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alle Regioni a poter legiferare in maniera esclusiva in materia di salute pubblica. Nel
secondo capitolo si cercherà di esporre in modo approfondito le mutazioni
dell’attività dell’informatore scientifico, alla luce sia dell’evoluzione legislativa che
delle nuove strategie del marketing farmaceutico, ponendo particolare attenzione
all’esigenza dei nuovi ruoli come risposta ai mutamenti di scenario, facendo un
particolare riferimento al ruolo del key account manager. Nel terzo capitolo si
analizzeranno le dinamiche comunicazionali di Novo Nordisk, per quanto riguarda
sia il mercato esterno che interno, ponendolo in relazione con il nuovo concetto di
Blur, ovvero come un simile mercato venga condizionato dalla triade di componenti
che caratterizzano i mercati contemporanei, ovvero la velocità del cambiamento,
l’attenzione al servizio, e la connettività, così come teorizzato dai canadesi Davies e
Meyer (Davies, Meyer, 1999). Per quanto riguarda le teorie comunicazionali, si
rivolgerà particolare attenzione a quella di Watslawick, cercando di comprendere se
la famosa affermazione «[...]non si può non comunicare» (Watzlawick et al. 1971 p.
43), presenti un fondamento anche nel settore farmaceutico. Inoltre si svilupperanno i
punti caratteristici della cosiddetta rivoluzione digitale, introdotta con l’utilizzo di
massa del personal computer, di cui, il tablet pc è una possibile applicazione. In
questo paragrafo appare di particolare rilevanza il concetto d’ipertesto, e il modo in
cui quest’ultimo contribuisce a modificare le dinamiche comportamentali e
comunicative osservate dal punto di vista sociologico e antropologico. L’ultimo
capitolo analizza le cause del cambiamento, e la necessità di ogni azienda nel
perseguirlo, per essere competitiva in un mercato in continuo sviluppo. Si cercherà
inoltre di spiegare e commentare l’assioma di McLuhan, «Il medium è il messaggio»
(McLuhan, 1967, p. 31) relazionandolo al tablet pc.Al termine si illustreranno le
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peculiarità comunicative del tablet pc, ponendo in evidenza sia gli aspetti positivi
che le problematiche riguardo al suo utilizzo.
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Capitolo 1 Il mercato farmaceutico italiano.
1.1 L’evoluzione del sistema sanitario italiano
Con la legge 833 emanata nel 1978, l’Italia abbandona il vecchio modello
Bismarckiano per adottare quello Beveridgiano.
Il primo, ovvero quello assicurativo sociale, era quello adottato storicamente da
Francia e Germania e si basava essenzialmente sul sistema degli Enti Mutualistici in
vigore in Italia appunto fino al 1978.
Il modello di Beveridge, ovvero quello liberale, è invece quello adottato
dall’Inghilterra sin dal 1948 e dall’Italia dopo il 1978, e si fonda sui principi
dell’intervento pubblico e della competitività virtuosa.
É possibile trovare un altro modello in campo sanitario, denominato Wild West,
ovvero pseudo pubblico, adottato negli USA e fondato prevalentemente sul sistema
delle assicurazioni private.
Sir William Henry Beveridge (1879-1963), economista e uomo politico inglese, fu
rettore della London School of Economics. Sposò il concetto keynesiano del Welfare
State ed affermò che lo Stato doveva mirare al benessere sociale di tutti i cittadini
combattendo quelli che egli definiva i “giganti malefici” (bisogno, ignoranza,
malattia, vecchiaia e squallore),egli creò un piano per l’assistenza sanitaria totale e
gratuita definito “from the craddle to the grave” con il National Health Service
nell’anno 1948, basato sui seguenti principi:
- principio della gratuità delle cure estese a tutta la
popolazione;
- principio della sostenibilità economica del sistema;
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- principio liberale dell’integrazione tra pubblico e
privato con meccanismi di competitività virtuosa.
In seguito, l’Italia copiò il sistema inglese prevalentemente nel primo punto,
trascurando invece il secondo e terzo. A causa di questa mancanza, il sistema
sanitario nazionale italiano fallì.
