-Introduzione-
La riflessione sul caso Lysenko trae metaforicamente la sua origine dal concetto
wittgensteiniano di ‘misura inesatta’.
Le vicende di Trofim Denisovič Lysenko, il biologo favorito di Stalin che nel 1948
– e per più di quindici anni – riuscì ad imporre in URSS una situazione dittatoriale
nella comunità scientifica attraverso l’abolizione della genetica mendeliana e
l’imposizione di una teoria ‘non ortodossa’ che, in onore dell’agronomo russo Ivan
Mičurin - pioniere di tale concezione -, fu battezzata ‘mičurinismo’, rappresentano
una costante storiografica sbalorditiva, tanto che ci si può domandare a buon diritto
a cosa valga riproporne la lettura, oggi, a cinquant’anni esatti dalla sua consacrazione.
Scriveva Giuseppe Montalenti nel 1977:
“Ora ci si può domandare: a che pro rispolverare questa triste pagina di storia della
biologia sulla quale è stato pronunciato un giudizio definitivo? In realtà la sentenza
sul merito scientifico è stata largamente diffusa nell’opinione pubblica con la più
ampia documentazione, e non è davvero il caso di ritornarci sopra. Tuttavia rimane
su questa vicenda un grande interrogativo. Come si è potuto giungere a tanto, nel
secolo XX, in un paese ricco di alta tradizione scientifica, da parte di un governo che
dimostra la più seria considerazione della ricerca scientifica, e che si ispira ad una
filosofia, l marxismo, che tiene in massimo pregio la scienza? Il giudizio negativo è
troppo facile […] occorre indagare le cause che hanno consentito, anzi determinato
la triste vicenda, che ha avuto così gravi conseguenze, e così profonde implicazioni
non soltanto dal punto di vista scientifico, ma anche da quello ideologico e politi-
co.”
1
Se il fenomeno della mutazione culturale e scientifica dell’età staliniana è ormai no-
to in tutti i suoi dettagli, infatti, se la portata teorica del ‘darwinismo creativo sovieti-
1
Cfr. Belardelli [1977]
5
co’
2
è un fatto ormai misurato e su cui un verdetto è stato pronunciato, molto si può
dubitare dell’esattezza, per seguire l’idea di Wittgenstein, del sistema di misura che si
è impiegato.
Non perché, al contrario di quanto si pensi, all’interno della Storia ci sia un Sistema
di Misura privilegiato o che disponga in sé e a priori di una maggiore affidabilità
tecnica o euristica rispetto agli altri modelli ‘concorrenti’, ma perché il concetto
stesso di misurare, lo si vedrà sotto diverse forme, è un concetto derivato da una
pratica sociale e limitato ad un preciso contesto semantico d’uso.
E non si intende introdurre, d’altronde, nessun elemento innovativo in questa ricca
storiografia lysenkiana, nessuna pietra di paragone metalinguistica che abbia il potere
di giustificare eventuali errori o di dirimere la matassa delle diverse opinioni secondo
una ‘prospettiva razionale’: i documenti utilizzati per il presente lavoro sono gli stessi
a cui la maggioranza di tale storiografia fa riferimento e non si pretende, per ripren-
dere un’espressione di Dominique Lecourt, fare “sul fenomeno del lysenkismo alcu-
no scoop”.
3
In più non condividiamo la teoria della storicizzazione come razionalizzazione del
dato empirico, poiché non condividiamo la visione del concetto di razionalità come
qualcosa di astorico, definibile secondo regole indipendenti dal contesto materiale in
cui sono concretamente inserite.
Condividendo un’idea di Massimo Cacciari, interpreteremo le analisi sulla ‘realtà’
del caso Lysenko come un ‘riportare alla luce’ volontario e non indipendente alle
condizioni della soggettività dell’agente razionale – razionale relativamente ad un
insieme di valori – che opera in concreto tale rilettura di ciò che il passato ci lascia.
Rilettura che si fonda quindi su un universo di criteri e di convinzioni che non pre-
scinde dal singolo e dalla comunità, che desume il suo senso nell’ambito del ‘para-
digma’ in cui è concepita e solo dentro il quale diviene descrittiva di qualcosa, che
compie sul passato una misurazione – il peso delle le cause e delle ragioni, la profon-
2
Definizione che lo stesso Lysenko proponeva per la sua teoria
3
Cfr. Lecourt [1977]
6
dità delle conseguenze, l’ampiezza del fenomeno nella sua globalità, il suo ‘spessore
sociale’- che definiremo inesatta.
