INTRODUZIONE
“Siamo fermamente convinti che una crisi non debba essere vista, per forza,
come un fatto assolutamente negativo, ma anche come un’occasione per
crescere
1
”.
Si potrebbe partire da questa affermazione per parlare di crisi e investimenti in
termini di marketing. E’ necessario fare però una doverosa precisazione: ci
troviamo di fronte ad una crisi globale, generale, che coinvolge quindi gran
parte degli aspetti fondamentali e portanti della nostra cultura: dal lavoro alla
famiglia, dai consumi dei beni di prima necessità, al tempo libero.
E’ inevitabile quindi che tale crisi per le aziende e per i lavoratori, i protagonisti
di questa ricerca, diventi uno spauracchio dalla quale difendersi e cercare di
uscire meno malconci possibile. È una crisi di livello mondiale, ma anche di
settore e di conseguenza aziendale.
Di fronte a questo scenario la risposta che arriva dalla maggior parte delle
imprese, è facilmente intuibile; i costi di marketing, gli investimenti relativi alla
comunicazione e all’immagine vengono drasticamente tagliati. Il risultato è un
beneficio in termini economici e un alleggerimento delle spese nel breve
periodo, ma un impoverimento a medio - lungo termine.
L’interruzione dell’ azione di marketing e di formazione spesso corrisponde alla
rinuncia alla raccolta dei risultati che si stavano perseguendo.
In particolare, la situazione socio-economica attuale sta portando non solo le
aziende, ma tutta la popolazione, verso un cambiamento culturale e di
approccio nei confronti dei consumi e del rapportarsi con il mondo dei prodotti e
dei servizi.
A livello aziendale questo produce degli effetti che costringono il top
management a “mettersi al passo” e a prendere in considerazione questa
nuova prospettiva, guardando sia al consumatore finale che al proprio
dipendente, al cliente interno.
1
FERRANDINA, Antonio, Marketing Anti Crisi, Edizioni FAG, Milano, 2009, p.17
Introduzione
Marcello Belleri 360790 6
Proprio questo aspetto è il tema principale dell’analisi che verrà presentata nei
prossimi capitoli: il marketing interno è stato storicamente poco seguito, in
quanto veniva scavalcato e superato dal bisogno di condurre azioni indirizzate
verso l’esterno, anche perché i dipendenti e i collaboratori non erano
considerati come una componente fondamentale nella produzione di valore e,
di conseguenza in grado di contribuire a migliorare le performance aziendali.
In seguito con la crescita del settore dei servizi, anche il ruolo del MI aumenta
d’importanza, soprattutto a livello teorico, anche se è poco applicato; il MI
diventa fondamentale per la gestione del cambiamento aziendale e la coesione
del personale costituisce un elemento che deve necessariamente esistere per
superare situazioni di riassestamento e di difficoltà. In questo contesto la crisi
economica fornisce un forte impulso a tutti coloro che si trovano a dover gestire
e controllare l’azienda e ad indirizzarla verso la soluzione migliore.
Questo lavoro, partendo dall’importanza del MI nella gestione del cambiamento
organizzativo, si concentra sul fondamentale contributo che viene fornito alle
aziende e alle persone dal Web 2.0; gli strumenti che sono messi a
disposizione ai lavoratori e alle aziende sono numerosi e diversi, e offrono una
serie di soluzioni e prospettive nuove, mai utilizzate prima.
La logica di creazione e condivisione dei contenuti da parte di tutti, tipica del
Web 2.0, non è messa solo a disposizione del marketing esterno, ma acquista
una dimensione importante anche nella prospettiva del MI.
Nel primo capitolo affronteremo più da vicino la crisi economica, soffermandoci
in particolare sugli effetti che sta generando in termini di cambiamento:
vedremo come si sta evolvendo la domanda e l’offerta, che conseguenze si
stanno avendo sull’economia, sui consumi e sul mercato del lavoro. Sarà poi
analizzata la figura del nuovo consumatore, non più persona passiva, ma attore
attivo e virtuoso, capace di influenzare con le sue scelte e il suo pensiero, le
politiche e le decisioni delle aziende.
