4
“uomo nuovo” anticipatore, per certi versi, dell’homo novus identificato dai
mistici con il “fascista”.
In questo capitolo fa la sua comparsa anche Emilio Bodrero, testimone della
continuità tra il clima culturale primonovecentesco da noi preso in esame, e la
Scuola di mistica, della quale fu un esponente di primo piano. I suoi primi saggi
compaiono infatti sul «Leonardo», e sul «Regno», cioè in quelle riviste che in
Papini e Prezzolini avevano i loro animatori.
Il secondo capitolo si apre con un’analisi dei risvolti politici del
pragmatismo magico, ovvero la polemica contro il sistema democratico-
parlamentare e il socialismo, cui Vilfredo Pareto diede il suo contributo con una
serie di articoli pubblicati sul «Regno» di Enrico Corradini. Ma tale polemica si
accompagna anche con un ampliamento tematico: vanno infatti emergendo talune
questioni – come la decadenza borghese e l’appello alla sua rigenerazione, il mito
nazionalistico – che sono strettamente connesse con l’ideologia della guerra.
Questioni che, sebbene troveranno piena esplicitazione soltanto sulla rivista
«Lacerba», e allo scoppio della Grande Guerra, erano tuttavia già largamente
anticipate dalla rivista «Il Regno». A «Lacerba», che raccoglie l’esperienza
futuristica di Papini in connessione con il movimento artistico fondato da Filippo
Tommaso Marinetti nel 1909, è dedicata la parte conclusiva del secondo capitolo.
I lacerbiani rappresentano indubbiamente la voce estrema
dell’interventismo e dell’esaltazione della guerra. Nella loro costruzione
mitologica della guerra convergono umori antidemocratici e antisocialistici: da
ritorno purificatore alle origini a esperienza esistenziale interiore, momento
formativo dell’individuo, la guerra si carica al tempo stesso di una valenza etico-
5
politica quale condizione per il formarsi di una aristocrazia “naturale”, e
necessario strumento di rigenerazione contro la decadenza innestata dal pacifismo
democratico (e socialistico), decadenza di cui il potere giolittiano era considerato
emblema.
Il terzo capitolo è interamente dedicato al percorso intellettuale di Julius
Evola, dagli esordi fino alla fase cosiddetta tradizionalistica. Questa scelta non è
dovuta soltanto al fatto che, con il suo itinerario intellettuale, egli rappresenta
l’anello di congiunzione tra il clima interventistico precedente alla Prima Guerra
Mondiale e la Scuola di mistica fascista di Milano, ma è dovuta anche
all’importanza che la sua teoria della Tradizione rivestì, nonostante certi
disaccordi, per la cultura fascistica in generale e la Scuola in particolare.
L’abbandono del “ribellismo” dell’Individuo Assoluto a favore
dell’“Uomo della Tradizione”, che definisce la propria libertà alla luce del
“servizio” e della subordinazione a un ordine gerarchico-organico, rappresenta
uno dei punti di riferimento teorici dei mistici. Con la Scuola egli fu d’altra parte
in costante contatto: non soltanto collaboratore di «Dottrina Fascista», la rivista
ufficiale, ma anche ascoltato teorico del razzismo “spiritualistico”, argomento su
cui proprio presso l’istituto milanese egli tenne alcune conferenze.
La seconda parte della nostra ricerca è interamente dedicata alla Scuola di
mistica fascista della quale, nel primo capitolo, viene ricostruita la storia, che
inizia nel 1930 a Milano grazie a Niccolò Giani (direttore) e ad altri giovani del
GUF milanese, con il patrocinio di Arnaldo Mussolini.
6
Nel secondo capitolo intendiamo ricostruire il panorama culturale in cui la
Scuola si inserisce attraverso il riferimento ad alcune questioni ereditate non
soltanto dalla filosofia italiana primonovecentesca, ma anche da tradizioni
culturali straniere come quella irrazionalistica e antidemocratica di Louis Rougier.