Nell’ambito di questa imprecisione essenziale, di questa approssimazione ad una
norma di vero anti-ideologico che esiste solo come ideale, dell’esattezza formale che
nasconde solo pressappochismo o da un trasversale tentativo riduzionistico sostenu-
to da qualche idiosincrasia filosofica e destinato a fallire, si definisce il discorso in-
torno all’ideologia scientifica e alla biologia di Lysenko.
‘Quella che ti offro (“è più o meno li”) è una misurazione inesatta. Ma tu mi sei
debitore del concetto di misura’.
Si osserverà la storia del lysenkismo, la sua genesi e il suo declino, le sue cause poli-
tiche, sociali, ideologiche, le sue relazione con precedenti fenomeni della storia della
scienza (il neolamarckismo) e con lo stato di cose (i principi della genetica neomen-
delina) che intendeva superare in nome di una concezione della scienza ‘proletaria e
progressista’.
Saranno discusse e criticate alcune delle principali tesi storiografiche, cercando nes-
si e discrepanze e evidenziando quanto ci sia di inevitabilmente ideologico nel rac-
contare e nel ‘misurare’ un’ideologia, quanto il valore di un fatto, quindi, sia condi-
zionato da quello che a tale fatto vogliamo far significare e dal contesto teorico in cui
tale fatto è inserito e in cui risulta, secondo una terminologia epistemologica, ‘osser-
vabile’.
Osserveremo in questo processo comparativo il ruolo molteplice dell’ideologia nel
metodo storico, attraverso quel fenomeno che chiameremo ‘ideologia iperbolica’ in
analogia al celebre vertiginoso ‘meccanismo del dubbio’ descritto da Descartes nelle
sue Meditazioni Metafisiche, e cercheremo di trarne alcune conseguenze epistemolo-
giche sulla scorta dell’analisi di alcune posizioni di filosofia della scienza notoriamen-
te controcorrente, come quelle di Amsterdamski, di Canguilhem o di Feyerabend.
Quello che si tenterà di fare in questo senso è una ricerca specifica di ridefinizione:
il concetto di ideologia scientifica - e il caso Lysenko è poi un’ideologia scientifica? -
7
può avere una funzione teorica all’interno della discussione sul metodo e la razionali-
tà della scienza?
Per rispondere a questa domanda (senza la pretesa che la risposta sia in qualche
modo conclusiva, ma che possa rivelare tracce interessanti di ricerca), infatti, bisogna
mettere in una corretta relazione la nozione di ideale e quella di ideologia, come si
vedrà nei capitoli finali.
Non mancherà, infine, un riferimento alla versione marxista del ruolo dei processi
ideologici nelle dinamiche di formazione e di sviluppo di una società data, e della
gestione ideologica e classista dei prodotti culturali - fra cui la scienza - in quanto
specchio di tale struttura sociale: in particolare sarà presa in considerazione la posi-
zione di Althusser inerente alla contestualizzazione dell’ideologia nei meccanismi di
un tessuto economico produttivo nella sua teoria degli Apparati Ideologici di Stato.
Questo lavoro, usando il titolo di un famoso testo di Amsterdamski, si situa ‘tra la
Storia e il Metodo’, o, meglio, cerca di proporre delle congetture valide in ambito
epistemologico per ciò che concerne il problema della razionalità del metodo scienti-
fico e del ruolo giocato in esso dall’ideologia, partendo dall’analisi storica e storiogra-
fica di un evento che sembra dischiudere anche a distanza di anni prospettive di
volta in volta innovative – e fra loro inconciliabili – e che non cessa di riaffacciarsi,
seppure solo citato e spesso malamente, in un gran numero di lavori di storia e di
filosofia della scienza dedicati apparentemente ad altro, in una sorta di “Eterno ri-
torno di Lysenko” (Buican, 1978).
Gettandoci nella mischia delle definizioni che vanno dal lysenkismo come “forma
di neolamarkismo ipertardivo” a quella di “traduzione scientifica dei principi del
materialismo dialettico” fino a “allucinazione collettiva” e a “errore senza verità e
deviazione senza norma” non ci esimeremo certo dal fornirne una nostra e dal mo-
strare che il giudizio di Montalenti, corretto nel dire che “la sentenza sul merito
scientifico [della biologia di Lysenko N.d.A.] è stata largamente diffusa” non coglie
affatto nel segno nel concludere “e non vale la pena tornarci sopra”.