Il secondo capitolo passa poi in rassegna il concetto di Web 2.0 declinandolo in
tutti i suoi significati e le sue forme: al centro c’è l’utente e la sua capacità di
mettersi in relazione e formare comunità, la sua conoscenza e la possibilità di
creare informazioni e contenuti (file, audio, video, dati, ecc…) da condividere.
L’impatto del Web 2.0’sul Marketing Interno
Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Milano
7
Sarà preso in considerazione il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0, e l’analisi
degli strumenti, quali Social Network, Wiki, Blog, Feed RSS e altri. Verrà
presentata poi la teoria delle “5 ere del social web”, facendo una prima
introduzione sugli effetti e i cambiamenti in ottica aziendale e vedendo i diversi
ruoli che le funzioni di business possono assumere.
Nel terzo capitolo confluiscono, all’interno dell’azienda, tutte le soluzioni e le
logiche del Web 2.0: sarà definito e presentato il concetto di Enterprise 2.0,
inteso come l’utilizzo di piattaforme emergenti sociali che sono sviluppate
all’interno dell’azienda o tra l’azienda e i suoi partner e clienti, prendendo in
considerazione gli strumenti utilizzati, le tipologie di Enterprise e vedendo quali
risultati si possono generare sia all’interno che all’esterno dell’azienda.
In conclusione del capitolo è presentato un modello di Community Management
che mette in rapporto l’evoluzione di alcune competenze aziendali in relazione
al cambiamento organizzativo che evolve verso una struttura sempre più a
network.
Nel quarto e ultimo capitolo, dopo avere presentato la storia e lo sviluppo del
marketing interno, vedremo, attraverso alcuni esempi, come le dinamiche
sottese al Web 2.0 e gli strumenti che propone vengono utilizzati dalle imprese
per gestire la componente di marketing interna. Dopo aver analizzato
l’evoluzione del dipendente e il concetto di flessibilità, verrà preso in
considerazione il concetto di creazione del valore con il dipendente, e
l’importanza delle community aziendali interne in relazione con alcuni casi di
Employer Branding. Ci sarà spazio anche per approfondire la comunicazione
interna della responsabilità sociale attraverso gli strumenti del Web 2.0 e infine
un allargamento della prospettiva che tocca il concetto di Personal Branding.
Il lavoro mira quindi ad offrire una panoramica attuale di come le nuove
tecnologie possono fornire un valido sostegno alle politiche di MI, in una
situazione economica instabile, dove non solo mercati e consumatori sono
cambiati, ma allo stesso tempo anche i lavoratori hanno mutato atteggiamento,
divenendo elemento sempre più di differenziazione e in grado di generare
vantaggio competitivo. Le aziende stanno capendo, faticosamente, l’importanza
di creare e garantire relazioni sia all’interno che all’esterno; si tratta di relazioni
Introduzione
Marcello Belleri 360790 8
che possono così essere utilizzate per produrre valore e integrare in alcuni
processi produttivi anche elementi provenienti dal cliente finale e dai propri
collaboratori e dipendenti.
CAPITOLO 1 – LA CRISI ECONOMICA E LE SUE
CONSEGUENZE
“Se un uomo non sa verso quale porto è diretto, nessun vento gli è favorevole”.
Si può partire da questa citazione tratta da Seneca per cercare di definire e
raccontare la crisi economica che da ormai due anni è la protagonista
indiscussa del palcoscenico della cronaca economica, argomento di dibattito e
fonte d’ispirazione per numerosi manuali e libri. Questo è fondamentale per
cercare di raccontare quale panorama si prospetta per il futuro, e in particolare
per analizzare nei capitoli successivi come da una parte le aziende e dall’altra i
lavoratori, possono far fronte a questo momento di difficoltà e perché no, trarne
anche qualche beneficio e opportunità. Mercato dei prodotti, mercato del lavoro
e gli stessi profili dei lavoratori sono cambiati, per adattarsi alle caratteristiche
che l’economia sta assumendo con la crisi che la sta caratterizzando.
Bisogna per prima cosa dare alcune doverose indicazioni e qualche dato per
raccontare quella che a detta di esperti economisti e non solo, rappresenta un
momento di crisi globale pari solo al quella della grande depressione del ’28.
