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Capitolo 1 Il bilancio consolidato
Introduzione
Nel presente capitolo si intende fornire una trattazione teorica concernente la redazione del
bilancio consolidato. Il documento in parola può essere studiato, infatti, seguendo due
approcci tra di loro distinti: l’approccio teorico e l’approccio pratico-normativo. Dal punto di
vista teorico il bilancio consolidato può essere redatto in base a differenti metodologie e
condurre a risultati informativi differenti in ragione della teoria di gruppo che si suppone
esserne alla base. Dal punto di vista pratico, invece, lo studio del bilancio consolidato consiste
nell’esaminare le tecniche di redazione che i legislatori, nazionali ed internazionali, hanno –
direttamente (ex lege) o indirettamente (per esempio richiamando i principi contabili emessi
da organismi privati) – proposto.
Nel primo paragrafo verranno esposte le tematiche di carattere informativo del bilancio
consolidato; nel secondo paragrafo verranno invece descritte le teorie contabili e le teorie di
gruppo che originano dalle prime, e che sono alla base della redazione del bilancio di gruppo;
infine, nel terzo paragrafo si esamineranno le varie fasi in cui si articola la redazione del
bilancio consolidato.
1.1 Il bilancio consolidato: funzione e destinatari.
La dottrina segnala che “considerata un’aggregazione di imprese costituenti un gruppo, per
bilancio di gruppo s’intende il documento risultante dalla sommatoria dei valori indicati nel
bilanci delle singole imprese, dopo le eliminazioni e le rettifiche dei valori intersocietari
compresi in quei bilanci”
1
.
Il gruppo è caratterizzato dall’autonomia giuridica delle imprese che lo costituiscono; ne
consegue che per integrare i bilanci delle singole società è necessario superare tale
separazione giuridica. “La formazione del bilancio consolidato, in altre parole, richiede una
finzione: che non vengano considerate le singole entità giuridiche cui corrispondono le
aziende costituenti il gruppo, e si abbia, al loro posto, un’unica entità, quella appunto del
gruppo”
2
.
1
S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, Giappichelli, Torino, 1999, cit., p. 119.
2
S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, cit., p. 119. Continua l’Autore “Ci si può chiedere, ora,
quando possa ritenersi corretto procedere alla integrazione di più bilanci in un unico documento: ciò, è teoricamente
possibile per qualsiasi aggregazione d’imprese che siano accomunate da un certo grado di affinità (…) è cioè possibile
procedere all’integrazione di più bilanci, sia per le aggregazioni d’imprese costituenti il gruppo, che per quelle
2
Fatto cenno a come si debba procedere per l’integrazione dei bilanci delle singole società, è
importante adesso analizzare nello specifico le funzioni ed i destinatari del bilancio
consolidato.
In primo luogo è importante evidenziare che, i bilanci di gruppo “così come avviene per i
bilanci di una singola società possono essere distinti in interni e pubblici”
3
; sul punto il
Cassandro ritiene che “il bilancio di gruppo è, di regola, un bilancio pubblico, in quanto è
frutto di un’integrazione non già dei bilanci interni delle singole imprese del gruppo, ma dei
bilanci che queste, per obblighi loro imposti dalla legge, devono annualmente pubblicare”
4
. I
bilanci interni sono composti ad esclusivo interesse degli organi amministrativi del gruppo per
scopi di gestione e controllo; quelli pubblici, invece, sono redatti per soddisfare le esigenze
informative di altri soggetti che possono essere compendiati nelle seguenti categorie: gli
azionisti della società capogruppo, gli azionisti di minoranza, i creditori delle società affiliate
e della capogruppo, organi statali di controllo o di vigilanza e l’Amministrazione Finanziaria.
E’ fuori di dubbio che i soggetti più interessati al bilancio di gruppo siano gli azionisti della
società capogruppo; “essi invero, come rappresentati del soggetto economico del gruppo, sono
quelli che maggiormente e direttamente rischiano della scelta degli investimenti operati per
mezzo degli acquisti delle partecipazioni nelle società affiliate. Ad essi occorre, pertanto, la
conoscenza del capitale e del reddito di gruppo nella loro interezza per giudicare la
consistenza economica e per formulare giudizi circa le prospettive future.”
