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INTRODUZIONE
Nel primo capitolo ho inquadrato il fenomeno del «reality» (inteso
come «rappresentazione della realtà così come è»), rapportandolo a
quello del «Reality Show», evidenziandone analogie e differenze.
Solo con la nascita ed il successo del «Grande Fratello» si è
cominciato a trattare e a esaminare il fenomeno dei «reality show», ma
tratti distintivi dello stesso (vedere senza essere visti) erano già apparsi
con la Real-tv degli anni Ottanta (che comprendeva tutte quelle
trasmissioni che cercarono di istituire un rapporto più diretto possibile
con la realtà).
La «Real-Tv», che ha come principale obiettivo la registrazione
del reale così come è, è distinta e per certi aspetti lontana, se non
addirittura, opposta alla famiglia dei «Reality Show». Stabilire il confine
tra Real-tv e Reality-show non è semplice.
Quello del Reality Show è un genere che spesso viene confuso e
assimilato a molti generi diversi. Le principali differenze tra Real Tv e
Reality Show risiedono a diversi livelli: nelle struttura dei programmi,
nei loro contenuti, nel patto comunicativo che essi instaurano con il
pubblico.
Nel secondo capitolo ho illustrato il macrogenere del «Reality
Show» e i suoi principali «sottogeneri» soffermandomi sullo Psycho
Drama Game (sottogenere inventato con il Grande Fratello).
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Con la nascita del Grande Fratello e conseguentemente del
«genere» degli Psycho Drama Game il palinsesto televisivo è stato
invaso da un’infinità di Reality Show che hanno ripreso molti degli
elementi che caratterizzano il format del Grande Fratello (la reclusione di
alcuni partecipanti in uno spazio delimitato e circoscritto – casa, isola,
fattoria, beauty farm, etc – , l’essere sotto l’occhio delle telecamere 24
ore al giorno, le nomination e le conseguenti eliminazioni, e così via).
Dopo il Grande Fratello , che ha generato un’infinità di cloni, il
macrogenere del Reality Show si è ampliato a dismisura ed è molto più
arduo tentare una classificazione dei nuovi format, ormai suddivisi in
numeri sottogeneri ed etichette. La nascita del Grande Fratello segna
inoltre il passaggio dai Reality di «prima generazione» a quelli di
«seconda generazione».
Nel terzo capitolo ho fornito un excursus storico che rende conto
dei predecessori a cui il format (Big Brother) si è ispirato.
Partendo dall’esperimento scientifico «Biosfera 2», da cui sarebbe
nata l’idea del suddetto format, mi sono soffermata, poi, sul romanzo di
George Orwell «1984» da cui sarebbe tratto il nome del titolo del format
(Grande Fratello). Infatti il Reality show «The Big Brother»
riprenderebbe il nome di un proverbiale personaggio del libro (il Grande
Fratello è uno spietato dittatore).
Dopo aver analizzato i suddetti punti, ho preso in esame alcuni
programmi tv e film che meglio rappresentano il fenomeno in esame.
Mi riferisco ai programmi «The Real World», che è una
trasmissione avviata su MTV nel 1992, e «Davvero», un programma
ispirato esplicitamente a The Real World e che rappresentò il primo
tentativo di Reality Show in Italia.
Per ciò che concerne i film, ho preso in esame: «The Truman
Show» e «ED tv».
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Nel quarto capitolo, partendo dall’esperienza olandese, paese in
cui il format ha avuto origine, ho illustrato le caratteristiche del format e
della sua diversa declinazione nei vari paesi in cui è stato importato.
Inoltre, ho analizzato il format, come prodotto multipiattaforma,
in quanto viene distribuito attraverso diversi supporti tecnologici
(televisione, internet, tv digitale) che rimandano l’uno all’altro.
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Capitolo I
LE ORIGINI DEL «REALITY»
1. IL REALITY PRIMA DEL «REALITY»
Spesso “si sente ripetere con una certa frequenza che quello del
reality è il filone più – nuovo – della televisione, una vera e propria
scoperta degli ultimi anni. Niente di più sbagliato” (Fiacco, 2007, p. 46) .
Chi, oggi, sentendo parlare di «reality» non ha immediatamente pensato
al «Grande Fratello?». Forse nessuno! Sebbene si è cominciato a
esaminare e a trattare il fenomeno dei reality in seguito al successo del
«Grande Fratello» (il reality show di nuova generazione più famoso al
mondo) alcuni programmi che traggono il loro principale motivo di
interesse proprio dal «polo» della realtà erano già comparsi con la tv
verità degli anni Ottanta, ed ancor prima nella storia complessiva della
televisione. Possiamo dire che la prima trasmissione regolare in assoluto
della storia della televisione, lo «storico» Arrivi e Partenze del 1954,
condotto da un giovanissimo Mike Bongiorno, fosse, per certi aspetti,
proprio un reality.
