L’Illuminismo radicale in Italia e in Europa:
Alberto Radicati, conte di Passerano
III
4
Capitolo I
INTRODUZIONE GENERALE SULL’ILLUMINISMO
I.1 Introduzione all’Illuminismo
<Illuminismo> o <secolo dei Lumi>1 sono comunemente le espressioni
indicate per designare il nuovo periodo della cultura filosofica, apertosi nelle
principali aree d’Europa a partire dalla fine del ‘600 e conclusosi verso la fine
del ‘700.
Due citazioni significative ci introducono nel variegato mondo del pensiero
illuminista2:
«...L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve
imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza
la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa
non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del
coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro.
Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza! E’ questo il
1
F. RESTAINO, Storia della filosofia. La filosofia moderna: Illuminismo, Criticismo, Idealismo,
Utet, Torino, 1999, p. 4; V. infra, p. 7 e p. 8.
2
La bibliografia riguardante l’Illuminismo è sconfinata. Qui ricordiamo solo alcuni tra gli studi
storiografici più importanti: P. HAZARD, La pensée européenne au XVIIIe siècle, Librairie
Arthème Fayard, Paris, 1979. 1e édition: Boivin et Cie, Paris, 1946; W. SCHNEIDER, Die wahre
Aufklärung. Zum Selbstverständnis der deutschen Aufklärung, Freiburg i. Br. / München 1974; T.
W. ADORNO - M. HORKHEIMER, Dialettica dell’Illuminismo, trad. it. Einaudi, Torino 1966; R.
KOSELLECK, Critica illuministica e crisi della società borghese, Il Mulino, Bologna 1972; E.
CASSIRER, La filosofia dell’Illuminismo, La Nuova Italia, Firenze, 1936 (1977); AA. VV.,
Interpretazioni dell’Illuminismo, a cura di A. Santucci, Il Mulino, Bologna, 1979.
5
motto dell’Illuminismo...»3.
In queste poche righe ricche di contenuto, Immanuel Kant, nel 1784,
incoraggia l’uomo moderno a risvegliarsi dal lungo sonno che ha annebbiato la
ragione e a servirsi della sua luce senza tentennamenti, per liberarsi dai lacci
dell’ignoranza e delle false credenze accettate acriticamente e dogmaticamente
per troppo tempo. Il Lume razionale diventa strumento prezioso e indispensabile
nelle mani dell’uomo, permettendogli di diventare padrone di se stesso,
offrendogli strumenti adeguati per sottoporre a critica le idee del passato, gli
sviluppi sociali e politici, le credenze religiose e le relative dinamiche
comportamentali.
«Il periodo dell’Illuminismo non trae l’ideale di questo pensiero dalle
dottrine filosofiche del passato; ma esso ideale gli si viene formando sul modello
e sull’esempio che riscontra nella scienza naturale di quel tempo»4.
Questa seconda citazione è una riflessione del filosofo e storico del pensiero
Ernst Cassirer, che ci offre un’autorevole chiave interpretativa delle origini del
movimento illuminista. Certo Cassirer non intende sostenere che l’Illuminismo
nacque dal nulla, giacché tutto ciò che nasce, inclusi idee e movimenti culturali o
rivoluzionari, presuppone l’esistenza di una <paternità> e l’Illuminismo, con
tutta la sua forza dirompente, non sfugge a questa regola5. Il filosofo tedesco,
piuttosto, sottolinea come questa corrente nacque dal rifiuto dell’<eredità
paterna>, vale a dire delle teorie non solo filosofiche, ma anche politiche e di
giustizia sociale del passato, per porsi come punto di rottura e di nuovo inizio,
facendo proprio il metodo sistematico e razionalistico che aveva caratterizzato
gli sviluppi della nuova mentalità scientifica del XVII secolo. Basti pensare al
metodo razionalista di Cartesio e Leibniz, o all’empirismo di Galilei e Newton.
Con l’avvento del XVIII secolo prendono corpo, sotto il nome di
3
I. KANT, Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto, in risposta alla domanda “Che cos’è
l’Illuminismo?”, a cura di N. Bobbio - L. Firpo - V. Mathieu, Utet, Torino, 1965, p. 141.
