2
Ovviamente questo fascino è stato sentito anche dal popolo cinese, fin
dall’inizio del secolo scorso, dando poi il via, nei decenni a venire, alle cosiddette
catene migratorie, le quali hanno permesso agli “huaqiao”, i cinesi d’oltremare, di
essere oggi una delle maggiori comunità straniere presenti in Europa.
Il termine huaqiao, che veniva utilizzato ufficialmente dal governo cinese già
a partire dalla fine del diciannovesimo secolo, é composto dal termine “hua”, che
di solito viene usato per indicare il popolo cinese, e dal termine "qiao", che
significa letteralmente "allontanarsi da casa temporaneamente": un huaqiao è
dunque quel cittadino della Repubblica Popolare Cinese che risiede, più o meno
temporaneamente, all'estero
3
.
L'Europa è stata quindi, fin dall'inizio del ventesimo secolo, meta di questi
uomini che hanno fatto dei vari paesi occidentali, col passare del tempo, la loro
seconda patria, creando in pochi decenni vere e proprie comunità cinesi all'interno
della civiltà e della cultura ospitante.
Vediamo quali sono state le fasi storiche che hanno permesso la creazione di
queste grandi comunità nelle diverse nazioni europee al giorno d'oggi sempre più
visibili e sempre più presenti nella società occidentale.
3
Vedi: Lynn Pan (a cura di), The encycolpedia f the chinese overseas, Curzon Press, England,
1999.
3
1. LA DIASPORA CINESE IN EUROPA: PERCORSO STORICO
L'IMMIGRAZIONE PRIMA DELL'EUROPA: ASIA E AMERICHE
La migrazione cinese in Europa iniziò solamente a partire dalla fine del
diciannovesimo secolo. Infatti sino a quel momento la maggior parte dei cinesi
che erano usciti dalla Cina si era riversata nel Sud-Est asiatico, in particolare nella
penisola indocinese e negli arcipelaghi dell'Indonesia, Borneo e Filippine: si
trattava di gente che lavorava nel commercio, nelle piantagioni o, se era meno
fortunata, spesso diveniva quasi forzatamente parte della cosiddetta "tratta dei
coolies" (anche definita il "traffico dei maialetti da latte"), dove questi miseri
cinesi erano costretti ai lavori forzati e trattati alla stregua degli schiavi. Il termine
coolie è di origini controverse: si pensa sia una trascrizione inglese del tamil kuli
(salario) o del turco kuli (schiavo), mentre in cinese esso viene scritto con due
caratteri (ku: amarezza, pena e li: forza muscolare, fatica) che rende bene l'idea di
che tipo di lavoro si trattasse.
Solamente tra il 1847-1874 (anno dell'interdizione imperiale di questo nuovo
tipo di schiavismo) furono più di mezzo milione i coolie che , persuasi con mille
promesse di grossi guadagni dagli intermediari cinesi e dalle agenzie di
4
navigazione all'interno dei "porti aperti", lasciarono la Cina per i paesi
d'oltreoceano
4
.
Una seconda e importante meta verso cui si indirizzarono i migranti cinesi
durante l'ottocento furono le Americhe, sia del Nord (Stati Uniti, Canada) che del
Sud (Cuba, Messico, Perù), dove erano richiesti numerosi contingenti di
manodopera non qualificata e a basso salario per sopperire alla mancanza di
lavoratori che era sopravvenuta con la fine della tratta dei Neri e l'abolizione della
schiavitù da parte dell'Inghilterra, avvenuta nel 1833: il commercio dei coolie
cinesi sostituirà quindi quello degli schiavi di colore provenienti dall'Africa.
Essi venivano impiegati nelle piantagioni, nelle miniere d'oro della California,
ma soprattutto per la costruzione di grandi opere pubbliche, come il Canale di
Panama o la ferrovia transamericana, che unì l'Atlantico con il Pacifico.
Le famose "corse all'oro" furono comunque uno dei motivi di maggior
richiamo per i cinesi che lasciavano la loro terra in cerca di ricchezza, tanto che
luoghi come San Francisco e Sidney sono ancora oggi chiamato in cinese
"Vecchia Montagna d'Oro" (Jiu Jinshan) e "Nuova Montagna d'Oro" (Xin
Jinshan).
