5
(Intercontinental Ballistic Missile), che non solo poteva lanciare un satellite nello 
spazio, ma soprattutto possedeva la tecnologia di un vettore in grado di portare l’arma 
nucleare nei territori statunitensi. 
Questo avvenimento, ritenuto centrale nello svolgimento di questo studio, spinse 
l’amministrazione statunitense, che doveva giustificare e colmare il ritardo americano 
nella Space Race (Corsa allo Spazio), a ripensare le strategie militari di difesa e 
sicurezza, al fine di evitare di soccombere ad un eventuale attacco o, più 
verosimilmente, ad un ricatto sovietico.  
Nel primo capitolo del presente lavoro, si cercherà di presentare la situazione 
internazionale all’indomani della fine del Secondo Conflitto Mondiale: la nascita dei 
due blocchi e le prime teorie geopolitiche applicate dall’amministrazione statunitense, 
per contenere e contrastare il pericolo sovietico. 
Un importante aspetto della Guerra Fredda fu sicuramente rappresentato dallo sviluppo 
di nuove tecnologie, che cambiarono la natura stessa dei conflitti: l’arma nucleare, per 
esempio, caratterizzò, più per dissuasione che per l’effettivo utilizzo, gli anni dello 
scontro tra i due blocchi. Anche la missilistica, il cui studio risale al periodo bellico, 
ebbe un ruolo cruciale: costituendo la necessaria premessa alla Space Race e 
deterritorializzando il concetto di sicurezza. 
Nel secondo capitolo, pertanto, si metteranno in luce le innovazioni scientifiche e 
tecnologiche del periodo bellico e post-bellico, al fine di poter verificare quanto queste 
abbiano influenzato il modo di “fare la guerra” e, in particolare, il modo di condurre la 
Guerra Fredda. 
Usando la “diplomazia della Sputnik” e sorretta da una vivace e serrata propaganda, 
l’Unione Sovietica cercò di sfruttare il “momento di gloria” per presentare al mondo 
intero la propria superiorità tecnologica e scientifica. Una superiorità che era, nelle 
 6
intenzioni russe, indice innanzitutto dello sviluppo economico di un paese, al contrario 
sempre dipinto dall’avversario occidentale come arretrato e privo di potere a livello 
internazionale. 
A tal proposito, il terzo capitolo del presente studio, sarà finalizzato alla presentazione e 
all’analisi delle impressioni e reazioni sia dell’opinione pubblica che delle 
amministrazioni nazionali, soprattutto nel contesto europeo, reazioni che 
caratterizzeranno i giorni e mesi successivi al lancio dello Sputnik 1 e 2, mentre verrà 
messo in luce, altresì,  il tentativo statunitense di ridurre la drammaticità dell’evento. 
Il quarto capitolo entrerà nel merito specifico del “riscatto” statunitense: i primi 
fallimenti e i successi che condurranno anche gli Stati Uniti nello spazio, con il lancio, 
nel gennaio del 1958, del satellite Explorer, mentre in Europa vengono schierati i missili 
e mentre la dottrina del MAD (Mutual Assured Distruction) diviene l’equilibrio 
essenziale che tiene lontani gli schieramenti da uno scontro diretto. Particolare rilievo 
sarà rivolta alla Crisi missilistica di Cuba del 1962: l’apice della tensione tra le due 
potenze, in cui il mondo intero sembrerà sull’orlo di una guerra, che sarebbe stata senza 
dubbio nucleare. Sull’onda emotiva di tale drammatico episodio, gli anni Sessanta, a cui 
sarà dedicato il quinto capitolo del presente elaborato, saranno caratterizzati dal 
tentativo di entrambi gli schieramenti di cercare accordi internazionali, volti alla 
limitazione dell’utilizzo dell’arma nucleare e che si concretizzeranno negli anni 
Settanta, con la politica di arms control; mentre la Corsa allo Spazio continuerà a fare 
da cornice agli avvenimenti di quegli anni, con il definitivo trionfo statunitense nel 
luglio del 1969: lo sbarco sulla Luna. 
Nel sesto ed ultimo capitolo si porranno in luce quali furono le concrete reazioni militari 
americane per far fronte al pericolo di un attacco o, comunque, di una possibile guerra 
nucleare con la nemica Russia. Per garantire difesa e sicurezza alla nazione USA e agli 
 7
alleati, che dopo la Seconda Guerra Mondiale, avevano deciso di affidarsi alla 
protezione e alle garanzie americane, gli Stati Uniti prenderanno una serie di posizioni 
strategiche-militari, che troveranno il loro preciso compimento nello schieramento della 
triade americana: bombardieri, missili ICBM e sottomarini nucleari. 
L’intenzione di questo lavoro, come detto, è quella di verificare quale fu l’effettivo 
impatto delle prime missioni spaziali sovietiche, sul processo decisionale strategico-
militare da parte degli stati Uniti, quale fu il peso del possesso da parte di entrambi gli 
schieramenti dell’arma nucleare e quale peso ebbe la Corsa allo Spazio sullo 
svolgimento della Guerra Fredda, nel periodo che va dal 1957 al 1969. 
 