4
E. CASSIRER, La filosofia dell’Illuminismo, op. cit., p. 23.
5
Lo storico Franco Venturi, al contrario, critica proprio chi ha cercato di trovare nel passato più o
meno recente dell’Illuminismo alcune delle motivazioni che hanno portato alla sua nascita. Per
Venturi questa è una visione storica <deformante>, tipica della concezione conservatrice di coloro
che hanno paura del <nuovo>, dell’<inatteso>; F. VENTURI, Utopia e riforma nell’Illuminismo,
Einaudi, Torino, 1970, pp. 10-12.
6
Illuminismo, concetti e idee che già nel secolo precedente si erano visti
germogliare in settori del pensiero molto diversi tra loro come la politica, la
filosofia e la scienza, ma che si svilupperanno in modo variegato e disomogeneo
a seconda del contesto sociale e culturale dei vari Stati europei. Il trait d’union
che accomuna i nuovi pensatori europei è costituito dalla promozione di riforme
civili all’insegna della ragione, della tolleranza e dei diritti dell’individuo, da una
visione apertamente critica dei tempi e dal richiamo all’uso esclusivo della
ragione e del metodo scientifico per un’indagine rigorosa, coerente e
decisamente antimetafisica della realtà. Per tutti, il centro delle loro riflessioni è
l’uomo hic et nunc, immerso in questa realtà mondana, la sola indagabile
razionalmente. Le critiche colpiscono la religione tradizionale, le superstizioni,
le paure dell’ignoto, i pregiudizi, la morale, l’ignoranza, l’ingiustizia, la
concezione elitaria della cultura (le opere illuministe hanno per lo più un
carattere divulgativo6), il principio di autorità, ma anche gli stessi regimi politici
laddove la libertà dell’uomo sia limitata o censurata. Tutti guardano al futuro, in
molti casi sospinti da un aperto ottimismo7 nella loro visione progressiva della
storia dell’uomo, altre volte portati al disincanto e ad una deriva scettica come
risultato delle loro riflessioni8. Infatti, se è comune il punto di partenza, non sarà
così per quanto riguarda le soluzioni proposte. Le risposte ai vari problemi non si
svilupperanno in modo omogeneo e concorde, ciò anche a causa del contesto
6
Amos Funkenstein nota però che: “Può sembrare abbastanza ironico che la concezione medievale,
elitaria, della conoscenza fosse stata associate, allora [leggi: nell’Illuminismo], alla filosofia
aristotelica, che è fondamentalmente una filosofia del senso comune, la quale tende a spiegare
<meglio ciò che tutti sanno>, mentre la nuova idea egualitaria di una conoscenza aperta e
sistematica veniva associata alle nuove scienze, le quali non solo derivavano in parte da premesse
controintuitive ma, proliferando, acquistarono un carattere così spiccatamente tecnico da poter
essere padroneggiate con molta difficoltà dalle persone colte non specialiste”. A. FUNKENSTEIN,
Theology and Scientific Imagination from the Middle Ages to the Seventeenth Century, Princeton
University Press, Princeton (NY), 1986; trad. it.: Teologia e immaginazione scientifica dal
Medioevo al Seicento, Einaudi, Torino, 1996, p. 430.
7
Alcune volte l’ottimismo è addirittura entusiastico, come si nota in Marie Jean Antoine Nicolas de
Caritat, Marquis de Condorcet, matematico, economista e filosofo francese. Egli, animato da una
assoluta fiducia nel progresso dell’uomo, vede nella ragione umana, accompagnata dalle scienze,
un’unione di esperienze che garantiscono un sicuro progresso umano. Per ironia della sorte, morirà
in carcere dopo la Rivoluzione Francese (alla quale aveva partecipato attivamente), per essersi
opposto alla nuova Costituzione. N. CONDORCET, Quadro storico dei progressi dello spirito
umano, a cura di R. Guiducci, trad. e note di M. Augias, Rizzoli, Milano, 1989, pp. 122-123.
8
Come Jean-Jaques Rousseau e David Hume, per fare due esempi.
7
politico-sociale in cui vengono maturando.
