2
Oggi l’amministrazione Bush è più nazionalistica e al tempo stesso più imperiale di
quanto non fosse in passato
1
. Essa cioè rivendica diritti e missione globale propri di
un “impero benevolo”, ma non è disposta a sottostare alle regole che impone agli
altri.
La Francia ritiene inoltre che la politica unilateralista, le cui tendenze erano presenti
ma “mascherate” da Bush senior e da Clinton, adottata dell’attuale amministrazione
abbia subito un’accelerazione con l’11 settembre. Questo perché i neo-conservatori
hanno, secondo la Francia, utilizzato l’11 settembre come alibi per avanzare
un’agenda, favorevole agli Stati Uniti, che aveva poco a vedere con la guerra al
terrorismo (come ad esempio il progetto di democratizzazione del Medio Oriente)
2
.
Se quindi la Francia ha giudicato la risposta militare americana contro l’Afghanistan
come parte della legittima difesa, la dottrina della “guerra preventiva” non sembrava
ai francesi un seguito logico degli attentati. L’11 settembre ha quindi legittimato e
rafforzato una tendenza unilateralista americana, i cui segni già si intravedevano agli
inizi degli anni ‘90. In questo senso l’11 settembre è stato più un rivelatore e un
acceleratore di una tendenza americana preesistente che una data inaugurale.
Secondo la Francia ci troviamo di fronte quindi ad un importante mutamento della
politica americana che è diventata più unilateralista nel suo approccio (rispetto per
esempio all’Europa).
La tesi proposta da questa ricerca è quella secondo cui i francesi ritengono che
l’amministrazione Bush rappresenti un’estremizzazione delle politiche e tendenze
dell’America del dopoguerra: un’America diffidente rispetto agli organismi
multilaterali e contraria ad impegnare il proprio strumento militare in un insieme
multilaterale, un’America contraria a condividere le informazioni e ancora meno il
decision-making interno all’alleanza, un’America desiderosa di promuovere i valori
americani all’estero.
1
Intervista a Pierre Hassner, Parigi 17 marzo 2004.
2
Jean-Yves Haine “Les Etats-Unis ont-ils besoin d’alliés?”, Payot, 2004, p. 273.
3
Un argomento che mi pareva non fosse ancora analizzato in maniera adeguata era
quindi la visione europea dell’attuale amministrazione e soprattutto della sua parte
più caratterizzante, i neo-conservatori.
Di sicuro interesse è capire come gli europei considerino la tanto discussa politica
dell’amministrazione Bush specialmente a partire dall’11 settembre, ma anche come
intendano confrontarsi con l’America attuale.
Ho quindi concentrato la mia analisi sulla sola posizione francese per varie ragioni.
Soffermarmi su un’unica posizione, sempre tenendo in conto una visione a livello
europeo, mi è sembrata la scelta migliore per una migliore analisi.
La Francia è stato inoltre uno tra i paesi europei che ha maggiormente criticato la
politica seguita dall’amministrazione Bush, e che cerca tuttora di contrapporre una
propria concezione dei rapporti internazionali a quella dell’attuale amministrazione.
Questo lavoro cerca di ragionare sui motivi che spingono la Francia ad essere
l’alleato più critico nei confronti degli Stati Uniti.
D’altra parte anche alcuni elementi dell’amministrazione americana hanno spesso
avuto difficoltà a comprendere le posizioni della Francia e hanno usato parole forti
nei suoi confronti, come Condoleezza Rice che ha considerato l’ipotesi di “punire i
soli francesi” in margine alla guerra in Iraq.
Capire i motivi di un tale disaccordo, ma anche cercare di capire se una tale
contrapposizione abbia delle radici nelle relazioni franco-americane del dopoguerra è
stato al centro dell’analisi di questo lavoro.
Per questo motivo ho ritenuto necessario analizzare i rapporti tra la Francia e gli Stati
Uniti innanzitutto sotto una prospettiva storica. In questo modo ho cercato di
individuare le varie “querelle” e incomprensioni presenti, allora come oggi
3
, nelle
relazioni franco-americane.
3
Non è un caso che proprio dopo gli attentati terroristici è uscito in Francia un libro (l’effroyable imposture) la cui tesi
centrale è che nessun aereo si sia schiantato sul Pentagono l’11 settembre, ma che sono stati gli stessi militari americani
a provocare la strage nel loro quartiere per generare una reazione più forte (come se la caduta delle torri gemelle fosse
stato insufficiente). In Francia è stato un best-seller.