Questo fallimento spinse alla necessità di rivedere tutto il sistema sanitario, e
convinse dell’insostenibilità economica e della mancata attuazione di un armonico
sviluppo di una sanità pubblica e privata.
La parola d’ordine, dal 1992 in poi, non sarebbe più stata quella di garantire tutto a
tutti, ma di offrire i livelli minimi di assistenza nel rispetto della sostenibilità
economica, a differenza del vecchio sistema in cui questa veniva garantita a tutta la
popolazione e senza alcun limite di spesa. Ne conseguì dunque che, il superamento
della L. 833/78, avvenne attraverso alcuni punti fermi:
1. Trasformando le USL in vere e proprie Aziende, e affidandone la gestione
non ad un comitato politico consociativo e deresponsabilitato (i vecchi
Comitati di Gestione), bensì ad un manager pienamente responsabile dei
risultati finali, basando la sua azione gestionale su criteri di managerialità e
perseguendo obiettivi di salute entro il pareggio di bilancio.
2. Introducendo un nuovo sistema di Finanziamento non più basato sulla spesa
storica a piè di lista, ma sulla remunerazione delle prestazioni, adattando alla
realtà italiana il sistema delle tariffe e dei DRG (Diagnosis Related Groups)
utilizzati dalle assicurazioni private negli USA.
Da questi due punti fermi scaturiranno tutte le maggiori novità della seconda riforma
della sanità La successiva riforma, attuata su delega della legge n. 419/98, con il
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decreto legislativo n. 229/99, peraltro più volte integrato e modificato, porta a
compimento il processo di razionalizzazione avviato precedentemente attraverso la
regionalizzazione del sistema e l’aziendalizzazione delle strutture, potenziando il
ruolo dei Comuni nella programmazione sanitaria e nella valutazione dell´attività
svolta dai direttori generali, e sottolineando il forte rilievo della integrazione
sociosanitaria. Questa riforma, inoltre rivisita il rapporto tra pubblico e privato
attraverso il riconoscimento del pluralismo che caratterizza l´organizzazione e
l´attività del servizio sanitario nazionale focalizzando l´attenzione sulla qualità,
sull’appropriatezza e sull’efficacia delle prestazioni, provvedendo ad affermare il
principio di contestualità tra identificazione dei livelli di assistenza garantiti dal Ssn e
la definizione del fabbisogno nazionale.
Nel maggio ‘98 l'Assemblea Mondiale della Sanità adottava la "Dichiarazione
Mondiale sulla Salute" che successivamente gli Stati Membri della Regione Europea
dell'OMS (51 Paesi, 870 milioni di abitanti) traducevano in un Documento di
carattere politico-tecnico ed operativo "Salute per Tutti nel XXI Secolo" o "Salute
21" con cui venivano stabiliti ventuno obiettivi di Salute per tutti.
Ecco qui alcuni obiettivi strategici dell'OMS:
1) la promozione di una rete di relazioni sociali mirata a realizzare migliori
condizioni di vita e di lavoro per le persone con problemi di salute mentale
(obiettivo n.°6);
2) la prevenzione e la riduzione del consumo di droghe, alcool, tabacco
(obiettivo n.°12);
3) il sostegno alle iniziative volte a finanziare la progettazione di case, scuole,
posti di lavoro e città più sicure (obiettivo n.°13);
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4) la creazione di una rete volta alle cure primarie, che veda
coinvolti entità sociali come la famiglia, la comunità e l'ospedale,
quest’ultimo poi, concepito secondo un nuovo modello di accoglienza
(obiettivo n.°15). (OMS Health 21, 2000)
In definitiva si tratta di restituire la società all'individuo e non solo l'individuo alla
società. Tutto questo sarà realizzabile con un lavoro in rete tra pubblico e privato
sociale mirato ad integrare le strutture e i servizi con la gestione partecipata di tutti
gli attori sociali. Dalle considerazioni sinora enunciate emerge la necessità di
adottare un nuovo modello di sviluppo sanitario che lasci da parte le contrapposizioni
ideologiche e ricerchi un punto di equilibrio tra un sistema solidaristico ed un sistema
neoliberista, un modello ispirato ad un Welfare delle migliori opportunità per il
cittadino.(Pirone, 2000).