Nel 1882 però il "Chinese Exclusion Act", risultato di una politica
discriminatoria nei confronti degli immigrati cinesi dovuta al timore di una
4
AA.VV., Cina a Milano, Abitare Segesta, Milano, 1997.
5
concorrenza troppo forte nel lavoro, ridusse fortemente il numero dei cinesi
presenti sul suolo americano.
La stessa sorte toccò ai cinesi emigrati in Australia, dove, a partire dal 1880, il
"Immigration Restriction Act" chiuse le porte all'immigrazione asiatica fino alla
fine degli anni Quaranta, cioè dopo il secondo conflitto mondiale.
I PRIMI CINESI IN EUROPA: DALLA FINE DEL SECOLO
DICANNOVESIMO ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Il fenomeno dell'immigrazione cinese in Europa si presenta molto diversa da
quella in Asia e nelle Americhe sotto vari punti di vista.
Per quanto riguarda il punto di vista temporale essa si svolge nell'arco di tutto
il ventesimo secolo e può essere suddivisa in tre distinti periodi: prima della
Seconda Guerra mondiale, dopo di essa e dal 1978 fino ai nostri giorni.
Circa il primo periodo, gli immigrati cinesi che intraprendevano il lungo
viaggio per raggiungere il nostro continente erano veramente in numero esiguo.
La prima nazione europea ad essere toccata dall'immigrazione cinese fu la Gran
Bretagna, e più precisamente Liverpool (poco più tardi Londra) dove, già a partire
dal 1885, si registra la presenza della prima piccola comunità cinese: essa è
composta perlopiù da marinai cinesi, provenienti dalle colonie inglesi, assoldati
dalle navi mercantili per rompere il monopolio delle compagnie navali europee.
6
Questo reclutamento di marinai e mozzi continua ad essere praticato anche in
altre città della Gran Bretagna e dei Paesi Bassi, come Amsterdam, Amburgo e
Rotterdam, anche se sempre in maniera marginale.
Anche in Francia, agli inizi del secolo, dove già veniva praticata una politica
di reclutamento di manodopera tra gli immigrati, i cinesi, quasi tutti presenti
esclusivamente a Parigi, erano molto pochi: vi erano studenti, giornalisti,
commercianti e "pedicure"
5
.
La maggior parte di questi primi migranti proveniva da Hong Kong, se si
trattava di marinai, o, se si trattava di commercianti, dalla regione dello Zhejiang,
e più precisamente dalla città di Qingtian. Secondo quanto riportato dalla
"Qingtian County Gazetteer"
6
, gli inizi dell'immigrazione dalla zona di Qingtian
risalirebbero addirittura al periodo della dinastia Qing, quando "un piccolo
numero di commercianti provenienti dalla città di Qingtian avrebbe raggiunto
l'Europa, dove avrebbe venduto prodotti ricavati dalla pietra delle cave di
Qingtian".
La vendita di questi oggetti, così particolari agli occhi dei compratori
occidentali e inoltre così ben scolpiti dalle abili mani degli artigiani cinesi,
riscosse tanto successo da essere ancora praticata agli inizi del '900 in Russia,
5
Vedi Campani G., L'immigrazione silenziosa. Le comunità cinesi in Italia, Fondazione Giovanni
Agnelli, 1994.
7
Gran Bretagna e Francia, sempre dai commercianti di Qingtian, che si sparsero
così per tutta l'Europa.
Sempre secondo la Gazzetta di Qingtian la strada maggiormente battuta per
arrivare in Europa era quella che partiva dal porto di Shanghai: con una nave si
navigava fino a Port Arthur; da lì, dopo ventuno giorni passati sulla ferrovia
Transiberiana, si raggiungeva Mosca, poi con un secondo treno si poteva
continuare fino ad arrivare in uno dei vari paesi europei, senza aver bisogno di
mostrare il passaporto.
Un altro modo per raggiungere l'Europa, in possesso del passaporto pagando
il biglietto o in clandestinità, era via mare: sempre salpando dal porto di Shanghai
si approdava ad Hong Kong o a Singapore e, una volta lì, si ripartiva alla volta
dell'Europa attraverso lo Stretto di Malacca e attorno al Capo di Buona Speranza.
