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INTRODUZIONE
Può un appello nato sui social portare ad un ripensamento circa le modalità di
distribuzione dei film d’autore in Italia? Il caso del film La Chimera (2023), la cui
limitata distribuzione ha fatto molto discutere, ha sicuramente portato la regista Alice
Rohrwacher a inizio 2024 a una rilevante attenzione mediatica. Rohrwacher sembra però
essere messa in secondo piano di fronte ai grandi nomi che da sempre vengono citati
quando si pensa al cinema italiano. Il presente elaborato di ricerca intende così mettere in
luce una regista i cui film, nonostante siano presentati e riconosciuti ai festival più
prestigiosi, non ottengono l’adeguata valorizzazione. Opere cinematografiche che
ricorrono ad un linguaggio innovativo, un ibrido di finzione, documentario, fiaba e
commedia in cui l’immaginazione non intende offrire una fuga dalla realtà ma anzi
raccontare le contraddizioni e la complessità della società contemporanea. Il messaggio
politico veicolato dai film di Rohrwacher non si limita a mostrare come lo sfruttamento e
il materialismo logorino la natura e danneggino l’ambiente, ma invita lo spettatore ad
agire affinché qualcosa possa cambiare. Per questo motivo il titolo L’ideale dell’ape
racchiude l’anima del cinema di Alice Rohrwacher. La regista nutre infatti forte rispetto
e ammirazione per le api che considera animali liberi, laboriosi ed estremamente
importanti. La centralità delle api all’interno dell’ecosistema è tale che la loro estinzione
comporterebbe conseguenze disastrose per il pianeta. Tutelare le api significa dunque
salvaguardare il mondo e così Rohrwacher attraverso i suoi film mira a stimolare una
coscienza ecologica e ad avere rispetto per la terra che ospita tutte le forme di vita.
Nello specifico di questo lavoro intendo analizzare il cinema di Alice Rohrwacher
inquadrandolo nella prospettiva dell’ecocinema, indagando il rapporto tra umano e non
umano.
Nel primo capitolo si andrà dapprima a definire e contestualizzare il cinema di Alice
Rohrwacher, inserendola in un gruppo di autori innovativi tra cui Pietro Marcello e
Michelangelo Frammartino che Dario Zonta include nel suo libro L’invenzione del reale.
1
Verrà poi osservata la vicinanza iniziale con il documentario, in particolare quello
etnografico italiano, dal quale Rohrwacher si allontana progressivamente per avvicinarsi
1
D. Zonta. L’invenzione del reale. Conversazioni su un altro cinema. Contrasto, Roma, 2017 p. 8.
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al cinema di fiction, in cui gli attori sono liberi di interpretare un personaggio e non sono
obbligati ad essere ripresi nelle loro vite.
Il paragrafo 1.3 tratterà l’aspetto politico del cinema di Rohrwacher che sia nelle pratiche,
tramite l’adozione del protocollo EcoMuvi, sia nelle tematiche si interessa alle questioni
etiche e ambientali.
Infine si andrà a definire la poetica della regista, definita «cinema dell’anima»
2
da Maria
Giménez Cavallo, e come il ricorso ad elementi magici e fiabeschi risulti funzionale per
la narrazione del reale.
Il secondo capitolo analizzerà Corpo Celeste (2011), film d’esordio di Alice Rohrwacher.
Dopo aver presentato la sinossi, gli aspetti produttivi e distributivi del film si andranno a
rintracciare gli elementi che permettono una lettura ecocritica. Grazie ai saggi che la
ricercatrice Laura Di Bianco ha dedicato al film si analizzerà il rapporto che si instaura
tra la protagonista Marta e l’ambiente urbano circostante, il paesaggio dell’Antropocene.
Attraverso lo sguardo della giovane e il ricorso a inquadrature semi-soggettive, la regista
mostra una Reggio Calabria asettica che, svuotata di ogni riferimento spaziale e
temporale, diventa un non-luogo. Ciò consente alla regista di raccontare la situazione
generale di molte periferie italiane senza parlare specificatamente di una in particolare.
Il capitolo finale prenderà in analisi il terzo lungometraggio della regista Lazzaro Felice
(2018) che, a partire dalle pratiche produttive si definisce ecologico. Dopo aver presentato
la sinossi e gli aspetti produttivi e distributivi verrà spiegato, con l’ausilio di alcuni dati,
il protocollo EcoMuvi e la sua applicazione durante tutte le fasi del film. Verrà analizzata
la figura del protagonista Lazzaro, dall’animo buono, che nella sua immobilità
rappresenta un sentimento di innocenza e di vicinanza con la natura, come evidenzierà
l’analisi delle sequenze.
Infine si osserverà come lo stile fiabesco e magico, che rispetto ai film precedenti appare
più evidente, risulta efficace per raccontare le contraddizioni della società
contemporanea.
2
M. G. Cavallo, Cinema del’anima. For a Trascendental, Post-humanist, Poetic cinema, in
«L’avventura», 1, 2021 p. 4.
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1. ALICE ROHRWACHER E IL SUO CONTRIBUTO ALL’ECOCINEMA
1.1 ALICE ROHRWACHER NEL PANORAMA CINEMATOGRAFICO
INTERNAZIONALE
Il festival di Cannes 2011 vede l’esordio di una giovane regista italiana con il suo
lungometraggio dal titolo Corpo Celeste, presentato nella sezione Quinzaine des
Réalisateurs. Il film, definito dal critico Paolo Mereghetti come «il più bell’esordio
cinematografico di una regista italiana»
3
, vale ad Alice Rohrwacher il Nastro d’argento
come miglior regista esordiente. Una regista che con i suoi film si fa portavoce di un
rinnovamento del cinema italiano contemporaneo, insieme ad altri autori che il critico
cinematografico Goffredo Fofi definisce una «vera e propria formidabile generazione»
4
.
