autori esercitarono i maestri del Realismo francese e russo del XIX secolo, romanzieri
del calibro di Flaubert, Maupassant, Turgenev e Dostoevskij.
Dopo aver brevemente illustrato la situazione di decadenza del romanzo anglo-sassone,
che trova una definizione efficace nel termine "nuvvle" coniato da Ford, passerò
all'esposizione del concetto di "New Form", inteso sia a livello di enunciazione teorica
sia di vera e propria applicazione pratica in romanzi che hanno segnato l'inizio della fase
di rinnovamento. Rinnovamento,, questo, finalizzato a collocare il romanzo accanto alle
"fine arts", dalle quali gli autori attingono a piene mani nel loro costante intendimento di
offrire una visione del reale espunta di quei "clichés" e di quegli stereotipi che avevano,
in precedenza, reso il romanzo un mero diversivo per il pubblico che ne fruiva. Di qui,
l'esigenza di una radicale trasformazione anche nel rapporto autore-letto re e di
conseguenza una richiesta di maggior impegno da parte di quest',ultimo.
Ford Madox Ford, che nell'ambito della mia trattazione è il "trait d'union" tra
Jean Rhys e la grande tradizione letteraria, individua nel "silent listener" il lettore ideale,
l'interlocutore privilegiato, colui al quale egli può dare "the illusion of reality" che è il
principale movente delle sue strategie narrative.
4
Un confronto tra il "maestro" e "l'apprendista", consente di verificare quanto della
lezione fordiana sia riscontrabile nell'opera della Rhys. Quartet (pubblicato inizialmente
con il titolo Postures, da Chatto and Windus, nel 1928) si confi gura come
"counternovel" di The Good Soldier (the Bodley Head, 1915), mirabile esempio
dell'arte for diana. La prima delle due opere summenzionate propone, in chiave
romanzata, le vicende dell'intricato "love affair" tra Ford e la Rhys, nelle quali furo no
coinvolti anche i loro rispettivi coniugi.
5
Negli anni seguenti, Jean Rhys scrive altri romanzi, nei quali si palesa la sua accresciuta
abilità nel maneggiare quei "tools" di cui, in parte la natura, in parte l'amante-maestro
Ford Madox Ford, l'avevano dotata. L'uso di questi metaforici "ferri del mestiere", si
estende ad ogni aspetto della sua opera: dal ruolo della voce narrante, alla connotazione
spazio-temporale delle vicende, all'introspezione psicologica negli animi dei
protagonisti, al peculiare uso dei "refrains" musicali e di componimenti in versi a
4
Per un'esaustiva illustrazione delle tecniche narrative, sottese alla magistrale "craft" fordiana, si veda
VITA FORTUNATI, Ford Madox Ford-Teoria e Tecnica Narrativa, Bologna, Pàtron Editore, 1975.
5
Per conoscere il "punto di vista" degli altri due componenti del "quartetto": E. DE NEVE (pseudonimo
di Jean Lenglet), Barred, London, 1932; STELLA BOWEN, Drawn from Life, London, 1941.
commento delle situazioni descritte, a taluni motivi ossessionanti dilatati al punto da
divenire autentici "tòpoi" all'interno della produzione rhyssiana.
Non è tuttavia possibile condurre un'analisi sulle opere di Jean Rhys, senza
soffermarsi sui personaggi e le vicende che popolano la sua "fiction". Estremamente
interessanti le figure maschili, scisse in una sorta di bipolarità angelico-demoniaca:
magnanimi "eroi ineffettuali" o cinici e spietati maschi la cui potenza
economico-sessuale risulta vincente in ogni circostanza? Sovente, è attraverso il
confronto con gli uomini che emergono, maggiormente caratterizzati, i personaggi
femminili ,rhyssiani, accomunati tutti da uno stato di dipendenza dal prossimo, anime
perse quando vengono lasciate in balia di se stesse. Di qui, l'importanza della
"maschera", di un "make-up" perfetto, dietro il quale malcelare un'identità fragile e
insicura.
Lungo l'itinerario che mi ha portata ad esplorare le squallide esistenze delle varie
Marya, Julia, Anna, Sasha, protagoniste dei primi quattro romanzi, individuo, come
tappa finale, il mondo onirico-schizoide del capolavoro di Jean Rhys, Wide Sargasso
Sea (1966). E' Jane Eyre (1847), di Charlotte Bronté, ad offrire lo spunto a Jean Rhys
per il suo "romance", nel quale viene restituita umana dignità alla prima Mrs. Rochester.
