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Presentazione
La schiavitù, può essere considerata la prima forma storica dello
sfruttamento dell’uomo sull’uomo: infatti, uno schiavo, insieme ai mezzi di
produzione diventa una mera proprietà privata del proprietario. La schiavitù,
perciò, converte ogni singolo essere umano in una cosa o in un bene di consumo.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di delineare le origini, il
consolidamento e il declino della tratta degli schiavi in età moderna. Soltanto
durante il Settecento, mentre il commercio degli schiavi raggiungeva il suo apice,
emerse in Occidente un vivace dibattito tra schiavisti e antischiavisti. Maturarono
allora vibranti denunce contro la mercificazione degli esseri umani in nome sia
dell’umanitarismo cristiano, che della dottrina illuministica dei diritti dell’uomo.
Ho suddiviso il mio lavoro in tre capitoli, cercando di far emergere la
continuità di tale fenomeno.
Nel primo capitolo analizzo la tratta atlantica: le sue origini, la sua
organizzazione, il percorso delle rotte commerciali dall’Europa fino all’America
e le conseguenze economiche che tale sistema economico ha prodotto
nell’Europa dell’età moderna.
Nel secondo capitolo propongo invece una sintesi del dibattito relativo
all’abolizione sia della tratta atlantica che della schiavitù in sé tra Sette e
Ottocento; tale discussione si concluderà con la stipula di alcuni trattati tra i vari
Stati europei che sancirono la definitiva abolizione della schiavitù.
Nel terzo capitolo, infine, affronto nello specifico le tesi sviluppate durante
il dibattito settecentesco sulla schiavitù in Italia. Dopo aver delineato i tratti più
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significativi dell’Illuminismo e delle riforme che ad esso si ispirarono, mi
concentrerò nell’analisi di un testo anti-schiavista pubblicato nel 1789
dall’illuminista napoletano Matteo Angelo Galdi.
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Capitolo I: La tratta degli schiavi africani
1. 1 L’organizzazione della tratta atlantica degli schiavi (sec. XVI-XIX)
Gli uomini nati da un medesimo padre, avrebbero dovuto formare una sola
grande famiglia, unita dai dolci vincoli di un fraterno amore. Essa avrebbe
somigliato, crescendo, ad un albero il cui tronco produce innalzandosi rami
infiniti, d'onde escono frondi, e da queste altre ancora, nutrite dallo stesso
succo, animate dalla medesima vita. In una famiglia, tutti hanno di mira
l'utile di tutti. Nessuna rivalità, nessun dissidio è possibile quando non si ha
che un medesimo interesse
1
.
Se questi legami si fossero conservati tali e quali erano stati in origine, la
maggior parte dei mali che affliggono l'umanità sarebbe rimasta ignota. È il caso
della nota tragedia che colpì il popolo africano a seguito della scoperta del Nuovo
Mondo.
Come è noto la schiavitù è un fenomeno che caratterizzò gran parte della
storia dell’uomo: nel caso dell’Europa, almeno fin dall’antichità classica
2
. Per più
di tre secoli la tratta atlantica degli schiavi fu una delle peggiori piaghe
dell'umanità. A partire dal XVI fino al XIX secolo, milioni di uomini, donne e
bambini furono comprati in Africa e deportati come schiavi in America
3
. Nel XVI
secolo, le grandi potenze europee iniziarono a creare insediamenti nel Nuovo
Mondo; il commercio dei neri acquisì grande importanza a partire dal 1510, e dal
1518 in avanti esso divenne una delle colonne portanti dell’economia europea.
In realtà, la tratta degli schiavi in Africa si divide in tre filoni: quello
Transahariano, quello Orientale e infine l’Atlantico. Mentre quest'ultimo si
1
F. R. de Lamennais, Il libro del popolo della schiavitù moderna, Milano, Edoardo
Sonzogno, 1848, p.11.
2
P. Castagneto, Schiavi antichi e moderni, Roma, Carocci editore, 2001, p. 7.
3
P. Clammer, M. Grosberg, J. Porup, Repubblica domenicana e Haiti, Torino, EDT,
2009, p. 24.