La celebrazione di un’incondizionata e fideistica obbedienza in nome di una
libertà che, spazzato il campo dal pericolo della tradizione liberal-democratica,
viene recuperata come “servizio”, si accompagna alla polemica antieudemonistica
e alla conseguente elaborazione della figura dell’homo novus fascista contrapposto
al borghese. All’interno di questo quadro di riferimento la dottrina dei mistici
trova la propria definizione, per quanto dai loro scritti emergano problematici
rapporti tra mistica, religione e politica, come testimonia d’altra parte la polemica
con l’attualismo gentiliano.
Nel terzo capitolo, alla luce del concetto evoliano di Tradizione e della
polemica contro la Modernità, sono individuate le categorie con cui è affrontata la
teoria dello Stato organico e le conseguenze implicite: ovvero la polemica contro
la distinzione società civile-Stato (nell’accezione liberal-democratica) e la
conseguente priorità dell’economia sulla politica. Rivendicata la supremazia della
politica sull’economia, e con essa la necessità di una ricostruzione della società in
chiave gerarchico-autoritaria, prende corpo il significato della “educazione
guerriera” proposta dai mistici. La critica ai principi che avevano guidato la
nascita della società moderna (libertà ed uguaglianza) e assunto l’homo
oeconomicus a soggetto della modernità stessa, e per contro la loro sostituzione
con principi eroico-sacrali, costituisce il punto di passaggio all’analisi del
significato che la guerra assume per la Scuola.
7
La figura evoliana del “guerriero” che, vincendo in guerra la paura della
morte, partecipa dell’immortalità divina, costituisce uno dei termini di riferimento
dei mistici. Esperienza esistenziale formativa e testimonianza di un incondizionato
dovere, tempo e luogo di formazione di un’aristocrazia naturale, la guerra con i
suoi valori diventa altresì il modello della “nuova società”.
8
PARTE PRIMA
FILOSOFIA E GUERRA (1903-1930)
Cap. 1. Il Pragmatismo
1.1. «Leonardo» (1903-1907)
Il 4 gennaio 1903 esce a Firenze il primo numero della rivista «Leonardo»
per l’iniziativa di Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, due giovanissimi
rappresentanti di un nuovo filone culturale che si andava formando in quegli anni
come reazione al positivismo.
1
Papini e Prezzolini si erano incontrati nel 1898 e a poco a poco tra i due si
era fatta strada l’idea di realizzare una rivista, alla quale in un primo tempo
volevano dare il titolo di «L’iconoclasta». Il progetto della rivista va in porto
soltanto cinque anni più tardi, con la collaborazione di alcuni pittori come De
Karolis, Costetti, Spadini, e filosofi come Emilio Bodrero, letterati come Emilio
Cecchi, Antonio Borgese. In brevissimo tempo il «Leonardo» ottiene una certa
notorietà per l’originale impostazione di fondo, fuori dal circuito ufficiale, per la
martellante polemica contro la cultura (soprattutto accademica) e la politica
1
A cavallo tra i due secoli il positivismo è ridimensionato notevolmente dallo sviluppo di nuove
tendenze filosofiche caratterizzate dalla polemica contro la valenza teoretica della scienza. Per
Alcan di Parigi Henri Bergson pubblica l’Essai sur le données immédiates de la conscience
(1889), Matière et mémorie (1896), Introduction à la métaphyisique (1903), Évolution créatrice
(1907). Negli Stati Uniti, di William James, per Lougmans Green and Co. di New York, sono editi
The Will to believe (1897), The varietes of Religious Experience (1902) e Pragmatism (1907). In
Italia Croce dà alle stampe una prima versione del suo sistema filosofico in Tesi fondamentali di
un’estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale (1900).
9
giolittiana, e diventa così il loro trampolino di lancio. Nel novembre del 1903,
infatti, Papini e Prezzolini (che sul «Leonardo» usano gli pseudonimi di Gian
Falco e Giuliano il Sofista) iniziano a collaborare alla rivista fondata da Enrico
Corradini a Firenze, «Il Regno», organo del nazionalismo italiano. In particolare,
Papini è nominato caporedattore.