1.1 – IL RITORNO DELL’ECONOMIA DELLA DEPRESSIONE
“Oggi come ieri la crisi ha cominciato a dare i primi segnali in un cielo azzurro e
sereno, quando la maggior parte degli esperti prevedeva che il boom sarebbe
continuato, anche se la recessione si stava avvicinando; oggi come ieri i
tradizionali interventi macroeconomici si sono rivelati inefficaci, forse anche
controproducenti. Il fatto che qualcosa di simile possa accadere nel mondo
Capitolo 1 – La crisi economica e le sue conseguenze
Marcello Belleri 360790 10
moderno dovrebbe far venire i brividi a chiunque abbia un minimo di senso
della storia”
2
.
Con queste parole Paul Krugman
3
, spiega molto bene il clima che si sta
respirando nel mondo economico, e soprattutto da un’idea efficace della portata
delle conseguenze e delle reazioni che la crisi sta generando su tutto il territorio
globale. Se anche la maggior parte degli economisti, abituati ad analizzare
l’andamento dei mercati e tutti gli indici economici possibili e immaginabili, non
sono riusciti ad anticipare gli effetti del tracollo, allora la situazione non può
essere certamente serena. L’economia mondiale è molto meno rassicurante di
quanto noi consumatori ci potessimo immaginare; nessuno pensava che le
nazioni sviluppate non sarebbero state in grado di investire abbastanza per
evitare le speculazioni, sopportare le recessione e soprattutto per mantenere i
lavoratori e le industrie stesse.
“Per la prima volta da due generazioni, la scarsità della domanda – una spesa
privata non sufficiente a sfruttare la capacità produttiva che abbiamo a
disposizione – è ormai diventata un chiaro ostacolo al benessere di gran parte
del mondo”
4
.
L’accento viene posto secondo questa affermazione sull’importanza della
domanda
5
, mettendo da parte per un attimo il concetto di offerta
6
, che da
2
KRUGMAN, Paul, Il ritorno dell’economia della depressione e la crisi del 2008, Garzanti,
Milano, 2009, p.10
3
Paul Krugman è economista di fama mondiale. Docente al MIT e a Princetown, dal 1999
collabora con il New York Times. Nel 2008 ha vinto il premio nobel per l’Economia. Nel 1999
Paul Krugman aveva raccontato le crisi che hanno devastato diverse economie in America
Latina e Asia, lanciando l’allarme anche da noi. Nelle stesse settimane del grande crac del
2008, vinceva il premio Nobel.
4
KRUGMAN, Paul, Il ritorno dell’economia della depressione e la crisi del 2008, Garzanti,
Milano, 2009, p.14
5
In microeconomia per domanda s'intende la quantità richiesta dal mercato e dai consumatori
di un certo bene o servizio, dato un determinato prezzo e quanto spenderebbero se tale prezzo
L’impatto del Web 2.0’sul Marketing Interno
Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Milano
11
sempre negli ultimi anni è al centro del dibattito economico: la scarsità della
domanda non è stata supportata e bilanciata da una adeguamento dei salari e
dai prezzi in relazione alla crescente disoccupazione. L’economia mondiale sta
passando da una crisi all’altra, senza nemmeno quasi accorgersene: in tutti i
continenti si rilevano le medesime conseguenze e gli stessi effetti economici.
Per sopperire a tale situazione sembra che il problema principale, ma che è al
tempo stesso contiene al suo interno la soluzione, sia quello di rivitalizzare la
domanda e portarla quindi ad un livello abbastanza elevato.
1.2 – PERCHE’ LA CRISI
Il 15 Settembre 2008 la banca d’affari americana Lehman Brothers falliva.
Quello che è successo dopo è sotto gli occhi di tutti: continui tracolli delle borse,
insospettabili e importanti istituti bancari sull’orlo della bancarotta, il contagio
dell’economia globale e reale, i consumi che si riducono drasticamente, la
contrazione dei mercati e della produzione industriale, con la conseguente
chiusura di aziende o il loro disperato tentativo di ristrutturazione; ancora, i
diversi tentativi dei governi di porre un rimedio a questa situazione.
