portafoglio o una posizione può subire, in un arco temporale definito, con una
certa probabilità.
La tesi risulta così strutturata:
nel primo capitolo, dopo aver definito il rischio sotto il profilo economico-
filosofico, si procederà verso una sua concezione scientifica enumerando le
proprietà che una misura di rischio dovrebbe soddisfare per esser definita
coerente;
nel secondo capitolo, si analizzeranno le diverse conformazioni del rischio
finanziario per poi passare alla definizione e contestuale stima degli strumenti
analitici che ne danno un aspetto quantitativo, le Greche, il Value-at-Risk e
l’Expected Shortfall;
nel capitolo terzo si procederà ad una disamina delle serie storiche, in
particolare al supporto teorico dell’analisi moderna che viene utilizzata, come
primo passo, nell’analisi dei dati mediante la procedura Box e Jenkins. Tale
metodologia è impiegata soprattutto in quei campi di analisi in cui si devono
effettuare delle previsioni a breve termine;
nel capitolo quarto si passeranno in rassegna i modelli ARCH e GARCH in
quanto un buon modello per l’analisi delle serie finanziarie deve essere in grado di
poter fornire delle previsioni accurate sulla volatilità;
nel capitolo quinto, infine, si descriverà un’applicazione dei vari modelli
matematico-statistici per il calcolo del VaR e dell’ES sui rendimenti relativi a tre
titoli azionari (Acea, Fiat, Zucchi). I risultati, ottenuti attraverso l’utilizzo del
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software statistico Gretl, risulteranno essere in linea con le consuete
considerazioni per i rendimenti finanziari. Dall’applicazione emergeranno i pregi
di entrambi gli approcci, concludendo che l’ES è un buon metodo di stima del
rischio di mercato ed in più è una misura coerente di rischio.
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I. DUE ENTITA’ DELLA STESSA REALTA’:
INCERTEZZA E RISCHIO
1.1 Introduzione
I mercati sono normalmente in disequilibrio e gli agenti economici operano
in condizione di informazione imperfetta lungo un intervallo temporale nel quale
si modificano continuamente le condizioni originarie di decisione. Quest’ultime
tendono a svilupparsi sequenzialmente sia in riferimento alle azioni pregresse, sia
rispetto a quelle attese (Pilotti, 1991).
Gli agenti tentano di superare la concezione eminentemente deterministica,
realizzando strumenti versatili in grado di incorporare la turbolenza ambientale e
di sfruttarla a proprio vantaggio come fattore critico di successo.
Si vogliono misurare sempre più con l’incertezza che caratterizza l’ambiente
in cui operano: da un lato prendendo in considerazione la realtà che si presenta, e,
dall’altro, riducendo l’incertezza insita nel processo decisionale. Si propongono,
di conseguenza. d’inserire questi elementi di flessibilità e di adattabilità
all’ambiente muovendosi in due direzioni:
inserendo l’incertezza nelle misure di performance, mediante la
considerazione di una misura della probabilità;
attuando una simulazione probabilistica.
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Knight è lo studioso che per primo ha fornito dei contributi organici
necessari alle analisi metodologiche adottabili al fine di percepire e misurare,
anche solo da un punto di vista logico, rischio ed incertezza.
L’incertezza definisce l’inaccuratezza di una stima, dovuta ad errori di
misurazione o errori di specificazione dei modelli statistici che,
conseguentemente, non può essere messa in relazione a risultati futuri. Di estremo
interesse è la distinzione fra rischio (possibilità obiettiva di tradurlo in fattore di
costo e quindi assicurabile) e incertezza (fattore non-assicurabile e non
consolidabile), che induce Knight ad affermare “se tutto ciò che fosse incerto
fosse anche rischioso (e misurabile) saremmo in una situazione nella quale
l’avversione al rischio annullerebbe qualsiasi opportunità di profitto”.
Rischio e incertezza assumono connotati diversi nel momento in cui il futuro
è ignoto, condizione per la quale gli agenti economici non sono in grado di
realizzare giudizi assoluti circa fatti che solo “verosimilmente” potranno accadere.
Tali agenti possono essere considerati come degli alert nei confronti delle
opportunità presenti non colte da altri ed in grado di sfruttare il possesso di
conoscenze individuali.
In condizioni di certezza e prevedibilità delle dinamiche finanziarie, gli
operatori economici possono contare su tecnicismi ed esperienze in grado di
sostenerli costantemente nelle scelte di business e di allocazione delle risorse
disponibili. Questo non può verificarsi nel contesto competitivo attuale che è
caratterizzato da un’elevata instabilità ed una continua evoluzione. Oggi i settori e
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i mercati sono caratterizzati dall’intensità delle pressioni competitive e dalle
discontinuità, generate dai progressi tecnologici e dai processi di liberalizzazione
e globalizzazione dell’economia, che da un lato costringono le imprese a ricercare
sempre nuove vie per accrescere la produttività e dall’altro dischiudono nuovi
spazi di iniziativa imprenditoriale. Ciò nonostante, alcuni rischi, facendo propria
una definizione più ottimista, possono essere d’aiuto dato che non è scontato che
l’incertezza si riveli sempre in modo negativo (Meulbroek, 2002).
