lettura concentrata sull’Alterità, come un rappresentante di chi è escluso, additato come
“Altro” appunto, come diverso da una massa omogenea di maggioranza.
L’intento di questo lavoro è quindi quello di tentare di scoprire se tali interpretazioni
possano o meno essere adottate anche per romanzi moderni e, in caso affermativo, a quali
conclusioni, eventualmente differenti e nuove rispetto alla tradizione, esse possono portare.
Infine, verrà incluso un capitolo aggiuntivo, una sorta di appendice tesa a illustrare
brevemente altri aspetti dei romanzi presi in analisi, punti che non si inseriscono
direttamente nell’ottica delle modalità di lettura proposte in precedenza, ma che ci
sembrano in ogni caso interessanti spunti di riflessione, meritevoli di essere seppur
velocemente citati.
V
CAPITOLO 1
Il vampiro, storia e leggenda
Il vampiro è la creatura dell’immaginario fantastico forse più conosciuta e sfruttata in
ogni campo, dalla letteratura al cinema, dalla pubblicità ai fumetti, ormai entrata anche nel
linguaggio di tutti i giorni – un esempio fra tanti, “vampiro” è in genere una persona che
trae giovamento dalle sofferenze o dallo sfruttamento degli altri -. È proprio questa
inattaccabilità del personaggio, questo suo essere costantemente al passo con i tempi che lo
ha reso particolarmente interessante non solo per scrittori e produttori cinematografici, ma
anche per gli studiosi che si occupano scientificamente del fenomeno.
È fuori di dubbio che la quasi totalità delle persone sappia, sia pure in modo
approssimativo, qualcosa sul vampiro; la pelle pallida, i canini aguzzi e il lungo mantello
nero sono caratteristiche che verosimilmente chiunque conosce, anche se quelli appena
indicati, come ci ricorda fra gli altri lo studioso Paul Barber
1
, sono i tratti che ci sono stati
tramandati da letteratura e cinema, da personaggi come Dracula nel primo caso e da attori
del calibro di Christopher Lee o Bela Lugosi nel secondo.
1.1. Il vampiro del folclore
Come si accennava prima, il vampiro che ci è stato descritto da cinema e libri è ben
diverso da quello del folklore, ma anche in questo caso esso è comunque una figura
1
“Se un tipico vampiro del folclore, non della fiction, dovesse presentarsi a casa vostra per Halloween, è
probabile che vi ritrovereste sulla soglia di casa uno slavo grassoccio con le unghie lunghe e la barba ispida,
gli occhi e la bocca spalancati, la faccia gonfia e rubizza. Abbigliato in maniera informale – per la precisione
con addosso un sudario di lino – apparirebbe agli occhi di tutti come un contadino lacero. Se non l’avete
riconosciuto è perché vi aspettavate –come la maggior parte delle persone, oggigiorno – un gentiluomo alto
ed elegante con un mantello nero. Ma questo è il vampiro della letteratura e del cinema […]”. Barber, 1988,
p.12
1
riscontrabile, anche se con tratti spesso molto divergenti, pressoché in tutto il mondo e in
tutte le epoche; ne è prova l’esistenza di un dibattito a tutt’oggi irrisolto, riguardante le
origini stesse del mito. Vi sono infatti cinque teorie principali a riguardo,
1
nelle quali le
possibili aree di sviluppo della leggenda vampirica spaziano dall’Europa orientale
all’America del Nord, dalla Siberia alla Germania, dalla Cina all’Indonesia e così via.
Data questa grande varietà di zone di appartenenza, è possibile anche notare come sia
il comportamento del vampiro sia i metodi tramandati dal folklore per allontanarlo possano
essere in certi casi molto differenti tra loro. Per citare alcuni esempi, il “Vukodlak”,
vampiro originario del Montenegro, nelle notti di luna si trasforma in Lupo Mannaro; il
“Penaggalan”, della Malesia, è un vampiro esclusivamente femminile; mentre il “Ch’Ing
Shi”, cinese, ha capelli verdi e un volto crudele, ed il modo migliore per ucciderlo consiste
nel trapassargli il cuore con una lama di ferro
2
.