In seguito, una volta aperto il Canale di Suez, le navi poterono andare
direttamente fino ai porti del Mediterraneo, come Napoli o Marsiglia.
Solamente a partire dal periodo della Prima Guerra Mondiale, e più
precisamente dal 1917, anno in cui anche la Cina Nazionalista di Pechino decise
di partecipare al conflitto mondiale, si giunge ad una svolta decisiva nella storia
dell'immigrazione cinese in Europa.
6
Il capitolo del Qingtian xian zhi, pubblicato in Cina nel 1990, è stato tradotto da Thuno Mette
all'interno del suo saggio intitolato "Chinese emigration to Europe: combining european and
chinese sources", in Revue Europeènne des Migrationes Internationales, vol. 12, n° 2, 1996.
8
E' infatti tra il 1916 e il 1920 che assistiamo al reclutamento da parte dei
governi delle forze Alleate, Francia e Gran Bretagna, di circa 150,000 lavoratori
cinesi, i quali sarebbero stati utilizzati in principio come operai all'interno di
fabbriche di armi, metallurgiche, o chimiche; in seguito, durante il conflitto,
questi avrebbero avuto anche il compito di scavare trincee sulle frontiere di guerra
a nord della Francia, occuparsi dei cadaveri dei caduti in battaglia o riparare gli
armamentari guasti. Ovviamente furono molti i cinesi che perirono durante i
combattimenti.
Alla fine del conflitto, nel 1920, Gran Bretagna e Francia costrinsero i
lavoratori reclutati a rimpatriare. La maggior parte di questi tornò effettivamente
in Cina, ma alcune migliaia di quelli che si trovavano in Francia decise di restarvi,
facendo perdere al governo le proprie tracce.
Riguardo alla Francia, sappiamo anche che dei lavoratori cinesi reclutati circa
31,409 provenivano dallo Shandong, 4,024 dallo Zhejiang, 1,066 da Shanghai e
442 da Hong Kong
7
, secondo quanto figurava sugli elenchi del Ministero di
Guerra francese.
Sembra però che tra quelli che preferirono restare in Europa, molti
appartenessero al gruppo proveniente dallo Zhejiang, specie quelli di Qingtian e
Whenzhou.
7
Dati raccolti in un articolo di Bailey P. pubblicato nel libro curato da Lynn Pan già citato a pp. 2.
9
Dalla Francia questi originari dello Zhejiang si sparsero per l'Europa a causa
soprattutto della loro nuova attività di venditori ambulanti a cui si dedicarono per
sopravvivere durante gli anni Trenta, gli anni della Grande Depressione. Tra il
1920 e il 1930, vendendo porta a porta pietre lavorate di Qingtian, noccioline o
cravatte di seta, porta a porta, attraversarono le frontiere francesi raggiungendo
così Belgio, Olanda, Italia e altri paesi ancora: solo in Europa occidentale i cinesi
provenienti da Qingtian e i loro discendenti raggiunsero in breve le 10,000 unità,
con 3,000 distribuite in Francia, più di 1000 a testa in Olanda, Austria e Italia, 300
sia in Belgio che in Spagna e più di 200 in Portogallo
8
.
Iniziano così a delinearsi le prime stabili comunità cinesi in Europa,
essenzialmente nelle grandi capitali nazionali, dove di lì a poco sarebbe iniziata
per molti cinesi, una volta raggiunti i mezzi necessari, l'attività della ristorazione:
più tardi queste comunità diventeranno dei punti nevralgici fondamentali a cui
mireranno i successivi grandi flussi migratori provenienti dallo Zhejiang,
seguendo il principio della "catena migratoria", come vedremo più avanti.
7
Vedi nota n° 4.
10
MIGRAZIONI CINESI DAL DOPOGUERRA AD OGGI
A partire dalla fine del secondo conflitto mondiale l'afflusso in Europa di
immigrati cinesi provenienti dalla madrepatria diminuì drasticamente, mentre si
vide un aumento negli arrivi di gruppi di rifugiati cinesi provenienti da altri paesi
del Sud-Est asiatico, come Indocina, Vietnam, Cambogia e Laos, che si
stabilirono principalmente in Francia.
