INTRODUZIONE
Volare, questo è sempre stato il primo sogno dell‟uomo, fin dalle sue origini, e
nonostante esistano macchine straordinarie che appagano questa voglia, l‟essere
umano continua la sua evoluzione per portare sempre più lontano il limite da esso
raggiunto in precedenza. Continui studi ed approfondimenti fanno sì che l‟uomo
possa cogliere dai suoi studi l‟essenza del volo. A proposito di quanto detto si è visto
come i sistemi di propulsione aerospaziale si siano evoluti nel corso del tempo grazie
alle innovazioni delle scienze dei materiali ed alle scoperte nel campo della fisica e
dell‟aerodinamica. I maggiori interessi dello sviluppo si fondano sulla propulsione
del trasporto aereo civile e sugli impieghi per aeromobili militari. L‟argomentazione
si fa ancora più convincente e avvalorabile se si pensa al fatto che nello stesso campo
gli interessi siano diversi. Se nella propulsione per aeromobili civili lo scopo principe
sia quello dei consumi e della rumorosità di questi mezzi, in ambito militare il
maggiore interesse lo si ha per la spinta fornita e l‟emissione di calore per diminuire
la traccia radar infrarossa. Quello che si è cercherà di espletare in questo breve
compendio di ricerca sarà innanzitutto la tipologia di motori che sarà
successivamente trattata, le differenti caratteristiche dei motori su linee civili e
militari e le tendenze future con relative motivazioni per determinate scelte
economiche o semplicemente politiche. Le nozioni ed i dati forniti nel corso della
seguente trattazione sono stati il frutto di ricerche accurate ed impegnative nel campo
della propulsione aerospaziale, quindi facendo riferimento a testi, reportage,
documenti aeronautici ufficiali provenienti dai più svariati paesi del mondo,
soprattutto dagli Stati Uniti, si è cercato di renderne evidente l‟utilità riguardante
l‟impiego dei turbofan e le convenienze in ambito militare e civile.
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Capitolo I
COS’E’ UN TURBOFAN
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Capitolo I
COS’E’ UN TURBOFAN
1) Turbogetto
Il turbogetto è il più semplice ed il più vecchio, oggi totalmente in disuso, dei motori
a getto. Si tratta di un motore a ciclo continuo che sfrutta il "ciclo turbogas", detto
anche di Brayton-Joule, per produrre la spinta necessaria a far muovere un aereo. Il
motore è sostanzialmente costituito da una presa d'aria, da un compressore centrifugo
o assiale, dalla camera di combustione, dove si trovano gli iniettori del combustibile
(kerosene), da una turbina, da un eventuale postcombustore ed infine da un ugello di
scarico che fornisce la spinta. Questi organi, insieme ai numerosi organi accessori,
quali motorino d'avviamento, pompe per i lubrificanti e i liquidi di raffreddamento,
sistemi di spillamento dal compressore, per evitarne lo stallo o per pressurizzare
cabina e circuito idraulico, sono contenuti in un involucro metallico di forma
aerodinamica posto nell'ala, di fianco alla fusoliera, entro la fusoliera, oppure sopra
la coda del velivolo. I primi studi in merito al turbogetto iniziarono in Gran Bretagna
ed in Germania negli anni 30', anche se i primi aeroplani a getto nel senso più ampio
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del termine furono i motoreattori del rumeno Henri Coandă nel 1910 ed il Campini-
Caproni C.C.2 del 1940. I primi veri motori turbogetto furono collaudati al banco di
prova nel 1937, sia in Gran Bretagna che in Germania. Il 28 agosto del 1941 volò il
primo aeromobile con motore turbogetto, l'Heinkel He 178, propulso dal motore
Heinkel-Hirth HeS 3B. I due ingegneri dietro al progetto erano Hans von Ohain,
Germania, e Frank Whittle, Gran Bretagna. I primi aeroplani operativi entrarono in
servizio verso la fine della seconda guerra mondiale con i caccia tedeschi
Messerschmitt Me 262. Anche gli inglesi avevano approntato il Gloster Meteor, ma
non fu mai impiegato in azioni belliche. Le potenzialità di queste macchine spinsero
al perfezionamento ed alla ricerca nel campo della propulsione a getto. In un
turbogetto l'aria viene convogliata dalla presa d'aria, o presa dinamica o diffusore,
che inizia una prima compressione, ed inviata al compressore (o dai compressori
nelle soluzioni a compressore di bassa e di alta pressione) il quale continua la
compressione. Da qui viene inviata alla camera di combustione, dove si miscela con
il combustibile nebulizzato dagli iniettori ed incendiata da una candela. Una volta
iniziato il processo di combustione rimane spontaneo se non mutano le condizioni di