1.2 La competenza esclusiva delle Regioni in materia sanitaria.
La Costituzione attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare la salute "come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività" (Cstituzione, art. 32)
L´assunzione e la gestione del servizio pubblico sanitario rappresentano, pertanto,
l’adempimento di un dovere costituzionale cui il legislatore ha provveduto in modo
organico e compiuto, a partire dalla legge n. 833 del 1978.
L’evoluzione in senso federalista del sistema di tutela della salute, dopo i primi passi
compiuti con il decreto legislativo n. 112/98, si afferma più compiutamente con il
decreto legislativo n. 56/2000, recante il nuovo sistema di finanziamento regionale
dei servizi, e con la riforma generale apportata con la revisione del titolo V, parte II,
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della Costituzione, attuata con la legge n. 3/01, che contiene i presupposti per la
futura approvazione di nuove e distinte discipline regionali della sanità pubblica.
Dello stesso anno è la legge n. 405, la quale, con il titolo "Interventi urgenti in
materia di spesa sanitaria", detta importanti disposizioni riguardanti non solo il
regime di finanziamento dei servizi, ma anche i presupposti per un diverso
ordinamento attuato dalle Regioni per quanto riguarda gli ospedali pubblici, forme
di collaborazione tra pubblico e privato e organizzazione dell’assistenza
farmaceutica.
Con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 sono
stati definiti i servizi che rientrano tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), vale a
dire quei servizi che devono essere garantiti a tutti, a carico del Servizio sanitario
nazionale, con un ulteriore ridimensionamento non solo a livello semantico
semantico rispetto ai “Livelli Minimi di Assistenza” (cosa stai citando? Manca il rif.
Bibliografico) entrati in vigore con la riforma del ‘92.
Il maxidecreto allegato alla finanziaria del 2003 istituisce il tetto di spesa per
l’assistenza farmaceutica complessiva, inclusa quella ospedaliera del16%, a
decorrere dall’anno 2004, includendo un Payback, ovvero un eventuale sfondamento
della spesa risultante a carico delle aziende farmaceutiche in misura del 60% dello
scostamento e a carico delle Regioni per il restante 40%. Inoltre delega le Regioni
all’applicazione della legge 541 che regola l’attività di informazione medico
scientifica delle aziende farmaceutiche.
Inoltre le regioni delibereranno su ciò che segue:
- pubblicità presso gli studi medici, gli operatori sanitari e i farmacisti;
- consegna di campioni di farmaci gratuiti;
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- concessione di prodotti promozionali di valore trascurabile.
Tali normative intervengono dunque specificatamente, imponendo alle Regioni delle
competenze specifiche, così come degli obblighi.
Nel caso dello sforamento della spesa farmaceutica oltre il summenzionato limite del
16% della spesa sanitaria globale, le Regioni possono scegliere autonomamente i
correttivi più idonei. Il comportamento è a questo punto il più disomogeneo tra le
varie Regioni, e si va dall’imposizione di un ticket sulla ricetta medica all’adozione
di forme di distribuzione indiretta di farmaci dispensati dal servizio farmaceutico
territoriale, a campagne istituzionali promosse dalle Regioni per sensibilizzare
l’utenza ad evitare gli sprechi, in funzione sia di motivi prettamente economici che di
motivi di opportunità politica. Appare pertanto evidente che, il cammino fin qui
intrapreso in senso federalista, difficilmente potrà essere invertito, alimentando
certamente perplessità sopratutto per quanto riguarda la sua applicazione nel campo
della salute e quello delle realtà virtuose del Nord, che garantirebbero ai propri
cittadini una assistenza sanitaria di fatto migliore dei cittadini residenti nelle regioni
del meridione, in discordanza con il principio costituzionale del già menzionato
articolo 32.