I motivi di questo cambiamento nel movimento migratorio cinese in Europa
sono molteplici: primo fra tutti fu certamente il blocco dell'immigrazione stabilito
nel 1949 dalla appena nascente Repubblica Popolare Cinese, che rese quasi
impossibile alle comunità dello Zhejiang e del Guangdong di poter raggiungere
parenti o amici che già si trovavano in Europa da tempo.
Un altro importante motivo fu quello dovuto alle persecuzioni sotto i nuovi
regimi del Sud-Est asiatico che si crearono dopo la decolonizzazione e che
portarono, come abbiamo detto, ad un vero e proprio esodo dei huaqiao da questa
regione fino in Francia, Olanda e Portogallo.
I regimi comunisti dell'Europa dell'Est, inoltre, seguendo l'esempio
dell'Unione Sovietica, bandirono ogni tipo di immigrazione proveniente dalla
Cina: tale legge rimase in vigore fino agli anni '90 quando questi regimi caddero e
le comunità cinesi poterono sorgere anche in Russia e in Ungheria.
11
Quarto e ultimo motivo di tale cambiamento furono le restrizione varate da
parte dei paesi europei circa i permessi di soggiorno per motivi di studio, che
privarono così l'Europa di molte giovani e brillanti menti cinesi, che di
conseguenza ripiegarono sugli Stati Uniti.
E' solamente a partire dal 1979, anno in cui Deng Xiaoping sale a capo della
Repubblica Popolare Cinese, che viene intrapresa in Cina una nuova politica di
apertura verso l'esterno che rende possibile la riattivazione dei flussi migratori
verso il resto del mondo, primo fra tutti l'Europa.
La politica restrittiva nei confronti delle migrazioni viene allentata, anzi,
vengono addirittura riaperti i contatti da parte del governo cinese con le comunità
dei huaqiao all'estero, perché ci si rende conto che essi rappresentano
un'importante fonte di capitali e di aiuto per una Cina che incominciava ad aprirsi
verso un'economia di mercato moderna e di tipo occidentale.
E' sempre nel 1979, infatti che vengono create quattro zone economiche
speciali nel sud della Cina dove è ammessa l'iniziativa privata e vengono favoriti
gli investimenti stranieri. Pochi anni dopo anche le aree del Fujian e dello
Zhejiang vengono inglobate nel processo di riforma economica: i contatti tra le
varie comunità cinesi in Europa e le loro rispettive regioni d'origine diventano
sempre più costanti, tanto da far sì che queste comunità svolgano da quel
momento in poi un ruolo guida nello sviluppo delle stesse regioni.
12
2. ZONE DI PROVENIENZA DEI HUAQIAO D'EUROPA
La diaspora cinese è esclusivamente di origine meridionale, litorale e
sublitorale: delle trenta province e circoscrizioni cinesi che oggi conta la Cina,
quattro solamente, ossia Fujian, Zhejiang, Guangdong e Hainan, dove si trova
meno del 10 % della popolazione cinese, sono all'origine di più del 90 % delle
migrazioni
9
.
Secondo lo studioso Franc N. Pieke, sono cinque in tutto i maggiori gruppi di
cinesi che sono giunti come immigrati nel nostro continente. Questi cinque
gruppi: sono originari di differenti aree o addirittura paesi; ognuno di essi parla
una lingua, o un dialetto, che è praticamente incomprensibile al resto dei gruppi;
ogni gruppo arrivò in Europa più o meno indipendentemente l'uno dall'altro
10
.
La prima componente ad arrivare in Europa, come abbiamo già detto, è stata
quella proveniente da due aree adiacenti nel sud dello Zhejiang, e cioè l'hinterland
della città portuaria di Whenzhou e la zona rurale intorno alla città di Qingtian. Di
questo gruppo avremo modo di parlare più avanti nel capitolo riguardante la
comunità cinese in Italia.
I Cantonesi dal delta del Fiume delle Perle furono i secondi ad arrivare in
Europa, nel Nord-ovest, trovando lavoro come marinai. Essi furono raggiunti poi
9
Vedi il saggio di Trolliet P., La diaspora chinoise, Que sais-je, 1994.