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sviluppò nel XVI secolo, la schiavitù in Africa era già presente da molti secoli
(almeno dal 600 d.c.) lungo le vie dell'espansione musulmana, per consolidarsi
con la conquista araba dell'Africa del nord. Gli africani vennero deportati
attraverso il deserto del Sahara e le regioni dell'Africa orientale, verso il Maghreb,
l'Egitto, il Medio Oriente e i paesi dell'Oceano Indiano per svolgere soprattutto
lavori domestici o per essere arruolati nell'esercito; le donne, inoltre, vennero
utilizzate come serve nelle case oppure negli harem. In altre parole, il commercio
atlantico degli schiavi non fu, almeno inizialmente, una realtà imposta all'Africa
dall'Europa. L'esistenza di un traffico di schiavi, di lunga durata e interno al
Continente nero, fece si che, almeno sul Continente africano, la tratta restasse
nelle mani degli africani stessi.
Ma fu nel 1444 che si verificò la prima vendita di schiavi in Europa,
episodio che anticiperà la tratta vera e propria. In quest'anno, infatti, Lancarote
4
,
un capitano portoghese, sbarcato sulle coste della Guinea, catturò 165 prigionieri
e l'8 agosto, giunto in Portogallo, mise in vendita il primo contingente di schiavi
africani. Lisbona divenne, da quel momento, il maggior mercato schiavista
d'Europa
5
.
Gli africani si catturarono e si assoggettarono tra di loro, in genere al
termine dei frequenti conflitti militari che contrapposero gli stati africani, conflitti
sui quali gli europei ebbero inizialmente scarsa influenza. La maggior parte degli
schiavi proveniva dall'Africa del centro-ovest a causa delle guerre di conquista
intentate da regni come quello del Congo. Il tragitto che gli schiavi dovevano
4
C. Giglio, Nuove questioni di storia moderna, Milano, Marzorati, 1970, p. 606.
5
B. Chiarelli, Dalla natura alla cultura. Principi di antropologia. Volume III: Uomo,
ambiente e società oggi, Padova, Piccin Nuova Libreria, 2004, p. 102.
5
compiere dall'interno del continente fino alla costa fu perciò gestito dagli stessi
popoli africani, che poi vendevano i loro prigionieri ai negrieri europei.
Indubbiamente la scoperta dell'America, con la conseguente colonizzazione
europea, fu all’origine della diffusione dello sfruttamento degli schiavi negri. La
svolta che condusse all’ampliamento dell’impiego di lavoro schiavistico si deve
all’introduzione della produzione di canna da zucchero, almeno laddove si
sviluppò l’economia di piantagione
6
. La struttura economica che gli spagnoli e
portoghesi realizzarono in Sud America, infatti, si fondava su grandi piantagioni
ed aveva quindi bisogno di una manodopera numerosa e resistente alla fatica e al
clima torrido. Gli indigeni, infatti si erano dimostrati immediatamente non
“adatti” al gravoso lavoro dell’agricola estensiva coloniale: fu questa la ragione
fondamentalmente per cui si iniziò ad importare gli schiavi africani che già
lavorarono in Spagna. Di una prima importazione dalla Spagna ad Haiti si ha
notizia nel 1501; il diritto di far rifornimento di schiavi e, quindi, di organizzare
un vero e proprio commercio, restò prerogativa dei sovrani europei, i quali però
non presero formalmente parte al commercio, ma lo offrirono in appalto a
mercanti o a ricchi banchieri.
Il diritto di comprare o catturare schiavi in Africa e di venderli poi
nell’America si definì asiento; si trattava di un contratto tra il sovrano e un
contraente (un privato o una compagnia) che comportava il rispetto di precise
condizioni di tempi di consegna e il prezzo
7
; dopo il 1511 alcuni decreti
autorizzarono il traffico di negri dalle coste della Guinea alle Indie occidentali.