Le idee illuministiche9 si diffondono a partire dalla Gran Bretagna nel
periodo a cavallo tra XVII e XVIII secolo, coinvolgendo in seguito tutte le
principali nazioni europee, in particolar modo la Francia, che possiamo
individuare come sede ideale insieme alle terre britanniche, l’Olanda, la
Germania, l’Italia, ma anche la Russia e la Spagna. Alla base del suo sviluppo
troviamo l’esigenza di modernizzazione del potere politico da parte degli
intellettuali del tempo, che, seguendo il l’ideale del cosmopolitismo, diventano
viaggiatori essi stessi per verificare in prima persona ciò che criticano e studiano.
La figura dell’intellettuale di corte finisce col prevalere, in un primo tempo,
su quella dell’intellettuale indipendente, tanto auspicato da Pierre Bayle, che,
dalle pagine delle Nouvelles de la République des lettres (rivista da lui stesso
fondata) sperava in una comunità di uomini acculturati senza confini geografici e
politici, basata sul cosmopolitismo, il pacifismo, la tolleranza religiosa e
l’accettazione del diverso10. Soggiornando presso le corti, l’intellettuale può
godere non soltanto di un pubblico d’élite, ma anche di protezione da parte del
Sovrano. Solo verso la metà del XVIII secolo gli intellettuali troveranno la forza
e il coraggio di emanciparsi dal controllo politico-religioso in occasione di un
progetto tanto ambizioso, quanto fondamentale: l’Encyclopédie ou Dictionnaire
Raisonné des Sciences, des Arts et des Métiers11, la prima grande classificazione
del sapere, che prendeva spunto dal quel Dictionnaire historique e critique del
1697, considerato l’opera capitale di Bayle12.
9
V. infra, p. 4 e p. 8.
10
Per un approfondimento del pensiero di Pierre Bayle: G. PAGANINI, Analisi della fede e critica
della ragione nella filosofia di Pierre Bayle, La Nuova Italia, Firenze, 1980; G. PAGANINI, Tra
Epicuro e Stratone. Bayle e l’immagine di Epicuro dal Sei al Settecento, La Nuova Italia, Firenze,
1980 (estratto da: Rivista critica di storia della filosofia, 1/1978); G. PAGANINI, The Return of
Scepticism. From Hobbes and Descartes to Bayle, proceedings of the Vercelli conference, May 18
th.- 20 th, 2000, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht / Boston / Londre, 2003; G. MORI, Tra
Descartes e Bayle. Poiret e la teodicea, Il Mulino, Bologna, 1990; G. MORI, Introduzione a Bayle,
Laterza, Roma-Bari, 1996; G. MORI, Bayle philosophe, Champion, Paris, 1999. Lo sviluppo del
pensiero di Bayle, in relazione con quello di Alberto Radicati, si troverà nel capitolo IV,
sottocapitolo 3.a.
11
V. infra, p. 20 e p. 21.
12
G. PAGANINI, Analisi della fede e critica della ragione nella filosofia di Pierre Bayle, op. cit.,
pp. 123-135 e p. 391.
8
Ma solo in una visione più specifica, che prenda in considerazione anche le
varie peculiarità dei singoli Stati europei, è possibile cogliere le sfumature
intrinseche del movimento illuminista, dal momento che sotto questo termine si
ritrovano diverse correnti, interpretazioni e principi. Infatti, l’Illuminismo risulta
essere in realtà un fenomeno culturale estremamente variegato nel panorama
europeo, essendo le differenze legate in modo molto stretto al contesto sociale e
politico dei vari Stati.
Ci soffermeremo qui di seguito su una descrizione del fenomeno
illuministico inglese, francese, tedesco e italiano, introducendo alcuni fra i più
importanti filosofi che fanno parte dell’Illuminismo, quindi della stessa corrente
di pensiero a cui appartiene Alberto Radicati, conte di Passerano. Si analizzerà
se, e come, questi studiosi entrano in rapporto diretto o indiretto con la figura del
filosofo piemontese; rapporti a cui saranno dedicati in modo preciso i capitoli III
e IV, con l’aggiunta di altri pensatori (non presenti in questo capitolo) come
Blount, Shaftesbury, Vauvenargues, Boulainvilliers, che riguardano in particolar
misura la sfera più radicale dell’Illuminismo. Alberto Radicati, grazie alla
profondità e al contenuto dei suoi scritti, si inserisce infatti nella frangia più
radicalizzata del pensiero illuminista. Dell’Illuminismo radicale e del legame che
ha con Radicati, ci occuperemo in particolare all’inizio del capitolo II, prima di
introdurre la biografia dell’autore.