 
 
 8
Capitolo 1. La fine del secondo conflitto mondiale e l’inizio della 
Guerra Fredda (1945-1957) 
 
1.1 La nascita dei due blocchi al termine del secondo conflitto mondiale: le prime 
tensioni tra USA e URSS 
Quando una guerra termina, “l’immenso sollievo dei popoli s’accompagna ad una strana 
illusione. Si crede che si riprodurrà un ritorno alla normalità”
2
. Così non fu nella realtà. 
Al termine del Secondo Conflitto Mondiale, sembrava possibile credere che le “grandi 
alleanze” del tempo di guerra si sarebbero mantenute e consolidate al termine delle 
ostilità e pareva realizzabile la costruzione di un nuovo ordine internazionale, più 
efficace rispetto alla fallimentare esperienza della Società delle Nazioni e a basi più 
larghe.
3
 
Nel 1945 venne fondata l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)
4
, che si poneva 
come obiettivo la garanzia della pace nel mondo, promuovendo lo sviluppo ed il 
progresso politico, economico e sociale di tutto il mondo. Essa ebbe però una storia 
                                                 
2
 Douroselle JB., Storia diplomatica dal 1919 ai nostri giorni, ed. LED, Milano, 1998, pag. 380. 
3
 In ogni caso non si poteva trattare di resuscitare semplicemente la Società delle Nazioni, in 
quanto oltre al suo palese fallimento, l’URSS, esclusa da essa nel 1939, si opponeva ad un suo 
eventuale ristabilimento. La Società delle Nazioni venne ufficialmente sciolta nell’aprile del 
1946. 
4
 L’iniziativa proveniva dagli Stati Uniti e già nel 1942 venne firmata la “Dichiarazione delle 
Nazioni unite”, con la quale i partecipanti si impegnavano ad elaborare un sistema di 
cooperazione, pace e sicurezza dopo la fine della guerra. Il lavoro principale fu fatto alla 
conferenza di Dumbarton Oaks nel settembre del 1945 e successivamente, durante la conferenza 
di San Francisco nel giugno del 1945, si fissò la costituzione dell’ONU. 
 9
assai deludente sin dagli esordi, mostrando come la condizione dell’unanimità tra i 
cinque membri  permanenti del Consiglio di Sicurezza, fosse in realtà molto difficile da 
raggiungere, se non in casi particolari e comunque molto raramente. 
Ciò che appare evidente è che tale organizzazione finì inevitabilmente con l’essere il 
riflesso di un’aperta conflittualità internazionale tra le potenze e, in tale contesto di 
ostilità e inconciliabilità di interessi, gli USA giocarono un ruolo di supremazia sia 
economica che militare.
5
 Questi ultimi, unico paese a non essere stato campo di 
battaglia o vittima di raid aerei durante la Seconda Guerra Mondiale, possedevano una 
sviluppata e florida industria, un esercito ben equipaggiato e temprato dal conflitto, 
un’aeronautica e una marina che potevano vantare una potenza superiore a quelle del 
resto del mondo messe insieme.
6
 
Possedendo il monopolio della bomba atomica, la nuova micidiale arma testata durante 
il Secondo Conflitto Mondiale, gli Stati Uniti si sentivano garantiti da eventuali attacchi 
alla loro sicurezza e ritenevano del tutto possibile e auspicabile una distesa 
cooperazione con le altre forze internazionali e soprattutto con l’alleata sovietica. 
Questa “strana alleanza”
7
, una sorta di solidarietà morale e ideologica antifascista, 
quindi strettamente funzionale allo scopo di combattere il nemico comune, si disintegrò 
quasi subito al termine delle ostilità, ma già aveva dato segni evidenti di cedimento 
nella seconda metà del 1945. La Conferenza di Potsdam, nella quale si decisero le sorti 
della ormai sconfitta Germania, divenne così l’ultimo incontro tra i tre capi di stato: 
                                                 