Nella tradizione europea, comunque, il modello del vampiro è in genere quello dei
paesi slavi, nei quali la leggenda vampirica risale alla notte dei tempi, e dove ancora oggi,
specialmente in zone periferiche, c’è ancora chi crede che i morti possano risorgere e
succhiare il sangue ai vivi.
Per quanto riguarda la descrizione e la spiegazione del vampiro del folclore, un vero e
proprio punto di riferimento è il volume accennato più sopra dell’autore Paul Barber
“Vampiri, sepoltura e morte”. In esso, l’autore riporta descrizioni minuziose di
testimonianze oculari e tentativi di spiegazione scientifica del fenomeno; i risultati a cui
giunge l’autore sono sicuramente deludenti agli occhi degli amanti del genere horror, dal
momento che arrivano a negare che i vampiri siano mai esistiti. Il vampiro, secondo
Barber, sarebbe nato a causa dell’ignoranza della gente dei secoli passati in fatto di
decomposizione dei corpi; allo scoppio di un’epidemia o di un’anomala serie di morti, la
popolazione impaurita dissotterrava la prima vittima, la quale immancabilmente rivelava
1
Eracle, 2000-2001, Teorie e ipotesi sulle origini del vampiro
2
Per un elenco più dettagliato: ibidem, Teorie e ipotesi sulle origini del vampiro
2
segni di vampirismo e doveva essere uccisa per porre fine alle morti. Quelle persone si
trovavano di fronte corpi non ancora decomposti, gonfi e rossi, spesso con rivoli di sangue
intorno alla bocca, i quali mostravano, quando venivano infilzati dal paletto, di contenere
sangue ancora fluido; non sapendo che tali fenomeni non sono anomali in un processo di
decomposizione, essi concludevano che il cadavere era così gonfio e rubizzo per il sangue
rubato ai vivi, e che la sua – seconda – morte avrebbe salvato la popolazione.
Altri studiosi hanno cercato di spiegare la figura del vampiro in termini scientifici,
attribuendone la causa scatenante ad alcune malattie, come l’anemia, la catalessi e la
porfiria. Delle tre, le peggiori sono le ultime due: la catalessi porta i malati in stato di
morte apparente; i malcapitati potevano essere quindi sepolti vivi e, se la tomba veniva
riaperta, la scoperta di corpi ancora troppo “freschi” o di segni sull’interno della bara che
lasciavano intendere un tentativo di “resurrezione” causava l’immediato intervento della
cittadinanza, che per il bene comune trafiggeva, decapitava e bruciava il corpo di quello
che tutti ritenevano essere un pericolosissimo vampiro. La porfiria, invece, è una malattia
orrenda che causa, tra le altre cose, un’estrema sensibilità della pelle alla luce solare e un
assottigliamento dei tessuti intorno alle labbra e alle gengive che rende i denti decisamente
più prominenti; tale malattia spiegherebbe anche il timore di aglio e croci
1
: l’aglio stimola
le tossine presenti nel sangue facendo ulteriormente peggiorare i sintomi degli ammalati,
mentre le croci erano in tempi passati il simbolo degli inquisitori.
Tali teorie hanno avuto larghi consensi, ma sono state in certi casi confutate: si può ad
esempio citare nuovamente Barber, il quale sottolinea come i racconti dei testimoni oculari
riferissero spesso dell’assenza del cuore nel cadavere – che perciò non poteva essere stato
sepolto vivo – e dell’assenza di tratti sfigurati, caratteristica che esclude quindi una
malattia degenerante com’è appunto la porfiria
2
.
1
Bourbon Street, 1999-2000, “Perché i vampiri temevano aglio e croci” (da “Il Mattino” del 1 novembre
1998)
2
Barber, 1988, p.147-149
3
1.2. Il vampiro della fiction
Veniamo ora al vampiro più famoso e più conosciuto, quello della fiction a noi più
familiare. Le sue caratteristiche sono quelle conosciute a livello, si può dire, universale.