1.3 Le peculiarità del mercato farmaceutico italiano
L’impresa farmaceutica, come qualsiasi altra azienda privata, ha come fine il
profitto. Per tale fine essa mette in moto determinate strategie per raggiungere il
massimo vantaggio con il minor costo possibile.
Tali strategie possono essere di vario grado e tecnica; possono infatti riguardare la
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scelta dell'oggetto e/o servizio da produrre, il tipo di mercato in cui operare, gli
intermediari da scegliere, la rete di distribuzione, le operazioni finanziarie da
compiere, i prezzi da stabilire e così via (Teobaldelli 1998) .
Il marketing e le teorie della comunicazione applicate al sistema azienda hanno come
scopo quello di ottenere il massimo vantaggio (o almeno un vantaggio massimo-
medio, vale a dire la distribuzione media di un profitto tendente al massimo nel
tempo) per un lungo periodo di tempo, cioè mettere in opera non solo semplici azioni
slegate a volte l'una dall'altra, ma azioni collegate da una forte strategia ad ampio
raggio che permetta una pianificazione e programmazione in grado di garantire
all'azienda una durevole competitività tramite l'ottimizzazione delle sue risorse (o
"risorse di marketing" (Teobaldelli 1998).
Da questo punto di vista il marketing strategico è oltremodo utile nella fase di
trasformazione positiva (crescita, espansione, diversificazione dei prodotti e/o
servizi, etc.) e/o negativa (crisi, involuzione, fissità funzionale dei prodotti e/o
servizi, etc.) di un'azienda o gruppo.
Il mercato farmaceutico si differenzia da qualsiasi altro mercato per il fatto che le
componenti del marketing mix non possono essere pienamente rispettate, e in
particolare la variabile prezzo non viene determinata come nella logica del libero
mercato, cioè dall’incontro tra domanda ed offerta, ma viene stabilito per decreto dal
Ministero della Salute mediante una apposita commissione presso l’Aifa (Agenzia
Italiana del Farmaco, che sostituisce ed integra da qualche anno le funzioni del
CUF).
Questo riguarda unicamente i farmaci che sono rimborsabili dal sistema sanitario
nazionale, mentre per i farmaci che non vengono rimborsati (denominati OTC ed
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inseriti nella cosiddetta fascia C), le aziende farmaceutiche possono stabilire
liberamente il prezzo.
La mia precisazione permette di comprendere il motivo per il quale solo i farmaci
non rimborsabili dal SSN presentino dei prezzi superiori rispetto alla media europea,
generando le proteste dell’opinione pubblica mediante le associazioni dei
consumatori (vedi i recenti casi del latte per la prima infanzia, dell’aspirina e dei
vaccini).
Osservato in tale prospettiva, il sistema mostra una certa debolezza e nessuna
possibilità di controllo sul prezzo, mostrando una discrepanza evidente tra il
principio della tutela della salute, garantita a tutti i cittadini dalla nostra costituzione
(Cfr. articolo 38), e il potenziale sorgere di accordi tra le aziende concorrenti, al fine
di vendere al prezzo maggiore (una sorta di cartello), possibile peraltro fuori dal
controllo dello Stato.
Per quanto riguarda invece i farmaci rimborsati dal servizio sanitario nazionale, la
situazione è diametralmente opposta. Il prezzo è regolamentato e stabilito a priori, e
viene concesso mediante una contrattazione tra l’azienda produttrice o distributrice
del farmaco e il Ministero della Salute. In questo versante è da molti anni ormai che,
per ovviare al problema di una spesa farmaceutica troppo elevata, frutto di pregresse
gestioni (vedi scandali della sanità del ‘92 diretta conseguenza di Tangentopoli, dove
i prezzi di alcuni farmaci venivano accordati fuori dal rispetto delle regole), in Italia,
i nuovi prodotti farmaceutici, anche innovativi, tardano a entrare in commercio o
comunque non vengono rimborsati dal Sistema Sanitario; ciò accade in quanto il
prezzo offerto dal Ministero risulta essere inferiore rispetto a quello concesso in altri
stati europei.