8
Vale invece la pena perché sopravvive all’interno delle molteplici testimonianze e
della sempre più dettagliata documentazione il ‘problema del lysenkismo’ nei con-
fronti del ‘fatto del lysenkismo’ e perché a nostro avviso una storia che si considera
esaurita è soltanto una storia dimenticata.
Lysenko: “Historie termineé, Histoire interminable?”
4
4
Cfr Lecourt [1977] p.XXVII
9
- PARTE PRIMA-
Potete mandarci al rogo, potete bruciarci vivi, ma non
rinunceremo mai alle nostre convinzioni.
N. I. Vavilov
Genesi e significato di una “scienza proletaria”.
10
Capitolo I
Dell’estate 1948, cosa si ricorderà? Che, meteorologi-
camente, fu una ‘strana estate’ senza dubbio… ma an-
che da altri punti di vista. Infatti, c’era la guerra a Geru-
salemme, o la ‘tregua’. Si combatteva in Malesia e in
Indocina. Berlino sul chi vive, bloccata ad ovest, e as-
serragliata dagli aerei mobilitati da tre potenze, i cui
rappresentanti stavano negoziando a Mosca. […] Ma,
in mezzo a tutto questo, che creava degli avvenimenti
nuovi per la storia, si produceva un fatto che aggiunge
molto alla stranezza di quell’estate. A Mosca, mentre la
stampa del modo intero parlava e riparlava delle guerre
esistenti e della grande minaccia del conflitto nuclea-
re,[…]la Pravda con tirature di milioni di esemplari per
milioni di donne e di uomini, dal 4 al 12 agosto 1948,
ha consacrato alla sessione Pansovietica dell’Accademia
di Agronomia 18 pagine delle 44 di cui il giornale di-
sponeva quei giorni. Nessun fatto in seguito […] ha
potuto avere una rilevanza nella stampa sovietica para-
gonabile a quella che è stata accordata alla discussione
sullo Stato della scienza biologica, aperta dal rapporto
dell’accademico T.D.Lysenko, fra i rappresentanti della
genetica čclassica e quelli della tendenza mičuriniana.
L. Aragon
“ Il caso Lysenko ”
Una considerazione preliminare: comprendere un fenomeno della portata del
lysenkismo nelle sue complesse diramazioni dentro e fuori l’Unione Sovietica, signi-
fica innanzitutto operare a diversi livelli di analisi e tenere assieme prospettive anche
non convergenti.
Bisogna osservare con occhio storico ‘il fatto’ e le sue cause, siano esse nel dominio
del sociale, dell’economico o facciano invece parte di una più vasta risposta a stimoli
di carattere ideologico o culturale, saper leggere poi una vicenda di storia della gene-
tica che è anche tragedia politica e soprattutto umana, e imbattersi infine all’interno
11
del complesso intreccio delle fonti storiche, alcune datate altre più recenti, alcune
dirette altre di seconda mano, alcune ‘lysenkiste’ altre ‘antilysenkiste’…
Di qui una vera e propria investigazione comparatistica, un confronto di opinioni e
testimonianze non di rado fra loro discordanti che tenti di rendere ragione ancora
una volta
5
di un fenomeno di natura polivalente e strutturata; un vero ‘caso’, un
‘affare’ di taglia quasi poliziesca
6
e di difficile interpretazione, così come fu percepito
nel mondo occidentale già fin dalla sua primissima comparsa, nell’autunno del 1948.
Il 31 luglio del 1948 si era aperto nell’Accademia Lenin di Scienze Agricole (chia-
mata anche Vashnil) un grande dibattito, indetto per porre soluzione alla crisi che
imperversava in Unione Sovietica all’interno delle scienze biologiche già da tempo a
causa dello scontro fra la corrente dei genetisti classici e una nuova corrente che
propugnava un approccio ‘alternativo’ ai problemi di genetica, capeggiata
dall’accademico Trofim Denisovič Lysenko: la lettura del rapporto che egli presentò
in chiusura di dibattito di fronte all’auditorio della gremitissima assemblea riferì
solennemente alla comunità scientifica sovietica e - in seguito - all’opinione pubblica
mondiale la decisione del Comitato Centrale del Partito comunista di schierarsi a
favore della tendenza propugnata da Lysenko nella biologia e nelle scienze agricole e
l’attuazione immediata di un piano di riorganizzazione radicale di tutti gli organismi
responsabili in conformità con le nuove direttive.