5
 Schlesinger A. M., I cicli della Storia Americana, Edizioni Studio Tesi, Milano, 1991, pag. 
670. 
66
 Jones M. A., Storia degli Stati Uniti dalla prime colonie inglesi ai nostri giorni, ed. 
Bompiani, Milano 1993, pag. 471. 
7
 Bariè O., Gli Stati Uniti nel Secolo XX. Tra leadership e Guerra Fredda, op. cit., pag. 313. 
 10
l’avversario comune era ora sconfitto e si poteva tornare a perseguire i propri interessi 
particolari. 
Gli accordi di Potsdam stabilivano che la Germania, seppur divisa in quattro zone di 
influenza, dovesse essere amministrata come un’unica entità economica e riorientata in 
modo particolare verso l’agricoltura e le industrie di pace.
8
 
Stati Uniti e Gran Bretagna prospettavano una successiva riunificazione controllata 
della nazione tedesca, non in tempi troppo lunghi, a cui sarebbe seguito un successivo 
reinserimento della stessa all’interno del sistema economico occidentale, al fine di 
garantire ad essa autonomia e indipendenza. La visione sovietica era lontana da tali 
progetti, in quanto l’URSS vedeva nella Germania un ponte per il controllo dell’Europa 
e un serbatoio di risorse economiche ed industriali. Ignorando gli accordi di Potsdam, 
iniziò a trattenere derrate alimentari e iniziò lo smantellamento degli impianti industriali 
tedeschi a titolo di riparazione. 
Gli americani di fronte a questo processo, nel 1946 si vendicarono incrementando la 
produzione industriale della Germania per favorirne l’autosufficienza e, inoltre, unirono 
la loro zona di occupazione con quelle della Gran Bretagna e della Francia.
9
 
Era evidente l’impossibilità di un controllo unificato della Germania e, al contrario, i 
due paesi stavano imponendo sistemi economici contrastanti nelle rispettive aree.
10
 
                                                 
8
 La città di Berlino era posta sotto un regime particolare: la città e suoi sobborghi erano 
circondati dalla zona di occupazione sovietica, ma non ne facevano parte. 
9
 Verso la fine del 1944 fu deciso che la Francia, di recente liberata, avrebbe fatto parte 
dell’EAC (Commissione Consultiva Europea) creata durante la conferenza di Mosca del 1943 e 
quindi avrebbe partecipato all’occupazione della Germania. 
10
 Jones M. A., Storia degli Stati Uniti dalla prime colonie inglesi ai nostri giorni, op. cit., pag. 
472. 
 11
Le relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica peggiorarono ulteriormente a causa del 
contrasto sulla questione dei trattati di pace con i paesi alleati di Hitler, i cosiddetti 
“satelliti della Germania”
11
 (Italia, Romania, Bulgaria, Ungheria e Finlandia).  
Anche in questo caso la visione contrastante dimostrava i diversi interessi delle nazioni. 
Gli alleati occidentali premevano a favore di un trattamento generoso nei confronti 
dell’Italia, al fine di non ripetere le misure punitive del Trattato di Versailles che 
avevano dimostrato tutti i loro limiti tra le due guerre, favorendo l’insorgere di regimi 
totalitari. Al contrario l’Unione Sovietica insistette per una pace punitiva.
12
 
Attraverso una serie di conferenze, la firma di cinque trattati avvenne in maniera 
solenne a Parigi nel febbraio del 1947. 
Un’altra fonte di discordia riguardò il disarmo atomico che gli Stati Uniti pensavano di 
risolvere con un progetto di controllo dell’energia nucleare a livello internazionale. 
L’intenzione statunitense era quella di rassicurare l’URSS, che aveva assunto una 
politica essenzialmente difensiva, a proposito di una possibile minaccia di guerra 
nucleare. In sostanza gli USA avrebbero ceduto il monopolio atomico ad un ente 
internazionale
13
, avrebbero distrutto l’esistente scorta nucleare e sarebbero seguite 
ispezioni internazionali per verificare il rispetto di tali accordi.
14
  
Per quanto tale progetto apparisse agli occhi statunitensi come una proposta generosa e 
orientata ad una volontà di gestione internazionale e quindi non unilaterale della 
questione relativa all’energia atomica, l’URSS rifiutò di accettare un’ispezione, 
                                                 