Nel ripercorrere le vicende che precedono la reclusione in un palazzotto inglese di
Bertha Antoinette Mason, la Rhys ritrova pienamente le sue origini caraibiche e
contemporaneamente, propone un'a pologia della "pazza in soffitta" da tanta narrativa
"gotica" considerata alla stregua di un mostro antropomorfo. La terrificante
donna-spettro brontiana ha, agli occhi della Rhys, un cuore e un cervello ma,
soprattutto, delle motivazioni dietro l'apparente follia dei suoi gesti disperati.
Così si conclude il mio metaforico viaggio nell'universo rhyssiano che ha, come
"filo rosso", la costante ricerca celle innovazioni tecnico-contenutistiche, propugnate dai
sostenitori della "New Form", applicate alle opere di una delle più interessanti "voci" di
questo secolo.
CAPITOLO I
LA "NEW FORM"
I.1. La critica al romanzo tradizionale inglese.
Alla fine del secolo scorso, in ambito anglosassone, prese le mosse un dibattito
imperniato essenzialmente sull'arte del romanzo, che doveva rivelarsi fecondo e di
notevole portata storica negli anni a venire.
Dall'epoca di Henry Fielding a quella di William Makepeace Thackeray, vi era
stata la tendenza, da parte dei romanzieri, a modificare la quotidianità per "aggiustarla"
alle esigenze e ai gusti del pubblico. Episodi di natura ordinaria, momenti di piattezza,
inevitabili nel corso di qualsiasi esistenza, venivano trasformati fino a varcare la soglia
dell'inverosimile, a scapito anche dei personaggi, tutti marcatamente "di finzione". Agli
"eroi" buoni e trionfatori si opponeva sempre un gruppo di perfidi e malvagi la cui
sconfitta era scontata, dopo una serie di tormentose vicende.
Gradualmente, tuttavia, questo genere di narrativa venne fatto oggetto di dure
critiche, da parte di coloro che decretarono il suo raggiunto stato di obsolescenza.
L'atmosfera dei capolavori vittoriani no,n trovava più alcuna forma di corrispondenza in
un contesto storico e sociale profondamente mutato. Si faceva impellente, dunque, la
necessità di dare una "nuova forma" al romanzo.
Segno di questa rinnovata presa di coscienza, è il testo di una conferenza tenuta
da Sir Walter Besant, romanziere e poligrafo inglese, presso la "Royal Institution", il 25
aprile 1884 e che aveva per titolo The Art of Fiction. In essa, l'autore ravvisava la
necessità di introdurre delle leggi generali che presiedessero alla composizione del
romanzo. In particolare, Besant faceva riferimento a tre regole che dovevano essere
applicate a qualsiasi opera narrativa: a) aderenza all'esperienza, b) abitudine ad
osservare e ad annotare ciò che si osserva, c) abilità di selezione.
1
l1 romanziere e critico americano Henry James, colse sagacemente l'importanza
e la novità dello scritto di Besant, al quale più volte si richiama nel suo saggio, "The Art
of Fiction", di poco posteriore. Quasi in apertura, James dichiara:
1
Sir WALTER BESANT, "The Art of Fiction", London, Chatto & Windus, 1884.
“...it would take much more courage than I possess to intimate that the form of
the novel as Dickens and Thackeray (for instance) saw it had any taint of
incompleteness”.
2
Quei segni di incompletezza ai quali James accenna sono dovuti, a suo parere,
all'assenza di tecniche compositive che, unite ad un valido contenuto, consentono la
costruzione di un'opera letteraria. Per meglio rendere l'importanza di questa
"collaborazione", James si avvale di un'efficace metafora:
"The story and the novel, the idea and the form, are the needle and thread and 1
never heard of a guild of tailors who recommended the use of the thread without
the needle or the needle without the thread".
3
James dichiara, dunque, aperta "the era of discussion"
4
e pone a fondamento della
stesura di un romanzo, la capacità dell'autore di rappresentare la vita.
Nel confrontarsi con le varie situazioni dell'esistenza, il romanziere dovrebbe,
secondo James, mutuare il metodo di esecuzione dal "fratello" pittore e trasformarsi lui
stesso in "painter of life
"The advantage, the luxury, as well as the torment and responsibility of the
novelist is that there is no limit to what he may attempt as an executant-no limit
to his possible experiments, efforts, discoveries, successes. Here it is especially
that he works, step by step, like his brother of the brush, of whom we may
always say that he has painted his picture in a manner best known to himself".