10
Benton G., Pieke F.N. (a cura di), The chinese in Europe, Macmillan Press, 1998.
13
negli anni '50 dai cantonesi di Hong Kong, che si stanziarono principalmente in
Gran Bretagna, lavorando, in questo caso, nel commercio.
Il terzo gruppo è quello composto dai cinesi d'Indocina, d'Indonesia e dalle
colonie di Singapore, Malesia e Mozambico, che a causa dei problemi interni di
tali paesi preferirono spostarsi di nuovo, scegliendo l'Europa, con lo status di
rifugiati politici. Dopo la guerra d'Indocina infatti, i governi dei nuovi paesi
indipendenti decretarono l'espulsione delle comunità cinesi presenti, perché
considerate capitaliste e contrarie ai principi dello stato socialista.
Il quarto ed ultimo gruppo è quello dei cinesi che andarono in Europa dell'Est
e in Unione Sovietica, però solamente a partire dalla caduta del comunismo.
Questo gruppo è molto diverso dagli altri quattro perché molti di quelli che ne
fanno parte provengono dal Nord della Cina e sono cittadini ben educati e spesso
qualificati che decidono di emigrare per scelta personale e non per tradizione
familiare.
Concludendo, diciamo dunque che la sostanziale differenza tra le varie
comunità cinesi sparse in tutta Europa si trova chiaramente nella diversa origine
delle componenti di tali comunità, nei diversi tempi e modi in cui esse si sono
stabilite nel nostro continente e specialmente nel differente volume quantitativo di
ognuno di questi cinque gruppi di cinesi che le compongono.
14
CAPITOLO 1: DALL'EUROPA IN ITALIA
Per poter ricostruire le varie fasi, a partire dalle origini, della storia della
comunità cinese nel nostro paese, è stato necessario raccogliere dati ed
informazioni frammentarie, ricavate dalle diverse fonti dei pochi studiosi italiani
che si sono interessati al fenomeno migratorio cinese in Italia.
Se si leggono le pubblicazioni circa gli studi sui cinesi d'oltremare immigrati
in Italia si può notare che non esiste uno studio globale dell'intero fenomeno ma si
assiste invece a ricerche, in alcuni casi anche molto approfondite, su realtà locali,
su alcune comunità circoscritte, quelle che magari sono risultate le più evidenti e
le più attive (da un punto di vista lavorativo), tanto da destare in questi ultimi anni
la curiosità di numerosi studiosi e sociologi.
Lo studio e l'approfondimento del fenomeno migratorio cinese risulta così
essere in Italia relativamente recente, al contrario invece di altri paesi europei
dove gli studi sui huaqiao, in quanto comunità di vecchio insediamento, sono stati
intrapresi ormai da decenni: questo nuovo e crescente interesse verso le comunità
cinesi (che ormai troviamo stanziate nella maggior parte delle grandi città italiane
e non solo) è nato probabilmente in seguito ad una maggiore tangibilità in termini
di presenza numerica degli immigrati, dovuta all'aumento dei flussi migratori
provenienti dalla Cina negli ultimi venti anni, oltre che ad una maggiore visibilità
nel campo economico e lavorativo dei nuovi imprenditori cinesi, i quali, grazie
15
anche alle leggi che regolano l'immigrazione nel nostro paese e agli accordi
commerciali tra Italia e Cina, hanno saputo in poco tempo diventare abili
commercianti, tanto da trovarsi spesso in concorrenza con quelli italiani.
Nei paragrafi successivi si cercherà quindi di ricostruire, là dove è possibile,
da un lato, la storia, i movimenti e le ragioni che hanno spinto questi cinesi
d'oltremare a raggiungere l'Italia e a decidere poi di rimanervi; dall'altro, le
reazioni a livello governativo e politico dei due paesi raggiunti da questo
fenomeno migratorio, l'Italia e la Cina, di fronte al crescere del fenomeno stesso.
Inoltre verrà affrontata e analizzata la stessa problematica, questa volta in termini
puramente numerici e statistici più approfonditi, della presenza, della suddivisione
ed organizzazione della popolazione immigrata cinese nel nostro territorio.