Lehman Brothers è stata solo la scintilla che ha fatto scatenare le reazioni che
abbiamo riportato sopra; alcuni commentatori americani l’hanno ribattezzata “La
Grande Implosione”, metafora perfetta, che riprende quello che nella pratica è
successo al sistema economico americano.
“Una miscela esplosiva di modelli di sviluppo basati sul credito facile e tassi di
interesse molto bassi, in special modo nei paesi anglosassoni, di finanza
variasse. In ottica macroeconomica, per la scuola Neoclassica l'insieme delle domande dei
singoli consumatori costituisce la domanda collettiva.
6
In economia, per offerta si intende la quantità di un certo bene o servizio che viene messa in
vendita in un dato momento a un dato prezzo.
Capitolo 1 – La crisi economica e le sue conseguenze
Marcello Belleri 360790 12
creativa, con il ricorso a prodotti complessi e derivati che hanno amplificato ed
esteso la crisi, l’aumento dei prezzi per il petrolio, gas e materie prime”
7
.
Cercando di analizzare i diversi elementi, riportati nelle righe precedenti:
I consumatori americani hanno, negli ultimi anni, sostenuto l’economia globale
attraverso i loro acquisti fatti con mutui e prestiti. Alla base c’è stata una politica
monetaria che ha permesso alle famiglie di indebitarsi prendendo in prestito
soldi ad interessi bassissimi. Nascono i prestiti chiamati Sub Prime
8
o B-Paper,
prestiti particolari, che vengono concessi a soggetti rischiosi (detti appunto sub
prime), che non hanno accesso alle condizioni di prestito del mercato.
I prestiti sub prime sono rischiosi, sia per i creditori che per i debitori. Questo ha
generato un eccesso dell’offerta nel settore del credito, per cui chi si trovava a
pagare un mutuo ad un tasso del 15%, poteva tranquillamente rifinanziarlo al
tasso del 5%. Le banche hanno concesso quindi dei prestiti a chi, in sostanza
non era in grado di ripagarli.
La crisi è partita proprio da qui: chi aveva preso in prestito soldi non è più stato
in grado di restituirli, prendendone invece altri da altre banche per coprire i
debiti che aveva maturato. I creditori hanno capito che non sarebbero più
riusciti a rientrare e hanno di fatto cessato di prestare soldi, scatenando così un
effetto domino. Hanno chiuso i rubinetti!
Un'altra variabile è costituita dalla cartolarizzazione
9
: i debiti erano stati
trasformati in carta, rendendoli quindi scambiabili sul mercato. Inoltre il loro
valore era stato aumentato dalla leva
10
.
7
FERRANDINA, Antonio, Marketing Anti Crisi, Edizioni FAG, Milano, 2009, p.20
8
Mutui, crediti al consumo, carte di credito.
9
La cartolarizzazione è la cessione di attività o beni di una società definita tecnicamente
originator, attraverso l'emissione ed il collocamento di titoli obbligazionari. Il credito viene
ceduto a terzi, e il rimborso dovrebbe garantire la restituzione del capitale e delle cedole di
interessi indicate nell'obbligazione. Se il credito diviene inesigibile, chi compra titoli cartolarizzati
perde sia gli interessi che il capitale versato.
L’impatto del Web 2.0’sul Marketing Interno
Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Milano
13
Le banche hanno dovuto iniziare a svendere i loro asset per ripianare i debiti, e
le stesse famiglie hanno cominciato a svendere le case per le quali si erano
fortemente indebitate. La vendita forzata ha spinto i prezzi sempre più in basso,
con il particolare fondamentale, che ha fatto ovviamente la differenza, che non
c’erano più compratori.
Per tornare al concetto con cui avevamo aperto il capitolo: quando l’offerta
supera a dismisura la domanda non vi è più liquidità nel sistema economico tale
da garantire le transazioni.
Come detto questo circolo vizioso non poteva andare avanti all’infinito. Senza
dubbio è stato aggravato da molte operazioni speculative, e quindi anche
dall’inflazione e dall’aumento della morsa creditizia che le banche hanno, per
forza di cose, dovuto mettere in atto. Il processo che in passato aveva garantito
fatturato, consumi e reddito, ha iniziato a funzionare esattamente al contrario,
facendo implodere l’intero sistema finanziario.