5
James ritiene fondamentale prescindere da forme aprioristiche che condizionano
la libertà d'operato del romanziere, così come quella dell'artista in genere. Su questo
punto, pertanto, egli dissente da Besant, il quale aveva indicato degli aspetti tradizionali
che rientravano "tout court" in qualsiasi stesura di romanzo. James sostiene, invece, che
2
HENRY JAMES, "The Art of Fiction",in The House of Fiction a cura di Leon Edel, London, Rupert
Hart Davis, 1957, p. 23: "...bisognerebbe avere più coraggio di quanto ne possegga io per affermare che la
forma del romanzo concepita, ad esempio, da Dickens e da Thackeray manifesti qualche segno di
incompletezza".
3
HENRY JAMES, "The Art of Fiction",in The House of Fiction, cit., pp. 39-40: "L'intreccio e il romanzo,
il concetto e la forma, sono l'ago e il filo e io non ho mai sentito parlare di una corporazione di sarti che
consigliasse l'uso del filo senza l'ago o dell'ago senza filo".
4
Cf. H. JAMES, ibid., p. 24.
5
HENRY JAMES, "The Art of Fiction",in The House of Fiction, cit., p.29: "L'utilità, il piacere così come
il tormento e la responsabilità del romanziere consistono in una totale assenza di limiti nei suoi tentativi
come esecutore-non c'è nessun limite ai suoi possibili esperimenti, sforzi, scoperte, successi. Ecco che in
particolar modo egli lavora,un poco per volta, come suo fratello del pennello, del quale noi possiamo
sempre dire che ha dipinto il suo quadro nel modo da lui meglio conosciuto".
l'unico dovere di un autore, sia quello di rendere la sua opera degna di interesse.
Così,nelle sue parole:
"The only obligation to which in advance we may hold a novel, without
incurring the accusation of being arbitrary, is that it be interesting"
6
.
Un risultato, questo, che si consegue grazie ad un talento naturale, unito ad una
particolare capacità di trasferire le proprie impressioni del reale, sulla pagina scritta.
Non è necessario vivere direttamente un'esperienza per riuscire a trasporla in
chiave narrativa, a taluni è sufficiente gettare uno sguardo di sfuggita ad un insieme, per
costruire poi un'intera scena. James allude, a questo proposito a The Story of Elizabeth,
il primo romanzo di Anne Thackeray, la quale, a Parigi, passando casualmente davanti
all'uscio aperto di una casa di Protestanti, sbirciò rapidamente all'interno e vide alcuni
giovani seduti a tavola. Questo breve episodio le consentì di ricostruire non solo la
scena di cui era stata, per pochi istanti, spettatrice non vista, ma anche il "frame",
ovvero lo stile di vita e le abitudini delle persone elette a soggetto della sua narrazione.
James definisce la Thackeray "a woman of genius" dotata di quel pote re, prerogativa
degli artisti, che consente di arguire "the unseen from the seen", di cogliere, dunque, gli
aspetti più reconditi di ciò che è a tutti visibile. Questo l'efficace commento jamesiano
circa il valido risultato artistico ottenuto dalla romanziera, a seguito di una semplice
fugace occhiata:
"The glimpse made a picture; it lasted only a moment, but that moment was
experience".
7
Mi servo, per l'ennesima volta, delle parole di James per concludere il
riferimento al romanzo di Anne Thackeray che, oltre ad essere oggetto di elogi da parte
di un critico così significativo, si pone ad esempio di un metodo da seguire alla vigilia
della nascita del "nuovo" romanzo:
6
HENRY JAMES, "The Art of Fiction",in The House of Fiction, cit., p.29: "I1 solo obbligo al quale
anticipatamente noi possiamo assoggettare un romanzo, senza incorrere nell'accusa di essere arbitrari, è
che esso sia interessante". Cf. F.M. HUEFFER, "On Impressionism", in Poetry and Drama, II, June-Dec.,
1914, p. 326: "... The first province of Art is to interest" ossia "...la prima competenza dell'Arte è quella di
interessare".
7
HENRY JAMES, "The Art of Fiction",in The House of Fiction, cit., p. 32: "La visione costruì un
quadro; durò solo un attimo, ma quell'attimo fu esperienza".
“She knew what youth was, and what Protestantism; she also had the advantage
of having seen what it was to be French, so that she converted these ideas into a
concrete image and produced a reality”.
8
James non manca, all'interno del suo saggio, di individuare nell'errato
atteggiamento di matrice protestante nei confronti del romanzo, una delle cause
principali della crisi che ha colpito la narrativa anglo-sassone, nonché uno dei principali
limiti al suo sviluppo. Come i loro predecessori Puritani, all'epoca di Oliver Cromwell
(1599-1658) avevano decretato la chiusura dei teatri (1642 – 1660) perché reputati
luoghi nei quali la gente teneva una condotta trasgressiva e immorale, così i romanzieri
vittoriani, alimentati da un deleterio spirito di "pruderie", ravvisavano in taluni generi
narrativi elementi pericolosi, tanto da definire il romanzo "wicked".
