazione interna e quella
esterna e i relativi mezzi di cui l’impresa può disporre.
La seconda parte del lavoro focalizzerà l’attenzione sul marketing
degli eventi ed in particolare sul sistema fieristico, del quale
saranno descritte le caratteristiche e analizzate le fasi del relativo
processo di pianificazione.
Il Case Study finale avrà come oggetto d’indagine l’Euro&Med
Food, evento fieristico organizzato presso la Fiera di Foggia con
cadenza biennale, giunto quest’anno alla sua quinta edizione.
Attraverso un’analisi dell’evento si individueranno la struttura
organizzativa, gli strumenti di comunicazione utilizzati, e si
metteranno in risalto i due aspetti innovativi che hanno
caratterizzato quest’ultima edizione: il turismo e l’innovazione
tecnologica.
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CAPITOLO I
IL PASSAGGIO DALLA COMUNICAZIONE
TRADIZIONALE ALLA COMUNICAZIONE
INTEGRATA
1.1 Radici ed evoluzione del concetto di comunicazione
Nel mondo d’oggi il termine comunicazione ha un ampio impiego,
infatti viene utilizzato facendo riferimento a più campi, e non
soltanto quello che andremo a trattare in questo lavoro.
Ecco che si parla di comunicazione facendo riferimento al
collegamento fisico fra luoghi lontani e della mobilità di cose e
persone che esso permette; a proposito della trasmissione di notizie,
immagini, messaggi; della diffusione della cultura e
dell’informazione; o ancora dello scambio di dati e di quant’altro
sia trasmissibile
1
.
Facendo riferimento alla comunicazione aziendale sono
rintracciabili tre differenti significati del termine: il più delle volte il
concetto di comunicazione viene identificato con il concetto di
“informazione”; in altri casi è assimilato agli strumenti e alle
tecniche utilizzate per la sua attivazione; infine vi è un terzo
1
F. GOLFETTO, Comunicazione e comportamenti comunicativi, EGEA, Milano, 1993, p. 7.
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significato del termine, dal punto di vista etimologico, che accosta il
concetto di comunicazione al concetto di “mettere in comune”.
In effetti la parola italiana comunicazione deriva dal latino
communicatio, tratto a sua volta da communis (comune)
2
.
Riguardo al primo significato, una differenza tra comunicazione e
informazione può essere riscontrata negli obiettivi che stanno alla
base delle due attività, ed in particolare nella natura degli stessi. La
diversità principale la si può riscontrare nel diverso processo di
trasmissione ed elaborazione dei dati realizzati dalle due attività.
Infatti dal punto di vista informativo il soggetto emittente (nel
nostro caso, l’impresa) si limita ad elaborare e a trasmettere un
determinato messaggio o un insieme di dati; mentre in un’ottica
comunicativa, la fornitura di informazioni è sempre affiancata da
una serie di attività complementari che vanno dall’analisi dei
bisogni informativi a una valutazione ex post degli effetti che la
trasmissione di tali messaggi ha prodotto nei destinatari.
Quando invece il concetto di comunicazione è assimilato
all’insieme degli strumenti e delle tecniche utilizzati per la sua
attivazione, si vuol limitare il suo significato ad una semplice
attività di strumentazione del processo informativo.
E’ più corretto ricondurre la nozione di comunicazione al suo
significato etimologico (“mettere in comune”), in modo da
coglierne l’interattività del processo, e cioè la bidirezionalità e la
circolarità dei flussi informativi che devono caratterizzare l’attività
di comunicazione al fine di consentire un reciproco scambio. Ecco
2
F. GOLFETTO, Op. cit., p. 7.
9
che si può affermare che la comunicazione non può assolutamente
essere considerata in maniera statica, tutt’altro: essa presenta
sempre una certa sequenzialità di varie attività, che insieme tendono
a definire il “processo comunicativo”.
Nel 1949 Shannon e Weaver definirono la comunicazione come un
trasferimento di informazioni da un emittente a un ricevente a
mezzo di messaggi. Si tratta però di una definizione per certi aspetti
vaga, poiché non interviene nell’identificazione delle diverse
variabili che agiscono al suo interno.
Proprio per colmare questi vuoti, nel 1958, Lasswell e Braddock
elaborarono un modello di processo comunicativo diviso in alcune
fasi fondamentali.