I.2 L’Illuminismo europeo
a. Inghilterra e Scozia
Come precedentemente accennato, l’Illuminismo13 in Europa vede muovere i
suoi primi passi in Gran Bretagna (con l’Enlightenment), dove trova terreno
fertile sia dal punto di vista politico, all’indomani della Rivoluzione, sia da
quello religioso. Il potere monarchico è limitato dal Parlamento, mentre la
13
L’Illuminismo europeo: Enlightenment in inglese, Lumières in francese, Aufklärung in tedesco e
Ilustracíon in spagnolo; V. infra, p. 4 e p. 7.
9
Chiesa si caratterizza per l’atteggiamento piuttosto tollerante non solo rispetto al
manifestarsi di culti diversi, ma anche verso le critiche che le vengono mosse dal
mondo della cultura. Inoltre, la società inglese, che imbocca per prima in Europa
la strada della modernità, si trova di fronte a nuovi problemi e a nuove necessità.
Questi tre aspetti, politico, religioso e sociale, favoriscono la circolazione di idee
innovative e il nascere di numerosi circoli di intellettuali che fanno capo a
università, salotti, caffè, dove i nuovi free-thinkers14 si sentono liberi di
affrontare e discutere temi anche <scomodi>, che in altri Stati d’Europa, dove al
contrario vige il potere assoluto, sarebbero condannati, non esistendo il diritto
alla libertà di parola come invece in Inghilterra.
Emblema delle idee illuministiche che la Gran Bretagna vede germogliare e
che, da lì a breve avrebbero conquistato tutto il continente, sono gli scritti di
John Locke, medico, politico e filosofo. Possiamo convenzionalmente
identificare la data di nascita dell’Illuminismo in Inghilterra con il 1690, anno di
pubblicazione del suo Essay Concerning Human Understanding (Saggio
sull’intelletto umano), nel quale l’autore analizza i limiti dell’intelletto umano.
Locke sostiene che tutti i contenuti della conoscenza che la ragione elabora,
derivano dalla sensazione e dalla percezione, vale a dire dall’esperienza15 e nega
l’esistenza di idee innate16, per cui possiamo ulteriormente definire il suo
14
Terminologia inglese per indicare i “liberi pensatori”, cioè gli esponenti più innovatori
dell’Illuminismo. Le prime correnti di free-thinkers nacquero in Inghilterra e in Olanda, ossia le
nazioni più liberali e con le vedute più aperte di tutta l’Europa dell’epoca. Alberto Radicati di
Passerano fu un free-thinker, probabilmente il primo in Italia. Sui free-thinkers avremo modo di
approfondire il discorso nei capitoli successivi.
15
J. LOCKE, Saggio sull’intelletto umano, trad. it. di N. Abbagnano, Utet, Torino, 1971, IV, xvii,
1, p. 763: “Se la conoscenza generale, com’è stato dimostrato, consiste nella percezione
dell’accordo o disaccordo delle nostre idee e la conoscenza dell’esistenza delle cose fuori di noi
(eccettuata solo quella di Dio, la cui esistenza ognuno può conoscere con certezza e dimostrare a se
stesso a partire dalla sua propria esistenza) può essere ottenuta solo dai sensi, quale posto rimane
per l’esercizio di ogni altra facoltà che non sia il senso esterno e la percezione interna? Che bisogno
c’è della ragione? Un gran bisogno: sia per estendere la nostra conoscenza sia per regolare il nostro
assenso. Essa infatti ha a che fare sia nella conoscenza sia nelle opinioni ed è necessaria, e di aiuto,
a tutte le altre nostre facoltà intellettuali”.