Ad accrescere il mistero e l’incertezza dell’epoca contribuiva senz’altro l’esiguità
delle informazioni che riuscivano a valicare ‘la cortina di ferro’ della censura sovietica
e soprattutto l’imbarazzante sproporzione fra gli enormi successi teorici e pratici che
pretendeva di aver raggiunto questo nuovo ‘darwinismo creativo sovietico’
7
, e la ben
scarsa quantità e consistenza dei fatti che effettivamente potevano essere ascritti al
suo attivo con certezza, almeno alla luce dei pochi documenti allora in possesso:
“Colpisce soprattutto”, osserva pertinentemente Dominique Lecourt - filosofo fran-
5
Cfr. “Avant Propos” di Althusser a Lecourt [1977], e più avanti cap. IV parte seconda.
5
Come ben evidenziato in Kotek [1986]
7
Un sinonimo allora molto in voga per “teoria lysenkista” in cui è sottintesa una contrapposizio-
ne nei confronti dei rappresentanti della genetica in URSS allora considerati come seguaci di
un’interpretazione reazionaria e metafisica del darwinismo.
12
cese di scuola althusseriana e noto critico del lysenkismo, che ritroveremo più volte
nel nostro discorso - commentando il contenuto del resoconto, “l’assenza di qualsia-
si rapporto organico tra la ‘teoria, e i ‘fatti’.”
8
Effettivamente, a parte una serie di articoli a carattere senzazionalistico
9
su alcune
presunte innovazioni tecniche ottenute tramite l’applicazione dei principi mičiurinia-
ni
10
su specifiche piantagioni a larga scala che ebbero l’effetto di aprire la polemica,
tutto ciò che in occidente si conosceva sulla questione era il contenuto del rapporto
stenografato costituente il testo degli interventi che seguirono ed integrarono il di-
scorso di Lysenko, la maggior parte pro ed alcuni contro, durante suddetta Sessione
che si svolse durante l’agosto del 1948 nella Vashnil, rapporto pubblicato in tradu-
zione e solo parzialmente in Francia dal poeta e intellettuale Louis Aragon – uno dei
maggiori protagonisti della diffusione occidentale del caso Lysenko – in un numero
speciale della prestigiosa rivista da lui diretta Europe.
11
In questa “sessione tristemente celebre”
12
fu condannata a morte la genetica classi-
ca in URSS e la teoria di Lysenko ebbe, dopo anni di implacabile propaganda, defini-
tivo riconoscimento.
Ma questa fu, in un certo senso, solo la fine della storia.
Mancava in occidente la percezione di ciò che realmente fosse accaduto alla radice
del fenomeno, come d’altronde un’appropriata analisi dei suoi risvolti di carattere
teorico e ideologico, soprattutto nell’ambito della delicata e controversa questione
8
Cfr. Lecourt [1977], p. 23.
9
Per esempio l’articolo che diede fuoco alle polveri, pubblicato nelle Lettres Françaises il 26 ago-
sto 1948 e firmato da Jean Champenois con il titolo ‘Un grande avvenimento scientifico: L’eredità non è
governata da fattori misteriosi’ o il dibattito sulla rivista Combat sul tema Mendel …o Lysenko? Le scien-
ze dell’eredità sono stete costruite per duecento anni su un errore? (Cfr. Lecourt [1977],p. 4 e sgg.)
10
Ivan Mičurin (1855-1935) naturalista ed orticultore russo che divenne celebre per alcuni parti-
colari incroci ed alcuni esperimenti empirici su ibridazioni fra alberi da frutto e che gli valsero nel
1921 la possibilità di guidare un progetto teso alla creazione di varietà di piante da frutto nella
Russia Centrale e nel 1931 il Premio Lenin: nella sua opera sono descritte numerose realizzazioni
ottenute con metodi incompatibili con i principi della genetica classica e con le leggi di Mendel
(come ad esempio l’ibridazione vegetativa o il ‘metodo del mentore’) a cui Lysenko si ispirerà
abbondantemente nella formulazione della sua teoria e che ricorderà sempre come chiari esempi
di confutazione pratica della scienza genetica.
11
Europe, ottobre 1948.
13
dei rapporti tra marxismo e scienza in un paese come l’URSS che della teoria di Marx
aveva fatto una vera e propria ideologia di stato
13
.
Era poi di fatto tutto da definire il significato della nuova situazione in un contesto
come quello della guerra fredda: testimonianze come quella di Marcel Prenant o di
Stefano Aloisi
14
, pur da differenti angolature, evidenziano il senso di smarrimento
che invase coloro che, soprattutto in ambienti di orientamento comunista, si interes-
sarono del caso e non poterono evitare, volenti o nolenti, una qualche presa di posi-
zione.