4
Nello svolgere il lavoro ho quindi ritenuto necessario procedere secondo la
dimensione processuale dei fatti oggetto di questa ricerca: non si possono capire le
ragioni della odierna contrapposizione tra la Francia e gli Stati Uniti senza analizzare
le relazioni franco-americane del dopoguerra. Ad esempio è necessario studiare la
politica estera di de Gaulle e la costante ricerca di indipendenza della Francia per
cercare di capire la forte critica francese alla politica estera degli Stati Uniti seguita
agli attentati terroristici. Anche le tendenze unilateraliste americane, accentuate con
l’11 settembre, sono da ricercare nel periodo precedente agli attentati.
5
b. L’argomento
L’argomento di questa tesi sono i rapporti tra la Francia e gli Stati Uniti.
La tesi è suddivisa in due parti principali: la prima con una funzione introduttiva e la
seconda con un taglio specialistico.
La prima parte si occupa del rapporto tra la Francia e gli Stati Uniti dal punto di vista
storico a partire dal 1940 (“background” storico) e ha lo scopo di introdurre e
inquadrare il tema della tesi. In questa parte viene analizzato come si è sviluppato il
rapporto franco-americano, come quello tra due paesi che hanno un’importante storia
di alleanza e relazione, ma anche di forti contrasti. In effetti spesso i più forti
antagonismi, tra le due sponde dell’Atlantico, sono stati e sono ancora quelli tra la
Francia e gli Stati Uniti. Il rapporto franco-americano si è sviluppato secondo opposti
sentimenti, tra attrazione e repulsione e tra seduzione e gelosia.
Punto di partenza sono le difficili relazioni tra de Gaulle e Roosevelt prima della fine
della seconda guerra mondiale. Le relazioni tra i due uomini politici hanno infatti
influenzato anche quelle successive tra la Francia e gli Stati Uniti e le incomprensioni
che hanno contraddistinto i rapporti tra de Gaulle e Roosevelt sono rimaste presenti
nel rapporto franco-americano del dopoguerra
4
. Inoltre la contrapposizione tra il
“Grand Design” di Roosevelt per la creazione di un nuovo ordine mondiale con al
centro gli Stati Uniti e il progetto di de Gaulle la cui priorità era quella di restaurare la
“grandeur” e l’indipendenza della Francia del periodo precedente la guerra, possono
riscontrarsi anche nei successivi progetti politici dei governi americani e francesi.
Ancora oggi una delle ragioni del risentimento francese riflette una situazione in cui
la Francia dipende dagli Stati Uniti.
La ricerca francese, ieri come oggi, di una maggiore indipendenza dagli Stati Uniti, e
quindi di una maggiore libertà di manovra, è riscontrabile nell’atteggiamento
“neutralista” francese del dopoguerra. “Il buon vino è sufficiente. Noi non vogliamo
4
Secondo Charles Cogan gran parte della storia della Francia e degli Stati Uniti durante e dopo la guerra, “stems from
this unfortunate chemistry” tra de Gaulle e Roosevelt.
6
né la coca cola né la vodka” dichiarava “Témoignage chrétien”, che mostrava la
volontà dei francesi di rimanere indipendenti nella guerra fredda (e anche la
resistenza dei francesi contro l’americanizzazione del loro stile di vita). In realtà
l’atteggiamento francese di risentimento e di contrasto alle politiche americane era
dovuto anche al fatto che la Francia sentiva i propri interessi e quelli dell’Europa –
altra caratteristica della Francia è ancora quella di identificare i propri interessi con
quelli europei- diversi e talvolta contrastanti da quelli americani. De Gaulle lo
sottolineò in margine alla crisi di Cuba del 1962, descrivendo in questo modo una
delle differenze fondamentali che sussistono tra Europa e Stati Uniti, che comporta
forse le più forti incomprensioni e diffidenze tra le due sponde dell’Atlantico. In
effetti la divergenza tra l’Europa, le cui considerazioni sono essenzialmente regionali
e gli Stati Uniti, le cui considerazioni e interessi sono sempre più globali, si è
accentuata, come è analizzato nella seconda parte della tesi, con l’11 settembre
5
.
D’altra parte gli Stati Uniti dal 1950 si sono concentrati sulla costruzione di un
blocco occidentale in funzione anticomunista, nel quale essi rimanevano in una
situazione predominante (la creazione della NATO, la spinta alla integrazione
economica dell’Europa e tra questa e gli Stati Uniti).