Anche questo modello presenta dei limiti in quanto tralascia un
elemento fondamentale, ovvero l’analisi delle capacità cognitive del
soggetto ricevente; viene dato per scontato che la comunicazione
raggiunga gli effetti che si era prefissato.
Nel 1967 grazie a Watzlawick si ebbe un’interpretazione
rivoluzionaria della comunicazione; l’Autore osserva che per
qualsiasi essere vivente è impossibile non comunicare. Viene data
una nuova definizione di tale termine, infatti egli affermò che
“comunicazione è tutto ciò che, esplicitamente o implicitamente,
incide (modificandoli o rinforzandoli) sugli atteggiamenti e sui
comportamenti delle persone”. Ciò determina che fanno capo alla
comunicazione tutte le forme con le quali l’impresa interagisce con
l’ambiente, sia esso esterno che interno.
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Una volta appurata l’impossibilità di non comunicare, la
comunicazione costituì un vero e proprio problema in tutte le
organizzazioni e con essa lo studio del processo di comunicazione.
Ecco che si ebbe la conferma che la comunicazione sia attività
quotidiana di tutti (e con tutti si intende persone, aziende, enti,
ecc.), e che si attua volontariamente e involontariamente nei
confronti di chiunque interagisca con chi la attui.
1.2 Il ruolo della comunicazione nell’impresa
Un aspetto molto importante è il ruolo che riveste la
comunicazione all’interno dell’impresa, tale importanza oggi è
attribuibile a due fondamentali fattori:
l’estensione del numero e della tipologia degli interlocutori
aziendali (i cosiddetti stakeholders);
la necessità di far convergere nell’impresa un numero più
elevato di risorse esterne.
Analizziamo i diversi fattori: a causa del complesso contesto sociale
ed economico in cui ci troviamo, il successo economico degli attori
dipende anche dal sostegno che viene offerto dai diversi
stakeholders, questi ultimi possono essere considerati alla stregua di
azionisti virtuali, poiché per loro deve essere prestata la stessa
attenzione che viene dedicata agli azionisti riguardo ai rendimenti
attesi.
Per quanto attiene invece, le risorse esterne, queste sono
indispensabili per perseguire gli obiettivi dell’impresa. Uno dei
11
compiti dell’impresa è quello di ricercare all’esterno sia risorse
tangibili (risorse umane, tecnologiche, finanziarie), sia risorse
intangibili (conoscenze, fiducia, competenze).
Oggigiorno è fondamentale per l’impresa comunicare, in modo da
rendere visibile ciò che essa è, ciò che sa fare, il suo valore, la sua
qualità. Solo in questo modo può mobilitare le risorse necessarie
per il suo sviluppo, ricercate di volta in volta.
Alla comunicazione andrebbe affidato l’obiettivo di esprimere e
rendere note le qualità e le capacità dell’impresa, quindi il suo
compito è quello di accrescere la trasparenza e non di diminuirla.
La comunicazione, dunque, non va utilizzata come mezzo
ingannevole magari per nascondere qualcosa di negativo che vi è
all’interno dell’impresa.
In quest’ottica l’impresa comunica per ottenere credibilità strategica
e reddituale, fiducia, legittimazione, in modo da essere il più
rispondente possibile alle attese dei suoi interlocutori. Un altro
motivo che spinge l’impresa a comunicare, è la necessità di essere
efficace, cioè capace di soddisfare i bisogni, ed efficiente (cioè di
corrispondere alle aspettative di chi controlla e/o fornisce risorse).
Solo perseguendo questi obiettivi l’impresa migliora la propria
immagine, costruendosi una certa reputazione. Gli elementi che
determinano una buona immagine sono: l’affidabilità, la credibilità,
la serietà, la fiducia; tutti elementi che si esprimono in un
atteggiamento di disponibilità da parte degli interlocutori aziendali.
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Quindi si può affermare che l’impresa comunica per migliorare la
propria identità (se stessa) e la propria immagine, e ciò con lo scopo
di avere un duraturo successo;
gestire l’immagine è sinonimo di gestire l’insieme di relazioni che
l’impresa instaura al suo interno e all’esterno.
Le risorse di cui è dotata l’impresa (risorse tangibili, intangibili ed
umane) difficilmente sono in grado di creare un vantaggio
competitivo se vengono prese singolarmente.
Il vantaggio competitivo è perseguibile e duraturo solamente
quando le risorse appena citate risultano tra loro combinate.