Come tutti sappiamo, la crisi degli Stati Uniti ha poi contagiato tutti i mercati
mondiali e in particolare quelli europei. Questo fenomeno d’espansione della
crisi e dei suoi effetti, ha avuto luogo per mezzo di due tipologie di strumenti: i
prodotti strutturati e i prodotti derivati
11
. In questi prodotti finanziari sono stati
incorporati i debiti e i prestiti concessi dalle banche: questi a loro volta sono
stati poi venduti alle altre banche e alle altre compagnie di assicurazione. Tutte
le perdite dei subprime e delle banche che avevano concesso i mutui si sono
così allargate e amplificate all’intero sistema finanziario globale. Questi prodotti,
detti appunto tossici, hanno fatto sì che anche tutte le altre istituzioni finanziarie
subissero perdite e tracolli.
10
La leva è il rapporto tra passivi e debiti da una parte e attivi e redditi dall’altra. Più è alto il
rapporto maggiore è il rischio.
11
In finanza uno strumento derivato è considerato ogni titolo il cui valore è basato sul valore di
altri titoli del mercato (aziono, indici, valute …). Grazie alla globalizzazione dei mercati tali
strumenti hanno raggiunto una forte diffusione. I loro utilizzi principali sono l’arbitraggio, la
speculazione e la copertura.
Capitolo 1 – La crisi economica e le sue conseguenze
Marcello Belleri 360790 14
Questa è la storia della crisi recente: per cercare di tracciare una direzione per
le aziende che si trovano ad operare in termini di marketing, come si diceva
all’inizio, è necessario ripercorrere brevemente come si è arrivati a tale
situazione.
Ancora di maggior importanza sarà cercare di capire come il mercato è
cambiato e sta cambiando, in termini di domanda e offerta e quali sono le
conseguenze di tale crisi in termini sia economici sia comportamentali. E ancora
come sono evoluti e diversificati i consumi delle famiglie e della gente, e come
gli stessi consumatori si stanno comportando in questo periodo di difficoltà,
modificando le proprie abitudine e atteggiamenti nei confronti sia dei prodotti
che delle aziende.
1.3 – GLI EFFETTI DELLA CRISI
Come dicevamo nel paragrafo precedente, il più evidente effetto della crisi è
stato l’aumento della stretta creditizia, che ha caratterizzato tutti i paesi colpiti
dall’ondata della crisi economica, il che ha determinato una crescente sfiducia
nel settore del credito. Sfiducia che, da una parte, ha condizionato gli istituti
finanziari, a seguito del fenomeno dei titoli tossici: le banche trovandosi in crisi
di liquidità non hanno trovato nessuna altra banca disposta a prestare dei soldi
e a sobbarcarsi il rischio.
Dall’altra parte la sfiducia è stata avvertita anche dal consumatore e dalle
famiglie che hanno pagato, com’è naturale, in prima persona, e stanno tuttora
pagando gli effetti funesti della crisi: insieme alle famiglie dei risparmiatori
anche le imprese hanno visto aumentare i costi dei propri debiti. Proprio queste
ultime, però, si sono trovate nella situazione peggiore: da una parte le banche
che richiedevano il credito e dall’altra la contrazione dei consumi. E’ inevitabile
che per molte di esse la combinazione di questi due elementi si sia dimostrata
fatale.
L’impatto del Web 2.0’sul Marketing Interno
Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Milano
15
Anche se nel nostro paese non ci sono state banche e istituti finanziari che
hanno dovuto cessare la loro attività, questo non significa che l’Italia navighi in
acque più tranquille. Le PMI (piccole e medie imprese) in particolare, come
vedremo nei paragrafi successivi, si sono trovate a fare i conti con questa
situazione sfavorevole.