11
 Douroselle J. B., Storia diplomatica dal 1919 ai nostri giorni, op. cit., pag. 422. 
12
 Jones M. A., Storia degli Stati Uniti dalla prime colonie inglesi ai nostri giorni, op. cit, pag. 
472. 
13
 Commissione delle Nazioni Unite per l’Energia Atomica. 
14
 Jones M. A., Storia degli Stati Uniti dalla prime colonie inglesi ai nostri giorni, op. cit,  
pag.472. 
 12
causando il fallimento del progetto e, più in generale, la disillusione americana a 
proposito dell’effettivo ruolo ed efficacia delle Nazioni Unite.
15
 
L’Unione Sovietica, intanto, “accampando considerazioni di sicurezza”
16
 aveva cercato 
dal 1945 di ampliare i suoi confini e di estendere la penetrazione dell’ideologia 
comunista nei paesi dell’Europa orientale. Jugoslavia, Albania e Romania uscirono 
dalla Seconda Guerra Mondiale con governi comunisti; Polonia e Ungheria in breve 
tempo furono assoggettate da minoranze filocomuniste, mentre la Cecoslovacchia 
soccombette alle pressione della politica di Mosca nel febbraio del 1948. I paesi satelliti 
furono trasformati in veri e propri stati di polizia e la Russia intervenne più volte per 
soffocare ogni tentativo interno di liberalizzazione. 
Di fronte a queste politiche sovietiche, gli USA iniziarono a rimpiangere le numerose 
concessioni fatte in precedenza alla Russia ed iniziarono a capire che era necessario 
trovare un modo per tenere a freno le mire espansionistiche dell’alleata del secondo 
conflitto mondiale.  
Lo scontro, che acquisì progressivamente la fisionomia di una dichiarata ostilità, 
affondava le radici nella sostanziale inconciliabilità delle ideologie alla base dei due 
sistemi politico-economici, capitalismo e comunismo, che chiaramente ispiravano 
interessi geopolitici completamente opposti. 
E’ interessante notare, che il tema sulle responsabilità della Guerra Fredda ha acceso 
negli anni vivaci dibattiti ed è stato sicuramente influenzato dal contesto politico e 
sociale in cui si svolgeva. Rimane in ogni caso la sensazione che tutte le vicende che 
hanno caratterizzato il conflitto Est-Ovest, nelle varie declinazioni lungo il quarantennio  
della Guerra Fredda, siano state alimentate da malintesi ed incomprensioni da entrambe  
                                                 
15
 La Commissione delle Nazioni Unite per l’Energia Atomica sospese le proprie riunioni nel 
luglio del 1949. 
16
 Schlesinger A. M., I cicli della Storia Americana, op. cit., pag. 670. 
 13
le parti, frutto innanzitutto di una scarsa conoscenza reciproca e di informazioni spesso 
scarse o comunque distorte dall’ideologia.
17
 
Va inoltre ricordato che i due schieramenti vedevano nell’altro un reale pericolo per i 
valori ideologici e per i principi del proprio modello economico, politico e sociale. Da 
una parte vi era la paura occidentale di una possibile rivoluzione comunista
18
, ma anche  
da parte sovietica si temeva una possibile aggressione occidentale e una conseguente 
resa al modello capitalista statunitense. 
1.2 La dottrina Truman, il piano Marshall e la geopolitica della Guerra Fredda. 
Nel 1947 l’iniziale frustrazione degli USA a causa del “mancato raggiungimento di un 
modus vivendi con l’URSS”
19
, cedeva sempre più il passo ad una reale apprensione per 
quelle che erano le intenzioni sovietiche. La preoccupazione che l’Unione Sovietica 
potesse opporsi a quel modello di mondo nuovo democratico e benestante, che gli Stati 
Uniti e i paesi occidentali avevano prospettato dopo la fine del secondo conflitto 
mondiale, si aggravò a causa della mancata smilitarizzazione dell’esercito sovietico. 
Tutto ciò, unito ad un clima di profonda incertezza, non faceva che accrescere la 
diffidenza reciproca e, lungi dal risolvere questa questione, il 1947 l’accrebbe. Dopo 
questa data, si prese l’abitudine di non celare più tale questione, ma anzi le parti 
                                                 
17
 Mammarella G., L'eccezione americana. La politica estera statunitense 
dall'Indipendenza alla guerra in Iraq, ed. Carocci, Roma, 2005, pp. 152-157. 
18
 Negli Stati Uniti la paura del comunismo darà luogo ad una vera e propria caccia alla streghe 
che raggiungerà l’apice negli anni dal 1948 al 1953, sotto la guida del senatore McCarthy 
(Maccartismo). 
19
 Jones M. A., Storia degli Stati Uniti dalla prime colonie inglesi ai nostri giorni, op. cit., pag. 
473. 
 14
coinvolte iniziarono a considerarsi veri e propri avversari e si fece strada la possibilità di 
uno scontro.
20
 