16
Ibid., I, i, 1, p. 69: “E’ opinione diffusa che ci siano nell’intelletto certi principî innati, alcune
nozioni primarie, χοιναί έννοιαι, caratteri, per così dire, impressi nello spirito dell’uomo, che
l’anima riceve fin dal primo momento della sua esistenza e porta con sé nel mondo. Sarebbe
sufficiente, per convincere i lettori scevri da pregiudizi della falsità di questa supposizione il
mostrare (come spero di fare nelle seguenti parti di questo discorso) come gli uomini, soltanto col
10
pensiero come empirista e anti-innatista. Per il filosofo inglese gli strumenti
conoscitivi umani sono, oltre alla sensazione, l’intelligenza e la ragione. Al di là
della ragione si trova il mondo della fede, le cui verità, pur non potendo avere
carattere di certezza, non possono contraddire la ragione17. Questa può
dimostrare solo l’origine divina della Rivelazione, mentre la fede ha come
oggetto la Rivelazione stessa18. Dio e la sua parola sono posti sullo sfondo, in un
mondo solo probabile e da cui è esclusa la razionalità. Nell’opera La
ragionevolezza del cristianesimo, Locke suggerisce un’interpretazione delle
Scritture ridotta all’essenziale, accompagnata da una profonda critica ai dogmi
della tradizione cristiana successiva. I principi fondanti del cristianesimo
vengono identificati con i dettami morali della ragione naturale19, così che, come
Arrigo Pacchi sostiene: «Il dio dei filosofi meccanicisti, assomiglia sempre meno
al dio personale del Cristianesimo, e sempre di più alla garanzia ultima
dell’ordine razionale dell’universo macchina, secondo un’immagine che il
deismo si incaricherà di divulgare nel secolo seguente»20.
Il razionalismo critico21 di John Locke pone quindi i fondamenti del sensismo
e del deismo che si diffonderanno nel ‘700 e che influenzeranno in modo
particolare l’Illuminismo radicale22.
semplice uso delle loro facoltà naturali, possono acquistare tutta la conoscenza che hanno senza il
soccorso di alcuna impressione innata e raggiungere la certezza, senza tali nozioni originarie o
principî”.
17
Ibid., IV, xviii, 5, p. 788: “Nessuna proposizione può essere accettata come rivelazione divina o
ottenere l’assenso dovuto a tutte quelle che sono tali, se è contraddittoria con la nostra chiara
conoscenza intuitiva”.
18
Ibid., IV, xviii, 6, p. 790: “Tutto ciò che Dio ha rivelato è certamente vero: nessun dubbio ci può
essere su questo. Questo è l’oggetto proprio della fede; ma se si tratti o no di una rivelazione divina,
è la ragione che deve giudicarlo”.
19
“Dio rivelò, per mezzo della luce della ragione, a tutta l’umanità che volesse far uso di quella
luce, che Egli era buono e misericordioso.[...] La legge è l’eterna, immutabile norma del giusto”: J.
LOCKE, La ragionevolezza del cristianesimo quale risulta nelle Scritture, in Scritti religiosi e
filosofici, a cura di M. Sina, Rusconi, Milano, 1979, p. 410.
20
A. PACCHI, Il razionalismo del Seicento, Loescher, Torino, 1993 (1978), p. 219.
21
Traiamo questa <etichetta> ancora da Arrigo Pacchi: “E giacché si parla di etichette, sembra
forse opportuno distinguere piuttosto il razionalismo seicentesco in due fasi: una prima, che
potremmo definire <dogmatica>, riguarderebbe fondamentalmente Descartes e Hobbes; una
seconda, <critica>, comprenderebbe sia Locke che Leibniz, mentre una sorta di cerniera tra le due
sarebbe offerta in questo caso da Pascal e Spinoza”, in Ibid., p. 15.
22
Il sensismo in generale sostiene che l’unica conoscenza possibile è quella che si raggiunge per
mezzo delle sensazioni tramite l’interazione tra corpo e ambiente, se poi la realtà conoscibile sia
11
Questo pensiero, che segna in definitiva l’inizio di un lungo percorso che
attraverserà tutti i Paesi europei anche se con differenti sfumature, tende dunque
a separare la scienza (che si occupa di ciò che è naturale) dalla religione (che si
occupa di ciò che è sovrannaturale), fino ad arrivare con Hume (esponente di
punta dell’Illuminismo scozzese) all’abbandono dello stesso deismo in favore di
un moderato scetticismo.