Emblematici in tal senso sono stati i rapporti tra de Gaulle e Kennedy. Da una parte il
progetto di un “Grand Design” kennediano mirava ad una maggiore integrazione
economico-militare tra Europa e Stati Uniti, nel cui ambito questi ultimi avrebbero
potuto esercitare la propria leadership (attraverso il monopolio nucleare). Dall’altra la
concezione gollista mirava ad una maggiore autonomia europea/francese dagli Stati
Uniti e dall’Unione Sovietica.
La paura del comunismo (e dell’Unione Sovietica) e la debolezza dell’Europa sono
state comunque le due principali condizioni che hanno reso possibile la costruzione
della partnership euro-americana fino al 1989.
5
Vedere seconda parte della tesi p. 160.
7
Nel capitolo VI si nota come nel corso degli anni ’80 sia maturato un importante
riavvicinamento tra la Francia e gli Stati Uniti. Negli anni in cui il neutralismo e il
pacifismo crescevano fortemente in tutta Europa, la Francia, proprio perché non
faceva parte della NATO e non aveva armi americane sul suo territorio (ma aveva
una propria forza deterrente), diventava infatti il più fidato alleato nucleare degli Stati
Uniti.
Si faceva sempre più intenso però il contrasto di interessi economici tra l’America e
la Comunità europea che continuava a rafforzarsi, almeno sul piano economico.
Nel 1989 il disfacimento inatteso del blocco sovietico e l’unificazione tedesca hanno
però scosso le basi del riavvicinamento franco-americano sviluppato negli anni ’80.
La strategia americana era quella di mantenere il ruolo predominante della NATO in
Europa, limitando il potere di istituzioni concorrenti quali la CEE, la UEO e la CSCE,
e continuando quindi a gestire gli sviluppi europei e mondiali in un “new world
order”. Al contrario il disegno strategico francese era quello di rafforzare il potere e
l’indipendenza della Comunità europea legata alla NATO, ma guidata dalla Francia.
In effetti la Francia era ed è tuttora consapevole che per massimizzare la propria
indipendenza e la propria leadership è necessario un rafforzamento della Comunità.
La divergenza tra la Francia e l’America sulle maggiori questioni internazionali, quali
quelle del Medio Oriente, dei negoziati commerciali, e della struttura della sicurezza
europea rifletteva una situazione in cui gli Stati Uniti erano sempre più potenti e la
Francia sempre meno potente rispetto alla ormai sola “superpotenza”. Già negli anni
’90, quindi ben prima dell’11 settembre, come sottolineo alla fine della prima parte,
cominciava ad emergere in maniera sempre più evidente una divergenza di visione
d’insieme delle relazioni internazionali e delle strategie tra le due sponde
dell’Atlantico.
La fine della guerra fredda sembrava accentuare la tendenza americana a “fare da
soli”, dato che gli Stati Uniti erano divenuti l’unica superpotenza mondiale, per cui
apparivano meno inclini a lasciarsi dettare le proprie priorità.
8
La guerra in Kosovo rappresenta in questo senso un importante “turning point” della
crescente insofferenza americana verso le alleanze internazionali considerate come
troppo “contraignants” per la loro libertà di azione.
Oltre quindi ad individuare alcuni concetti fondamentali -la ricerca d’indipendenza
dei francesi, la volontà di esercitare una leadership a livello mondiale ed europeo
degli americani- nella prima parte della tesi viene analizzato e sottolineato lo
sviluppo delle questioni e dei problemi principali che costituiscono l’oggetto della
seconda parte della tesi: la strategia americana per l’Europa, la politica americana
vicina agli interessi israeliani e la politica “araba” delle autorità francesi.
La seconda parte ha come oggetto lo studio della percezione dell’America in Francia
dopo l’11 settembre (preso solo come punto di partenza e di riferimento). Quindi
l’attenzione è incentrata sulla valutazione francese della strategia e della politica
estera degli Stati Uniti.
Questo tema è articolato secondo diversi punti di osservazione (l’establishment
politico-diplomatico, la stampa, alcuni centri di ricerca, l’opinione pubblica) ed è
sviluppato secondo alcune questioni che ritengo fondamentali (come ad esempio la
Francia valuta il ruolo dell’America nel processo di pace palestinese) grazie alle quali
è stato possibile restringere e analizzare meglio il tema.
In questo modo questa seconda parte è costruita come una “intervista” sui generis.