6
P. Delpiano, La schiavitù in età moderna, Roma-Bari, Laterza, 2009, p. 10.
7
P. Castagneto, Schiavi antichi e moderni, p. 38.
6
L’anno successivo il domenicano Bartolomè De Las Casas, “il protettore
degli Indios”, a cui stava a cuore che le popolazioni indigene non venissero
sterminate, suggerì di utilizzare gli schiavi negri nei lavori pesanti. Si è perciò
sostenuto che Las Casas sia stato il responsabile dell'introduzione in Sud America
della tratta degli africani, dal momento si pensava che gli africani fossero più
resistenti al lavoro in un clima torrido. La sua proposta venne accettata nel 1517,
anno a cominciare dal quale si sviluppò una sistematica esportazione di schiavi
verso il Nuovo Mondo.
Il principale mercato divenne, già nella prima metà del XVI secolo, quello
caraibico, dove gli spagnoli impiantarono le prime piantagioni di zucchero; questa
pratica fu poi estesa dai portoghesi in Brasile.
L'impiego di schiavi di colore venne anche giustificato in base a ragioni
religiose. La Chiesa spagnola, infatti, temeva che lo sfruttamento degli indigeni
ostacolasse l'evangelizzazione di questi territori, cosa che si cercò di evitare
proprio con l’importazione degli africani nel Nuovo Mondo.
Per tutto il XVI secolo la tratta rimase un monopolio ispano-portoghese. Il
XVII secolo, invece, vide emergere e poi prevalere l'attività degli olandesi,
francesi, inglesi, i quali soppiantarono i portoghesi nell’organizzazione di tale
commercio.
Dalla fine del Cinquecento la tratta atlantica si svolse in tre tappe: dai porti
europei salpavano i vascelli carichi di mercanzia (tessuti, perle e soprattutto
zucchero e armi) destinati all'Africa, dove le merci venivano scambiate con i
mercanti locali in cambio di schiavi. La seconda tappa era rappresentata dalla
traversata dell'Atlantico in direzione dell'America; nella terza tappa venivano
7
trasportati in Europa i prodotti lavorati dagli schiavi in America, i quali in parte
ritornavano proprio in Africa per essere scambiati con nuovi schiavi. Questo ciclo
di tipo triangolare durò per oltre secoli, dalla metà del XVI secolo alla metà del
XIX secolo.
I mercanti europei solitamente si appoggiavano laddove le compagnie
mercantili possedevano già una base e un referente indigeno ben collaudato. Il
partner locale veniva scelto in modi diversi; in certi casi poteva trattarsi di un
sovrano locale, il quale aveva bisogno dell'aiuto europeo per rafforzare il suo
dominio in una data regione africana. Altre volte erano tribù o clan della costa a
svolgere l'attività di intermediazione
8
.
Gli schiavi, una volta catturati, venivano ammassati in costruzioni
approssimative, ricoveri fetidi e infetti, o nei recinti come il bestiame. Una delle
più antiche strutture di questo tipo è il castello di Saint George, costruito nel 1482
dai portoghesi, situato nella città portuale di Elminà, in Ghana, a 180 chilometri
ad ovest della capitale Accra
9
. Qui gli schiavi venivano reclusi e ammassati a
centinaia in una stanza buia per mesi, fino al momento della vendita quando erano
nutriti, curati, lasciati riposare, ripuliti e unti con olio di palma per ben figurare
davanti ai mercanti. Nel 1665 gli inglesi costruirono una stanza sotterranea
collegata direttamente con il mare che arrivò a contenere anche mille schiavi: era
talmente buio che avevano difficoltà persino a vedere il proprio vicino. Le donne
addossate l’una sull’altra, almeno 400 alla volta, venivano rinchiuse in una stanza
8
G. Pietrostefani, La tratta atlantica. Genocidio e sortilegio, Milano, Jaca Book, 2000,
p. 122; L. A. Lindsay, Il commercio degli schiavi, Bologna, Il Mulino, 2011.
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M. Trovato, Sulle rotte degli schiavi. Dal Ghana alla Tanzania un lungo viaggio nella
storia, in Rivista Africa, 2007, all’indirizzo internet:
http://www.reportafrica.it/articoli.php?categoriacod=CUL&idarticolo=255