Nonostante le dichiarate pretese di modernità e l'apparente superamento di
vecchie superstizioni, James avanza qualche serio dubbio circa le effettive opinioni
circolanti sul romanzo e suo ruolo:
"Even the most jocular novel feels in some degree the weight of the proscription
that was formerly directed against literary levity: the jocularity does not always
succeed in passing for orthodoxy. It is still expected, though perhaps people are
ashamed to say it, that a production which is after all only a "make believe" (for
what else is a "story"?) shall be in some degree apologetic-shall renounce the
pretension of attempting really to represent life".
9
Il frapporre un diaframma tra
la vita vera e la "fiction", era, agli occhi dei romanzieri tradizionali, un efficace
"device" a giustificazione delle vicende da loro narrate.
8
HENRY JAMES, "The Art of Fiction",in The House of Fiction, cit., p. 32: "Lei sapeva che cosa
fosse la giovinezza e anche che cosa fosse il Protestantesimo; aveva anche il vantaggio di aver visto cosa
significasse essere francese, cosicché essa convertì queste idee in un'immagine e produsse una realtà".
9
HENRY JAMES, "The Art of Fiction",in The House of Fiction, cit., pp. 24-25: "Anche il romanzo più
scherzoso avverte, in una certa misura, il peso della proscrizione che era diretta nel passato contro la
frivolezza letteraria: la giocosità non sempre riesce a passare per ortodossia. Ci si aspetta ancora,
malgrado forse le persone si vergognino a dichiararlo, che una produzione la quale è, dopo tutto, solo un
"fingere" (perché che cos'altro è una "storia"?) sarà, in una certa misura, apologetica-rinuncerà alla
pretesa di provare veramente a rappresentare la vita".
Henry James non è il solo a muoversi in una nuova direzione: lo affiancano, tra gli altri,
lo scrittore polacco Joseph Conrad (1857-1924) e il giovane Ford Madox Ford
(1873-1939) sui quali mi propongo di ritornare nelle pagine successive
In questo clima ricco di fermenti culturali e artistici, si va delineando un nuovo
profilo di romanziere, figura proteiforme in grado di trasformarsi via via, a seconda
delle esigenze, in storico, filosofo, pittore e cronista del suo tempo, in netta
contrapposizione all'artificiosità e agli stereotipi dominanti il romanzo vittoriano.
I.1.1. Esigenze di rinnovamento: "the novel of aloofness".
E' di conio fordiano l'espressione che dà il titolo a questa parte della mia
trattazione sull'arte del romanzo. Ford la usò per etichettare i romanzi di Stendhal
(1783-1842), Gustave Flaubert (1821-1880), Guy de Maupassant (18501893) e di colui
che fu, a suo avviso, l'iniziatore del romanzo moderno, Samuel Richardson
(1689-1761).
Il "novel of aloofness" si contrappone, per forma e contenuto, al "novel of
commerce", romanzo divertente, di gradevole lettura, genere prediletto dal grosso
pubblico borghese. Ford inventa il termine "nuvvle" per connotare spregiativamente
quei romanzi in cui le vicende narrate sono completamente avulse dalla realtà. Egli
illustra sinteticamente il "nuvvle" come:
...a more or less 'arbitrary' tale so turned as to ensure a complacent view of life
and carried on by characters that as a rule are six feet high and gliding two
inches above the ground".
10
La necessità di assecondare i gusti dei lettori, aveva portato ad una
spersonalizzazione dell'autore, costretto a calarsi nella subordinata funzione di mero
esecutore.
10
FORD MADOX FORD, The English Novel, from the earliest days to the death of Joseph Conrad,
Philadelphia and London, J.B. Lippincott Co., 1929, p. 109: "...un racconto più o meno 'arbitrario'
costruito in modo da garantire una compiacente visione della vita e portato avanti da personaggi che, di
regola, sono alti sei piedi e si librano a due pollici da terra".