Ma John Locke è importante anche per aver definito per la prima volta la
teoria politica del liberalismo. Nei Due trattati sul governo, sostiene che gli
uomini nascono liberi ed uguali23, e il compito del potere politico è quello della
salvaguardia della vita, della proprietà privata e della libertà dei cittadini ed è
limitato anch’esso dal rispetto della legge. Locke definisce la libertà secondo un
principio valido ancora oggi: la libertà di agire senza impedimenti ma senza
invadere lo stesso diritto altrui24. Questa teoria si basa su una visione positiva
delle capacità umane di autodeterminazione. Il concetto di Stato in Locke è
molto attuale, nella sua definizione di garante della giustizia e dei diritti dei
cittadini sulle basi di una dottrina politica derivata dall’attività razionale.
La teoria politica lockiana affronta problemi molto importanti e delicati per
l’epoca e darà vita a fondamentali sviluppi negli anni a venire, grazie anche alla
corrente illuministica radicale che farà capo a John Toland, Anthony Collins e
Mattew Tindal, e che risentirà in maniera considerevole del pensiero del filosofo
inglese. In ultima analisi si può quindi affermare che tra i radicali e Locke ci sia
oggettiva o meno è uno dei problemi che la visione sensistica si è posta nel corso della sua storia. Il
sensismo è altro rispetto all’empirismo, che è più precisamente una teoria gnoseologica che vede in
ciò che può essere sperimentato l’unico ambito della realtà conoscibile. Il deismo caratterizza un
atteggiamento da un lato fortemente critico verso le inutili sovrastrutture dottrinali e dogmatiche
delle religioni rivelate, in particolare quelle del cattolicesimo; dall’altro, favorevole ad un ritorno di
una religiosità semplice, immediata e razionale, vista soprattutto come utile insegnamento morale.
23
“Per ben intendere il potere politico e derivarlo dalla sua origine, si deve considerare in quale
stato si trovino naturalmente tutti gli uomini, e questo è uno stato di perfetta libertà di regolare le
proprie azioni e disporre dei propri possessi e delle proprie persone come si crede meglio, entro i
limiti della legge di natura [...] E’ anche uno stato di eguaglianza, in cui ogni potere e ogni
giurisdizione è reciproca”: J. LOCKE, Secondo trattato sul governo, II, 4, in Due trattati sul
governo e altri scritti politici, a cura di L. Pareyson, Utet, Torino, 1948, p. 235.
24
Ibid., II, 6, pp. 237-238: “[La legge di natura] insegna a tutti gli uomini, purché vogliano
consultarla, che, essendo tutti eguali e indipendenti, nessuno deve recar danno ad altri nella vita,
nella salute, nella libertà o nei possessi, perché tutti gli uomini [...] sono proprietà di colui di cui
sono fattura”.
12
un legame molto stretto, anche se in alcuni momenti non mancano vivaci
polemiche tra di loro.
Il nucleo sostanziale della speculazione di John Toland25, che fu certamente
uno dei principali ispiratori delle riflessioni di Alberto Radicati di Passerano, è
un razionalismo ormai nettamente illuministico. Egli pone alla base del suo
pensiero la forza della ragione, grazie alla quale si possono spiegare e conoscere
anche i principi e i dogmi religiosi. Tutto ciò che non è comprensibile non è vero
e deve essere respinto.
La ragione permette a Toland di approcciarsi alla dimensione religiosa come
se si trattasse di un qualsiasi altro campo d’indagine. Nell’opera Christianity not
Mysterious del 1696 critica e sminuisce l’irrazionale e canonica interpretazione
della fede cristiana, considerandola capziosa e insostenibile.
Partendo dal monismo spinoziano, secondo il quale Dio e la natura sono una
cosa sola, Toland porta alle estreme conseguenze la lotta contro l’irrazionale
presente nel cristianesimo che, di per sé, <non è misterioso>, a favore di una
religione universale, comunitaria e rituale che sembra trovare espressione nella
massoneria.
L’adesione allo spinozismo per Toland si rivela fondamentale al punto tale da
essere stato definito da alcuni critici suoi contemporanei: «Spinozist» e «a
zealous disciple of Spinoza»26. La Rivelazione non è più autorità, ma viene
25
Lo sviluppo del pensiero di Toland, in relazione con quello di Alberto Radicati, si troverà nel
capitolo IV, sottocapitolo 2.e.