E’ importante che l’impresa possegga tali risorse, ma ciò che
distingue un’impresa dalle altre è la sua abilità nel mantenere
coordinamento e collaborazione al suo interno, puntando sulle
capacità relazionali.
Analizziamo, ora, il rapporto impresa-stakeholders, mettendo in
evidenza il contributo che questi ultimi offrono per il
raggiungimento del successo dell’impresa. Tale contributo è
fondamentale, ma è altrettanto importante il modo con cui gli
stakeholders vengono ricompensati dall’impresa; tale consenso non
dipende esclusivamente da ciò che materialmente l’impresa offre
loro in cambio (salari, dividendi, prodotti, ecc.), ma anche dalla
reputazione e dall’immagine che l’impresa è riuscita a costruirsi
presso i suoi diversi interlocutori.
Per poter costruire e mantenere una buona immagine presso i
diversi interlocutori aziendali, l’impresa deve comunicare in modo
13
efficace, valorizzando i propri punti di forza, la propria cultura, le
proprie competenze che la distinguono dalle altre imprese.
A tal proposito è opportuno citare la stakeholder teory, nata in seno
allo Stanford Research Institute negli Stati Uniti, tra gli anni
Sessanta e gli anni Settanta
3
.
Con il termine stakeholders si indicano coloro che hanno uno stake,
cioè un interesse all’attività dell’impresa. In tale ottica, l’impresa
cessa di essere una struttura nelle mani di un gruppo più o meno
esteso di azionisti e diventa un luogo di confronto degli interessi dei
suoi stakeholders
4
.
Secondo un significato più ampio, stakeholder sarebbe qualsiasi
gruppo identificabile che abbia a che fare con l’impresa (compresi i
gruppi “ostili”); mentre un significato più ristretto considera
solamente i gruppi legati alla sua sopravvivenza. Nelle attività
pratiche, come ad esempio nella stesura del bilancio sociale, i
gruppi più citati sono i seguenti: soci e azionisti, dirigenti,
dipendenti, finanziatori e grandi creditori (società finanziarie,
istituti di credito, ecc.), sindacati, clienti, associazioni di categoria,
fondazioni ed associazioni di varia ispirazione.
Però la stakeholders teory presenta un limite, poiché la
comunicazione fa perno solo su una parte delle relazioni che di fatto
l’impresa intrattiene con l’esterno, ossia soprattutto sulle relazioni
con i gruppi di interesse diretto (ad esempio i “detentori” e i
“controllori” di risorse).
3
F. GOLFETTO, Op. cit., p. 65.
4
F. GOLFETTO, Op. cit., pp. 65-66.
14
Un primo tentativo per poter superare tale limite è stato fatto
dall’analisi delle responsabilità dell’imprenditore, in una visione
che comprende oltre all’ambiente economico (rappresentato dagli
stakeholders) anche l’ambiente sociale, politico e naturale. Secondo
questa analisi l’impresa deve essere in grado di raggiungere e
sviluppare un processo di collaborazione, assicurando benessere nei
diversi ambiti e superando le relazioni di conflittualità (presenti
invece nella stakeholders teory).
Un altro fattore di accelerazione del processo di progressivo
ampliamento del ruolo della comunicazione d’impresa è
rappresentato dal mutamento delle caratteristiche organizzative
dell’impresa, al suo interno e nei rapporti con l’esterno; in modo
particolare l’evoluzione dell’impresa verso una struttura reticolare.
L’impresa nel momento in cui instaura dei rapporti di partnership fa
si che gli interlocutori esterni vengano considerati “quasi
dipendenti” e viceversa; ecco che l’impresa si trova al centro di un
sistema dai confini mobili e dalla configurazione reticolare.
Tale sistema di network esterno e di confine si intreccia con il
network interno, nel dar vita a quella che si può considerare come
organizzazione; lo scopo di ogni impresa è di arrivare ad una
doppia rete, cioè un modello in cui l’individuazione dei confini
diventa sempre più indefinibile.
Non possiamo tralasciare la recente visione dell’impresa,
considerata come organizzazione complessa e dinamica di parti
indipendenti che interagiscono per adattarsi ad un ambiente in
continuo cambiamento. Tale visione di impresa come sistema
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aperto e dinamico è basato sul concetto di interdipendenza tra le
parti: occorre un certo coordinamento mediante le comunicazioni
con l’obiettivo di migliorare la cooperazione, e quindi di ridurre il
più possibile il disordine (la cosiddetta entropia)
5
.