pressione e flusso di combustibile. La combustione continua provoca un notevole
innalzamento della temperatura dell'aria che, non potendo espandersi, viene
indirizzata verso la turbina dove si espande cedendo a questa la propria energia. Il
turbogetto risponde, dal punto di vista termodinamico, al ciclo di Brayton e pertanto,
come macchina termica, raggiunge rendimenti tanto più elevati quanto più elevati
sono il suo rapporto di compressione e la temperatura massima del ciclo, a pari
temperatura minima. La realizzazione dei turbogetto è quindi basata sull'ottenimento
dei più elevati rendimenti possibili dei compressori, delle turbine a gas e delle
camere di combustione. I compressori attualmente usati sui motori più potenti sono
del tipo assiale i quali, tuttavia, quando raggiungono determinate dimensioni
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presentano una serie di problemi di funzionamento e di regolazione, che in diversi
casi portano a livelli inaccettabili alcune loro deficienze, come quella di una risposta
alquanto pigra alla manetta. La causa fondamentale di ciò è l'estrema difficoltà di
assicurare condizioni regolari di funzionamento in un'ampia gamma di regimi ai
diversi stadi del compressore, ciascuno stadio del quale influenza il comportamento
tanto di quelli che lo precedono quanto, soprattutto, di quelli che lo seguono. Tra le
tecniche elaborate per superare questi inconvenienti, si possono citare quella
dell'adozione di palettature a calettamento variabile, per i primi stadi del
compressore: in questo modo se l'aria entrante ha una velocità più bassa di quella di
progetto si potranno inclinare di meno le palette o viceversa. Lo spillamento
(sottrazione) di parte della portata d'aria elaborata dal compressore stesso, in questo
modo, specialmente all'avvio quando il compressore inizia a funzionare, i primi stadi
non riusciranno a comprimere l'aria che inviano agli stadi successivi, i quali si
troverebbero quindi un volume d'aria eccessivo. Infine, la suddivisione del
compressore in due o più tronchi indipendenti mossi, mediante due alberi coassiali,
ciascuno da una propria turbina (schema noto come turbogetto bialbero o trialbero). I
compressori assiali hanno generalmente il rotore costituito da una struttura cilindrica
o tronco-conica cui sono applicate le palette, oppure da una serie di dischi, ciascuno
dei quali porta le palette, e che, serrati gli uni contro gli altri, vengono collegati
all'albero della turbina. Le palette possono essere realizzate in lega leggera, in acciaio
ed in titanio, soprattutto quelle dei primi stadi, più soggette al pericolo di danni per
l'ingestione di oggetti estranei, e quelle degli ultimi, dove l'aria compressa raggiunge
temperature anche di qualche centinaio di gradi centigradi. Tra i materiali impiegati
nella costruzione dei compressori stanno facendosi largo la fibra di carbonio e il
kevlar. Tali materiali permettono di costruire ed utilizzare pale a corda larga per le
grandi ventole dei motori turboventola. Le ventole così realizzate si sono rivelate
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estremamente resistenti agli urti contro volatili e corpi esterni. Risultano anche
migliorate le doti di sopravvivenza del motore al distacco di una di queste pale, che
ha come conseguenza una delle avarie in assoluto più pericolose per un turboreattore.
La tenuta tra le palette e la carcassa del compressore è realizzata mediante anelli di
materiale abradibile (in genere teflon) nei quali le palette scavano la propria traccia.
Il compressore ha la funzione di alimentare con aria sotto pressione, captata dalla
presa anteriore, le camere di combustione, in cui viene bruciata il cherosene
nebulizzato mediante speciali iniettori. La maggior parte dell'aria proveniente dal
compressore (il 75%) viene impiegata per diluire i prodotti della combustione stessa
e per raffreddare le pareti esterne delle camere. Queste sono costituite da più
involucri anulari, contenuti l'uno dentro l'altro, e collegano l'uscita del compressore
con l'ingresso in turbina, convogliando verso di questa i gas che si formano durante
la combustione. Data l'elevata temperatura di combustione, le camere sono realizzate
in leghe ad alto tenore di nichel, capaci di resistere a temperature anche
abbondantemente superiori ai 1200 ºC. Poco diffusa è l'architettura a flusso invertito,
in cui le camere di combustione hanno una sezione a S, permettendo così di ridurre
considerevolmente la lunghezza dell'albero che collega il compressore alla turbina.