Queste due entità possono essere considerate come aspetti distinti di una
stessa realtà: “i due fenomeni, del resto, sono inscindibili: si ha infatti, l’incertezza
in quanto ogni manifestazione fenomenica è portatrice di rischi” (Bertini, 1987).
1.2 La conoscenza
Il Sassi identifica la causa originaria del sorgere del rischio nel “potere
limitato della singola conoscenza a determinare l’attuazione dei futuri processi
economici-finanziari, a causa della parziale o totale ignoranza, di condizioni
future delle quali si conosce solo l’andamento trascorso e presente, dove tra l’altro
non è detto che vi sia riferimento al tempo passato e a quello presente”.
L’uomo non è in grado di prefigurarsi, se non con elevati margini di errore,
la realizzazione futura della dinamica monetaria ma, al contrario, le relazioni di
causalità possono solo eccezionalmente ritenersi di tipo deterministico (Ferrero,
1968).
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1.2.1 Aspettative razionali
Nell’analisi di Keynes sia l’individuo che il mercato
1
vengono considerati
dotati di conoscenza, con l’unica differenza che l’uno è un soggetto mentre l’altro
è un aggregato. Lo speculatore è un investitore intelligent che tenta
ragionevolmente di prevedere il futuro dai dati che sono a sua disposizione nella
situazione cognitiva attuale.
Nell’analisi del 1910 dell’economista, il riferimento è alla distinzione tra
aspettative o previsioni fondate su «false rumors» e aspettative o previsioni
fondate su informazioni o conoscenze reali. Le prime sono evidenze
apparentemente reali, che hanno basi o fondamenti solo in sè, ossia
autoreferenziali; le altre sono fondate su evidenze conoscitive reali che hanno basi
al di fuori di sè ossia con una referenza esterna.
Possiamo concludere in questo caso che lo speculatore forma nella sua
mente, contemporaneamente, due giudizi, uno su basi reali e uno su basi solo
apparentemente reali.
1.2.2 Cognizioni filosofiche differenti
La tradizione austriaca pone l’accento sull’analisi delle incertezze
dell’ambiente economico che vengono generate endogenamente durante il
processo di mercato e quindi non sono conoscibili a priori.
1
Secondo una definizione più finalistica, il mercato è quel luogo astratto dove si incontra la
domanda e l’offerta, cioè gli acquirenti e i venditori, di uno o più beni (sia materiali che
immateriali).
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Hayek chiarisce che: «il problema della conoscenza non si ferma alla
comprensione delle aspettative di prezzo ma, di più ampio respiro, concerne il
modo in cui le differenti “merci” possono essere ottenute ed utilizzate» (Hayek,
1937).
Non si tratta semplicemente di attribuire ai soggetti differenze informative
definibili ex-ante entro un insieme ancor più grande, bensì di evidenziare le
differenze conoscitive circa la capacità di applicarle, di immaginarne nuove, o
circa l’interrelazione fra preferenze e contesto istituzionale.
Shackle parte dal presupposto che il futuro è impercepibile, non solo perché
possono manifestarsi elementi esogeni non prevedibili, ma perché l’azione dei
soggetti crea necessariamente nuovi scenari ambientali. Shackle è probabilmente
il primo economista ad andare oltre l’osservazione che l’applicazione della teoria
bayesiana
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non può condurre ad una spiegazione delle decisioni prese in contesti
incerti e rischiosi, né intende assumere che l’emergere di un evento non ponderato
induca semplicemente il soggetto a ridurre il livello di probabilità associato agli
altri.
1.3 L’incertezza
In una circostanza dove gli eventi non sono completamente controllabili si
presentano due possibili opzioni: lasciare che l’incertezza prevalga sugli eventi
2
Basata essenzialmente su un giudizio personale, soggettivo. Una probabilità a priori a supporto
di una probabilità empirica, basata sui fatti, su dati campionari.
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stessi oppure imparare a comprendere il caso, acquisendo cognizioni per sfruttare
la casualità per le nostre scelte.
I concetti di tempo e di processo decisionale consentono di individuare nella
dinamica economica come cause generatrici dell’incertezza, due fattori
importanti:
la variabilità delle azioni future;
il carattere di limitatezza della conoscenza umana, (Bertini, 1987).
L’agire in condizioni di incertezza è caratterizzato dal fatto che, nel momento
in cui viene presa una decisione, non si sa quale potrebbero essere le conseguenze
dell’azione scelta: che dipenderà da numerose circostanze, le quali concorrono a
determinare il risultato dell’azione stessa. Per esempio, la decisione di acquistare
un’attività finanziaria ha tipicamente una conseguenza aleatoria: infatti, il suo
rendimento (tranne che si tratti di un’attività con un valore nominale certo)
dipenderà da alcuni fattori il cui comportamento non è esattamente prevedibile,
quali l’andamento generale del mercato, le fluttuazioni dei tassi di cambio (ove
questi fossero necessari), e via dicendo. Definire gli stati di natura per un
problema di decisione equivale quindi a descrivere tutte quelle circostanze dalle
quali dipende il risultato della decisione.
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