Gli Stati Uniti, con un mutamento radicale di rotta, dopo la nomina da parte del 
presidente Truman a Segretario di Stato del generale Gorge C. Marshall, manifestarono 
la loro decisione di attuare nei confronti dell’Unione Sovietica, una politica più 
energica. Attraverso la politica del containment, l’amministrazione Truman si impegnò 
ad opporsi ad un ulteriore diffusione del potere e dell’influenza comunista. 
La politica del contenimento fu delineata per la prima volta dal consigliere americano, 
diplomatico e studioso di scienze politiche Gorge F. Kennan.
21
 
Egli sosteneva che lo scopo primario degli Stati Uniti doveva essere quello di impedire 
la diffusione dell’ideologia e del sistema comunista nelle nazioni che non ancora non lo 
erano: ovvero di contenere il comunismo all’interno dei suoi confini. In altre parole era 
necessario che gli USA, per contrastare l’influenza sovietica, supportassero i popoli 
liberi a resistere ai tentativi di pressioni politiche e assoggettamento da parte di 
minoranze armate di chiara ispirazione filosovietica. 
Questa politica portò così al sostegno statunitense ai regimi di tutto il mondo, al fine di 
evitare l’espansione del sistema sovietico, sfuggendo in tal modo al pericolo di una 
possibile “teoria domino”, la quale asseriva che se una nazione chiave, in una 
determinata area, fosse caduta sotto l’influenza sovietica, le nazioni vicine sarebbero 
cadute come pezzi di un domino, diventando anche esse comuniste una dopo l' altra. 
                                                 
20
 Douroselle J. B., Storia diplomatica dal 1919 ai nostri giorni, op. cit., pag. 422. 
21
 “Una politica costante e misurata, diretta a contenere ogni eventuale spinta sovietica con una 
controspinta”. Così viene sintetizzata la strategia già esposta nel lungo telegramma inviato da 
Kennan da Mosca nel 1946 e riproposta in Foreign Affairs nel 1947. 
 15
Tale principio nacque negli anni quaranta dalle idee geopolitiche dello studioso 
americano Nicholas J. Spykman
22
 e fu proclamata per la prima volta nel 1954 dal 
presidente Eisenhower. 
L’influenza di Spykman sul pensiero politico e strategico americano è stato sicuramente 
rilevante. Secondo alcuni studiosi egli avrebbe influenzato direttamente la dottrina 
Truman, mentre secondo altri, essa si sarebbe rifatta soprattutto alle teorie del britannico  
Halford Mackinder sul potere continentale
23
, soprattutto nelle sue elaborazioni 
successive. Mackinder ebbe sicuramente molta influenza sulla propaganda occidentale 
relativamente al pericolo reale della minaccia sovietica nella fascia insulare e 
peninsulare che circonda tutto il continente eurasiatico.
24
 
La prima occasione di applicazione della Dottrina Truman, gli USA la ebbero nel 
Mediterraneo Orientale. L’URSS aveva dato aiuti, per un certo periodo, a guerriglieri di 
ispirazione comunista nella guerra civile greca e aveva fatto pressioni sulla Turchia per 
poter così ottenere una parte del territorio ed un controllo sui Dardanelli. 
                                                 
22
 La tesi principale sostenuta da Spykman è che, a costituire il centro propulsore della 
conflittualità mondiale,  non è l’heartland, bensì il rimland, cioè la fascia peninsulare e insulare 
che circonda la massa continentale eurasiatica. Jean C., Manuale di geopolitica, ed. Laterza,  
Roma, 2007, pp. 41-45. 
23
 Le teorie del potere continentale sostengono la superiorità della terra sul mare, ossia di quegli 
stati che riescono a dominare la massa continentale eurasiatica sulle potenze marittime sia 
periferiche come il Giappone e l’Europa, sia esterne come gli Stati Uniti. Il punto centrale della 
sua tesi è che esista un’area, inizialmente denominata pivot area, la quale cambia posizione a 
secondo del momento storico in cui riprende le sue teorie, il cui dominio garantirebbe il 
controllo della massa continentale e quindi del mondo. 
24
 Jean C., Manuale di geopolitica, ed. Laterza, Roma, 2007,  pag. 30.