5
Il bilancio di
gruppo, inoltre, può essere sicuramente un utile strumento di informazione per gli organi
amministrativi, anche se questi sono destinatari dei cosiddetti bilanci interni.
I creditori delle società affiliate, invece, non avranno un grande interesse verso il bilancio di
gruppo, in quanto, in assenze di garanzie intersocietarie relative ai pagamenti dei debiti
sociali, “troveranno più utile utilizzare il complesso delle attività della società debitrice su cui
eventualmente soddisfare i loro crediti, che non il complesso di quelle attività dal punto di
vista del gruppo; il bilancio, pertanto, che ad essi interessa da più vicino, è quello della società
di cui sono creditori”
6
. I soci di minoranza delle società affiliate potranno avere delle
informazioni utili dal bilancio di gruppo nel momento in cui la società capogruppo versa in
una situazione di difficoltà finanziaria che può coinvolgere anche le sussidiarie; in questo
coalizioni che tale carattere non hanno, purchè in questo secondo caso, le imprese siano legate da un certo grado di
affinità”. S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, cit., p. 120.
3
S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, cit., p. 121
4
P. E. Cassandro, I gruppi aziendali, cit., p. 376.
5
S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, cit., p. 122.
6
S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, cit., p. 123.
3
caso, anche i creditori delle affiliate avranno un particolare interesse nell’esaminare il bilancio
di gruppo, in quanto, la situazione di difficoltà può influenzare le aspettative immediate e
prospettiche di tali soggetti.
Di interesse maggiore, invece, sarà il bilancio di gruppo per i creditori della società
capogruppo, soprattutto per quelli a lungo termine, i quali, sulla base di quel bilancio potranno
formulare previsioni sull’andamento futuro del gruppo, idoneo o meno a soddisfare i loro
crediti alle scadenze prefissate. I creditori a breve, invece, troveranno di minore interesse il
bilancio di gruppo data l’imminente scadenza del loro credito. Più utile sarà per essi il
bilancio della singola società debitrice per apprezzarne la struttura finanziaria e la solvibilità.
Il Cassandro osserva, peraltro, che “anche il creditore a breve termine può avere un interesse a
conoscere la condizione complessiva del gruppo (..) perché può legittimamente supporre che
in caso di necessità, la società capogruppo, potrebbe ricorrere ad una delle società dipendenti
per migliorare la propria liquidità e porsi in condizioni di soddisfare i propri impegni a breve
termine”
7
.
Nell’ambito di un gruppo d’impresa, le aziende pur essendo dotate di autonomia dal punto di
vista giuridico, non godono della stessa autonomia dal punto di vista sostanziale; in alcuni
casi infatti, questa è completamente compressa. Ne consegue che il capitale di funzionamento
e il reddito d’esercizio riportato nei singoli bilanci delle società costituenti il gruppo avranno
una valenza informativa piuttosto scarsa poiché, tali determinazioni quantitative sono anche
frutto di operazioni infragruppo caratterizzate da prezzi di trasferimento e politiche di
gestione determinati a livello centrale. Inoltre, la limitata capacità informativa del capitale di
funzionamento e del risultato economico delle singole società decresce all’aumentare del
grado di interdipendenza che caratterizza il gruppo.
Da qui, sorge l’esigenza di leggere il bilancio della singola impresa facendo riferimento alla
situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo a cui appartiene; informazioni
che possono essere ricavate dalla redazione del bilancio consolidato o di gruppo.