Un «altro cinema»
5
come viene denominato dal produttore Dario Zonta, in cui il «reale –
come fosse una materia – viene alterato, piegato, modellato e trasformato in nuove forme
di narrazione»
6
. Alice Rohrwacher, Pietro Marcello, Michelangelo Frammartino sono
alcuni tra i registi che Zonta raccoglie nel suo libro di interviste: promotori di un cinema
autoriale, lontano dal panorama mainstream che, seppur con modalità narrative ed
estetiche differenti, trascendono il reale per raccontare la contemporaneità.
7
Lo stile di
questi autori vede la perdita dei confini tra il cinema di fiction e il documentario, che
finiscono per fondersi, rifiutando di inscriversi nell’una o nell’altra forma: Allo stesso
tempo, assistiamo al ripescamento di alcune forme proprie del documentario etnografico
8
e ad una «ibridazione tra realtà e finzione, tra documentario e drammaturgia, tra
documento e narrazione»
9
. Si tratta di film spesso girati in pellicola, low budget e dal
basso potenziale commerciale che non ricevono di conseguenza un’ampia distribuzione
3
P. Mereghetti, Corpo Celeste in «Corriere della Sera» https://cinema-
tv.corriere.it/cinema/mereghetti/11_maggio_26/mereghetti_corpo_celeste_0e6f59ee-8785-11e0-8601-
a1952c3da2ae.shtml (ultima visita 01/11/2023)
4
G. Fofi, È un momento formidabile per il cinema italiano in «Internazionale»
https://www.internazionale.it/opinione/goffredo-fofi/2018/05/23/formidabile-generazione-cinema-italiano
(ultima visita 10/01/2023)
5
D. Zonta. L’invenzione del reale. Conversazioni su un altro cinema, cit., p. 7.
6
Ibidem.
7
Ibidem.
8
S. Antichi, Ridisegnare paesaggi. Ridefinizione dello sguardo etnografico e aesthetic of slow nel cinema
di Michelangelo Frammartino in «Schermi», 4, 2018, p. 30.
9
D. Zonta. L’invenzione del reale. Conversazioni su un altro cinema. cit., p. 7.
7
nelle sale cinematografiche ma trovano fortuna all’interno dei festival internazionali e su
piattaforme e canali non convenzionali. Questi registi condividono una visione
cinematografica “trascendentale, post-umanista e una forma di cinema poetico-realista”
10
che rifiuta l’antropocentrismo, attraverso la rivalsa di personaggi non umani a favore di
una visione bio-egalitaria del mondo. La messa in scena delle capre in Le quattro volte
(2010) di Michelangelo Frammartino, il bufalo in Bella e Perduta (2015) di Pietro
Marcello, i gattini in Corpo Celeste (2011) e il lupo in Lazzaro Felice (2018) di Alice
Rohrwacher diventa un’ azione eticamente politica e di inclusione, che vuole sollevare la
coscienza ambientale dello spettatore nei confronti della Terra e di tutte le forme di vita,
umane e non, presenti su di essa.
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Particolare attenzione in termini di sostenibilità è
rivolta alle pratiche produttive del film: si promuovono protocolli plastic free e si adottano
green set insieme ad altre misure volte a ridurre l’impatto ambientale.
Nello specifico, all’interno del presente lavoro, intendo dapprima definire la cifra
stilistica e la poetica di Alice Rohrwacher per poi analizzarne le scelte ecologiche e come
la regista abbia contribuito ad arricchire e concretizzare il discorso sull’ecocinema nelle
tematiche e nelle pratiche. La ricercatrice Laura di Bianco afferma come tutta la modesta
ma potente filmografia di Alice Rohrwacher sia «costruita sullo studio della relazione tra
gli esseri umani e non umani e il loro ambiente, urbano e rurale»
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e come il rispetto per
l’ambiente e la sacralità per la natura lo si ritrovi nell’etica della produzione dei film: Una
regista che con i suoi film ha saputo coniugare Ars et Praxis.
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Sebbene nella storia del cinema italiano si possono annoverare esempi di film ecologici
e ambientalisti come Il pianeta azzurro di Franco Piavoli (1984), Il segreto del bosco
vecchio di Ermanno Olmi (1993) oppure denunce a fenomeni di ecomafia come Gomorra
di Matteo Garrone (2008) o ancora forme di preoccupazione per i cambiamenti sociali e
ambientali a seguito del boom economico nei cortometraggi Tommaso (1965), Brindisi
’65 (1966) e nel film Il mio viaggio con Cecilia di Cecilia Mangini (2013), in queste
produzioni ci troviamo di fronte ad un lancio di allarme sui rischi che il nostro pianeta
corre con l’inquinamento, lo sfruttamento ambientale e il deturpamento del territorio.
10
M. G. Cavallo, Cinema del’anima. For a Trascendental, Post-humanist, Poetic cinema, cit., p. 3.
11
Ivi, p. 20.
12
L. Di Bianco, Erranze femminili e paesaggi dell’Antropocene: il cinema contemporaneo delle donne in
Italia, in «Arabeschi», 21, 2023.
13
L. Di Bianco, Ecocinema Ars et Praxis: Alice Rohrwacher’ s Lazzaro Felice, in «The Italianist», 40:2,
2020, p. 151.