Con l'avvento del "new novel", il romanziere assume un ruolo più significativo
assieme ad un maggiore impegno nell'elaborazione delle sue opere. A contenuti che si
vanno addensan do di complessi risvolti psicologici, corrisponde una forma
caratterizzata da un'esemplare precisione lessicale e sintattica. Per tutti coloro che
operano a favore di un globale rinnovamento in ambito narrativo, si pone a
fondamentale pietra di paragone, la produzione letteraria francese della seconda metà
dell'Ottocento. 1 romanzieri realisti, in particolare Flaubert e Maupassant, erano reputati
massimi esperti nel dosare e calibrare le parole, ma anche nella costruzione di un
"pattern" ben strutturato. Ford scrive, a questo proposito:
"They discussed the 'minutiae' of words and their economical employment; the
'charpente', the architecture of the novel; the handling of dialogue; the rendering
of impressions;the impersonality of the author".
11
Ford impiega una serie di metafore, attinte dal mondo artigianale, per spiegare
quale sia il suo concetto di arte. In particolar modo, egli fa uso del termine "craft" con il
quale designa un risultato di pregevole valore artistico, frutto di una lentissima e
faticosa elaborazione, nonché di una notevole capacità di maneggiare i "ferri del
mestiere", ovvero le tecniche narrative.
Il nonno pittore, Ford Madox Hrown, accantoal quale Ford Madox Ford
(all'epoca ancora F.M.Hueffer) aveva trascorso i suoi anni giovanili, gli aveva trasmesso
il suo interesse per l'epoca medievale, età storica pienamente rivalutata dal movimento
preraffaellita, del quale F.M. Brown aveva subito gli influssi, pur non aderendovi. E'
così che compaiono negli scritti del Ford, riferimenti ai concetti di "école" e di
"brotherhood", inteso, quest'ultimo, nell'accezione di confraternita di artisti. Ford
trasferisce questi termini in un contesto moderno, attribuendoli alla schiera dei realisti
russi e francesi del XIX secolo. Analogamente a quanto esposto da James, anche
nell'ottica fordiana, la figura del romanziere è messa a confronto con quella del pittore e
lo stesso lames torna a tracciare il profilo del "painter of life" in un suo saggio del 1902,
dedicato a Gustave Flaubert.
12
11
FORD MADOX FDRD, "Techniques", in Southern Review, I, July, 1935, p. 23: "Essi discussero le
minuzie dei vocaboli e il loro parsimonioso impiego, l'ossatura, l'architettura del romanzo, il trattamento
del dialogo, la resa delle impressioni, l'impersonalità dell'autore".
12
HENRY JAMES, "Gustave Flaubert", in The House of Fiction, cit., pp. 187-219.
All'interno di "The Art of Fiction", Henry James aveva offerto un'immagine
astratta del "pittore della vita" che doveva apprendere i metodi di esecuzione dal
"fratello del pennello", negli anni successivi, egli attribuisce a Flaubert questo
appellativo, individuando nell'opera dell'autore francese, la messa in atto delle
teorizzazioni attorno al modo di comporre un romanzo. James prova una grande
ammirazione per la reclusione volontaria del "solitario di Croisset", il quale aveva scelto
di dedicarsi completamente all’arte, concependola come una forma di culto che
richiedeva una sorta di ascesi e di conseguenza, distacco dal mondo esterno. Flaubert si
pone ad emblema di colui che vive "misticamente" la creazione artistica. Da esempi
come quello suddetto, nasce il romanziere "per vocazione", al quale sono richiesti duri
sacrifici nell'oneroso compito di ritrarre la realtà così com'è, mettendo a frutto tutti gli
espedienti appresi in anni di pratica. A un cambiamento dell'emittente corrisponde,
inevitabilmente, una diversa figura di destinatario, qualcuno che si faccia silenzioso ma
attento interlocutore, che sia in grado di far scattare i propri meccanismi d'inferenza per
ricostruire le vicende di un "plot" non più ordinato per sequenze temporali. Al "new
reader" è richiesta abilità nel comporre il mosaico, mettendo assieme i vari tasselli che,
sotto forma di "clues", l'autore ha sapientemente cosparso tra le pagine del suo romanzo.
La mente del lettore deve essere elastica, capace di porsi in sintonia con l'andamento
dell'opera narrativa: tra "chi scrive" e "chi legge" deve crearsi un'atmosfera di empatica
complicità.
Il "narratore onnisciente", quella figura che accorreva in aiuto dei lettori,
commentando, in tono moraleggiante, tutti gli avvenimenti di rilievo di un romanzo,
non trova più spazio in una nuova narrativa che ha la tendenza a proporre ai lettori,
aspetti della realtà descritti in maniera oggettiva, lasciando a loro la fatica di
interpretarli ed eventualmente, trarne degli insegnamenti. Nelle parole di Ford il "novel
of aloofness" ovvero il romanzo moderno, è definito "a novel of discussion and
investigation", concepito pertanto come strumento con il quale conoscere e indagare il
reale.