Sono anni di intensa attività: nel 1902 Prezzolini segue le lezioni di
Bergson al Collège de France.
2
Papini si dedica intanto al suo primo scritto
filosofico, la Teoria psicologica della previsione; nel 1904, con Vailati e
Calderoni, si reca a Ginevra, al II Congresso Internazionale di Filosofia, dove
presenta una relazione dal titolo Les extrêmes de l’activité théorique. In
quell’occasione incontra Bergson e Pareto; a Roma poi, durante il Congresso
internazionale di Psicologia tenutosi nello stesso anno, conosce il filosofo
americano William James. Qualche tempo dopo, durante il soggiorno parigino del
1906, incontra l’amico Ardengo Soffici, conosce Pablo Picasso, Georges Sorel,
Étienne Boutroux, e lo stesso Bergson che gli propone di pubblicare in francese
un libro sul pragmatismo, ma questo progetto non verrà realizzato. Sempre nel
1906 è pubblicato Il Crepuscolo dei filosofi.
Assolutamente eterogenee le letture dei due fiorentini in quei primi anni
del secolo: “Furono letture non sistematiche, estemporanee, emotive, tendenti più
2
La cultura francese occupa un posto rilevante nella formazione dei leonardiani. Su questo tema
cfr. L. Schram Pighi, Bergson e il bergsonismo nella prima rivista di Papini e Prezzolini. Il
«Leonardo» 1903-1907, Bologna, Forni, 1982, e S. Zoppi, Papini e la Francia, in AA. VV.,
Giovanni Papini nel centenario della nascita, a cura di S. Gentili, Milano, Pubblicazioni della
Università Cattolica, 1983, pp. 307-322: questo volume raccoglie gli atti del convegno tenutosi a
Firenze nel febbraio 1982 a Palazzo Medici-Riccardi.
10
al giudizio sommario e sintetico che all’approfondimento analitico.”
3
Si
entusiasmano al contempo per gli scritti dei nazionalisti francesi Charles Maurras
e Maurice Barrès, e per il tedesco Meister Eckardt; leggono Spencer, Comte,
Stirner; si danno ai primi studi di occultismo, in seguito alla conoscenza di Arturo
Reghini.
4
Nel frattempo Papini si dedica alla traduzione di Ueber die Universitäts-
Philosophie di Arthur Schopenauer,
5
e Prezzolini a quella dei Fragmente di
Novalis.
6
Moltissime le iniziative in cui sono coinvolti: a partire dal 1908 Papini
cura “La Collana dell’anima” per i “tipi” dell’abruzzese Carabba, che pubblica
Aristotele, James, Bergson, Sorel, Kierkegaard; entrano inoltre in relazione con le
case editrici dell’epoca come Treves, Loescher, Studio Editoriale Lombardo,
Lumachi, Zanichelli, Ricciardi, Bemporad, Le Monnier, Bocca, Vallecchi, Hoepli,
Puccini. Iniziano una loro attività editoriale con «La Biblioteca del Leonardo».
7
Ma non è tutto. Il «Leonardo» è la capostipite di una lunga serie di riviste che
verranno fondate in seguito: oltre al già citato «Il Regno», basti pensare a
«Hermes», nata nel 1904 per iniziativa di Papini e Borgese; «La Voce», fondata
3
G. Invitto, Un «contrasto» novecentesco: Giovanni Papini e la filosofia, Lecce, Milella, 1984, p.
21.
4
Occultista, teosofo, studioso di religioni orientali, sarà colui che avvicinerà Julius Evola al
pensiero di René Guénon, e che teorizzerà il cosiddetto “Imperialismo pagano”. Questa
espressione diventerà in seguito il titolo di un’opera evoliana del 1927, dopo che Evola aveva rotto
ogni contatto con il suo “Maestro”.