Le questioni oggetto della seconda parte della tesi sono:
come le componenti dello stato e della società francesi hanno valutato la risposta
americana agli attentati dell’11 settembre, la guerra in Afghanistan e la guerra al
terrorismo (come valuta gli strumenti adoperati).
come la Francia vede il ruolo dell’America rispetto all’Unione Europea.
come la Francia valuta il ruolo degli Stati Uniti nel processo di pace in Medio
Oriente.
9
come la Francia valuta il dibattito politico interno agli Stati Uniti, al governo,
all’opposizione.
Tale ricerca, come sottolineo nella premessa, non vuole essere un’analisi
dell’antiamericanismo francese, nonostante tale fenomeno abbia influenzato e
influenzi ancora le valutazioni (e i comportamenti) dei francesi rispetto agli Stati
Uniti. Il tema centrale di questa parte è in effetti la valutazione e l’analisi (che cosa
dicono o pensano) che i singoli attori francesi fanno della situazione politica
americana. Che cosa recepiscono, che cosa ritengono maggiormente importante, a
cosa sono più sensibili e come interpretano i progetti dell’amministrazione Bush.
Secondo la maggior parte dei francesi l’attuale politica americana si discosta
nettamente dalle politiche tradizionali degli Stati Uniti. Si tratta di una politica
maggiormente unilateralista, per esempio nei confronti dell’Europa, ma allo stesso
tempo anche isolazionista, dato che l’interesse degli americani rimane il solo
interesse nella conduzione della politica estera.
Una delle tesi che emergono da questa ricerca è che la Francia considera l’11
settembre come un acceleratore di tendenze che erano comunque latenti e già presenti
nella politica di Washington ancor prima dell’insediamento di Bush. Le
caratteristiche di quest’ultima hanno però contribuito a provocare un’evoluzione della
politica estera americana. L’amministrazione Bush ha quindi sfruttato l’11 settembre
per mettere in pratica una serie di progetti e strategie che Washington “teneva nel
cassetto” (come il progetto per un “Grande Medio Oriente”).
Con il capitolo VI si apre un’analisi delle differenze presenti tra la concezione
francese e quella americana dei rapporti internazionali: il differente approccio
sull’uso della forza, le differenti percezioni delle minacce e delle priorità
internazionali. Nell’ultimo capitolo vengono infine messi a confronto le due visioni
contrapposte dell’ordine internazionale della Francia e degli Stati Uniti, non senza
criticare l’approccio utopico e ipocrita francese.
10
c. Organizzazione del lavoro
Le fonti della prima parte sono costituite per la maggior parte dai volumi monografici
sulla relazione franco-americana dal 1945, consultati all’Istituto Europeo di Fiesole e
in altre biblioteche italiane. Le monografie analizzate che ritengo più esaustive sono
quelle di Frank Costigliola “France and the United States: The Cold Alliance Since
World War II”, di Jean-Baptiste Duroselle “La France et les Etats-Unis: des origines
a nos jours” e di Charles Cogan “Oldest Allies, Guarded Friends: the United States
and France since 1940 ”. Indispensabili sono stati anche i volumi sulle relazioni
internazionali dopo il 1945 come “Storia delle relazioni internazionali. 1918-1999” di
Ennio Di Nolfo e “Europa-Stati Uniti. Un’alleanza difficile. 1945-1985” di Giuseppe
Mammarella. Inoltre sono stati utilizzati anche recenti volumi specialistici sulle
relazioni franco-americane come Philippe Roger “L’ennemi américain”, sulla politica
estera americana Walter Russell Mead “Il serpente e la colomba”, sulle differenze
fondamentali tra Europa e Stati Uniti Robert Kagan “Potere e debolezza”.
Per quanto riguarda la seconda parte è stato necessario consultare il materiale recente
“in loco”, in Francia. Il lavoro, oltre che sulla consultazione di alcuni testi recenti, si è
concentrato in alcuni centri di ricerca: l’“Institut français des relations
internationales” (IFRI), il “Centre français sur les Etats-Unis” all’interno dell’IFRI, il
“Centre Interdisciplinaire de Recherches sur la Paix et d'Etudes Stratégiques”, “The
American Center of Sciences-Po”, l'“Observatoire de la Politique Etrangère
Américaine”, il “Centre d'Études d'Histoire de la Défense” all’interno del Ministero
della difesa francese. In questi centri è stato possibile reperire articoli di riviste e di
periodici, lavori di ricerca ma anche monografie utili per il completamento della parte
storica.