In definitiva, il bilancio consolidato, da un lato permette di sopperire alle carenze
informative dei singoli bilanci delle società costituenti il gruppo e di ottenere una visione
globale sulle consistenze patrimoniale, finanziarie ed economiche del gruppo; dall’altro, però,
accogliendo la sommatoria dei valori di bilancio delle singole entità, nasconde quella che è la
reale situazione economica e finanziaria di ciascuna di quelle entità. “I valori, cioè, del
7
P. E. Cassandro, I gruppi aziendali, cit., p. 380.
4
bilancio consolidato, non riflettono le peculiari condizioni delle società del gruppo, e
forniscono dati medi la cui utilità informativa è piuttosto limitata. Così, può accadere che la
cattiva situazione finanziaria di una o più società del gruppo sia compensata, nel bilancio
consolidato, dalla buona situazione finanziaria di altre società del gruppo stesso; in tale ipotesi
quel bilancio non indicherà le suddette singole situazioni finanziarie ma la media di esse”
8
.
E’ possibile affermare, in linea con la dottrina, che il bilancio di gruppo è sicuramente utile
agli amministratori per avere un quadro unitario dei valori di gruppo; ciò nonostante è
necessario far sempre riferimento anche ai bilanci delle singole società per ottenere tutte le
informazioni utili per la gestione e la guida del gruppo.
Il bilancio di gruppo, in altri casi, assume rilevanza sotto altri profili, come, ad esempio, nei
casi in cui è assunto a base della tassazione del reddito di gruppo. Più in generale, è possibile
affermare che il bilancio consolidato mantiene il suo carattere complementare rispetto ai
bilanci individuali delle società. E questa considerazione assume maggiore valenza se si fa
riferimento ai soggetti che sono principalmente interessati alle informazioni riportate nel
consolidato, ossia gli azionisti e creditori della capogruppo. Tali soggetti, comunque, pur
traendo dati e notizie utili dalla pubblicazione del bilancio di gruppo, “non perdono la qualità
di soggetti che hanno investito nella società capogruppo; al bilancio di tale società, quindi,
quei soggetti devono fare, essenzialmente, riferimento per giudicare della redditività e delle
aspettative dei propri investimenti”
9
.
1.2 Le teorie contabili e le teorie di gruppo
Le teorie contabili sono in sostanza dei paradigmi sui quali poggiano i differenti modelli
contabili. Tali teorie, anche se nate con la stessa ragioneria, trovano una razionale
formalizzazione nei testi anglosassoni di accounting theory solamente negli anni compresi tra
la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento
10
.
In altri termini, le teorie contabili precedentemente alla citata formalizzazione esistevano “di
fatto” nella prassi contabile e professionale ma non erano formalmente ordinate.
8
S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, cit., p. 126.
9
S. Sarcone, I gruppi aziendali. Strutture e bilanci consolidati, cit., p. 127.
10
E’ importante ricordare che nei Paesi anglosassoni, alla fine del 1800, si è ritenuto indispensabile elaborare degli
schemi di riferimento sui quali poggiare l’intero apparato contabile. Tale necessità è la logica conseguenza della
mancanza di un concetto economico d’azienda che facesse da fulcro per le varie teorie delle rilevazioni. Per ulteriori
approfondimenti si rinvia a E. Viganò, L’economia aziendale e la ragioneria. Evoluzione – prospettive internazionali,
CEDAM, Padova, 1996; S. Zambon, Entità e proprietà nei bilanci d’esercizio, CEDAM, Padova, 1996.
5
La prima teoria contabile che di fatto è stata applicata nella prassi è quella della proprietà. Il
processo contabile è proprietor – oriented in quanto finalizzato ad evidenziare l’ammontare di
ricchezza accumulata dal proprietario durante la gestione. Questa teoria presuppone la
condizione di sole proprietorship, ossia di un unico soggetto proprietario che prende le
decisioni all’interno dell’azienda
11
. L’equazione contabile che sintetizza tale approccio è la
seguente: Asset – Liabilities = Proprietorship, dove gli Asset sono i diritti posseduti
dall’imprenditore, le Liability sono le obbligazioni del proprietario e l’ultimo elemento
individua, invece, la ricchezza del proprietario.
Tale approccio contabile evidenza chiaramente un’impostazione di tipo patrimoniale; assume,
cioè, importanza solamente lo stato patrimoniale (dove viene riprodotta l’equazione
fondamentale), mentre il conto economico è ininfluente per il beneficiario dell’informazione.