La turbina a gas, di norma assiale e frequentemente a più stadi, è la parte del
turbogetto in cui vengono sfruttate le tecnologie più avanzate, date le elevate
sollecitazioni meccaniche e termiche cui sono sottoposte soprattutto le sue
palettature, le cui estremità possono ruotare a velocità dell'ordine dei 400 m/s,
venendo investite da gas incandescenti a temperature anche superiori ai 1300 ºC e a
velocità sui 600 m/s. Per tale motivo, le palette sono realizzate in speciali leghe ad
alto tenore di nichel, con aggiunte di cobalto, e sono in diversi casi protette da un
sottile strato di materiale ceramico, oppure sono munite di un sistema di
raffreddamento alimentato da aria compressa prelevata al compressore, convogliata
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nell'interno delle palette (che sono cave) e quindi espulsa attraverso piccoli fori
disposti sul loro bordo d'attacco, per cui forma un sottile strato d'aria che assicura la
refrigerazione. Verso la metà degli anni 80' si è affermata la tecnica del
monocristallo, che permette una maggiore resistenza alle sollecitazioni termiche e
centrifughe cui è sottoposta la paletta. La ricerca è ancora molto attiva nel campo,
dato che da essa dipende, per la gran parte, il miglioramento delle prestazioni dei
motori a turbina. Problemi tecnici derivano anche dalla necessità di evitare fenomeni
di corrosione e di ossidazione delle palette e di prevedere la possibilità di
ragguardevoli dilatazioni termiche, che impongono l'adozione di speciali sistemi di
fissaggio delle palette ai dischi delle turbine, tali da permettere apprezzabili giochi a
freddo, e, viceversa, il bloccaggio alle normali temperature d'esercizio.
Comunemente adottato è il sistema di bloccaggio detto ad "albero di Natale". Per
superare tale problema, dall'inizio degli anni 90' si è diffusa la tecnologia blisk
(dall'inglese blade + disk, pala + disco). Tale tecnica prevede la realizzazione delle
ruote turbina partendo da un disco pieno forgiato che viene scolpito da macchine a
controllo numerico, che provvedono a realizzare integralmente anche le palette.
Partendo da un forgiato con le fibre opportunamente orientate si possono realizzare
notevoli incrementi di resistenza e diminuzioni di peso, riuscendo inoltre ad
eliminare il supporto a metà apertura, che permetteva ad ogni paletta di appoggiarsi
alla precedente. La tecnica blisk appare come uno dei metodi più promettenti per
l'incremento di prestazioni dei moderni turboreattori. La turbina ha la funzione di
elaborare la portata gassosa trasformandola in parte in energia meccanica, necessaria
per il trascinamento del compressore. La portata gassosa finisce di espandersi nel
condotto di scarico, la cui forma contribuisce ad accelerare la velocità di espansione
dei gas. La variazione della quantità di moto della massa gassosa in espansione
fornisce la spinta. La spinta di un turbogetto, quando esso è montato su di un
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aeroplano, varia in misura abbastanza limitata al variare della velocità di volo ed è
massima per velocità d'avanzamento nulla del velivolo, diminuisce leggermente
quando vi è la minor differenza tra velocità di volo (e quindi di captazione dell'aria) e
velocità di scarico del getto, mentre risale a velocità più elevate, dato l'incremento
del rapporto di compressione ottenuto per effetto del recupero d'energia nella presa
d'aria. Diminuzioni anche limitate del numero di giri del turbogetto (che dai 30.000 ~
40.000 dei turbogetti più piccoli si riducono a 8.000 ~ 10.000 al minuto per quelli più
grandi) determinano invece cospicue riduzioni della spinta. Per questa ragione la
strumentazione di bordo per il controllo del numero dei giri è tarata in percentuale,
con un arco di lavoro che varia dal 70% al 105% del regime di giri di progetto.
All'aumentare della quota, a parità di giri e di velocità di volo, la spinta del
turbogetto si riduce, anche se in misura meno marcata rispetto alla potenza dei
motori alternativi non sovralimentati (le prestazioni dei motori a pistoni si misurano
con la potenza, mentre quelle dei getti con la spinta). La riduzione della spinta al
crescere della quota è notevole oltre gli 11.000 m dato che la densità dell'aria cala
assai più vistosamente. Il consumo specifico (flusso di combustibile in peso diviso la
spinta) del turbogetto aumenta apprezzabilmente al crescere della velocità di volo,
mentre si riduce all'aumentare della quota (sino agli 11.000 m zona di separazione tra
troposfera e stratosfera). Il consumo specifico aumenta considerevolmente al ridursi
del numero dei giri. L'uso del postcombustore raddoppia o triplica i consumi e perciò
viene adottato di regola solo sugli aeroplani militari. La necessità di adattare
correttamente la sezione del condotto di scarico a variazioni della pressione esterna
comporta di norma che i turbogetto abbiano ugelli a geometria variabile: questa
esigenza è generalmente soddisfatta da ugelli a petali, in cui una corona di martinetti
idraulici agisce su flabelli che possono aprire o chiudere la gola dell'ugello (sezione
interna più stretta dello stesso) a seconda delle condizioni di funzionamento del
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turboreattore. L'adozione di un ugello regolabile facilita inoltre l'avviamento del
turbogetto (diminuendo la sezione di gola diminuisce la richiesta d'aria della presa).