5
A. Schopenauer, Ueber die Universitäts-Philosophie, Berlin, 1851 (trad. it.: La filosofia delle
università, introduzione di G. Papini, appendice di G. Vailati, Lanciano, Carabba, 1912).
6
Schram Pighi è l’unica a segnalare in bibliografia una prima traduzione dei Fragmente di
Novalis, da parte di Prezzolini, nel 1906, per la Libreria Editrice Lombarda di Milano. Cfr.
Bergson e il bergsonismo cit., p. 190. Altre fonti, come Enzo Paci (cfr. l’introduzione alla
traduzione del 1948 riedita in Novalis, Frammenti, Milano, Rizzoli, 1997, pp. 7-33), accennano ad
una traduzione del 1912 per Carabba, di Lanciano.
11
nel 1908 da Prezzolini; «L’anima», realizzata nel 1911 da Papini e Giovanni
Amendola; «Lacerba», del 1913, altra rivista dovuta all’iniziativa di Papini, con la
collaborazione di Ardengo Soffici.
Non sono degli isolati, Papini e Prezzolini: a combattere la stessa battaglia
contro la cultura e le istituzioni del tempo, in cui non si riconoscono, si trovano
spesso sullo stesso fronte delle avanguardie, e di un variegato gruppo di
intellettuali più o meno significativi di questo inizio del ‘900, come i futuristi e gli
stessi nazionalisti. Per un certo periodo, inoltre, non mancano scambi di idee con
pensatori come Gentile, Pareto, e soprattutto Croce; ma sono scambi costellati
anche da incomprensioni, e talvolta da gravi scontri.
Dal 1898, anno in cui conosce Giuseppe Prezzolini, al 1903, anno di
fondazione del «Leonardo», Papini non ha ancora maturato il futuro pragmatismo,
e sembra piuttosto attratto dal dibattito scientifico, nonostante la sua formazione
sia umanistica. Riferendosi alla gioventù, egli afferma: “La certezza, allora, mi
pareva che potesse darla soltanto la scienza e, volendo filosofia, una filosofia
abbarbicata alle scienze e nata da loro. Tutti conoscono questa filosofia: si
chiama, a’ tempi nostri, positivismo. […] Mi buttai colla fame de’ diciott’anni
sulle antropologie e psicologie e biologie e sociologie. […] Mi piaceva la ricerca
per la ricerca; l’idea che genera una più grande idea; il potere meravigliosamente
allargatore dell’astrazione. […] Da quel tempo la mia vita fu pensiero e soltanto
pensiero.”
8
Questa dichiarazione di profondo interesse per la scienza appare
sincera, ma già non mancano gli elementi per cogliere il non molto lontano
7
Per notizie più dettagliate, cfr. C. M. Simonetti, Papini «editore», in AA. VV., Giovanni Papini
nel centenario della nascita cit., pp. 307-322.
8
G. Papini, Un uomo finito, Firenze, Libreria La Voce, 1914, p. 72.
12
distacco:
9
“Le teorie mi piacevano più delle prove, le idee più che le esperienze e
due fatti soli mi sembravan più che bastanti per tirar su un sistema.”
10
Come
appare chiaramente, il “modo” è già tutto papiniano,
11
e infatti non a caso
Benedetto Croce lo accuserà di “giocare” con la filosofia: “Se è vera la
concezione idealistica, la formula pratica del «gioco» non può esserne stata che
capricciosamente dedotta.”
12
La Teoria psicologica della previsione del 1902, che delimita con estrema
chiarezza due periodi della vita di Papini, quello “scientifico” e quello
pragmatistico,
13
conferma del resto teoricamente quanto affermato finora. Al
prevedere della psicologia Papini attribuisce un valore teleologico: “Lo scopo
appunto di questo mio breve scritto è quello di stabilire un decorso psichico, che
potrebbe anche essere una legge, quello del finalismo preveditivo della
organizzazione costruttiva della mente.”
14
In sintesi: “La previsione è il fine
9
In queste parole si manifesta il volto meno conosciuto di Papini, quello positivistico, anche se
non ortodosso.