Di grandissima importanza sono state le interviste da me svolte ad alcuni analisti
francesi come Pierre Hassner, Pierre Melandri, Frédéric Bozo, Saida Bedar, Bernard
Frédérik e Khadija Finan.
11
Infine è anche da segnalare l’utilità del materiale raccolto su internet, come le
dichiarazioni di de Villepin reperibili sul sito del Ministero degli Esteri francese o le
politiche dell’amministrazione Bush sul sito del governo americano.
12
PRIMA PARTE
IL RAPPORTO TRA FRANCIA E STATI UNITI DAL 1940 AL 2001
CAPITOLO I 1940 - 1945
I.1 La disfatta francese del 1940
Con il collasso dell’esercito francese e la riduzione dello stato della Francia a nazione
in parte occupata nel giugno del 1940, è possibile individuare un importante punto di
svolta nella relazione tra Francia e Stati Uniti.
L’evento catastrofico che sconvolse letteralmente gli americani, non fu né
l’aggressione nazista contro la Polonia, né la dichiarazione di guerra dell’Inghilterra e
della Francia alla Germania, ma la sconfitta francese del 1940
6
.
L’armistizio della Francia con la Germania suscitò forti inquietudini nel governo
americano. La “fortezza americana” perdeva una delle due linee di difesa avanzate
(l’altra era la flotta britannica), inoltre la Gran Bretagna rimaneva il solo paese a
contrastare la Germania hitleriana. Anche l’opinione pubblica americana percepì che
un pericolo diretto minacciava gli Stati Uniti. Un sondaggio Gallup condotto nel
dicembre del 1940 rivelava che il 60% degli americani (contro il 36% del maggio
precedente) si dichiarava favorevole ad aiutare l’Inghilterra, nonostante ciò
comportasse il rischio di entrare in guerra.
Tra l’altro la caduta della Francia poneva fine al grande prestigio di cui quest’ultima
godeva negli Stati Uniti, e contribuiva a formare, nelle menti degli americani, la
duratura immagine di debolezza (politico-militare) dei francesi
7
.
Per gli Stati Uniti si poneva inoltre il problema di quale fosse il governo legittimo
della Francia.
6
Jean-Baptiste Duroselle “La France et les Etats-Unis: des origines a nos jours”, ed. Seuil 1974, p. 158.
7
Frank Costigliola “France and the United States: The Cold Alliance Since World War II” New York c1992, p. 8.
13
Il maresciallo Pétain era diventato Presidente del Consiglio francese nel giugno del
1940, e aveva aperto immediatamente le trattative per l’armistizio. Prima della sua
firma il generale de Gaulle lanciò il suo famoso appello da Londra, nel quale
sosteneva che la Francia doveva continuare la guerra, e che il governo Pétain, a causa
della stessa richiesta di armistizio, era un governo illegittimo. Ad ogni modo
inizialmente non ci furono problemi di interpretazione per Washington: “nessuno
mise in dubbio la legittimità del governo Pétain (…) E’ solo nel 1943 che il generale
de Gaulle offrì un’alternativa chiaramente definita al governo di Vichy” affermò il
funzionario americano, Robert Murphy
8
. Freeman Matthews, funzionario americano
a Vichy, descriveva con le seguenti parole Pétain: “il solo uomo che oggi può parlare
a nome della Francia, e che possiede il prestigio e l’affetto del suo popolo”. Gli Stati
Uniti pensavano di poter esercitare la propria influenza sul governo di Pétain,
controbilanciando l’influenza della Germania. Quindi intrecciarono strette relazioni
diplomatiche con Vichy, e ignorarono largamente la “France libre” (il gruppo
costituito da de Gaulle in Gran Bretagna, il cui obiettivo era anche quello di
sostituirsi al governo Pétain come governo legittimo della Francia), nonostante le
simpatie che questo movimento suscitava nell’opinione pubblica americana.
Inoltre gli Stati Uniti, grazie ad un trattato di commercio con il regime di Vichy,
avviarono la propria penetrazione economica nell’Africa francese.
Nonostante ciò Pétain, convinto che la vittoria tedesca fosse inevitabile, continuò a
cooperare con la Germania.
8
Jean-Baptiste Duroselle “La France et les Etats-Unis: des origines a nos jours”, ed. Seuil 1974, p. 161.