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Dopo alcune sporadiche trasmissioni, realizzate nel 1937 e nel 1938, il 20 luglio
1939 l’allora EIAR inaugurò a Roma il primo trasmettitore destinato a programmi
televisivi regolari; l’attività di programmazione televisiva s’interruppe a causa della
guerra, e solo domenica 3 gennaio 1954 ebbe inizio il servizio regolare di televisione
in Italia.
L’esordio delle trasmissioni è segnato con il seguente annuncio “ La RAI, Radio
Televisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”.
Sino alle 14.30 si procede con le cerimonie ufficiali, il primo vero programma va in
onda alle 14.30 e si tratta di Arrivi e Partenze presentato da Mike Bongiorno.
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La prima puntata di «Arrivi e Partenze» andò in onda alle 14.30 di
domenica 3 gennaio 1954, subito dopo la cerimonia inaugurale delle
trasmissioni ufficiali. Il programma era trasmesso rigorosamente in
diretta
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e Mike Bongiorno incontrava e intervistava personaggi
importanti di ogni tipo, di passaggio a Roma o comunque in Italia (in
molti casi si trattava di partenze simulate). Dobbiamo ricordare che
l’evento non coinvolse tutto il paese dato che nessun italiano a Sud di
Roma avrebbe potuto guardare il programma per la mancata installazione
di ripetitori
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.
Uno dei meccanismi della Tv-Verità, vedere senza essere visti, già
era presente nel programma di Allen Fullet: «Candid Camera», andato in
onda per la prima volta nel 1960 sulla CBS e poi esportato nel resto del
mondo negli anni Sessanta e Settanta. In Italia dalle ore 21.30 del 19
novembre 1964 andò in onda «Specchio Segreto», un programma per la
regia di Nanny Loy, con la quale la “televisione italiana sperimenta una
nuova forma di linguaggio televisivo, fatto di racconto e di realtà ma che
non si limita ad essere il – racconto della realtà –” (Sorice, 2002, p. 70). Una
macchina da presa, nascosta dietro uno specchio, riprende le reazioni
spontanee dei protagonisti inconsapevoli delle situazioni in cui si
vengono a trovare (indimenticabile la scena in un bar di Bologna, in cui
lo stesso regista inzuppava il cornetto nei cappuccini altrui: – Scusi,
posso fare zuppetta? – era la frase pronunciata da Loy mentre intingeva
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La registrazione di una trasmissione in diretta nei primi anni della televisione era
affidata ad un sistema denominato”Vidigrafo” (Transcryber in inglese), che consisteva
nel fissare una cinepresa 16 mm ad uno schermo televisivo e procedere alla ripresa
cinematografica di quanto trasmesso. Come si può ben comprendere si trattava di un
sistema di difficile utilizzo e abbastanza costoso e, soprattutto senza la garanzia di
aver un prodotto perfetto da un punto di vista qualitativo.
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Al primo gennaio 1954 l’Italia settentrionale e granparte dell’Italia centrale erano
state dotate di ripetitori: il 43% della popolazione italiana era potenzialmente
raggiungibile dalla programmazione televisiva. La Campania fu raggiunta nel 1955 e
tra il 1956-57 i ripetitori raggiunsero anche la Calabria e la Sicilia.
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la brioche nel cappuccino di uno sconosciuto).
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Si trattava di vere e
proprie «gag» create e provocate dai membri della troupe. Il programma
di Nanny Loy aveva anche una tensione pedagogica a differenza delle
candid statunitensi dove non è presente alcun tipo di penetrazione della
televisione nella realtà e dove prevale la finalità di puro intrattenimento
comico. Specchio Segreto si basa sulla spontaneità delle reazioni delle
vittime delle situazioni paradossali, ma al tempo stesso è molto più
scritto di quanto appare. “Le provocazioni, le gag più fantasiose sono
però artatamente studiate ed è quindi inevitabile che i poveri passanti
ignari si comportino secondo precisi riflessi condizionati, secondo codici
reattivi: molto imbarazzo e molto espressività” (Grasso, 2000, p. 159). Con
Specchio Segreto la televisione non si limita più ad osservare la realtà,
ma la piega a suo uso e consumo. Diversamente, prima «Specchio
Segreto» e poi «Viaggio in Seconda Classe», iniziano a sfaldare le
cornici che separano la realtà dalla televisione e anticipano alcune
tendenze proprie della Tv-Verità che vedranno la loro piena
realizzazione con la reality tv della fine degli anni Novanta.