10
G. Papini, Un uomo finito cit., p. 73.
11
Un “modo” che Papini stesso ha definito con queste parole: “Ero, come sono, vagabondo e
volubile.” Cfr. Un uomo finito cit., p. 75.
12
Cfr. G. Invitto, Un «contrasto» novecentesco cit., p. 31. Lo stesso Invitto afferma: “Filosofia
come gioco, vuol dire filosofia come creatività, come estemporaneità.” Croce e Papini “partono da
due ottiche diverse: la filosofia come severa applicazione di metodo e la filosofia come attività
liberante e trasformatrice.” Ibidem.
13
Dopo una decina di anni così Papini commentava quello scritto giovanile: “Fin dal 1902 lessi
alla Società Italiana d’Antropologia una mia memoria sulla Teoria psicologica della previsione
(poi pubblicata in «Archivio per l’Antropologia», vol. XXXII, fasc. 20) nella quale uno de’
principi più importanti della teoria pragmatista (il valore della prevedibilità) era, sia pure con
ingenuo e contorto frasario, illustrato e difeso.” Cfr. Morte e resurrezione della filosofia, in Sul
pragmatismo. Saggi e ricerche 1903-1911, Milano, Libreria Editrice Milanese, 1913, p. 10.
14
G. Papini, La Teoria psicologica della previsione, in Filosofia e letteratura, Milano, Mondadori,
1961, p. 1292.
13
ultimo della costruzione psichica.”
15
Come qualsiasi altra attività psichica, anche
la previsione è il prodotto di un processo gnoseologico, ma ciò che la differenzia è
il fatto che essa ne è il termine conclusivo. La previsione, definita il “fatto ultimo
da noi conosciuto del lavorio gnoseologico della psiche”,
16
è il fulcro dell’attività
mentale: “Ogni processo mentale conoscitivo tende alla previsione; così ogni
scienza, che non è se non la notazione abbreviata e didattica di un lavorio
psichico, vi tende pure come a suo naturale fine.”
17
L’intento teorico-conoscitivo
scompare per lasciare spazio a quella che potremmo chiamare un’avvisaglia del
successivo irrazionalismo. La ragione è trasformata in un’ancella del sentimento,
e questa detronizzazione è l’anticipazione di una vera e propria svalutazione
futura: “Così la ragione che era finora stimata la dominatrice della psiche, non è le
più volte che una serva del sentimento, il quale se ne giova per giustificare se
stesso e le sue opere.”
18
Papini pensa all’attività razionale come ad uno strumento
utile a fornire giustificazioni, sostegni artificiali e provvisori che non mutano le
verità “profonde”, cui si aderisce per motivi che fanno leva sul sentimento, sulla
volontà, sull’intuizione.
19
15
G. Papini, La Teoria psicologica della previsione cit., p. 1295.
16
G. Papini, La Teoria psicologica della previsione cit., p. 1297.
17
G. Papini, La Teoria psicologica della previsione cit., pp. 1306-1307.
18
G. Papini, La Teoria psicologica della previsione cit., p. 1320.
19
Secondo questa linea di pensiero, Prezzolini afferma: “L’animo umano non si decide per forza
di motivi razionali od altro, ma bensì va a scovare questi motivi, li inventa dopo che si è deciso, li
crea quando ha già agito; mentre l’animo discute, la decisione è già presa.” Cfr. Risposta a
Calderoni, «Leonardo», II, seconda serie, novembre 1904, in AA. VV., La Cultura italiana del
‘900 attraverso le riviste, a cura di D. Castelnuovo Frigessi, vol. I, Torino, Einaudi, 1960, pp. 174-
175.
14
Il concetto di previsione si presenta in sostanza come un primo
manifestarsi del progressivo allontanamento dal positivismo, anche se Papini non
ne è ancora consapevole.