14
I.2 Roosevelt e de Gaulle
I rapporti di Roosevelt con Pétain, ma soprattutto con de Gaulle, sostiene Duroselle,
furono responsabili di conseguenze incalcolabili per l’avvenire delle relazioni franco-
americane
9
. Dello stesso avviso è Cogan, il quale sostiene che gran parte della storia
della Francia e degli Stati Uniti durante e dopo la guerra, “stems from this
unfortunate chemistry” tra de Gaulle e Roosevelt
10
.
Il presidente americano e il generale francese avevano due personalità e due
background molto differenti. Soprattutto le loro prospettive e le loro politiche
divergevano. Roosevelt stava elaborando un programma a lunga scadenza (il “Grand
Design”) per la creazione di un nuovo ordine mondiale con al centro gli Stati Uniti.
De Gaulle aveva come priorità quella di restaurare la “grandeur” della Francia del
periodo precedente la guerra.
Roosevelt, ancor prima di incontrare de Gaulle, lo aveva definito come un uomo
privo di lucidità. Nei successivi incontri tra i due uomini i reciproci stereotipi si
rafforzarono ulteriormente. In effetti una totale incomprensione caratterizzò fin
dall’inizio i rapporti tra de Gaulle e Roosevelt. Il presidente americano vedeva de
Gaulle come un militare (non propriamente democratico), egoista (lo chiamò “prima
Donna”), ambizioso di stabilire la propria dittatura in Francia. Soprattutto Roosevelt
si mostrava ostile nei confronti di de Gaulle in quanto “egli si era dimostrato essere
inaffidabile, non cooperativo e sleale”, in sostanza “indipendente”, aggiunge
Costigliola
11
.
Dall’altra de Gaulle si fece un’idea di Roosevelt e degli americani (nonostante
conoscesse a malapena l’America) destinata a condizionare la sua politica, anche
quando, diversi anni dopo la morte di Roosevelt, avrebbe governato la Francia per 11
anni.
9
Jean-Baptiste Duroselle “La France et les Etats-Unis: des origines a nos jours”, ed. Seuil 1974, p. 163.
10
Charles Cogan “Oldest Allies, Guarded Friends: the United States and France since 1940 ”, Westport London 1994,
p. 31.
11
Frank Costigliola “France and the United States: The Cold Alliance Since World War II” New York c1992, p. 24.
15
Gli Stati Uniti, sosteneva de Gaulle, dopo un’età di isolazionismo (la tendenza
jeffersoniana, secondo Mead
12
) si erano lanciati in “vastes desseins”, spinti da una
sorta di “messianisme” (la tendenza wilsoniana, secondo Mead) e da un istinto di
dominio. Secondo de Gaulle, Roosevelt aveva abbozzato dei piani per la costruzione
di un ordine mondiale del dopoguerra centrato su Washington.
Inoltre, nella politica di Roosevelt, il generale francese vedeva degli sforzi per
preparare e stabilire una “pax americana”, in cui i popoli sarebbero stati subordinati
agli ideali americani
13
. Costigliola sottolinea come la tendenza di Roosevelt durante
la guerra ad interpretare il ruolo del “conqueror”, data la tendenza americana ad
identificare i propri interessi con quelli degli altri paesi, irritasse particolarmente de
Gaulle.
“Le immagini che le nazioni si fanno le une delle altre sono sempre deformate, piene
di incomprensioni e forzature”, sosteneva cinquanta anni fa Hanna Arendt
14
. Questa
affermazione sembra adattarsi bene ai rapporti tra gli Stati Uniti e la Francia.
La sfiducia di Roosevelt nei confronti di de Gaulle si aggravò quando la “France
libre” occupò l’isola di St. Pierre et Miquelon (che era sotto il controllo di Vichy),
nonostante l’opposizione del governo americano. Al contrario questo episodio
rafforzò il sostegno dell’opinione pubblica americana nei confronti di de Gaulle, visto
come l’esponente della lotta contro il fascismo.
Quindi Roosevelt cercò di impedire che de Gaulle giocasse un ruolo politico
importante nel corso della guerra.
Quando gli americani si fecero convincere dagli inglesi che, prima dello sbarco in
Europa, bisognava chiudere la partita nell’Africa francese del nord, scelsero il
12
Vedere Walter Russell Mead “Il serpente e la colomba”, Garzanti, 2002.
13
Charles de Gaulle “Mémoires de guerre”, t. II, pp. 79-80.
14
Citato in Federico Rampini “Antiamericanismo di sempre”, The New York Review of Books, n. 6, 2003. Vedere
seconda parte della tesi p. 111.