Un altro ambito in cui è possibile notare l’intensificazione della
funzione comunicativa dell’impresa riguarda il rapporto tra questa e
il mercato. Si è venuta a creare una progressiva tendenza
all’individualismo da parte del consumatore, in particolar modo alla
ricerca della qualità e alla personalizzazione dei prodotti.
Quanto maggiore è l’affinità di valori tra il pubblico e l’impresa,
tanto maggiore sarà la motivazione all’acquisto dei soggetti; queste
affinità di valori possono giocare sia in termini positivi sia in
termini negativi.
In secondo luogo, con le aumentate esigenze di qualità e di
differenziazione dei prodotti, ma anche con l’aumento del grado di
benessere e di cultura dei consumatori, si ha la sovrapposizione dei
modelli di riferimento e la frammentazione di gruppi e stili di vita.
Ecco che nella comunicazione di marketing le modalità di vendita
di un prodotto si allontanano sempre più dalla sua fisicità per
proporre immagini più evocative e più imprecise. La varietà che
non si riesce a fornire attraverso la fabbrica viene offerta dalla
simbologia; quest’ultima dà la possibilità a ciascun individuo di
auto interpretare quale sia il significato da attribuire ad un singolo
prodotto.
5
F. GOLFETTO, Op. cit., pp. 69-70.
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Nei flussi comunicativi dell’impresa vi deve essere una certa
coerenza, in modo che le azioni di comunicazione vengano
sviluppate all’interno di un sistema di decisioni che garantisca
adeguati livelli di integrazione. Quest’ultimo aspetto è
particolarmente complesso, infatti lo stesso concetto di integrazione
può avere una differente valenza a seconda dei diversi operatori che
lo formulano, siano essi operatori aziendali o consulenti esterni.
Proprio a tal proposito, alcuni autori hanno preferito usare
l’espressione livelli d’ integrazione, altri hanno preferito il termine
aspetti dell’integrazione ritenendo che il termine livelli fosse
fuorviante perché implica gradi gerarchici e priorità.
Gli autori David Pickton e Jeff Broderick hanno individuato le
principali barriere all’integrazione della comunicazione. La prima
riguarda la tassonomia e il linguaggio: per tassonomia si intende il
metodo e/o il sistema di descrizione e di classificazione. La stessa
tassonomia e i termini usati per descrivere il mix di comunicazione
ha effetti negativi sul processo di integrazione; bisogna stare attenti
a non utilizzare classificazioni approssimative poiché potrebbero
risultare inadeguate a descrivere tutte le attività di comunicazione
dell’impresa.
Un altro elemento che potrebbe ostacolare l’integrazione è la
struttura dell’organizzazione che può rendere difficile coordinare e
gestire le varie specializzazioni come un’unica entità. Le
organizzazioni aziendali tendono a suddividere le proprie attività in
sottounità in modo da poter gestire la complessità delle operazioni,
e questo accade anche per la comunicazione.
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Anche l’adeguatezza del budget potrebbe impedire l’integrazione
poiché spesso i budget sono spesso strutturati in un’ottica di breve
periodo e di costi invece che di investimenti. A volte le
organizzazioni dimenticano di apprezzare il valore di lungo termine
della comunicazione, e questo può determinare come risultato il
fatto che il budget sia addirittura inferiore a quello di cui necessità
la comunicazione per la sua integrazione.
Il quarto fattore è rappresentato dall’abilità manageriale e dai
conflitti aziendali. Spesso ci si trova di fronte ad una mancanza di
capacità multidisciplinari poiché non sempre i manager riescono a
raggiungere tutte le competenze richieste ai fini della gestione di un
processo integrato di comunicazione. Ciò che potrebbe ostacolare lo
sviluppo di un’integrazione sono le strutture gerarchiche, la
comunicazione verticale, che permettono agli individui e ai gruppi
di difendere i propri interessi e le proprie specializzazioni. La
comunicazione e, di conseguenza, i fabbisogni di integrazione sono
fortemente condizionati dalle caratteristiche di ogni singola
impresa, in relazione sia alla struttura che alle dimensioni
dell’ambiente in cui si opera.
Per completare, un’ultima barriera all’integrazione è rappresentata
dall’atteggiamento degli operatori della comunicazione.