Riassumendo:
∞ Le condizioni creditizie sono peggiorate per le imprese che si sono
trovate nel mezzo di investimenti, o che li avevano pianificati per il 2009;
∞ La domanda interna in continuo calo, abbinata alla richiesta di dilazioni
sempre maggiori da parte dei clienti interni ed esteri;
∞ La contrazione dei mercati e dei consumi;
∞ Chi soffre sono, ad ogni modo, sia le piccole che grandi imprese,
indistintamente sia nel settore industriale che dei servizi.
1.4 – GLI EFFETTI SULL’ECONOMIA
A Gennaio 2010 l’inflazione in Italia si attestava sullo 0,8%. Questo significa
che nel 2009 i prezzi sono cresciuti di un modestissimo 0,8%. Per ritrovare una
situazione simile bisogna ritornare indietro al 1959, nell’Italia che si preparava
al grande boom economico.
Ad oggi se si analizzano i dati ISTAT
12
si scopre che gli aumenti più significativi
si sono avuti per le bevande alcoliche e i tabacchi (1,8%), ricreazione,
spettacolo e cultura (0,7%) e trasporti (0,5%). I prezzi sono rimasti invariati per i
prodotti alimentari, le bevande analcoliche e l’istruzione.
12
Fonte ISTAT
Capitolo 1 – La crisi economica e le sue conseguenze
Marcello Belleri 360790 16
Si registrano invece variazioni negative per la comunicazione (-0,4%),
abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,3%) e servizi per la ristorazione (-
0,1%).
L’inflazione non era mai stata così bassa, e nettamente inferiore al 2008 dove si
era assestata sul 3,3%. Le previsioni che vengono fatte, se confermate,
dimostreranno che al blocco dell’inflazione corrisponderà anche una crescita
nulla per i salari, e che questo valore comporterà 240 euro di spesa in più per
ogni famiglia italiana.
Il calo dei prezzi si inserisce in un panorama dove la crisi ha contribuito a
deprimere l’economia e l’intero sistema produttivo. La crisi ha congelato i
consumi, generato disoccupazione e infine bloccato l’inflazione per tutto il 2009.
Nel 2010 l’inflazione sembra aver ripreso a salire, scongiurando il pericolo di
una deflazione.
Fig 1.1 – Inflazione Aprile 2009 – Aprile 2010 (www.rivaluta.it)
Se nel periodo del boom economico la grande industria era la protagonista in
positivo della crescita economica, ad oggi la stessa grande industria è quella
che sta pagando un elevato prezzo a fronte della crisi economica: nel 1951, per
esempio, l’Italia produceva 18.500 frigoriferi, nel 1957 arrivò a 357.000, e dieci
anni dopo a 3,2 milioni. Era il terzo produttore mondiale. All’alba del 2010 di
frigoriferi made in Italy di fatto non ce ne sono più. La “Antonio Merloni” è fallita
e sta cercando un nuovo acquirente.
L’impatto del Web 2.0’sul Marketing Interno
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Un’idea sull’andamento dei prezzi e del potere d’acquisto viene fornita
confrontando gli stipendi necessari per acquistare un determinato prodotto,
mettendo a confronto la situazione del 1959 con quella attuale.
Fig 1.2 – Prezzi a confronto (La Repubblica, Martedì 5 Gennaio 2010)
Anche analizzando i dati sul conto pubblico forniti dall’ISTAT, non si faticano a
trovare motivi di preoccupazione. Il controllo delle uscite, infatti, non è stato
sufficiente ad arginare l’importante diminuzione delle entrate. Il 2009 si è chiuso
con una pesante eredità per il conto pubblico dell’Italia, anche se migliore
rispetto alle altre nazioni europee.
L’anno che è passato è stato caratterizzato da un deficit pubblico pari al 5,2%
del PIL, quasi il doppio del 2008 (2,8%). Secondo i dati forniti si tratta del dato
peggiore dal 1996.
Il totale delle uscite è cresciuto del 3% contro il 3,5% del 2008, ma le entrate
complessive sono diminuite del 2% rispetto all’aumento che era stato
riscontrato nel 2008 dello 0,8%. Ancora una volta è possibile immaginare a
fronte di questi ultimi dati la difficoltà che le aziende, che operano soprattutto
nell’export, stanno vivendo a causa di una domanda dei mercati che è in piena
crisi.