Infatti, il reddito può essere considerato come una variazione del patrimonio netto, piuttosto
che come contrapposizione di costi e ricavi.
Secondo la teoria in parola, sono oggetto di rilevazione i soli fatti aziendali che determinano
variazioni di ricchezza del proprietor.
La teoria della proprietà in seguito all’evoluzione del concetto di proprietor
12
ha ceduto il
passo alla teoria contabile dell’entità (Entity Theory).
Questa teoria contabile può essere considerata income–oriented ed i beneficiari
dell’informazione sono tutti i soggetti che in un qualche modo hanno un interesse
11
“L’impianto teorico illustrato (ossia quello relativo alla teoria della proprietà) pare infatti risultare maggiormente
coerente con attività economiche organizzate, sotto il profilo giuridico, in forma di azienda individuale (sole proprietor)
o di società di persone (partnership), ove la confusione tra elementi patrimoniali dell’impresa e dei suoi proprietari,
favorita anche dalla responsabilità illimitata di questi ultimi, è fatto insieme giuridico ed economico”. S. Zambon,
Entità e proprietà nei bilanci d’esercizio, cit., p. 94.
12
“All’inizio del 1900 (..) cominciano a svilupparsi altre forme organizzative più articolate e complesse rispetto alle
aziende individuali e alle società sulle quali era stata impostata la teoria della proprietà (…) ciononostante, nel periodo
indicato, alcuni studiosi, forzando i dettami proprio della teoria in parola, hanno provato ad adattarla alle mutate
esigenze. Più in particolare, non potendo modificare il destinatario dell’informazione contabile (user) in quanto ciò
avrebbe comportato un cambiamento di teoria, tentano di ampliare il significato dato al concetto di proprietor. Si passa
pertanto, da una visione ristretta nella quale il proprietor è l’imprenditore, ovvero il possessore di azioni ordinarie che
svolge anche le funzioni di soggetto economico; a una visione più ampia in cui l’owner è il possessore di azioni
indipendentemente dalla tipologia e dai diritti derivanti da queste ultime a, infine, una visione amplissima in cui sono
considerati proprietari anche tutti i finanziatori dell’impresa (…) E’, infatti, proprio la necessità di informare (in primo
luogo) tutte le categorie di finanziatori nonché (in secondo luogo) tutti i soggetti interessati all’azienda (sindacati,
fornitori..) che, (…) si inizia a sviluppare un sistema informativo contabile tale da accentrare l’attenzione sull’impresa
in sé”. E. D’Amico, Economia dei gruppi aziendali, cit., pp. 93-94.
6
nell’impresa (stakeholder): oggetto delle rilevazioni è, pertanto, la ricchezza dell’impresa
interamente considerata.
In quest’ottica è possibile delineare una nuova equazione contabile: può, infatti, essere
sintetizzata attraverso l’uguaglianza tra gli Asset, da una parte, e la somma di Liabilities
(passività) ed Equity dall’altra, dove i termini utilizzati hanno il medesimo significato
attribuiti in precedenza.
Da questa relazione è possibile desumere che l’azienda assurge a soggetto con esistenza
autonoma.
In particolare l’impresa non è più il mezzo utilizzato dal proprietor per incrementare la
propria ricchezza, ma è un quid che vive autonomamente e verso il quale differenti soggetti
rivolgono la loro attenzione
13
.
E’ desumibile, in tale ottica, un approccio di tipo economico nel quale assume importanza la
variazione dell’attivo dell’entità misurata ed esaminata attraverso la dinamica dei costi e dei
ricavi dando particolare rilevanza al prospetto riepilogativo del conto economico.
E’ importante sottolineare, infine, che il risultato che rileva non è il solo reddito di spettanza
di coloro che apportano il capitale proprio, bensì la remunerazione che compete a tutti i
prestatori di capitale (proprio e di credito), la remunerazione che compete allo Stato, “il cui
capitale può essere fittiziamente misurabile attraverso i servizi che questo eroga a tutti i
soggetti economici, incluse le imprese”
14
. In altri termini, il reddito che i teorici dell’entity
prendono in considerazione sembrerebbe coincidere con quella configurazione economica che
gli americani definiscono EBIT (earning before interests and taxes).