Viaggio in Seconda Classe nasce dall’idea motrice del precedente
Specchio Segreto del 1965, ma si differenzia da quest’ultimo per
l’attenzione rivolta ai personaggi più che alle situazioni e per l’ambizione
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Parliamo di “Zuppetta”, lo sketch più famoso del programma di Nanny Loy.
Zuppetta, ha una storia curiosa: si era deciso di abbandonarlo, perché, a Roma i
risultati erano stati fallimentari. Nanny Loy era stato subito preso per un matto e
quindi rifiutato e a volte offeso. Poi si era tentato anche a Torino e anche lì era andata
male. La troupe aveva deciso di abbandonare la provocazione, ma quando si spostò a
Bologna per l’ultimo tentativo le cose cambiarono e la scenetta divenne quel grande
successo che è stato.
La provocazione iniziale della zuppetta era lo shock di vedere qualcuno che ti
“puccia”, come si dice, la brioche nel cappuccino o nel caffè, nell’aperitivo. Ma poi
iniziava la spiegazione e allora c’erano alcune battute che indicavano la strada
possibile a seconda dei personaggi. Alcuni chiedevano perché, quasi tutti volevano
offrire il cappuccino: – Se lo tenga io me ne compro un altro –, gentilmente, per carità.
E allora bisognava andare oltre per dare uno sviluppo alla scena. Si rispondeva: – No,
perché io ho promesso al medico e a mia madre di non prendere più caffè, se bagno
nel suo li freghiamo, medico e madre –: e la complicità, per quanto assurda, scattava
immediatamente. Poi c’era un’altra corda: – Ma perché lo fa? – e si arrivava
all’assurdo.
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«seria» di essere specchio fedele di precise realtà umane. Nanny Loy
sceglie come ambientazioni delle sue candid camera
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: le carrozze di
seconda classe dei treni, con l’intento di offrire un ritratto divertente e
insieme autentico dell’Italia periferica e minore – tradizionalmente
emarginata, esclusa dai grandi mezzi di comunicazione – ma
contraddistinta da una grande voglia di comunicare e di raccontarsi.
L’attore-regista si cala nei panni di diversi personaggi: da un ex galeotto,
ad un prete che russa per capire confidenze e osservare le reazioni dei
malcapitati viaggiatori. Loy si circonda di una banda ben organizzata di –
provocatori – (Giorgio Arlorio, Fernando Moranti, interpreti e autori,
Anna Altomare, Silvana Mancini, Pier Francesco Poggi e un pupazzo
che – parla –), con i quali in “dieci mesi macina ben 30.000 chilometri
attraverso la penisola e colleziona 160 ore di materiale utile per imbastire
le quattro puntate del primo ciclo ( dal 6 aprile 1977) e le cinque della
seconda serie (in onda dal 12 novembre dello stesso anno)” (Grasso, 2000,
p. 301). Il vagone speciale, allestito grazie alla collaborazione delle
Ferrovie dello Stato, sfrutta il trucco dello specchio che nasconde la
telecamera. Le vittime, rispetto alle precedenti candid di «Specchio
Segreto» appaiono in tv meno diffidenti e con più facilità: primo sintomo
della febbre delle telecamere che imperverserà nella tv degli anni
Novanta.
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La Candid Camera è nata come programma radiofonico, ma si è ben presto affermata
in tv, fino a dare vita ad un genere vero e proprio, cresciuto di pari passo alle
possibilità creative offerte dalle nuove tecnologie di ripresa. Il vetro oscurato
(specchio), dietro il quale si nascondevano le telecamere un tempo, oggi viene
utilizzato, quando si vuol mettere in scena l’uso della candid. Microcamere remote e
quasi invisibili consentono infatti di effettuare qualunque ripresa in qualunque
situazione di luce. Nata per sorprendere la realtà, la candid camera ha dovuto
immediatamente provocarla per mantenere vivo l’interesse di uno spettatore sempre
più esigente: le prime provocazioni di Specchio Segreto restituiscono oggi, il fascino
malinconico di qualcosa di irripetibile, (per ottenere una risata, si è deformato lo
specchio, o la realtà che vi si riflette involontariamente).