L’antipositivismo papiniano si sviluppa infatti con la fondazione del
«Leonardo», nel 1903. Papini e Prezzolini si pongono l’obiettivo di realizzare una
rivista filosofica, ed elaborano quindi un manifesto programmatico: “Un gruppo
di giovini, desiderosi di liberazione, vogliosi d’universalità, anelanti ad una
superiore vita intellettuale si son raccolti in Firenze sotto il simbolico nome
augurale di «Leonardo» per intensificare la propria esistenza, elevare il proprio
pensiero, esaltare la propria arte. Nella Vita son pagani ed individualisti. […] Nel
pensiero sono personalisti e idealisti, cioè superiori ad ogni sistema e ad ogni
limite, convinti che ogni filosofia non è che un personal modo di vita – negatori di
ogni altra esistenza di fuor dal pensiero. Nell’Arte amano la trasfigurazione ideale
della vita.”
20
Nel 1904 i temi di matrice positivistica, che Papini aveva precedentemente
abbracciato, vengono a poco a poco modificati: “Il pragmatismo non considera la
previsione soltanto come possibilità di applicazioni pratiche o come aiuto per la
verifica delle teorie ma anche come mezzo di definizione e d’interpretazione delle
teorie medesime. […] Un’aggiunta del tutto nuova al metodo positivista.”
21
In un
secondo tempo, alla precedente teoria della previsione Papini sostituirà quindi
quella dell’azione come superamento della theoria, e con questa innovazione il
suo antipositivismo avrà un caposaldo.
20
AA. VV., Programma sintetico, «Leonardo», I, 1, 4 gennaio 1903, in AA. VV., La Cultura
italiana cit., p. 89.
21
G. Papini, Introduzione al pragmatismo, in Sul pragmatismo cit., p. 68.
15
In quello stesso 1904 Giovanni Vailati (che si era avvicinato al gruppo di
«Leonardo» quando era docente all’Istituto Tecnico «Galilei» di Firenze) e Mario
Calderoni diventano collaboratori del «Leonardo», che accede alla seconda serie e
diventa ufficialmente veicolo di studio e diffusione del pragmatismo in Italia. Da
subito all’interno della redazione si formano due gruppi mossi da esigenze
diverse, ma animati da reciproca stima. Così Papini definisce gli schieramenti:
“Presso di noi il Pragmatismo si divise quasi nettamente in due sezioni […]
Pragmatismo logico e […] Pragmatismo psicologico o magico. […] Alla prima
appartenevano Vailati e Calderoni […] noialtri, spiriti più avventurosi, più
paradossali e più mistici svolgemmo soprattutto quelle teorie che ci facevano
sperare un’efficacia diretta sul nostro spirito e sulle cose.”
22
Prezzolini interviene
proiettando a livello internazionale la distinzione tra pragmatismo logico e
magico: “Vi sono due varietà di Prammatismo, uno che opera nella scienza ed è
rappresentato dal Peirce in logica, dal Mach ed altri in fisica; l’altro che opera
nella morale ed è rappresentato dal James, dallo Schiller, dal Caldwell e da
altri.”
23
Vailati e Calderoni sono chiamati “logici” perché studiano il pragmatismo
come dottrina metodologica della scienza, ispirandosi alle ricerche logico-
epistemologiche di Charles Sanders Peirce, al quale si richiamano peraltro in
modo piuttosto scolastico. Vailati e Calderoni, da parte loro, così descrivono i
primi passi del pragmatismo: “La parola «pragmatismo», a detta del suo primo
inventore […] Ch. S. Peirce, fece la sua prima comparsa in una serie di
discussioni che ebbero luogo nel 1871, fra i soci del Metaphisical Club di
22
G. Papini, Avvertimento, in Sul Pragmatismo cit., p. IX-X.
23
G. Prezzolini, Risposta a Calderoni cit., p. 175.
16
Cambridge Mass.”