In definitiva, la gestione che rileva ai fini della determinazione del reddito d’esercizio è,
secondo i teorici dell’entità, la sola gestione caratteristica. I ricavi vengono così a coincidere
con la produzione aziendale e i costi altro non sono che le spese sopportate per l’acquisizione
13
“Non è l’azienda, come istituto economico che trionfa, ma la forma giuridica che in qualche modo impone l’entity.
Poiché la persona giuridica è formalmente autonoma, distinta dai proprietari, si crea il problema di formare un centro
contabile autonomo: l’entiy è anche una necessità di riferimento puramente contabile, dove raccogliere i fenomeni
dell’entity giuridico. Non siamo all’azienda come sistema solistico, che esiste in sé. L’entity non è visto come autonoma
realtà economica vivente, ma prima di tutto come persona giuridica e poi come correlata area contabile” (E. Viganò,
L’economia aziendale e la ragioneria. Evoluzione – prospettive internazionali, cit., p. 132).
14
E. D’Amico, Economia dei gruppi aziendali, cit., p. 100.
7
di beni e servizi necessari ad ottenere la produzione stessa. La differenza tra queste due
grandezze esprime il reddito dell’azienda.
Teorie di gruppo
Le teorie contabili precedentemente esaminate sono state ordinate con riferimento alla
compilazione dei bilanci d’esercizio. Solo successivamente si è assistito ad un’estensione
delle stesse con riferimento alla redazione del bilancio dei gruppi aziendali; ed è proprio in
questo senso che si parla di teorie di gruppo.
Anche nell’ambito delle derivate teorie di gruppo si è soliti distinguere due estremi che,
analogamente alle teorie contabili, prendono il nome di teoria (di gruppo) della proprietà e
teoria (di gruppo) dell’entità
15
.
Tuttavia è possibile individuare altre due teorie che, come si vedrà nel prosieguo della
trattazione, rappresentano un “compromesso” tra le due teorie di gruppo poc’anzi accennate:
la teoria della capogruppo e la teoria modificata della capogruppo.
Teoria (di gruppo) della proprietà (proprietary theory)
La teoria di gruppo della proprietà assume che il beneficiario dell’informazione sia il
proprietario che nella fattispecie è la società capogruppo
16
. L’oggetto del sistema informativo
contabile può essere, pertanto, identificato nella rilevazione della ricchezza posseduta dalla
holding e nella misurazione delle sue variazioni nel tempo.
La ricchezza della holding sarà ovviamente quella posseduta direttamente ed indirettamente
dalla stessa tramite società controllate.
15
“E’ ovvio, però, che nell’ambito delle teorie di gruppo è opportuno ridefinire i concetti “contabili” di proprietario e di
entità. In altri termini, al fine di tracciare le linee portanti delle teorie di gruppo, i diversi Autori si sono soffermati, in
primo luogo, sull’individuazione dei possibili utilizzatori dell’informazione contabile di gruppo (c.d. user o
beneficiary)”. E. D’Amico, Economia dei gruppi aziendali, cit., p. 103.
16
“In tal senso, anche nell’ambito del gruppo viene identificato un “central financial interest” espressione appunto del
proprietario (o dell’insieme dei proprietari), che è primariamente interessato alle informazioni ritraibili dal bilancio
consolidato, in quanto unico documento capace di fornire un’immagine unitaria dell’investimento effettuato nel
complesso delle società controllate. In base a questo approccio, il gruppo viene concepito come una sorta di derivazione
finanziaria della società capogruppo, e il bilancio consolidato - in via sequenziale - rappresenta una specie di
ampliamento e miglioramento del bilancio di tale società”. S. Zambon, Entità e proprietà nei bilanci d’esercizio, cit.,
p.128.