26
J. I. ISRAEL, Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of Modernity 1650-1750,
Oxford University Press, Oxford, 2001, p. 609: “Toland was regularly classified a ‘Spinozist’ in the
early eighteenth century, particularly (but by no means only) by continental authors. Buddeus,
Germany’s prime authority on atheism, considered Toland ‘a zealous disciple of Spinoza’. Listing
Europe’s chief ‘Spinozist’ in 1744, Zedler’s universal dictionary includes only one British name
and was Toland’s”. In realtà Toland criticherà Spinoza nelle sue Lettere a Serena: J. TOLAND,
Lettere a Serena, in Opere, a cura di C. Giuntini, Utet, Torino, 2002, pp. 189-336. Lett. IV. A un
gentiluomo olandese: dove si dimostra che il sistema di Spinoza è privo di qualsiasi principio o
fondamento, in Ibid., pp. 280-296.
Similarmente a Toland, anche Alberto Radicati di Passerano partirà dal pensiero di Spinoza (dal suo
naturalismo ad esempio), arrivando poi a conclusioni personali che si allontano dal filosofo
olandese e dal cristianesimo, per essere sulla stessa lunghezza d’onda di quelle degli illuministi più
radicali britannici, come lo stesso Toland, Collins, Tindal e Shaftesbury; “He argues, like Spinoza
and Shaftesbury that ‘good’ can be determined only by what benefits society and the individual.
Thus where pain and misery outweight what is worthwhile in life, suicide is both a perfectly natural
13
sostituita da un’interpretazione razionale che rende chiaro il senso delle Sacre
Scritture e che finisce col contrapporre alla religione positiva, resa superflua27
dall’esame razionale, un credo filo-naturalistico, deistico. Queste ovvie, anche se
non esplicite, conclusioni portano alla condanna dell’opera da parte del
Parlamento irlandese e a un’aperta polemica con lo stesso Locke.
Come Toland, anche Anthony Collins28 nell’opera a carattere divulgativo,
semplice e diretta, Essay concerning the Use of Reason del 1707, prende spunto
dal pensiero di Locke per sostenere che le verità di fede non sono superiori alla
ragione, ma conformi ad essa. Secondo Collins infatti, ciò che non è
razionalmente comprensibile cade nel campo della semplice superstizione e
dell’idolatria. Anche le Sacre Scritture devono essere interpretate non sul piano
letterale, ma su quello allegorico.
La ragione è elemento autonomo e consente all’uomo di ribellarsi al
dogmatismo religioso. Tutto ciò conduce Collins a riflettere su alcune
considerazioni anche in ambito politico. Sostiene a gran voce la Rivoluzione del
1688 grazie alla quale è stato possibile portare la libertà in Gran Bretagna sul
modello olandese, svincolandosi dal dominio buio e cieco della religione.
Gli scritti di Collins vengono presto tradotti anche in francese, per una
diffusione anche continentale delle sue argomentazioni. In Inghilterra,
soprattutto la pubblicazione nel 1713 della sua opera principale Discourse of
Free-Thinking, gli procura aspre critiche, per cui Collins si vede costretto a
and also a ‘good’ solution”: J. I. ISRAEL, Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of
Modernity 1650-1750, op. cit., p. 69. Questi argomenti su Radicati verranno trattati dettagliatamente
nei prossimi capitoli, soprattutto nel capitolo V; mentre altre informazioni e approfondimenti su
Spinoza si troveranno nel capitolo II, sottocapitolo 1.
27
J. TOLAND, Il cristianesimo senza misteri, in Opere, op. cit., pp. 93-187. Trattato che dimostra
come nel Vangelo non vi sia nulla di contrario né superiore alla ragione e come nessuna dottrina
cristiana possa essere definita propriamente un mistero. “Penso di poter ormai concludere
legittimamente che niente è un mistero perché non ne conosciamo l’essenza [...]. E non mi
preoccupo molto che tali essenze sfuggano alla mia conoscenza, poiché mi mantengo fermo nella
convinzione che ciò che l’infinita bontà non si è compiaciuta di rivelarci, o siamo in grado di
scoprirlo da soli, o non abbiamo alcun bisogno di comprenderlo”, in Ibid., p. 147.
28
Lo sviluppo del pensiero di Collins, in relazione con quello di Alberto Radicati, si troverà nel
capitolo IV, sottocapitolo 2.d.