24
All’esordio sul «Leonardo» Calderoni riconosce i suoi debiti:
“Il titolo del lavoro in cui la parola pragmatismo fu usata per la prima volta –
l’articolo How to make our ideas clear di Ch. Sanders Peirce, apparso nel
«Popular Science Monthly» del gennaio 1878 – ce ne dice subito l’intento
originario. L’autore ci proponeva un criterio «per render chiare le nostre idee».”
25
La risposta di Prezzolini all’articolo di Calderoni non si fa attendere: “Il
Prammatismo è qualche cosa di più che una filosofia e qualcosa di meglio che un
metodo; esso è una delle attività dell’animo. L’animo umano è prammatista più di
James, e lo è stato prima di Peirce.”
26
L’intento polemico presenta la precisa
intenzione di svincolarsi dal “metodo” di Peirce per poter utilizzare le sue
affermazioni in ambiti diversi. In gran parte il dibattito è contenuto in queste
poche righe. All’interesse di Vailati e Calderoni per la metodologia della scienza,
si oppongono Papini e Prezzolini pronti a discutere di metafisica, di religione, di
etica, letteratura, politica, con l’intento di cogliere i risvolti pratici di ogni teoria.
Essi si ispirano alle riflessioni morali e religiose di James, al Will to believe,
mediando questo principio con i contributi più vari attinti – come vedremo – da
Novalis, Bergson, Nietzsche. La riflessione filosofica assume la forma di un
pragmatismo assolutamente altro rispetto alle intenzioni originarie del fondatore,
ma che trova sulle pagine del «Leonardo» fertile terreno per un ampio dibattito e
un certo approfondimento.
24
M. Calderoni – G. Vailati, Il pragmatismo, a cura di G. Papini, Lanciano, Carabba, p. 19. Il testo
è privo di data, ma si può presumere sia stato pubblicato nel 1915, perché nell’introduzione Papini
ricorda l’amico Calderoni, mancato il 10 dicembre 1914.
25
M. Calderoni, Le varietà del pragmatismo, «Leonardo», II, seconda serie, novembre 1904, in
AA. VV., La Cultura italiana cit., p. 167.
26
G. Prezzolini, Risposta a Calderoni cit., p. 176.
17
Tuttavia, quando per la collana “Cultura dell’anima” è pubblicato Il
pragmatismo, di Vailati e Calderoni, Papini, con una consapevolezza che
sorprende, afferma a proposito di Calderoni: “Contro l’esagerazioni fideiste del
James e quelle convenzioniste di Poincaré e Le Roy egli rivendicava il
disinteresse e la prudenza della ragione.”
27
E subito dopo: “Riconosceva la parte
dell’arbitrario nella scienza, ma per segnarne i limiti e le troppe ambiziose
generalizzazioni.”
28
Vailati e Calderoni avevano infatti chiaramente enunciato il
metodo: “Il solo mezzo di determinare e chiarire il senso di un’asserzione consiste
nell’indicare quali esperienze particolari si intenda con essa affermare che si
produrranno, o si produrrebbero, date certe circostanze. Poiché fra le circostanze
di cui si parla, occupano un posto preminente le nostre «azioni» (movimenti,
contatti, urti, ecc.), il Peirce credette di formulare il procedimento metodico
suddetto col dire che il significato di un’asserzione qualsiasi, consiste negli effetti
che da essa sono indicati come derivanti, o capaci di derivare, da determinate
nostre azioni.”
29
La stessa idea fu poi tradotta nella celebre formula, oggetto di un
vigoroso dibattito: «Il significato di una concezione consiste nelle sue
conseguenze pratiche».
30
Viene presentata cioè la tesi pragmatistica secondo cui il
significato e il valore degli enunciati è “determinabile” in base all’uso che se ne fa
all’interno di contrasti argomentativi, e alle conseguenze che se ne traggono.
27
M. Calderoni – G. Vailati, Il pragmatismo cit., p. 12.
28
M. Calderoni – G. Vailati, Il pragmatismo cit., pp. 12-13.
29
M. Calderoni – G. Vailati, Il pragmatismo cit., p. 20.
30
Ibidem.