Lysenko per molti era un pazzo, un visionario, e la nuova tendenza da lui professa-
ta una pura e semplice aberrazione di ciò che poteva essere una vera scienza, un
lugubre salto indietro verso superate concezioni lamarckiane e vitaliste; eppure si
dovevano quantomeno prendere in considerazione i molteplici progressi pratici che
egli senza timore di smentita vantava di aver conseguito tramite l’applicazione dei
concetti derivati dalla sua teoria, e si doveva in tutti i casi render ragione in qualche
modo dell’approvazione e del successo che gli erano attribuiti in un paese dal passato
scientifico e culturale così prestigioso come l’URSS.
Era sotto gli occhi di tutti lo scontro avvenuto senza esclusione di colpi nella già
menzionata Sessione speciale della Vashnil, e le posizioni assunte dai partecipanti in
quella importante occasione; eppure un’attenta lettura della discussione in atto tra i
seguaci e gli avversari di Lysenko invece di gettare luce sul problema, lo complicava.
Il dibattito sancì una condanna, trovò dei responsabili che prontamente confessa-
rono il proprio pentimento, proclamò la definitiva affermazione di una ‘scienza
proletaria e progressista’ - quella lysenkista - alle spese di una ‘pseudoscienza borghe-
se e reazionaria’- quella mendelista morganiana e waismanniana -, e si chiuse fra gli
applausi scroscianti dei presenti con la lettura del comunicato proveniente dal Comi-
tato centrale del Partito Comunista che, come abbiamo già ricordato, era favorevole
12
La definizione è tratta da Buican [1978].
13
Cfr. Althusser [1970], in Barbagli [1972]
14
Cfr. soprattutto Prenant, e Aloisi nella prefazione a Lecourt [1977].
14
alle misure repressive proposte da Lysenko: fu lo strano caso di un grandioso dibatti-
to sulla scienza che nessuno (o quasi) avrebbe mai considerato scientifico.
E non soltanto per i suoi toni, inquisitori a voler esser leggeri, ma per il contenuto
stesso delle argomentazioni e dei ragionamenti in base ai quali si intendeva mettere
in atto questo superamento di tutti i fondamenti della biologia ‘classica’ in favore di
una concezione inedita e che per molti non era sostenuta sufficientemente a livello
empirico (Jaques Monod, ad esempio, commentava. “ la vittoria di Lysenko non ha
nulla a che vedere con la scienza”), contenuto che esulava certamente dagli standard
cui era avvezza la comunità scientifica occidentale e che costituivano per così dire il
‘paradigma dominante’. Interpretare il valore e i risultati di una scienza sulla base di
paradigmi tratti da una interpretazione peraltro parziale e ‘staliniana’ dei testi di Karl
Marx ed Friedrich Engels, così come sembrava essere avvenuto in quella occasione,
costituiva infatti per molti un semplice e puro abbaglio che non meritava alcuna
ulteriore spiegazione.
La questione, come vedremo, è assai più controversa di quanto sembri a prima vi-
sta, e ha fatto scorrere negli anni i consueti fiumi d’inchiostro in un ampio confronto
che ha rimesso oltretutto in discussione molte delle convinzioni teoriche di intellet-
tuali e filosofi comunisti relative al problema di una lettura modernizzante del marxi-
smo. Astenendoci in questa sede dal discutere se la filosofia sia o no ‘la nottola di
Minerva’, resta un fatto che in questo caso la storia corse più veloce, decidendo gli
eventi assai prima di una loro comprensione: le conseguenze del battaglia culturale
terminata nel 1948 furono per chi fu coinvolto (anche scienziati di fama internazio-
nale, e non solo all’interno dell’ambito della biologia e della genetica) dirette e ineso-
rabili, e segnarono per un lungo periodo l’intera organizzazione tecnica e ammini-
strativa della comunità scientifica dell’Unione Sovietica
Nel paese dei pionieri della genetica delle popolazioni e degli studi di citobiologia
la scienza genetica era dichiarata di colpo contraria allo spirito marxista e rivoluzio-
nario che si pretendeva animasse lo sviluppo delle conoscenze scientifiche nei paesi
socialisti, ed estromessa senz’appello dall’insegnamento nelle scuole superiori, nele
15
Università e negli istituti superiori di ricerca. Geni e cromosomi fuorilegge perché
invenzione ‘metafisica’ e ‘idealista’ di teorici al servizio dei fascisti, Hunt Morgan e
Augustus Weismann
15
espunti da manuali e dai libri di testo perché traditori
dell’originario carattere materialistico e progressista del darwinismo, Gregor Mendel
e le sue “leggi dei piselli”
16
rigettati come tentativo d’introdurre l’incertezza e
l’indeterminatezza dell’analisi statistica dei fenomeni dell’ereditarietà nella metodolo-
gia delle scienze della natura, come già avvenuto in altri ambiti della conoscenza
scientifica.