Prima di tutto, il momento del vampiro è la notte: durante il giorno, esso dorme all’interno
di una bara, e non può esporsi al sole, la cui luce lo annienterebbe. La pelle è pallida, i
denti aguzzi per poter succhiare meglio il sangue dalle vittime, e la sua immagine non si
può riflettere negli specchi. Per eliminarlo, occorre piantargli un paletto nel cuore, poi
tagliargli la testa e dar fuoco ai resti, mentre metodi validi per allontanarlo sono l’aglio, la
croce, l’acqua santa e, secondo la tradizione slava, anche le rose selvatiche o i rami di
biancospino
1
.
In vari contesti si è tentato di trovare ragioni culturali per tali caratteristiche. Lo
studioso Fabio Giovannini
2
dà un elenco di alcune possibili interpretazioni. L’aglio, ad
esempio, era noto fin dall’Egitto come rimedio valido contro spiriti maligni e bestie
velenose, quindi la tradizione potrebbe semplicemente essersi allargata nei secoli a
includere ogni forma maligna che deve essere scacciata (persino nelle nostre zone
occidentali l’aglio è ancora utilizzato, specialmente nei bimbi, contro i cosiddetti “vermi”,
che vengono scacciati con un vero e proprio rito di esorcismo, intonando preghiere
sommesse e facendo odorare al bambino alcuni spicchi d’aglio). L’acqua santa e la croce,
simboli sacri, allontanerebbero il vampiro in quanto creatura malvagia, e non si deve
dimenticare che la croce è stata per secoli vero e proprio strumento di tortura, che per tanto
incute timore in chi la guarda. Il paletto nel cuore si rifarebbe alla teoria illuministica,
espressa ad esempio da Voltaire, secondo la quale l’anima si troverebbe nel cuore; per cui
col paletto si andrebbe a colpire l’anima vera e propria che, staccandosi da quel corpo
1
Da notare come solo alcune delle caratteristiche elencate sono riscontrabili anche nel vampiro del folclore,
tra le quali vi sono ad esempio l’utilizzo dell’aglio o del rametto di biancospino. Per una trattazione
dettagliata dell’argomento si rimanda ancora una volta a Barber, 1988.
2
Giovannini, 1985, p.98-99
4
infame, può finalmente essere libera e salva. Infine, la luce del sole sarebbe ostile al
vampiro in quanto negatagli a causa della maledizione che grava su di lui; il taglio della
testa gli negherebbe l’integrità cui aspirava quando ha voluto sconfiggere la morte, mentre
il fuoco ha qui la sua funzione più tipica: quella di purificare.
Se il vampiro del folclore nasce, secondo un’opinione condivisa da molti studiosi
1
,
durante il medioevo, in un’epoca in cui le grandi e incomprensibili epidemie venivano
spiegate in termini soprannaturali, il vampiro della letteratura deve attendere ancora
qualche tempo: occorre infatti aspettare l’epoca dell’Illuminismo
2
. Il vampiro, infatti, era
stato per così dire creato dall’immaginario collettivo come una sorta di arma contro la
ferma fede nella Ragione da parte degli intellettuali del periodo. Secondo altri, il motivo
risiede nel fatto che con l’Illuminismo inizia a vacillare la fede nell’immortalità
dell’anima
3
, e a farsi strada invece l’ interesse per il corpo (ed infatti il vampiro non è un
demone spirituale, al contrario è carne e – soprattutto – sangue).
1
In effetti anche in questo caso, come per il problema dell’area di nascita, le opinioni sono divergenti -
Eracle 2000-2001, Teorie e ipotesi sulle origini del vampiro - , ma quella dell’origine medievale rimane la
teoria in generale più accettata.
2
Giovannini, 1985, p. 94
3
Eracle 2000-2001, Teorie e ipotesi sulle origini del vampiro.
5