17
Una rivoluzione (o un’involuzione) scientifica di grande portata e del tutto contra-
ria ad ogni previsione sembrava essersi verificata.
Facciamo un paragone.
Immaginiamo, in pieno ventesimo secolo, in un paese avanzato quanto la Francia o gli
Stati Uniti, uno scienziato che sostenesse che la terra è piatta e immobile al centro
dell’universo. Immaginiamo che questo “sapiente” fosse appoggiato dalle autorità poli-
tiche del suo paese e che, forte di questo appoggio, riuscisse a far vietare lo studio
dell’astronomia scientifica, col pretesto del suo carattere antidemocratico e reazionario.
Immaginiamo che faccia escludere dalle facoltà, dagli istituti superiori, dagli osservatori
tutti gli astronomi detti classici, che faccia arrestare, addirittura fucilare i più combattivi
fra loro, che tutti i manuali scolastici, i libri e le enciclopedie fossero purgati dalla a-
stronomia autentica. Immaginiamo che per più di vent’anni una nazione dal passato
prestigioso, estromessa dall’azione della polizia da qualsiasi informazione scientifica
corretta, sia costretta a rappresentarsi l’universo così come si vedeva prima di Coperni-
co. Immaginiamo tutto questo e capiremo ciò che è stato il lysenkoismo.
18
15
I due più celebri rappresentanti del movimento scientifico che prende il nome di ‘neodarwinismo’ e che
costituì una degli obiettivi polemici preferenziali di Lysenko. Per maggiori dettagli, vedi Cap. I Parte Se-
conda.
16
Questo tono sarcastico e denigratorio, chiaramente contrario ad ogni principio di prudenza
scientifica, rappresenta bene lo stile polemico adottato dai lysenkisti nei dibattiti.
17
Cfr. Tagliagambe[1976 a].
18
Citazione tratta da Kotek[1986], pag.9. ( trad. nostra.)
16
Questa comparazione di L.F.Revel ci pone di fronte alle condizioni che per più di
vent’anni Lysenko riuscì ad imporre in Unione Sovietica in un modo senz’altro con-
creto e diretto.
Eppure, dietro la semplicità e l’efficacia del paragone proposto, si cela una piccola
asimmetria che rende non del tutto accettabile leggere Lysenko come un ‘Tolomeo
dell’agrobiologia’: in Unione Sovietica, come vedremo anche in seguito, esistevano
già da tempo una serie di precondizioni affinché un fenomeno come quello di
Lysenko potesse effettivamente avvenire, condizioni che riguardano la sfera econo-
mica e sociale (la grande rivoluzione delle campagne in seguito alla collettivizzazio-
ne), la sfera ideologica (la cosiddetta ‘teoria delle due scienze’: quella ‘proletaria’
opposta a quella ‘borghese’), la sfera scientifica (la presenza di una tradizione neola-
marckista nella cultura sovietica e ‘presovietica’) la sfera politica (la questione scienti-
fica posta da Lenin e gli avvenimenti sul fronte culturale seguenti la sua morte).
L’idea, diffusissima in buona parte di storiografia sul tema, che Lysenko sia un paz-
zo visionario salito al potere in seguito all’aiuto di un altro pazzo visionario (Stalin) a
causa delle distorsioni della verità - inevitabili - operate dal potere dittatoriale e da
quello che chi è anticomunista chiama il ‘dogmatismo marxista’, ha, come questa
metafora, il pregio della semplicità ma manca, purtroppo, di quello della convergenza
con i fatti.
Non pretendendo altro che una diligente e (forse) costante convergenza con la
massa di materiale che dietro di sé il lysenkismo ha lasciato, ci ‘imbattiamo fiduciosi’
nella sua decrittazione, ben coscienti che, per un oscuro meccanismo della storiogra-
fia che non credo abbia a che vedere con la testardaggine, è sempre più facile ricono-
scere lo sbaglio dell’altro che quello proprio.
17